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Effetti del referendum abrogativo sulla disciplina del tpl: prime osservazioni.
di Francesca Scura 14 luglio 2011
Materia: trasporti / trasporto pubblico locale

caducazione dell’art. 23-bis L. n. 133/2008

L’esito positivo del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno scorso ha determinato, tra l’altro, la caducazione dell’art. 23-bis L. n. 133/2008 s.m.i. [1] (in seguito “art. 23-bis”), recante la disciplina dell’affidamento e della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. In quanto rientrante nell’ambito di tali servizi, il settore del trasporto pubblico locale (in seguito “TPL”) è direttamente investito dagli effetti di tale abrogazione, quali, in sintesi:

-          la caducazione conseguente del Regolamento di attuazione del medesimo art. 23-bis (D.P.R. 7.9.2010 n. 168, “Regolamento attuativo”);

-          la piena applicazione, nell’ambito dell’ordinamento nazionale, come evidenziato dalla Corte costituzionale (sentenza 24/2011), della disciplina comunitaria relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica (nella specie, il Regolamento CE 1370/2007);

-          la sopravvivenza della disciplina abrogata con riguardo ai rapporti in essere sorti in forza della medesima, posta l’efficacia ex nunc della predetta abrogazione[2];

-          la preclusione – operante principalmente sul piano della responsabilità politica - per il legislatore nazionale di ripristinare in via formale o sostanziale la disciplina abrogata dalla volontà popolare: il referendum, quale atto-fonte dell'ordinamento, è, infatti, espressione di una volontà definitiva e irripetibile con la conseguenza che al legislatore, secondo la giurisprudenza costituzionale (Corte Costituzionale n. 468/1990 e n. 32/1993), non sarebbe consentito di continuare ad applicare la disciplina abrogata (ad esempio, con una nuova legge che disponesse l'inefficacia del decreto presidenziale di promulgazione dell'esito referendario o prorogasse transitoriamente l'efficacia della legge abrogata)[3];

-          la non reviviscenza delle norme abrogate dall’art. 23-bis, espressamente o tacitamente, secondo quanto statuito dalla Corte Costituzionale (sentenze n. 24/2011, n. 31/2000 e n. 40/1997)[4].

Con riguardo a tale ultimo profilo, nessun dubbio si pone circa la piena applicazione della normativa nazionale di settore non incompatibile con l’art. 23-bis (nella specie, il D.Lgs. n. 422/1997 e s.m.i., cd. "Decreto Burlando”).

Pacifico è, allo stesso modo, il venir meno delle norme nazionali abrogate in via espressa dall’art. 23-bis. In particolare:

- è abrogato l’art. 113, commi 5, 5-bis, 6, 7, 8, 9, escluso il primo periodo, 14, 15-bis, 15-ter e 15-quater del Testo Unico degli Enti Locali per espresso disposto di cui all’art. 12, comma 1, del Regolamento attuativo (comunque non applicabile al settore del TPL in punto di procedure di affidamento e periodo transitorio ex art. 1, comma 48, L. n. 308/2004);

- è soppresso l’avverbio “esclusivamente” di cui all’art. 18, comma 3-bis del D.Lgs. n. 422/1997, per espresso disposto dell’art. 12, comma 3, del Regolamento attuativo, con la conseguenza che oggi la citata disposizione va letta nel senso che “Trascorso il periodo transitorio, tutti i servizi vengono affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali di cui al comma 2, lettera a)”: non si tratta, tuttavia, di una novità di rilievo in quanto, da un lato, il citato art. 18 non contempla modalità di affidamento diverse dalla gara, dall’altro, sono comunque ammesse le modalità dell’in house e della gara “a doppio oggetto” ai sensi della generale normativa comunitaria.

