Qual è la natura giuridica della SCIA - Segnalazione certificata inizio attività e quali gli strumenti a disposizione del terzo che ritiene di aver subito una lesione dall'attività intrapresa?
La riposta dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 29.7.2011, n. 15 e la parziale rettifica della Legge 14.9.2011, n. 148
La SCIA (acronimo di Segnalazione certificata di inizio attività) è uno strumento di semplificazione e liberalizzazione delle attività d’impresa che dall’agosto del 2010, per effetto della Legge 30.7.2010, n. 122 (art. 49, comma 4-bis), ha sostituito la più conosciuta DIA (Dichiarazione d’inizio attività) con conseguente quasi integrale riscrittura dell’art. 19 della Legge n. 241/1990 che l'aveva introdotta a suo tempo.
Già nella vigenza della DIA ci si era interrogati sulla natura giuridica dell'istituto, soprattutto con riferimento al problema di individuare quali azioni il terzo era abilitato ad attivare in sede giudiziaria qualora ritenesse di aver subito una lesione a seguito dell’avvio con DIA di un’attività d’impresa.
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 15 del 29 luglio 2011, ha fornito i chiarimenti attesi, sviluppando un’articolata pronuncia con la quale sono stati focalizzati i contorni dell’istituto.
L’elaborazione interpretativa espressa è valida anche per la SCIA, per ammissione dello stesso Giudice amministrativo, che in punto così si è espresso “le problematiche affrontate (con la sentenza) e le relative soluzioni non possono non trovare fondamento in una ricostruzione degli istituti in questione ( DIA e SCIA) di portata generale e quindi valevole anche per il futuro”.
La SCIA è diventato un istituto di larghissima applicazione la cui disciplina ha modificato in termini significativi i contorni del rapporto Pubblica amministrazione–impresa ed il ruolo della prima rispetto all’intrapresa economica.
Di recente, infine, la SCIA è stata anche estesa alle attività edilizie (art. 5 della Legge 12 .7.2011, n.106).
Struttura essenziale della SCIA
Prima di affrontare il tema principale del presente lavoro, si ritiene opportuno ripercorrere brevemente i tratti essenziali dell’istituto della SCIA, come disciplinati dall'art. 19 della L. n. 241/1990, a seguito dei segnalati interventi di riforma.
Qualunque imprenditore, sia esso artigianale, commerciale o di servizi, può iniziare, modificare o cessare un’attività economica presentando una SCIA alla Pubblica amministrazione competente.
La segnalazione deve essere corredata da autocertificazioni con le quali l'imprenditore - o un tecnico incaricato e dotato di specifica abilitazione professionale - attesta la sussistenza dei presupposti di fatto e giuridici che consentono l'esercizio dell'attività che si intende intraprendere.
Nella struttura giuridica della SCIA è l'imprenditore segnalante che si assume la responsabilità, di fronte alla PA ed ai terzi, della rispondenza al vero di quanto segnalato per cui l’esame preliminare in merito alla conformità alla normativa generale e di settore dell'attività intrapresa è un fatto che si sviluppa per intero nella sfera giuridica del privato.
Lo SCIA sostituisce ogni atto di autorizzazione, licenza, permesso, nulla osta, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e dei presupposti previsti dalle norme di settore (ad. es. i requisiti professionali e morali dell’imprenditore, l’idoneità dell'immobile ove si svolge l'attività sotto i diversi profili urbanistico/edilizi - agibilità e destinazione d'uso - igienico-sanitari, di sicurezza antincendio, di impatto acustico, etc.).
Sono esclusi dal campo di applicazione della SCIA i casi in cui per il rilascio sono previsti contingenti numerici (ad. es. nei settori del trasporto taxi, delle farmacie, dei tabacchi ove vige ancora il contingente numerico), ovvero, ove vigono strumenti di programmazione settoriale (ad. es. l’apertura o l’ampliamento di grandi strutture di vendita, compresi i parchi ed i centri commerciali, è soggetta alla programmazione regionale).
