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Holding Comunali aspetti organizzativi del sistema di governance delle società partecipate dagli enti locali alla luce del Nuovo Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica
di Roberto Camporesi - Carlo Pezzi 17 marzo 2016
Materia: società / partecipazione pubblica

Holding Comunali aspetti organizzativi del sistema di governance delle società partecipate dagli enti locali alla luce del Nuovo Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica

 

 

Indice

1. Premessa

2. Società Capogruppo (holding) e nuovo testo unico in materia di società a partecipazione pubblica

3. Esperienze di capogruppo: aspetti organizzativi

4. Prime conclusioni sulla società holding e testo unico

 

  1. Premessa

Le considerazioni sul modello holding per il controllo delle società partecipate riguardano enti locali di grandi dimensioni demografiche ovvero una pluralità di enti locali in quanto riferite ad un approccio organizzativo non giustificabile in enti locali con un numero molto limitato di società partecipate, a scarsa capitalizzazione e con l’assenza di propensione al mercato delle stesse partecipate.

Un aspetto di particolare novità è stato quello di individuare la società capogruppo come una forma di organizzazione (o riorganizzazione) della governance delle società che gestiscono servizi strumentali e servizi di interesse generale a rilevanza economica in un territorio più ampio del singolo comune capoluogo, fino a coprire quello provinciale. In tale schema hanno aderito (alla capogruppo) alcuni o tutti i comuni presenti in quel territorio, che in misura diversa erano soci delle medesima società partecipate.

Per certi versi un nuovo modello di aggregazione attraverso uno strumento di razionalizzazione, che ha dato la possibilità di definire una “cabina di regia” da un lato, e dall’altro un nuovo modello di gestione dei servizi sul territorio con la messa a sistema di un modello che può garantire anche economie di scala.

Modelli di società capogruppo partecipati da più enti locali presenti nel territorio sono un fenomeno presenti in alcune regioni italiane quali l’Emilia Romagna e la Toscana, anche se con peculiarità differenti e sviluppati in periodi storici differenti.  

Il fenomeno delle holding (ovvero delle società capogruppo) per la gestione delle società partecipate dagli enti locali è comunque studiato e conosciuto da tempo.

Il consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili, già nel maggio del 2010, esaminava le caratteristiche di tale modello organizzativo con un proprio documento del titolo “Costituzione delle Holding” e successivamente con altro documento dal titolo “Holding degli enti locali, attività finanziaria e modelli di governance”.

Negli anni si è poi registrata una produzione giurisprudenziale (in particolare della Corte dei Conti- citate in nota alcune pronunce “favorevoli”) caratterizzata da diffidenza verso il fenomeno, ma anche da una certa “curiosità” in quanto se ne intravedevano, a determinate condizioni, le potenzialità positive in una logica di evoluzione della qualità del sistema di governance delle partecipazioni degli enti locali, in particolare per quanto riguarda la filiera dei cd “controlli integrati”.[1]

Peraltro la stessa Corte dei Conti sezione autonomie nella relazione annuale del 2014 sullo stato delle società partecipate affermava ”Particolarmente adatta agli enti di grandi dimensioni, centrali rispetto a reti di società “satellite”, potrebbe essere la creazione di un apposito organismo societario, totalmente partecipato dall’ente locale, che opera come holding titolare delle partecipazioni in precedenza detenute dall’ente, il quale coadiuva e fornisce servizi a tutte le aziende del gruppo e supporta gli organi politici nelle decisioni strategiche. Tale modello ingenera perplessità nella misura in cui non soddisfa completamente l’esigenza di governance delle esternalizzazioni, quanto meno con riferimento ai servizi gestiti da soggetti non partecipati, e qualifica la holding come asse portante delle decisioni politiche, che invece dovrebbero rimanere in capo all’ente.”

Ed anche nella relazione annuale per il 2015 la sezione autonomie della Corte dei Conti dedica uno specifico paragrafo alle “società a partecipazione indiretta e modello holding” prevedendo alcune cautele nel loro utilizzo soprattutto per evitare che si deresponsabilizzino gli enti locali dalle attività di controllo delle partecipate le cui strutture interne sono invece obbligate ad attuare per effetto delle disposizioni contenute nell’art. 147 quater del Tuel.

Ma vale la pena fin d’ora evidenziare come la struttura di governance tramite la holding ha rappresentato nei casi che in questa sede si vogliono analizzare e portare ad esempio, un’efficace esempio di sistema di controllo delle partecipate in attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 147 quater del Tuel.

Certamente la posizione della Corte dei Conti elegge come modello di prassi la società holding come forma di gestione diffusa delle partecipate indiretta da parte degli enti locali.

 

  2. Società Capogruppo (holding) e nuovo testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

Il testo unico in materia di società a partecipazione pubblica adottato dal Consiglio dei Ministri (in appresso TU) ed ora sottoposto ai pareri obbligatori prima di ritornare all’Esecutivo per la conversione in legge, si caratterizza per alcuni aspetti peculiari, che in questa sede si intendono evidenziare.

In primo luogo circoscrive la legittima detenibilità delle società a di capitali da parte delle pubbliche amministrazioni locali.