Controversa è, invece, la questione della permanenza o meno delle disposizioni non abrogate in via espressa dall’art. 23-bis (tra queste, in particolare, l’art. 61 L. n. 99/2009 e l’art. 4-bis L. n. 102/2009 di cui in seguito meglio si dirà).

quadro normativo attuale

La breve analisi sopra condotta consente di delineare l’attuale quadro normativo in materia di TPL, che risulta così composto:

- Regolamento comunitario 1370/2007. A differenza della disciplina di cui all’art. 23-bis, che integrava quella comunitaria in quanto maggiormente concorrenziale e, quindi, con essa compatibile[5], a seguito del referendum abrogativo, trova applicazione piena il Regolamento  1370/2007, di chiara portata self executing e meno restrittivo rispetto alla disciplina oggetto di referendum in punto di affidamento diretto (art. 5) e di periodo transitorio (con termine finale ora fissato al 3.12.2019 ex art. 8, par. 2).

Oltre al citato Regolamento, trovano applicazione i principi generali in materia di concorrenza posti dal TFUE e dalla giurisprudenza comunitaria nonchè le regole contenute nelle Direttive sugli appalti pubblici nei limiti ivi  previsti[6].

A tale disciplina è soggetto tanto lo Stato quanto - in caso di permanenza del vuoto normativo statale sul punto e, quindi, di assenza di una normativa statale più restrittiva -  le Regioni.

- Art. 18 D.Lgs. n. 422/1997 (“Decreto Burlando”), che rappresenta la normativa statale “quadro” in materia di TPL, ponendo la regola della necessaria “esternalizzazione” del servizio tramite gara [7].

- Art. 61 L. 23.7.2009 n. 99 che, richiamando il Regolamento comunitario:

- consente alle autorità competenti all’aggiudicazione dei servizi di TPL (regioni e enti locali) di avvalersi, anche in deroga alla disciplina di settore, della disciplina di cui all’art. 5 del citato Regolamento (sull’affidamento in house, diretto sottosoglia e in caso di emergenza) e all’art. 8 (periodo transitorio fino al 2019);

- esonera dal divieto di attività extra moenia di cui all’art. 18, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 422/97 gli affidatari diretti ai sensi delle norme del predetto Regolamento (art. 5).

- Art. 4-bis L. 3.8.2009 n. 102 che pone:

- l’obbligo per gli enti affidanti in house di mettere a gara almeno il 10% dei servizi di TPL, oggetto dell’affidamento, in favore di soggetti diversi da quelli sui quali esercitano il “controllo analogo”;

- il divieto di attività extra moenia per gli affidatari diretti ai sensi delle previsioni di cui all’art. 5, par. 2, 4, 5 e 6, e all’ art. 8, par. 2, del Regolamento comunitario.

Della permanenza in vigore di tali ultime due disposizioni si discute. Al riguardo può rilevarsi quanto segue[8]:

- l’art. 61 L. n. 99/2009, nella parte in cui disciplina il periodo transitorio, non fa altro che richiamarsi al Regolamento comunitario (e, quindi, alla scadenza del 2019), comunque oggi pienamente applicabile al settore, essendo, pertanto, irrilevante il suddetto richiamo ai fini della permanenza degli affidamenti in essere; parimenti deve dirsi per il richiamo alla tipologia di affidamento diretto ex art. 5 del Regolamento comunitario, anch’esso comunque, oggi pienamente applicabile; nella parte in cui esonera dal divieto di attività extra moenia, invece, avrebbe significativi effetti per il settore: occorre, tuttavia, considerarne la dubbia compatibilità con la normativa comunitaria, la probabile abrogazione da parte dell’art. 23-bis che, al comma 9, prevedeva una disciplina più restrittiva e che, peraltro, faceva sopravvivere l’art. 61 solo con riferimento alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano (art. 15, comma 1-bis, L. n. 166/2009);