Sono altresì esclusi gli atti rilasciati dall’Autorità preposta alla pubblica sicurezza, difesa nazionale, immigrazione, cittadinanza, amministrazione della giustizia, finanza, oppure, nei casi in cui sussistono vincoli di natura ambientale, paesaggistica e relativi alla tutela dei beni culturali.
La SCIA è, inoltre, un atto ad efficacia immediata, nel senso che l’attività oggetto della segnalazione può essere intrapresa già dal momento della sua presentazione all’Amministrazione competente (la Legge n. 69/2009 aveva riconosciuto efficacia immediata alle DIA riferite alle attività economiche di servizi disciplinate dalla Direttiva Bolkestein, anticipando il contenuto del D.Lgs. n. 59/2010 che l’ha recepita nell'Ordinamento nazionale).
La Pubblica amministrazione, dopo aver ricevuto una SCIA, ha il compito di avviare l'attività di controllo di quanto autodichiarato dal segnalante. Al termine del controllo, qualora accerti la mancata rispondenza al vero di quanto dichiarato, oltre a presentare denuncia penale alla competente Autorità giudiziaria per dichiarazione falsa o mendace (art. 19, comma 3-ultimo capoverso), deve adottare, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento (art. 19, comma 3- prima parte), un provvedimento diretto a vietare la prosecuzione dell’attività, previo invito rivolto al titolare a conformare l’attività alle norme violate, assegnando un termine non inferiore a 30 giorni per conformarsi” alla normativa vigente.
Per l’attività edilizia il termine per il controllo e per l’intervento inibitorio è ridotto a 30 giorni ( art. 19, comma 6-bis).
La norma fa comunque salvo il potere di autotutela della PA, richiamato dal comma 3- secondo periodo- che può essere esercitato anche dopo la scadenza dei termini appena indicati ricorrendo i presupposti di cui agli articoli 21-quinques e 21 nonies L. n. 241/1990 che disciplinano la potestà di di revoca o annullamento d’ufficio degli atti amministrativo.
Com’è noto, il potere di autotutela è caratterizzato da un'ampia discrezionalità d'intervento ed è esercitabile ogni qual volta la PA dimostri la sussistenza di un prevalente interesse pubblico alla rimozione degli effetti di un atto amministrativo rispetto all'esigenza del mero ripristino della legalità.
Posizione dell’Adunanza Plenaria
Secondo l'Adunanza Plenaria, la SCIA rappresenta uno schema ispirato alla liberalizzazione delle attività economiche con il quale il legislatore ha scelto la strada del superamento del tradizionale modello istanza del privato/autorizzazione della PA.
Questo modello si fondava su un intervento ex ante dell’Amministrazione che, a seguito dell’istanza del privato con la quale chiedeva il rilascio di un’autorizzazione per l’esercizio di un’attività economica, sviluppava un procedimento istruttorio diretto alla verifica d’ufficio dei presupposti di fatto e di diritto per l’accoglimento della richiesta, all’esito del quale veniva rilasciata, ovvero, negata l’autorizzazione richiesta.
Con l’entrata in vigore della SCIA lo schema descritto è stato sostituito con un nuovo sistema che consente al privato di intraprendere un'attività senza necessità di ricorrere al preventivo assenso dell'Amministrazione.
In buona sostanza, qualunque iniziativa economica, fra quelle ammesse dall’art. 19 L. n. 241/1990, può essere intrapresa con la semplice presentazione di una SCIA prescindendo dalla necessità dell'intervento di preventiva mediazione della PA.
La SCIA è qualificata dal Giudice amministrativo come un atto, sia soggettivamente che oggettivamente, di natura privata e non è, com’era stato autorevolmente sostenuto, un atto amministrativo tacito di assenso.
