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I soggetti legittimati alla partecipazione alle gare per il servizio di distribuzione del gas nel periodo transitorio e...oltre ?
di Luca Manassero 11 novembre 2010
Materia: gas / affidamento concessione

 

 

Premessa

 

Pur nel quadro di estrema incertezza normativa e regolatoria che oggi caratterizza la disciplina del pubblico servizio della distribuzione del gas (1), diversi Enti Locali hanno avviato, nel corso del 2010, le procedure di gara per l'individuazione del nuovo soggetto gestore; ciò, peraltro, conformemente a quello che parrebbe essere l'orientamento dominante in merito alla possibilità di indire le gare pur in assenza dei decreti attuativi previsti dall'art. 46 bis del d.l.  18 giugno 2007 n° 159 e s.m.i. (2)

Il fenomeno sta via via assumendo contorni sempre più significativi: nel primo trimestre del 2010 sono state bandite 14 gare; altre 15 hanno fatto seguito nei mesi di maggio e giugno, ed ulteriori 29 nei successivi mesi, per un totale di 58 gare sino al settembre 2010, e si ha notizia pressocchè quotidiana della pubblicazione di nuovi bandi. Il dato impressiona, soprattutto se si considera che esso rappresenta quasi un terzo del totale delle procedure di gara esperite nel periodo 2003 – 2009 (meno di 170) (3) .

A queste gare partecipano anche imprese titolari di affidamenti diretti nel campo dei servizi pubblici locali; si tratta, sovente, di affidamenti diretti conseguiti prima dell'entrata in vigore della riforma del sistema di cui al D.Lgs 23 maggio 2000 n° 164 (“Decreto Letta”) (4) , affidamenti che la disciplina allora vigente (5) consentiva - a talune condizioni -  e che, come si vedrà a breve, non risultano ostativi, in base alla attuale normativa, alla partecipazione alle gare.

E', invece, comune opinione che eventuali affidamenti diretti conseguiti successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. N° 164/2000 assumano valenza preclusiva rispetto alla partecipazione alle gare indette ai sensi dell'art. 14 del medesimo decreto legislativo (6) .

Gli affidamenti assentiti direttamente prima dell'entrata in vigore del Decreto Letta sono, in Italia, in numero consistente.

E' dunque preoccupante registrare alcuni segnali della giurisprudenza nazionale che, apparentemente dimentica della disciplina derogatoria prevista per il periodo transitorio, ha escluso alcuni operatori  da procedure ad evidenza pubblica per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas, in quanto affidatari diretti di servizi pubblici presso altri Enti Locali.

Un simile postulato, ove non opportunamente contestualizzato, oltre a porsi in contrasto frontale con la normativa vigente, potrebbe essere altresì foriero di ricadute esiziali sul piano della tutela stessa della concorrenza, proprio in virtù di quanto si diceva poc'anzi: pochi, infatti, sarebbero i competitor presenti sulla scena nazionale in grado di concorrere vantando un’assoluta assenza di affidamenti diretti e scarsa sarebbe, dunque, in ultima analisi, la competizione per l'affidamento dei servizi, con conseguente pregiudizio del pubblico interesse alla massima partecipazione alle gare.

Data la complessità del quadro normativo, che potrebbe aver tratto in inganno gli stessi interpreti, sembra opportuna una puntuale ricostruzione della normativa vigente in materia.

 

 

1. Il quadro normativo in materia di divieti alla partecipazione alle gare per la distribuzione del gas durante il periodo transitorio.

 

Il tema dei divieti di partecipazione alle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale è disciplinato dal combinato disposto degli art. 14, quinto comma e 15, decimo comma, del D.Lgs. n° 164/00.

L’art. 14, comma quinto, del D.Lgs. n° 164/00 prevede che “Alle gare di cui al comma 1 sono ammesse, senza limitazioni territoriali, societa' per azioni o a responsabilita' limitata, anche a partecipazione pubblica, e societa' cooperative a responsabilita' limitata, sulla base di requisiti oggettivi, proporzionati e non discriminatori, con la sola esclusione delle societa', delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia o in altri Paesi dell'Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtu' di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Alle gare sono ammessi inoltre i gruppi europei di interesse economico.

Il successivo art. 15, comma 10, dello stesso decreto legislativo, dispone che “I soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni di cui al comma 5 del presente articolo possono partecipare alle gare indette a norma dell'articolo 14, comma 1, senza limitazioni”. Il comma 5 dell'art. 15 disciplina, appunto, il c.d.periodo transitorio (ossia quel periodo disciplinato dall'art. 15, commi 5 e 7, del D.Lgs. n° 164/2000, nel quale non si fa piena applicazione della disciplina a regime).

Riguardo alla durata del medesimo periodo transitorio può sostenersi (7) che, ad oggi, esso si protragga perlomeno sino al 31.12.2010.