- l’art. 4-bis L. n. 102/2009,  nella parte in cui obbliga gli enti affidanti in house ad affidare con gara contestualmente il 10% dei servizi a soggetti diversi, non fa che apporre un’ulteriore condizione restrittiva alla possibilità di tali affidamenti diretti, che pare compatibile, in quanto pro-concorrenziale, con l’attuale disciplina dell’in house; laddove regola il divieto di attività extra moenia, potrebbe, invece, ritenersi abrogato dall’art. 61 (di fatto entrato in vigore successivamente), oltrechè difficilmente compatibile con la disciplina comunitaria, sovraordinata e prevalente[9]; diversi argomenti, tuttavia, potrebbero far propendere per la permanenza in vigore di tale norma (nella stessa L. n. 166/09, ad esempio, il legislatore si richiama all’art. 4-bis, implicitamente, dunque, ritenuto in vigore) e per la sua compatibilità con il Regolamento CE.

- Normativa regionale. Le leggi regionali di attuazione del Decreto Burlando - ove vigenti - continuano ad applicarsi al settore in quanto compatibili con la disciplina comunitaria.

Allo stato, dunque, regioni ed enti locali, in mancanza di una legislazione statale pro concorrenziale più restrittiva, possono disporre in materia, eventualmente in maniera più restrittiva rispetto alla disciplina comunitaria, purchè nel rispetto delle descritto quadro normativo. Peraltro, la riconducibilità - affermata più volte dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 222/2005) - della disciplina del TPL ad una materia legislativa regionale di tipo residuale, ai sensi dell'art. 117, comma 4, della Costituzione, senz’altro legittima le regioni in tal senso.

modalita’ di affidamento del servizio

In base alla normativa “di risulta” sopra riportata e salve eventuali normative sopravvenute, allo stato, i servizi di TPL sono affidati secondo le seguenti modalità:

    • procedura ad evidenza pubblica: l’affidamento del servizio tramite gara rimane la nota costante dell’intero sistema di gestione del TPL[10]; a seconda che si tratti di “concessione di servizio pubblico” ovvero di “appalto di servizi” trovano applicazione le regole della “gara informale”, con l’invito ad almeno 5 operatori ai sensi dell’art. 30 del Codice dei Contratti Pubblici, ovvero le più rigorose procedure previste dalle restanti disposizioni del Codice in tema di appalti di servizi.
    • “gara a doppio oggetto” (Partenariato pubblico privato): la modalità di affidamento a società mista, nella quale la scelta del socio privato avviene con procedura di evidenza pubblica, finalizzata non soltanto alla scelta del socio privato, ma anche allo stesso affidamento dell’attività da svolgere, è ormai regola codificata nell’ordinamento comunitario e nazionale (Comunicazione interpretativa n. C(2007)6661 del 5.2.2008; art. 1, comma 2, del Codice dei Contratti Pubblici): la legittimità di simili affidamenti è, tuttavia, subordinata, tralasciando i contrasti giurisprudenziali in ordine alla esclusività o meno dell’oggetto sociale, tra l’altro, alla condizione che il partner privato sia un socio "operativo", non meramente finanziatore nè “stabile”, dovendosi prevedere un rinnovo della procedura di selezione alla scadenza del periodo di affidamento (Consiglio di Stato, A.P. n. 1/2008). Al riguardo, a seguito del referendum, viene meno l’obbligo, previsto, invece, dall’abrogato art. 23-bis, comma 2, lett. b), dell’attribuzione al socio privato di una partecipazione pari almeno al 40%[11]. Resta, invece, il vincolo di detenzione per il socio pubblico di almeno il 20% del capitale della società, così come stabilito dal D.P.R. 16.9.1996 n. 533, richiamato dall’art. 116 del TUEL, tuttora in vigore. Vengono meno, inoltre, le più prescrizioni relative al contenuto obbligatorio del bando di gara di cui all’art. 3 del Regolamento attuativo.
    • Affidamento in house: in caso di concessione di servizi, a meno che non sia vietato dalla legge nazionale, è possibile ricorrere ad affidamenti in house conformi alle prescrizioni contenute nel Regolamento comunitario (art. 5, par. 2). Ferme restando le condizioni di eccezionalità e pubblicità richieste dalla predetta disciplina comunitaria, vengono meno le ulteriori condizioni restrittive in precedenza previste dall’art. 23-bis nonché l’obbligatorietà della richiesta di parere preventivo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Subentra, invece, l’obbligo, ex art. 4-bis L. n. 102/99, della cessione contestuale del 10% dei servizi a terzi, nonché, in base ai principi generali della contrattualistica pubblica e del procedimento amministrativo, l’obbligo per l’ente di motivare adeguatamente la decisione di affidamento diretto in quanto deroga al principio comunitario di massima apertura alla concorrenza (art. 30 Codice dei Contratti Pubblici; art. 1 L. n. 241/1990)[12]. Si ritiene, pertanto, legittimo l’affidamento diretto qualora: i) l’amministrazione o le amministrazioni affidanti esercitino sulla società un “controllo analogo” a quello che esercitano sui propri organi (per il Regolamento comunitario non è necessaria la proprietà pubblica totalitaria)[13]; ii) la società destini la parte principale o prevalente della propria attività all’amministrazione o alle amministrazioni controllanti. Ai sensi della normativa comunitaria è, inoltre, fatto divieto di svolgere attività extra moenia, salvo il caso in cui l’affidamento sia in scadenza nei due anni successivi e sia stata assunta la decisione di procedere all’affidamento dei servizi in house con gara (art. 5, par. 2, lett. b e c del Regolamento comunitario).
    • Affidamento diretto dei contratti sottosoglia: ai sensi del Regolamento comunitario (art. 5, par. 4), in caso di concessione di servizi[14], a meno che non sia vietato dalla legge nazionale, le autorità competenti hanno la facoltà di aggiudicare direttamente i contratti di servizio pubblico, il cui valore annuo medio stimato è inferiore a € 1.000.000 oppure che riguardano la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri inferiore a 300.000 km l’anno. Qualora un contratto di servizio pubblico sia aggiudicato direttamente a una piccola o media impresa che opera con non più di 23 veicoli, dette soglie possono essere aumentate o a un valore annuo medio stimato inferiore a 2.000.000 euro oppure, qualora il contratto riguardi la fornitura di servizi di trasporto pubblico di passeggeri, inferiore a 600.000 km l’anno.
    • Affidamento diretto in caso di emergenza: anche in presenza di una eventuale legislazione nazionale più restrittiva, il Regolamento comunitario (art. 5, par. 5), prevede che, in caso di concessione di servizi, nell’ipotesi di interruzione del servizio o di pericolo imminente di interruzione, l’autorità competente possa adottare – con decisione motivata -“provvedimenti di emergenza” sotto forma di un’”aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico o di una “proroga consensuale” di un contratto di servizio pubblico oppure di un’”imposizione dell’obbligo di fornire determinati servizi pubblici”; i contratti di servizio pubblico aggiudicati o prorogati con provvedimento di emergenza o le misure che impongono di stipulare un contratto di questo tipo hanno una durata non superiore a due anni.
    • Affidamento diretto ferroviario: resta ferma la possibilità di ricorrere ad affidamenti diretti di servizi ferroviari come disposto dal Regolamento comunitario, a meno che non sia vietato dalla legge nazionale (art. 5, par. 6).
    • Gestione “in economia”: l’ordinamento comunitario è “neutrale” rispetto alla possibilità per l’ente di esternalizzare o meno i servizi, ammettendola “a meno che non sia vietato dalla legislazione nazionale” (Regolamento comunitario, art. 5, par. 2); sebbene i recenti orientamenti della giurisprudenza nazionale (Consiglio di Stato n. 552/2011), la Corte Costituzionale nega tale possibilità con riguardo ai servizi di rilevanza economica (sentenza n. 325/2010).