In questo senso, il giudice si esprime:
“ L’attività dichiarata (segnalata) può, quindi, essere intrapresa senza il bisogno di un consenso dell’amministrazione, surrogato dall’assunzione di auot-resposnabilità del privato, insito nella denuncia di inizio attività, costituente, a sua volta, atto soggettivamente ed oggettivamente privato (in questi termini, Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717 e 15 aprile 2010, n. 2139; Sez. IV, 13 maggio 2010,n. 2919”).
Ed ancora, “In questo assetto legislativo non c’è quindi spazi, sul piano concettuale e strutturale, per alcun potere preventivo di tipo ampliativo (autorizzatorio, concessorio e, in senso lato, di assenso), sostituito dall’attribuzione di un potere successivo di verifica della conformità a legge dell’attività denunciata mediante l’uso degli strumenti inibitori e repressivi”.
Quindi l’Adunanza plenaria rinviene “nella legge” - “il fondamento giuridico diretto dell’attività privata” e “non in un apposito titolo costitutivo”, sia esso un provvedimento autorizzatorio adottatto dalla PA, ovvero, nella configurazione della SCIA come “atto di auto-amministrazione del privato integrante esercizio privato di pubbliche funzioni (cd “dia vestita in dia vestita in forma amministrativa”.
La SCIA è tout court un atto privato di autoresponsabilità, nel senso che viene concepita e redatta nella sfera giuridica dell’imprenditore che si assume la piena responsabilità di dichiarare – attraverso le autocertificazioni - che l’attività è normativamente corretta; si tratta di un'autoresponsabilità temperata, dice l'Adunanza, dalla “persistenza del potere amministrativo di verifica dei presupposti richiesti dalla legge per lo svolgimento dell’attività denunciata”.
Quest’ultimo aspetto caratterizza il ruolo essenziale che la PA sta assumendo nel nuovo schema legislativo che assegna alla stessa PA una prevalente funzione di controllore (controllo ex post) di vicende giuridiche e di fatto che si sono già realizzate.
La PA interviene a “cosa fatte”, quando cioè la SCIA è gia stata presentata e quindi l’attività economica è già iniziata – rectius potrebbe già iniziare - in virtù della sua efficacia immediata.
Con la riforma dell’art. 19 e l’introduzione della SCIA è stato espunto l’onere della comunicazione alla PA dell’inizio dell’attività che caratterizzava il meccanismo della DIA come configurata dalla Legge n. 80/2005, norma che aveva scisso il momento dichiarativo (presentazione della dichiarazione di inizio attività) da quello comunicativo (comunicazione alla PA che l’attività è iniziata).
In questo contesto, chiarisce il Giudice, la SCIA concretizza una liberalizzazione solo parziale delle attività economiche, nel senso che con essa non è stata conseguita una deregulation delle attività economiche le quali rimangono soggette alla disciplina di settore e, quindi, ad ”un regime amministrativo”.
Al momento della presentazione della SCIA fra segnalante e PA si viene ad instaurare una relazione di “contatto amministrativo” da cui si sviluppa il procedimento di controllo che può sfociare nell’adozione di un provvedimento inibitorio, come abbiamo detto, ovvero, la PA non dice nulla, rimane nel silenzio.
La tutela del terzo
E’ proprio sulla qualificazione giuridica del silenzio della PA successivo al procedimento di controllo, così come delineata dall'Adunanza, che si incentra la tutela del terzo che si ritiene leso dalla presentazione di una SCIA (ad es. sono terzi i commercianti concorrenti rispetto ad una SCIA per l’apertura di un negozio di vicinato; in edilizia il proprietario del fondo confinante rispetto a lavori intrapresi con SCIA, etc.).
Secondo la visione prospettata dall'Adunanza plenaria l’Ordinamento attribuisce al silenzio della PA un significato (silenzio significativo), quello di tacito assenso all’attività intrapresa: la PA ” riscontra che l’attività è stata dichiarata in presenza dei presupposti di legge e, quindi, decide di non impedire l’inizio o la protrazione dell’attività dichiarata”.