In secondo luogo si innalza il sistema dei controlli che da una prima lettura si differenziano in:

-          controllo dell’ente locale con il piano di razionalizzazione delle proprie società partecipate  straordinario e a regime;

-          controllo degli organi interni societari deputati: per le società per azioni da parte del collegio sindacale che non può svolgere la revisione legale e che quindi sarà affidata ad un altro soggetto abilitato;

-          controllo del tribunale civile per gravi irregolarità nella gestione societaria ex art. 2409 cod. civ. per la cui denuncia può attivarsi ogni socio pubblico indipendentemente dalla quota di partecipazione (controllo giudiziario) ed anche in caso di società a responsabilità limitata;

-          adozione da parte dell’organo amministrativo della società di un programma di valutazione preventiva del rischio di crisi aziendale, la cui mancata attivazione o la mancata esecuzione costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409  cod. civ. 

-          controllo della Corte dei Conti, sia come parere preventivo in fase di costituzione che, in sede giurisdizionale in caso di società a controllo pubblico per danno erariale subito dagli enti locali soci;

-          istituzione di un osservatorio presso il ministero dell’Economia e delle finanze con potere di impartire direttive e di promozione di best practices nonché poteri ispettivi sulle società  partecipate.

In terzo luogo si è innalzato anche il livello di responsabilità politica e precisamente da un lato viene individuato analiticamente il sindaco, per il caso dei Comune, che esercita i diritti di socio e dall’altro viene estesa la responsabilità, per danno causato all’ente per fatti della gestione riconducibili alla società,  anche a coloro che hanno la rappresentanza degli enti controllanti che con dolo o colpa grave  abbiano trascurato di esercitare i propri diritti  di socio pregiudicando il valore della partecipazione.

Delineato il TU, come sopra esposto, non può sottacersi che esso legittima la società capogruppo avvalorando la tesi esposta dalla Corte dei Conti sezione autonomie, in base alla quale la holding si pone come modello in uso nella prassi amministrativa per la partecipazione indiretta da parte dell’ente locale.

Scorrendo il TU si ha cognizione di ciò in quanto emerge:

-          la partecipazione indiretta si verifica quando una società è partecipata da una società od organismo controllati da parte di una Pubblica Amministrazione (cfr articolo 2 TU – definizioni e articolo 16);

-          la società a partecipazione pubblica si verifica quando una società è a controllo pubblico o partecipata direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico   (cfr articolo 2 TU  – definizioni);

-          che il dipendente della controllante può essere amministratore della società controllata ed il compenso che gli spetta deve essere riversato nella controllante datore di lavoro (cfr art. 10  organo di amministrazione);

-          la previsione di società di cui le amministrazioni pubbliche detengono il controllo indiretto, nel quale caso viene disciplinato la nomina degli amministratori della capogruppo;

-          che, per quanto riguarda la disciplina delle società a controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici, viene richiamata espressamente l’art. 12 paragrafo  3 della Direttiva  2014/24/UE che, come noto prevede: “Un’amministrazione aggiudicatrice che non eserciti su una persona giuridica di diritto privato o pubblico un controllo ai sensi del paragrafo 1 può nondimeno aggiudicare un appalto pubblico a tale persona giuridica senza applicare la presente direttiva quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)                 l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi;

b)                 oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi; (…..). Trattasi del modello dell’in house a cascata che rappresenta la perfetta legittimazione dell’affidamento in house tramite una holding giacché si tratta dell’ipotesi in cui l’amministrazione ‘A’ esercita un controllo analogo sull’amministrazione ‘B’, la quale esercita a propria volta un controllo analogo sull’organismo in house ‘C’: in tali ipotesi viene ammesso l’affidamento diretto da parte dell’amministrazione ‘A’ in favore dell’organismo in house ‘C’, anche se – dal punto di vista solo formale – non sussiste una relazione diretta fra le due entità in parola ( cfr art. 16 TU).

-  viene previsto che per l’accantonamento del fondo nel bilancio dell’ente locale, a copertura della perdita della partecipa, che se quest’ultima redige il bilancio consolidato il risultato economico da prendere in considerazione è quello risultante da tale bilancio (cfr art. 21 TU).

 

Il Testo Unico rende esplicita pertanto la nozione (di derivazione comunitaria) di controllo analogo sia per le società a partecipazione pubblica unipersonale, che per le società a partecipazione pluripersonale, ove (tutte) le Amministrazioni Pubbliche partecipanti sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante “sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società controllata”.