Periodo transitorio

La caducazione dell’art. 23-bis per effetto del referendum costituzionale ne travolge il comma 8, che stabiliva,  come noto,  la cessazione ex lege, nei ravvicinati tempi stabiliti dallo stesso art. 23-bis, di tutte le gestioni in essere non conformi alle modalità di affidamento previste dalla norma abrogata[15].

L’attuale disciplina transitoria è, oggi, da individuarsi nella normativa comunitaria (art. 8, Regolamento comunitario).

Stante l’abrogazione della norma statale più restrittiva in tema di periodo transitorio, pertanto, le regioni e gli enti locali non sono tenute ad indire gare per l’affidamento dei servizi di TPL necessariamente entro il citato termine del 30.9.2011[16], potendo, invece, usufruire di un maggiore periodo, sempre, tuttavia, nei limiti del termine (massimo[17]) del 3.12.2019 stabilito del Regolamento comunitario (e della data intermedia del 3.12.2014 secondo quanto previsto dall’art. 8, par. 3). In tale lasso di tempo, riconosciuto al fine di garantire “l’apertura graduale” del mercato e “di evitare gravi problemi strutturali, in particolare per quanto riguarda la capacità di trasporto”, tali enti dovranno necessariamente attivarsi al fine di predisporre quanto necessario all’espletamento delle procedure ad evidenza pubblica.

Quanto ai contratti in essere, pare possibile ritenere che:

- le attuali gestioni in house, se rispettose dei principi comunitari, sono legittime e si protraggono fino alla scadenza naturale del contratto, senza alcun obbligo di privatizzare almeno il 40% del capitale entro la fine del 2011 (secondo quanto era, invece, previsto dall’abrogato art. 23-bis, comma 8, lett. a);

- i contratti già affidati a società miste non aggiudicati nel rispetto dei principi comunitari e nazionali in materia di gara “a doppio oggetto”, sono sostanzialmente illegittimi, senza, tuttavia, che la legge ne fissi la cessazione improrogabile allo scadere di un dato termine (come, invece, sanciva l’art. 23-bis, comma 8, lett. b, alla data del 31 dicembre 2011);

- i contratti già affidati a società miste, se aggiudicati nel rispetto dei principi comunitari e nazionali in materia di gara “a doppio oggetto”, sono legittimi e si protraggono fino alla scadenza naturale (come, peraltro, previsto dall’abrogato art. 23-bis, comma 8, lett. c) salva l’eventuale proroga ove possibile[18];

- i contratti già affidati in via diretta (che secondo l’abrogato art. 23-bis, comma 8, lett. e), come modificato dalla L. 26.2.2011 n. 10, sarebbero dovuti cessare al 30.9.2011), si protraggono fino alla scadenza naturale e, se ne ricorrono le condizioni, sono prorogabili in virtù della applicazione del periodo transitorio previsto dal Regolamento comunitario.

Rimane ferma la possibilità - assai ricorrente nella prassi e ammessa dalla giurisprudenza durante la vigenza dell’art. 23-bis - della cd. proroga tecnica al fine di evitare, nelle more della gara, l’interruzione di un servizio essenziale per la collettività[19].

 

Il referendum abrogativo, in ultima analisi, non spoglia il settore del TPL di ogni disciplina normativa relativamente alla gestione del servizio e alla fase transitoria, dando spazio, invero, alla normativa di settore, fino a quel momento “imbrigliata” nelle strette maglie dell’art. 23-bis. Al contempo, l’assenza di una disciplina di fonte statale, generale e “trasversale”, – quale era quella di cui all’art. 23-bis –, mettendo in “comunicazione” diretta ordinamento comunitario e regioni/enti locali, impone a questi ultimi di attivarsi, in primis aggiornando le relative normative, al fine della piena attuazione della fondamentale regola comunitaria della concorrenza.