Sennonché, il comma 4 bis dell’art. 46 bis del d.l. 1.10.2007 n° 159, introdotto  dal comma 175 dell’art. 2 della L. 24 dicembre 2007 n° 244 (Finanziaria 2008), aveva previsto che a decorrere dal 1 gennaio 2008, alle gare per l'affidamento della distribuzione del gas si applicassero, oltre alle disposizioni di cui all'art. 15 del D.Lgs. n° 164/2000, anche le disposizioni di cui all'art. 113, comma 15-quater, del TUEL; detto comma 15-quater dell'art. 113, a sua volta, disponeva che “a decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6 (8), salvo nei casi in cui si tratti dell’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa.

In sintesi: tramite il comma 4 bis dell'art. 46 bis, cit. pareva introdursi, anche nel settore della distribuzione del gas, il principio per cui gli affidatari diretti avrebbero potuto concorrere esclusivamente alle gare bandite per le sole concessioni di cui essi fossero i gestori uscenti (9).

Il condizionale è, peraltro, d'obbligo: se infatti, da un lato, il citato art. 113, comma 15 quater, del TUEL  deponeva in tal senso, da un altro lato tale soluzione mal si conciliava con l'applicazione contestuale (...“si applicano anche …”) delle disposizioni del predetto comma 10 dell'art. 15 del Decreto Letta, secondo cui i  soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni di cui al comma 5 del presente articolo possono partecipare alle gare indette a norma dell'articolo 14, comma 1, “senza limitazioni”.

Ad ogni modo, si tratta di un'impostazione abbandonata dal legislatore anche per i servizi pubblici locali a rilevanza economica diversi dalla distribuzione del gas: il comma 9 dell'art. 23 bis del d.l. 112/2008 dispone infatti che “i soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono comunque concorrere su tutto il territorio nazionale alla prima gara successiva alla cessazione del servizio, svolta mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti”; è dunque superato, anche per i Servizi Pubblici Locali a rilevanza economica, il c.d. limite territoriale.

Infine l'articolo 23 bis d.l. 112/08, come modificato dalla L. 166/2009 (10) ha espressamente escluso dall'applicazione della normativa sui Servizi Pubblici Locali a rilevanza economica il settore della distribuzione del gas (11).

Coerentemente, il Regolamento di attuazione del suddetto art. 23 bis (d.P.R. 7 settembre 2010 n° 168) ha, all'art. 12, comma 1 lettera a), abrogato il citato comma 15 quater dell'art. 113 del TUEL.

Il tema dei divieti di partecipazione alle gare resta, dunque, soggetto in via esclusiva alla disciplina  cristallizzata negli art. 14 e 15 del Decreto Letta.

 

 

2. La partecipazione alle gare nel periodo transitorio; ratio.

 

Dalle suddette norme discende dunque, senza ambiguità, che durante il periodo transitorio (e cioè perlomeno sino al 31.12.2010), i soggetti titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali conseguiti prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. n° 164/2000 possono liberamente concorrere, senza limitazioni, alle procedure di gara per l'affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale.

La ratio di tale disciplina è duplice.

Sotto un primo profilo va osservato che il legislatore, nel rispetto dei principi comunitari di affidamento e di certezza del diritto, avendo stabilito di sacrificare anticipatamente i diritti dei concessionari prevedendo l'anticipata scadenza degli affidamenti, non ha potuto esimersi dal consentirne la partecipazione alle c.d. prime gare.

Ed infatti, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia (12), la previsione di un periodo transitorio può dirsi ragionevole se nella determinazione del medesimo vengano rispettati affidamento e certezza del diritto; i rapporti in essere debbono essere sciolti a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico.

Al riguardo, è stato efficacemente osservato che la durata degli affidamenti e la disciplina dei divieti di partecipazione alle gare non possono non incrociarsi: un ordinamento non può, senza entrare in contraddizione, riconoscere che il superamento di una previgente realtà avvenga in danno di alcuno dei suoi operatori (13) .

La stessa Corte Costituzionale (14), peraltro, ha chiarito la legittimità costituzionale della previsione di un periodo transitorio, specificando che esso non introduce una situazione di diseguaglianza o discriminatoria, in quanto a tutti i soggetti è attribuita facoltà di partecipazione alle gare nel medesimo periodo transitorio, dilazionando, in detto periodo, la preclusione per determinate situazioni sancita in via definitiva da norma destinata a operare a regime. Secondo la Consulta è ragionevole che il periodo transitorio sia determinato dal legislatore nell'esercizio della sua discrezionalità, tenendo però conto delle esigenze dello stesso principio di libertà di iniziativa economica e della libertà di concorrenza; il legislatore del D.Lgs. 164/2000 ha riscontrato la necessità di intervenire in via transitoria per impedire una serie di ostacoli operativi e concorsuali con rischi per il successivo reinserimento e quindi per la sopravvivenza di categorie di imprese esistenti e legittimamente operanti ed aventi nel mercato italiano una consistenza tutt’altro che trascurabile.

La Corte di Giustizia Europea, chiamata dal TAR Lombardia (15) a valutare la conformità al diritto comunitario delle proroghe alla durata del periodo transitorio per il servizio distribuzione gas disposte con L. 239/2004 e con L. n° 51/2006, ha chiarito che il diritto comunitario non osta a che una normativa di uno Stato membro preveda il prolungamento della durata del periodo transitorio al termine del quale deve cessare anticipatamente una concessione di distribuzione del gas naturale, purché tale prolungamento possa essere considerato necessario al fine di permettere alle parti del contratto di sciogliere i rispettivi rapporti contrattuali a condizioni accettabili sia dal punto di vista delle esigenze del servizio pubblico, sia dal punto di vista economico.