Avverso il tacito assenso così formatosi il terzo non potrà che proporre ricorso di fronte al TAR per ottenerne l’annullamento nell’ordinario termine decadenziale di 60 giorni (art. 29 del Codice del processo amministrativo).
Detto termine, secondo i chiarimenti forniti, decorre dal momento in cui il terzo avrà piena conoscenza dell’adozione dell’atto lesivo, conoscenza che si realizza, per es. nella materia edilizia, dal momento della conclusione dei lavori oggetto della SCIA, cioè quando “sia percepibile la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica (così, Cons. Stato sez. V, 5.1.2011, n. 18)”.
Il Giudice ammette, come corollario, anche l’esperimento dell’azione di condanna dell’Amministrazione ad adottare il provvedimento inibitorio che non era stato assunto nei termini.
Legge 14.9.2011, n. 148 – Misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria
A distanza di poco più di un mese la posizione assunta dall’Adunanza plenaria è stata in parte disattesa dal Legislatore con la recente Legge 14. 9.2011, n. 148, “Misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria” (che ha convertito il DL 13.8.2011, n. 138).
L’art. 6, comma 6 ter, stabilisce infatti che “La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.
Ad una prima lettura si può rilevare che la prima parte della disposizione è senz’altro in linea con la posizione espressa dall’Adunanza plenaria, perché la SCIA, come abbiamo visto, non è un provvedimento autorizzatorio di tacito assenso e come tale ma di atto soggettivamente e oggettivamente privato per cui non può costituire oggetto di impugnativa in sede giurisdizionale.
Non è chiaro invece perché il Legislatore richiami ancora le denunce e le dichiarazioni inizio attività che sono state espunte dal sistema e addirittura la denuncia era stata sostituita dalla dichiarazione ancora nel 2000.
Mentre la seconda parte della norma modifica in termini radicali lo strumento di tutela accordato al terzo.
Non più, come sosteneva l’Adunanza, un’azione di impugnazione del tacito assenso della PA che non dice nulla al termine del procedimento controllo e quindi acconsente l'esercizio dell'attività intrapresa con la SCIA, ma il terzo, prima di adire il TAR, deve sollecitare la PA a verificarne la conformità ai presupposti fattuali e normativi e solo nel caso in cui la PA rimanga inerte a tale sollecitazione potrà ricorrere al TAR utilizzando gli stessi strumenti accordati dal Codice amministrativo contro l’inadempimento (art. 31, commi 1, 2 e 3).
Nulla questio in merito alla soluzione legislativa adottata se l’intento è quello di creare un filtro preliminare alla fase contenziosa e quindi è diretta a ridurre il contenzioso PA-impresa, nella chiara consapevolezza che la PA, con ogni probabilità, non riuscirà a controllare tutte le SCIA presentate, per cui un’ azione sollecitatoria preventiva può essere utile a richiamare la PA al dovere di controllo.
Qualche perplessità in merito alla tempistica, perché la disposizione non pone termini al terzo per proporre il sollecito, che può quindi intervenire anche molto tempo dopo che l’attività è iniziata, ed in proposito sappiamo che il passaggio del tempo consolida le situazioni giuridiche ed ingenera nell’interessato l’aspettativa che il proprio comportamento è conforme alla legge.
D’altro canto, l’art. 31 del Codice del processo amministrativo consente di ricorrere contro l’inadempimento della PA entro un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.
Ma in questo caso qual’ è il dies a quo dal quale computare l’anno ed a quale procedimento si riferisce la norma: al procedimento di controllo d’ufficio che la PA sviluppa nei 60 giorni successivi alla presentazione della SCIA, ovvero, a quello di verifica instaurato dopo la sollecitazione del terzo?
Se fosse come nella seconda ipotesi, il controllo potrebbe giungere anche molto tempo dopo che l’attività è iniziata con evidenti conseguenze in termini di certezza dei rapporti giuridici.
Dott. Paolo Vignola, Responsabile Sportello unico attività produttive (SUAP) del Comune di Belluno |