[1]Art. 23 - bis del D.L. 25.6.2008, n. 112 (G.U.) 25.6.2008, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla L. 6.8.2008, n. 133 (GU 21.8.2008, n. 195, così come modificato dalla L. 20.11.2009 n. 166.

[2]A differenza, infatti, di quanto accade nel caso delle "norme dichiarate incostituzionali” che “non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione” neanche con riguardo ai rapporti in essere (art. 30, comma 3, L. n. 87/1953), l’effetto abrogativo opera sulla efficacia delle norme, retroagendo: ai sensi dell’art. 37 della L. 25.5.1970 n. 352 “Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo”, “L'abrogazione ha effetto a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale”. In tal senso si veda, altresì, l’art. 2 della L. 7.8.1987 n. 332. Particolare perplessità suscita la disparità di trattamento che viene così a crearsi tra le imprese, posto che solo ad alcune con tinuerà ad applicarsi lo stringente regime di divieti ex art. 23-bis, comma 9.

[3] Non si ritiene, invece, applicabile l’art. 38 della cit. L. n. 352/1970 per sostenere la sussistenza di una preclusione a legiferare sul punto relativa ad un arco temporale pari a 5 anni. Sul “vincolo - sempre negativo - di non indifferenza rispetto al principio approvato in via referendaria” si veda  Salerno G.M., Alcune considerazioni in tema di effetti consequenziali del referendum «di principio» in materia elettorale, Giur. It., 1996, 9.

[4]In particolare, secondo i giudici della Consulta “all’abrogazione dell’art. 23-bis, da un lato, non conseguirebbe alcuna reviviscenza delle norme abrogate da tale articolo (reviviscenza, del resto, costantemente esclusa in simili ipotesi sia dalla giurisprudenza di questa Corte - sentenze n. 31 del 2000 e n. 40 del 1997 –, sia da quella della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato)”.

[5]In questo senso la Corte Costituzionale, che ha espressamente escluso che l’art. 23-bis costituisca applicazione necessitata del diritto dell’Unione europea, statuendo che esso integra solo “una delle diverse discipline possibili della  materia che il legislatore avrebbe potuto legittimamente adottare senza violare” il “primo comma dell’art. 117 Cost.” (sentenze n. 74/2011 e n. 325/2010).

[6]Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, recepite con il Codice dei Contratti Pubblici (D.Lgs. n. 163/2006).

[7]Sul punto si rinvia all’interessante ricostruzione di M.LOMBARDO,“Il trasporto pubblico locale”, in “Governare le autonomie locali nella transizione federale”, (Parte VI – “I Servizi Pubblici Locali”, cap. 70), AA.VV., CEL Editrice, Bergamo 2010.

[8]Sul punto di particolare interesse è la Circolare ANAV n. 94 del 4.7.2011.

[9]Ai sensi del citato Regolamento (art. 8, par. 4) "nella seconda metà del periodo transitorio di cui al paragrafo 2 le autorità competenti hanno facoltà di escludere dalla partecipazione all'aggiudicazione dei contratti mediante gara pubblica gli operatori di servizio pubblico che non possono fornire la prova che il valore dei servizi di trasporto pubblico per i quali beneficiano di una compensazione o di un diritto di esclusiva conferiti a norma del presente regolamento rappresenta almeno la metà del valore di tutti i servizi di trasporto pubblico per i quali beneficiano di una compensazione o di un diritto di esclusiva. Tale esclusione non si applica agli operatori di servizio pubblico che gestiscono i servizi oggetto della gara. Nell'applicare tale criterio non si tiene conto dei contratti di servizio pubblico aggiudicati con provvedimento di emergenza di cui all’articolo 5, paragrafo 5.

[10]Così l’art. 5 del Regolamento 1370/2007, l’art. 18 del D.Lgs. 422/97 e, più in generale, l’art. 86, par. 2, del TUE confluito nell’art. 106 del TFUE.