Sulla scia della Corte di Giustizia, anche il Consiglio di Stato, con ripetute pronunce rese nel corso del  2010 dalla Sezione Quinta, ha statuito che la proroga del periodo transitorio non risulta incompatibile con i principi comunitari ed in particolare con il principio di certezza del diritto, rappresentando in realtà una ragionevole o quanto meno non illogica scelta operata dal legislatore nazionale per contemperare gli opposti interessi in gioco, assicurando contestualmente che lo scioglimento dei rapporti contrattuali possa avvenire a condizioni accettabili dal punto di vista economico per il concessionario uscente (16). 

Sotto altra angolazione, la tutela dello stesso principio di concorrenza, come si diceva, suggerisce (per non dire impone) di non limitare oltremodo la platea dei soggetti in grado di partecipare alle gare de quibus.

Ed infatti, appare oltremodo significativo che anche autorevoli esponenti della stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, proprio nell'analizzare il rapporto tra il citato comma 9 del menzionato art.  23 bis e gli articoli 14 comma 5 e 15 comma 9 del D.Lgs. n° 164, abbiano rilevato come nel settore del gas – dati i numeri sugli affidamenti diretti attualmente esistenti – una applicazione indiscriminata dei divieti di partecipazione rischierebbe di ridurre oltre misura il grado di concorrenza per il mercato nella prima stagione di gare (17) .

 

 

3. Le pronunce della giurisprudenza amministrativa in materia di divieti di partecipazione alle gare per la distribuzione del gas.

 

In estrema sintesi: da quanto sin qui esposto emerge che: a) il periodo transitorio per la distribuzione del gas è ancora in corso; b) durante lo stesso periodo transitorio gli affidatari diretti di servizi pubblici locali possono partecipare alle gare senza limitazioni; c) la ratio sottesa alla disciplina del periodo transitorio, nonché le successive proroghe, sono conformi alle previsioni del Trattato per il Funzionamento dell'UE ed ai principi generali che lo informano, nonché corrispondenti ai criteri di ragionevolezza richiesti dalla Carta Costituzionale.

Proprio per la chiarezza di tali elementi, qualche sorpresa negli operatori è stata ingenerata da talune pronunce del Giudice Amministrativo, di segno apparentemente contrario.

E' il caso, ad esempio, del recentissimo arresto del TAR Sardegna, Sez. I, 12 ottobre 2010 n° 2293 (in questa Rivista), da cui parrebbe evincersi che l'art. 14, c. 5, del d.lgs. n. 164/2000, impedirebbe, in ogni caso, la partecipazione alle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale delle società che fruiscono di affidamenti diretti, a prescindere dalle disposizioni in materia di periodo transitorio.

Infatti, nel caso esaminato dal TAR, la società aggiudicataria della concessione per la realizzazione della rete del gas di una serie di comuni avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara per l'affidamento della realizzazione della rete gas dei comuni stessi, avendo in affidamento diretto, mediante una controllata, il servizio di distribuzione del gas in un altro ente locale.

Peraltro, dalla lettura sentenza emerge che l'affidamento diretto preclusivo della partecipazione alla gara sarebbe stato assentito con due deliberazioni di Consiglio Comunale, rispettivamente del 29 luglio e del 29 settembre 1999, cioè circa otto mesi prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n° 164/2000.

Il TAR Sardegna denuncia l'illegittimità di detti affidamenti riportando l'orientamento (peraltro consolidato) della giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui le “circostanze speciali” che, ai sensi dell'art. 267 del r.d. N° 1175 del 1931, consentono di dare in concessione pubblici servizi a trattativa privata non possono essere connesse ad una meramente presunta maggiore convenienza tecnico economica, occorrendo privilegiare il confronto concorrenziale tutte le volte in cui non vi ostino fatti oggettivamente impeditivi. Orbene, a parte la considerazione che – oltre a tale condivisibile affermazione di principio – nella sentenza nulla si dice sul contenuto (e dunque sulla dovizia motivazionale ex art. 267 r.d. N° 1175 del 1931, e quindi sulla legittimità) delle due succitate delibere consiliari, parrebbe persino che il G. A. ricolleghi in qualche modo l'odierna esclusione dalla gara all'originario vizio di legittimità dell'affidamento diretto, quasi a rinforzare la motivazione dell'esclusione, come se fosse consapevole delle carenze argomentative della proniuncia resa.

E’ fin superfluo rilevare, infatti, che il legislatore del decreto Letta non distingue in alcun modo tra affidamenti legittimi e non, per cui l'iter argomentativo appare perlomeno affetto da una certa discrasia logica.

Ma, quel che più conta, e che più sorprende, è come né nella pronuncia né, per quanto è dato arguire dalla lettura della stessa, dalle tesi difensive, vi sia traccia alcuna di riferimenti all'art. 15, comma 10, del D.Lgs. n° 164/2000.

Ed invece, è chiaro ed evidente come, essendo l'affidamento diretto de quo stato assentito prima dell'entrata in vigore del decreto Letta, la partecipazione alla gara avrebbe dovuto essere consentita, in virtù del pluricitato art. 15, comma 10 (la gara si è celebrata nel 2009).

Si tratta, con tutta evidenza, di un caso in cui ha giuocato un ruolo fondamentale l'estrema confusione normativa; si consideri, fra l’altro, che nel caso di specie non poteva neppure farsi questione di applicazione dell'art. 15, comma 15 quater, del TUEL, in quanto al momento dell'espletamento della gara già vigeva il comma 9 dell'art. 23 bis del d.l. n° 112/2008; non potrebbe, quindi, nemmeno essersi verificato un fraintendimento circa l’eventuale applicabilità dell’ulteriore restrizione alle condizioni di partecipazione posta dal suddetto art. 113, comma 15 quater, TUEL (peraltro anch’esso neppure menzionato nella pronuncia).

Ancor più perplessità desta l’enunciato della sentenza del Consiglio di Stato n° 417 del 2 febbraio 2010 (in questa Rivista), di conferma della Sentenza del TAR Sardegna, Sez. I, del 18 settembre 2008, n° 1781.

Pronunciandosi su di un ricorso concernente una gara di aggiudicazione, con il sistema del project financing, della progettazione, realizzazione e gestione della rete gas in alcuni Comuni della Sardegna (18), il Consiglio di Stato ha affermato che l’art. 15, comma 10, del d.lgs. n. 164/2000, consente la partecipazione alle gare delle predette società solo nel corso del periodo transitorio, periodo che, salve le ipotesi di proroga, si sarebbe concluso alla data del 31 dicembre 2005.

Dato che, scaduto il periodo transitorio, la prescrizione contenuta nel comma 5 dell’art. 14 riprende interamente la sua estensione, si impone, secondo il Supremo Consesso Amministrativo,  l’esclusione generalizzata dalle gare delle società che gestiscono servizi pubblici locali affidati con procedure non ad evidenza pubblica.

Non solo: il Consiglio di Stato dà espressamente conto del fatto che l'impresa titolare dell'affidamento diretto non abbia dimostrato, né fatto alcun cenno, all’ottenimento delle ulteriori proroghe di cui al comma 7 dell’art. 15 cit.

In realtà, l'impresa non aveva alcuna necessità di dar conto dell’ottenimento di ulteriori proroghe, in quanto, alla data di esperimento della gara, contrariamente all'assunto del G.A. il periodo transitorio non si era ancora concluso.

La procedura di gara in questione, infatti, è stata bandita nell’ottobre 2006, ed aggiudicata nel giugno 2007: a questo lasso temporale occorre riferirsi per individuare, secondo il generale principio del tempus regit actum, la disciplina applicabile alla procedura.

Alla data di emanazione del bando era già vigente l'art. 23 del d.l. n° 273/2005, convertito in Legge n° 51/2006, che ha definitivamente fissato il termine del periodo transitorio al 31.12.2007, con incremento automatico al 31.12.2009 in presenza di almeno una tra le condizioni previste dall'art. 15, comma 7, del D.Lgs. n° 164/2000 (cfr. supra, sub nota n. 9).

Pertanto, anche in questo caso entrambe le pronunce (TAR Sardegna e Consiglio di Stato) avrebbero dovuto essere di segno diametralmente opposto, riconoscendo la possibilità di partecipare alla gara  non già in funzione di ipotetiche proroghe, ma in virtù della circostanza che il periodo transitorio non si era ancora concluso, ex art. 23 d.l. n° 273/2005.

Più in generale, peraltro, la sentenza sembrerebbe avallare l'esistenza di un incondizionato principio generale per cui, a salvaguardia della tutela della concorrenza nel settore di mercato della distribuzione del gas, si vuole evitare la costituzione di posizioni dominanti da parte di società che beneficiano di affidamenti senza gara.

Orbene, una tale affermazione di principio, di per sé corretta, assume carattere certamente più ambiguo ove non accompagnata dalla precisazione che ci si trova (e ci si trovava, come detto, anche al tempo della celebrazione della gara di cui alla vertenza esaminata dal Consiglio di Stato) ancora nella vigenza del periodo transitorio.

Più puntuale, ma non esente da critiche, risulta altra pronuncia del TAR Sardegna (19), relativa sempre a fattispecie di affidamento con il sistema del project financing, della realizzazione e gestione delle reti gas di Comuni della Sardegna.

Esaminando, infatti, la questione degli affidamenti diretti detenuti dal soggetto concorrente, il TAR evidenzia che una delle società concorrenti, al momento della indizione della procedura, era titolare di contratti per lo svolgimento del servizio di distribuzione del gas e del servizio idrico integrato presso altro Comune,  assentiti rispettivamente in data 6 dicembre 2000, ed in data 27 novembre 2003 senza procedura di pubblica evidenza.

Il TAR, con la pronuncia in commento, ha quindi esattamente dedotto che, trattandosi di affidamenti diretti di servizi pubblici locali intervenuti dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 164/2000, non trova applicazione il regime transitorio di cui all’art. 15, comma 10, concludendo in ultima analisi per l’illegittimità dell’ammissione alla gara del soggetto interessato.