[11]Si rammenta che, secondo la Corte Costituzionale, il suddetto limite minimo del 40% perveniva “al risultato di far espandere i casi in cui deve essere applicata la regola generale comunitaria di affidamento a terzi mediante gara ad evidenza pubblica” risolvendosi in “una restrizione dei casi eccezionali di affidamento diretto del servizio” e, quindi, in una limitazione compatibile con la normativa comunitaria  (sentenza n. 325/2010).

[12]Sul punto si veda BASSI, Quali scenari per i servizi pubblici di rilevanza economica dopo il referendum abrogativo?, in www.appaltiecontratti.it

[13] Si veda, da ultimo, la sentenza del Consiglio di Stato, 8.3.2011 n. 1447.

[14]Ai sensi dell’art. 5, comma 1, del Regolamento comunitario, se si tratta, invece, di appalti – e, quindi, se i contratti devono essere aggiudicati a norma delle direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE - “le disposizioni dei paragrafi da 2 a 6 del presente articolo non si applicano”. Senza soffermarsi in questa sede sulla distinzione tra appalto e concessione (si rimanda, al riguardo, alla sentenza della Corte giustizia Unione Europea Sez. III, 10 marzo 2011, n. 274; Consiglio di Stato, Sez. V, 6.6.2011 n. 3377), si osserva che tendenzialmente ai contratti net cost (con tariffa percepita dall’operatore) corrisponde la tipologia della “concessione di servizi” mentre ai contratti gross cost corrisponde la figura dell’”appalto di servizi”, salva naturalmente la verifica caso per caso del soggetto su cui in effetti gravi il rischio di gestione.

[15]Per una più ampia trattazione della materia si veda M. LOMBARDO, “Il regime transitorio”, in “I servizi pubblici locali di rilevanza economica: la nuova disciplina generale in materia di affidamento e gestione”, collana “Autonomie, Mercati e Servizi Pubblici”, Vol. I, Giappichelli Ed., Torino 2010.

[16]La presenza di una disciplina generale, quale quella dell’art. 23-bis, aveva, invece, determinato la Corte Costituzionale a dichiarare l’incostituzionalità della L.reg. 26.2.2010 n. 8 della Regione Calabria per contrasto con il predetto articolo: “nel ribadire come la disciplina concernente le modalità dell’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica debba essere ricondotta alla materia, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, della tutela della concorrenza, tenuto conto della sua diretta incidenza sul mercato” la Corte  ha ravvisato “una violazione dell’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., proprio in presenza di una norma di legge regionale che, in materia di servizi pubblici locali, «determina un regime transitorio per la cessazione degli affidamenti diretti già in essere», che «si pone in evidente contrasto con il regime transitorio disciplinato dall’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008»” (sentenza 123/2011, che richiama la sentenza n. 325 del 2010).

[17]La Corte Costituzionale (sentenza n. 80/2006) aveva avuto modo, sebbene con riguardo al periodo transitorio di cui al Decreto Burlando, di statuire che “la fissazione di un termine massimo entro il quale deve concludersi la fase transitoria e quindi generalizzarsi l’affidamento mediante procedure concorsuali dei servizi di trasporto locale assume un valore determinante, poiché garantisce che si possa giungere davvero in termini certi all’effettiva apertura alla concorrenza in questo particolare settore, così dando attuazione alla normativa europea in materia di liberalizzazione del mercato dei servizi di trasporto locale”.

[18]Sul punto si rammenta, tuttavia, la necessità che il socio della società mista non diventi “stabile” (Consiglio di Stato n. 4080/2008). Sull’ammissibilità della proroga dei contratti aggiudicati con gara Consiglio di Stato n. 850/2010; AGCM, AS538 – Comune di San Cipriano Po (PV) – Gestione del servizio di igiene urbana nel territorio comunale, 14 maggio 2009.

[19]Consiglio di Stato n. 1969 del 31.3.2011 e n. 2151 del 7.4.2011; TAR Lombardia – Brescia, 16.3.2011 n. 267.

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