Peraltro, curiosamente il TAR si cura di rafforzare la motivazione dell’esclusione sulla base di un ulteriore assunto, che non può, invece, essere assolutamente condiviso.

Infatti, muovendo dal dato testuale dell’art. 13 del decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248 (20), il G.A. Sostiene (con interpretazione di carattere teleologico) che anche le società che hanno per oggetto la gestione dei servizi pubblici locali, pur non rientrando in via diretta nell’ambito di applicazione dell’art. 13 del decreto Bersani, devono avere oggetto sociale esclusivo, identificato nella gestione dei servizi pubblici locali.

In mancanza, infatti, prosegue il TAR, occorrerebbe ammettere che il divieto introdotto dal comma 1 dell’art. 13 sarebbe inapplicabile in tutte le ipotesi di società miste che nel loro oggetto sociale abbiano incluso sia servizi strumentali che servizi pubblici locali. In tale prospettiva, la semplice presenza di tale ultima attività renderebbe operante l’eccezione al divieto (di cui all’inciso «con esclusione dei servizi pubblici locali»). Ma questa, nella visione del TAR Sardegna, appare una lettura inaccettabile poiché priva la disposizione in esame di qualsiasi significato normativo.

Le società in questione, per la presenza di soggetti pubblici nella compagine societaria, sono ritenute dal TAR Sardegna in grado di provocare quelle “alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di (alterare) la parità degli operatori”, che le norme di cui all’art. 13 intenderebbero evitare; trattandosi, nel caso di specie, di società il cui oggetto sociale contemplava entrambe le tipologie di servizi, il TAR conclude per la sussistenza di una ulteriore causa di esclusione dalla gara.

Si tratta di altra affermazione di principio che sembra necessario rigettare in toto.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha infatti ormai chiarito che la norma di cui all’art. 13 del d.l. 223/2006 non esprime un principio di portata generale (rispetto a cui la fattispecie delle società pubbliche costituirebbe un’eccezione di stretta interpretazione), ma, all’opposto, costituisce esso stesso uno strumento eccezionale rispetto alla generale capacità di agire degli imprenditori collettivi di matrice pubblica, come, oramai da qualche tempo, evidenziato da perspicua dottrina (21).

Pertanto, secondo la migliore impostazione (22), la norma di cui all’art. 13 cit., non può trovare applicazione oltre ai casi in essa espressamente disciplinati (23) e, quindi, a fortiori, appare assolutamente improprio dedurne un principio generale da applicare in via analogica a settori estranei all’ambito applicativo della disposizione.

Ciò a maggior ragione con riferimento ad un settore, la distribuzione del gas, oggi escluso financo dall’applicazione della disciplina generale sui Servizi Pubblici Locali a rilevanza economica.

 

 

5. Considerazioni finali

 

Come si è constatato, diversi assunti della giurisprudenza che ha affermato la sussistenza del divieto di partecipazione alle gare durante il periodo transitorio sono in realtà basati, come emerge dalla lettura delle pronunce, su di un quadro parziale della normativa vigente.

In un caso infatti si registra la mancata applicazione dell’art. 23 del d.l. n° 273/2005, con conseguente (errata) declaratoria di conclusione del periodo transitorio. In un altro caso si afferma, addirittura, la incondizionata operatività del divieto di cui all’art. 14, comma quinto, cit., pur se, giova ribadirlo, gli affidamenti diretti impeditivi sono stati conseguiti ben prima dell’entrata in vigore del decreto Letta (e l’art. 15, comma decimo, dello stesso non viene neppure menzionato dalla pronuncia).

Nell’attuale contesto normativo, i titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali conseguiti prima del giugno 2000 possono dunque concorrere senz’altro, senza limitazioni, alle gare bandite entro il 31.12.2010, data di termine del periodo transitorio a legislazione vigente.

Vi è, tuttavia, da interrogarsi su un aspetto ulteriore.

Quid iuris, infatti, se (come appare probabile) alla data del 31.12.2010 l’atteso D.M. del Ministero dello Sviluppo Economico non sarà ancora stato emanato?

Come si è osservato (cfr. supra, nota 2), la stessa Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato propende per la mera facoltatività, per gli Enti Locali, di bandire le gare in assenza dell’emanazione del citato D.M.; i Comuni non avranno quindi l’obbligo di celebrare le gare, potendo scegliere di attendere la nuova regolamentazione.

In tal caso, dunque, taluni concessionari (titolari delle concessioni affidate dai Comuni che optino per la non indizione della gara) si troverebbero, giocoforza, in una condizione di proroga di fatto di un affidamento diretto, senza però poter più giovarsi della tutela apprestata dall’art. 15, comma decimo, del decreto Letta, quale necessario contrappeso posto dal legislatore alla risoluzione anticipata dei rapporti in essere.

In sostanza, tali concessionari si troverebbero in una sorta di “periodo transitorio forzoso”, vedendosi però preclusa – e non per loro colpa – la possibilità di partecipare alle gare, e ciò, potenzialmente, sino al 31.12.2012.

E’ il caso di rammentare qui che i concessionari non avrebbero la possibilità di rinunciare all’affidamento diretto per essere liberi di competere sul mercato; infatti la continuità del servizio pubblico, oltre ad essere penalmente presidiata dall’art. 340 del codice penale, è garantita anche dal comma 7  dell’art. 15 del D.Lgs. n° 164/2000, secondo cui “gli enti locali avviano la procedura di gara non oltre un anno prima della scadenza dell'affidamento, in modo da evitare soluzioni di continuità nella gestione del servizio. Il gestore uscente resta comunque obbligato a proseguire la gestione del servizio, limitatamente all'ordinaria amministrazione, fino alla data di decorrenza del nuovo affidamento”.

E’ palese che tale situazione rappresenterebbe una chiara antinomia rispetto ai principi di affidamento, certezza del diritto e parità di trattamento posti dal Trattato UE, antinomia cui non potrebbe porsi rimedio se non considerando, mediante un'interpretazione della norma teleologicamente orientata, e conforme al diritto comunitario, a tutti gli effetti prorogato il periodo transitorio sino all’emanazione del D.M. previsto dall’art. 46 bis citato, consentendo dunque a tutti gli operatori del settore la partecipazione alle gare durante tale arco temporale.

In difetto, eventuali esclusioni dalle gare bandite a partire dall’1.1.2001 si esporrebbero e rilievi di incompatibilità tanto con la normativa comunitaria quanto con i principi costituzionali nazionali, illustrati poc’anzi, alimentando quindi ulteriormente il contenzioso in un settore che di un simile incremento non pare, francamente, aver bisogno.

 

 

Legnano, 28 ottobre 2010.    

 

1 La stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha più volte messo in evidenza che il quadro normativo risulta di non agevole lettura e mancano consolidati orientamenti giurisprudenziali ed applicativi cui far riferimento: cfr. AS507 del 24.12.2008; AS643 del 22.10.2008

2 Non è questa la sede per una compiuta disamina del problema, assai articolato; ci si limita a rinviare al proposito all’esaustivo contributo di G. Nicoletti, “Distribuzione del Gas: si possono indire le gare?” In Questa Rivista, 13 Gennaio 2009; in giurisprudenza TAR Lombardia, sede di Brescia, n° 410 del 23 maggio 2008, n° 566 del 27 maggio 2008 e n° 322 del 20 febbraio 2009, nonché Consiglio di Stato, Ordinanza cautelare n°  5213 del 30 settembre 2008, secondo le quali, nelle more della definizione dei bacini ottimali di utenza, non è possibile accogliere la tesi di una prorogatio sine die degli affidamenti in essere. Secondo tale visione, per gli Enti Locali sarebbe dunque possibile e , per certi versi, doveroso, procedere all’indizione delle gare alla scadenza degli affidamenti, indipendentemente dall’emanazione del D.M. Anche secondo l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato il blocco delle gare si porrebbe in antitesi con il principio comunitario di concorrenza, ritenendosi preferibile, perlomeno, un approccio di tipo facoltativo per gli Enti Locali. Favorevoli, invece, al blocco delle gare sino all'emanazione dei Decreti attuativi la Corte dei Conti, sez. Controllo Lombardia, Parere n° 225/2010 del 17 febbraio 2010 e l'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici, con Parere n° AG- 18/2010 del 13 maggio 2010.

3 Fonte: la Staffetta Quotidiana,  8 settembre 2010, www.staffettaonline.com

4 Recante “Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144

5 E', infatti, opportuno rammentare come, prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. N° 164/2000, la normativa nazionale vigente legittimasse – ricorrendo talune condizioni -  gli affidamenti diretti del servizio di distribuzione (rectius: del servizio gas) del gas naturale (o di altri servizi pubblici locali), tanto nei confronti di imprese pubbliche quanto di imprese private, pur se su differenti basi giuridiche. Ed infatti, da un lato si rinvenivano affidamenti disposti a seguito della c.d. municipalizzazione del servizio gas, in virtù delle disposizioni di cui al T.U. 15 ottobre 1925, n. 2578 ed al D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902, nonché, in seguito, agli art 22 e seguenti della Legge n° 142/90 ed, infine, agli art.113 e ss. del TUEL. Sotto altro versante, con particolare riferimento alle concessionarie private, era frequente l'affidamento diretto a trattativa privata, in virtù del rilevante intuitus personae nella concessione di servizi pubblici (che veniva a tal proposito distinta dall'appalto), ai sensi dell'art.  del  R. D. 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico per la finanza locale), secondo cui “Le concessioni di cui all'art. 265 devono, di regola, essere precedute da asta pubblica. Tuttavia, quando circostanze speciali in rapporto alla natura dei servizi lo consiglino, il prefetto può consentire che i contratti seguano a licitazione o a trattativa privata.”

6 Cfr. S. Colombari, “Transizione amministrativa verso il mercato nella distribuzione del gas naturale: durata delle concessioni, riscatti e gare” in Giustizia Amministrativa, n° 3-2006.

7 La durata del c.d. periodo transitorio (Cfr. amplius Circolare ANCI del 8 giugno 2010 - Circolare informativa in materia di distribuzione del gas naturale con indicazioni ai Comuni sulla scadenza delle concessioni ed affidamento del servizio.) era originariamente limitata dal citato art. 15 del D.Lgs n° 164/2000 al 31.12.2005 (incrementabile sino al 31.12.2010 laddove ricorressero le condizioni previste dal comma 7 del medesimo articolo 15) per le ipotesi in cui il servizio fosse stato affidato in assenza di procedura ad evidenza pubblica, ed al 31.12.2012 nel caso il servizio fosse stato affidato con gara pubblica. In seguito, la legge 239/2004 – “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia” - all’art. 1 comma 69, ha modificato le scadenze del transitorio, disponendo che tale periodo terminasse il 31 dicembre 2007, fatta salva la facoltà per l’ente locale affidante o concedente di prorogare per un anno la durata dello stesso, per ragioni di pubblico interesse. La L. 239/2004 , ha poi abrogato il comma 8 dell’articolo 15 del d. lgs. 164/2000 che prevedeva la possibilità di cumulo degli incrementi del transitorio in presenza di una o più condizioni di cui al comma 7 dello stesso decreto. E' quindi intervenuto l'art. 23 del d.l. N° 273 2005, convertito in Legge n° 51/2006, che ha definitivamente fissato il termine del periodo transitorio al 31.12.2007, con incremento automatico al 31.12.2009 in presenza di almeno una tra le condizioni previste dall'art. 15, comma 7, del D.Lgs. n° 164/2000. In tale quadro è intervenuto l'articolo 46 bis del d.l. N° 159/2007, convertito in Legge 122/2007, che ha previsto che l'indizione delle gare per l'affidamento del servizio dovesse avvenire entro due anni dalla definizione degli Ambiti Territoriali Minimi (ATM), demandati dal medesimo art. 46 bis ad un emanando d.m. Del Ministro per lo sviluppo Economico, di concerto con il Ministro per i Rapporti con le Regioni, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del D.Lgs n° 281/1997 , e l'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas. Il d.l. N° 135/2009, concludendo l'infinita telenovela (cfr. G. Nicoletti “Distribuzione gas: riprende la telenovela”, in Questa Rivista, 8 gennaio 2008) ha fissato il termine per l’emanazione del D.M. al 31.12.2012. Ad oggi, dunque, lo stato dell'arte sembra essere questo: il periodo transitorio, comprensivo dell'anno di proroga che può essere concesso dai Comuni per ragioni di pubblico interesse, avrà scadenza il 31.12.2010 per le gestioni affidate senza procedura ad evidenza pubblica, mentre scadrà al 31.12.2012 nel caso di concessione affidata con gara. Va, peraltro, dato conto di come diversi commentatori, alla luce della scadenza, al 31.12.2012, posta dal primo comma dell'art. 23 bis cit. per la definizione degli ATM, si siano espressi nel senso di un prolungamento del periodo transitorio stesso sino all'adozione del succitato d.m. La tesi, come si dirà, non è priva di riscontri normativi ma, soprattutto, sembrerebbe essere sorretta dalle ragioni della logica.

8 Comma 6 : Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all’estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.

9 Questa è, infatti, l'interpretazione che è stata fornita dal Consiglio di Stato del citato comma 15 quater: Consiglio di Stato, Sez. V, 12/10/2010 n. 7401, in questa Rivista.

10 d. l. 25 giugno 2008 n° 112, convertito in Legge 6 agosto 2008, n° 133, come modificato dall'art. 15 del d.l. 25 settembre 2009 n° 135, convertito con modificazioni nella Legge 20 bnovembre 2009 n° 166

11 Peraltro, il legislatore si era già premurato di cristallizzare detta esclusione mediante la Legge 99/2009;

12 CGE, 17.7.2008 C-347/06)

13 B. Giliberti, L.R. Perfetti e I. Rizzo “La disciplina del servizi pubblici locali alla luce del D.L. 135/2009”, in Urbanistica e Appalti, 3/20010, pp. 257 e ss.

14 Corte Costituzionale - Sentenza 31 luglio 2002 n. 413

15 TAR Lombardia, Sez. Brescia, ordinanza del 23 maggio 2006

16 Consiglio di Stato - Sezione V - 1 ottobre 2010 n. 7272; v. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 21 maggio 2010 n° 3216, e Consiglio di Stato, Sez. V, 26 luglio 2010 n° 4873;

17 Alessandro Del Noce, Responsabile Direzione Energia Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, “L’attuazione dell’art. 23 bis della Legge 133/2008 in materia di SPL: il caso della distribuzione di gas naturale”, presentata in occasione del Workshop AGCM e Master antitrust e regolazione dei mercati

18 Interessante notare, incidentalmente, come il Consiglio di Stato, in tale occasione, abbia decretato la piena equiparazione della procedura di realizzazione e gestione di lavori in project financing all’affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale, con conseguente applicabilità alla fattispecie delle disposizioni di cui al D.Lgs. n° 164/2000 in materia di procedure di gara e relativi divieti di partecipazione. La disciplina del project finance, secondo il Consiglio di Stato, ha infatti una portata generale, ed è applicabile in relazione a tutti i servizi pubblici connessi alla realizzazione di un’opera pubblica A tale conclusione il Consiglio di Stato perviene con una articolata (e convincente) motivazione, discostandosi dal proprio precedente indirizzo, in forza del quale il divieto di partecipazione alla gara non era considerato operante nella fase del project financing attinente alla selezione del progetto (decisione 7 luglio 2009, n. 4346), ma solo nella fase successiva in cui si svolge la gara per l’affidamento della concessione.

Ciò in quanto, pur se l’indiscutibile “peculiarità” della procedura di project finance impone di verificare con attenzione quali norme riferite alle procedure di affidamento di cui al D.Lgs. n° 164/2000 siano effettivamente estensibili a tale modulo di scelta del titolare del servizio, non sussistono ragioni logiche convincenti per affermare l’inapplicabilità del divieto di partecipazione dei soggetti titolari di affidamenti diretti. Il Consiglio di Stato al riguardo sottolinea l’identità sostanziale con le altre procedure di affidamento, e rileva come entrambe le situazioni siano caratterizzate dall’esigenza di tutelare la massima concorrenza tra le imprese, compensando i concreti vantaggi ottenuti dai soggetti affidatari di servizi pubblici ottenuti senza alcun preventivo confronto concorrenziale, realizzato attraverso una gara pubblica.  In tale contesto, proprio la definizione del quadro progettuale dell’intervento rappresenta un elemento di assoluta rilevanza nella dinamica delle scelte economiche dei soggetti che potrebbero aspirare ad ottenere la concessione, anche prescindendo dalla titolarità del diritto di prelazione in capo al promotore.

19 Si tratta di TAR Sardegna, Sez. I, 11 luglio 2008 n° 1371, in questa Rivista

20 Secondo cui «le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali (…) devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara (…)». Il divieto trova un completamento, sul piano della disciplina, nel comma 2 dell’art. 13, che impone alle medesime società di prevedere un oggetto sociale esclusivo; e una sanzione specifica nella previsione del comma 4 dell’art. 13, che qualifica nulli i contratti conclusi dalle società di cui trattasi in violazione delle norme appena riassunte (facendo salvi solo quei «contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto … in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data»).

21 Simona Rostagno, “Verso la discriminazione delle società a partecipazione pubblica ovvero della deriva dell’interpretazione dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006 n° 223 convertito in l. 4 agosto 2006 n° 248 (cd. decreto Bersani) lontano dai principi del Trattato UE e dai modelli comunitari di collaborazione fra pubblico e privato”, in www.giustamm.it, 27.10.2008

22 TAR Lazio, Sez. II, del 5 gennaio 2010 n° 36; Consiglio di Stato, V, 7 luglio 2009, n. 4346. Il Consiglio di Stato, in questa pronuncia, opera un chiaro revirement rispetto al precedente arresto della Sez. VI, 7/10/2008 n. 4829, cit. Merita, inoltre, evidenziare come il Consiglio di Stato chiarisca l’impossibilità di estendere l’applicazione dell’art. 13 in parola alle società miste multi-utilities, che svolgano sia attività strumentali che servizi pubblici locali:  “…la norma dettata dall'art. 13, comma 1 ha carattere eccezionale e deve essere interpretata in stretta aderenza al suo dato letterale e senza possibilità alcuna di applicazione oltre i casi in essa previsti. La disposizione esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione il settore dei servizi pubblici locali e pertanto deve essere applicata esclusivamente alle "società costituite o partecipate dalle amministrazioni ... locali per la  produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti, in funzione della loro attivita’ .” Con riguardo alle società miste per la gestione di servizi pubblici il Cons. Stato precisa che: “Contrariamente all’assunto del primo giudice rileva la Sezione che  le società che svolgono servizi pubblici locali, partecipate integralmente o in parte dagli enti locali per altri fini, non devono avere un "oggetto sociale esclusivo"  e non sono soggette alle limitazioni imposte dall'art. 13 per sua espressa previsione; pertanto non era consentita alcuna differente interpretazione. Ed invero l'assimilazione fatta dalla sentenza tra le società "strumentali" e quelle miste non trova riscontro nelle norme vigenti.  Le società "strumentali" costituiscono una "longa manus" delle Amministrazioni, tant'è che l'affidamento delle attività "strumentali" avviene in via diretta (ovvero secondo il c.d. "in house providing"): "la situazione di in “house” legittima l'affidamento diretto, senza previa gara, del servizio di un ente pubblico a una persona giuridicamente distinta, qualora l'ente eserciti sul secon-do un controllo analogo a quello dallo stesso esercitato sui propri servizi e la seconda realizzi la parte più importante  della propria attività con l'ente o con gli enti che la controllano (C. Giust.CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal;  Cons. Stato, A.P. n. 1/2008 cit.)”.

23 Sia consentito rinviare, al riguardo, al contributo di chi scrive, pubblicato in questa Rivista, “I servizi strumentali alle attività delle amministrazioni pubbliche, tra attività amministrativa in forma privatistica e attività di impresa di enti pubblici. I divieti dell’art. 13 del Decreto Bersani e le società c.d. di terzo grado nella più recente giurisprudenza”.

 

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