Di grande rilievo e portata potenziale, anche se con effetti da ben ponderare viste le implicazioni relative ai profili di responsabilità, la possibilità prevista dall’articolo 16 comma 3 lettere a) e b) relativamente alle deroghe ammesse attraverso gli statuti di S.p.A e S.r.l. agli articoli 2380-bis e 2409-novies del codice civile, in materia di composizione e poteri dell’organo amministrativo.[2]

Si pone sotto una luce diversa il tema della sempre evidenziata difficile convivenza tra controllo analogo e forma di società per azioni, nelle quali “la gestione dell'impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale”. Le citate possibilità di deroga al codice civile comportano la teorica definizione di modelli di governance dove si spostano in capo a soggetti diversi dagli organi amministrativi poteri di carattere gestionale. Questo comporterebbe anche una diversa distribuzione di responsabilità tra componenti degli organi sociali delle società partecipate ed enti pubblici partecipanti (degli agenti per conto) ove gli stessi esercitino attività di direzione e coordinamento sulle società partecipate ai sensi dell’art. 2497c.c., oggi pacificamente ammessa dalla giurisprudenza, con implicazioni anche sulla eventuale responsabilità “diretta” verso la Corte dei Conti.

 

La applicazione concreta di tali norme potrebbe comportare rilevanti novità, anche se preme sottolineare come nei modelli più evoluti si erano trovati, a legislazione vigente, credibili punti di equilibrio e sintesi (anche nelle società pluripartecipate[3]) tra la competenza e responsabilità  della gestione dell'impresa lasciata in capo agli amministratori, e meccanismi di governance che hanno consentito effettivamente alle amministrazioni controllanti di esercitare “un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società controllata”. Tali modelli appaiono tuttora pienamente rispondenti alle normative, ed efficienti ai fini di un corretto sistema integrato dei controlli (per come si sta evolvendo nel quadro normativo), nel rispetto delle prerogative e competenze degli enti locali, e appaiono altresì idonei a garantire un efficace supporto agli enti locali soci per il rispetto delle disposizioni del nuovo Testo Unico.

 

   3. Esperienze di capogruppo: aspetti organizzativi

Esperienze realizzate nel contesto romagnolo di sistemi di governance con società capogruppo.

Il modello forlivese:

La holding plurienti si caratterizza da un convenzione stipulata fra tutti gli enti pubblici soci della Holding per la definizione dei livelli del controllo analogo congiunto (o frazionato) e da poteri di governance previsti dallo statuto che consentono di recepire le decisioni assunte congiuntamente fra i soci in un organismo disciplinato dalla suddetta convezione (coordinamento dei soci) che opera come diretta rappresentanza dei sindaci  senza alcun onere in capo alla società o agli enti, essendo una rappresentanza gratuita. Ciò consente inoltre di garantire che l’organo amministrativo della holding venga nominato direttamente come espressione dei sindaci degli enti rappresentati in tale organo di coordinamento.

Per il tramite della holding gli enti locali soci possono operare con affidamenti diretti di servizi espletati dalle società controllate dalla holding, le quali possono attuare sinergie ed economie di scala, garantendo la separazione societaria fra gestione di servizi pubblici locali da quella per la gestioni di servizi di natura strumentale, necessari per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente,  come dispone la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 326/2008 avente ad oggetto l’art. 13 del D.L. 223/2006 (c.d. decreto Bersani). La scelta delle separazione societaria non appare più un obbligo, atteso che l’art. 6 del nuovo testo unico la sostituisce con la contabilità separata, ma motivi organizzativi suggeriscono di mantenere tale distinzione.  Lo statuto della società capogruppo prevede che essa possa partecipare alle società che rispondono ai requisiti di cui all’art. 3 comma 27 e ss delle legge finanziaria del 2008 secondo quanto stabilito dai rispettivi consigli dei comuni soci.

La governance delle società controllate in house prevede che il presidente del consiglio di amministrazione sia la persona giuridica del socio (la holding) al fine di attuare una perfetta simmetria fra organo amministrativo della holding e quello delle società in house di modo che siano anche l’esito della scelta della stessa rappresentanza politica. Si attua una forte responsabilizzazione politica nelle scelte gestionali.

Un nuovo modello organizzativo per la gestione del territorio. Si consideri in questa sede il fatto che i comuni soci della Holding aderiscono anche alla unione dei comuni del medesimo territorio e si è quindi definito uno specifico nuovo modello di governance del territorio: la unione dei comuni decide in relazione alle funzione delegategli dai comuni ed opera avendo a riguardo i servizi privi di rilevanza economica; la holding opera invece come luogo delle decisioni e delle azioni che riguardano i servizi pubblici locali a rilevanza economica.

Diverso ma con alcuni tratti comuni il modello della Holding di Ravenna.

La Società ha per oggetto prevalente, sin dalla sua costituzione (2005), l’assunzione di partecipazioni in società ed il loro coordinamento tecnico e finanziario con lo scopo particolare di assicurare compattezza e continuità nella gestione delle società partecipate dal Comune di Ravenna, esercitando quindi funzioni d’indirizzo strategico e di coordinamento sia dell’assetto organizzativo, sia delle attività esercitate dalle società partecipate (holding pura mono-partecipata). Il percorso di razionalizzazione delle partecipazioni del Comune di Ravenna, nel più ampio processo su scala romagnola, e l’ingresso nella compagine societaria prima dei Comuni di Cervia e Faenza (2011), poi della Provincia di Ravenna e del Comune di Russi (2015), hanno innovato significativamente la struttura e la governance della Società, ampliandone la sfera di azione (holding pluripartecipata). Le operazioni straordinarie avvenute a partire dal 2011 hanno profondamente modificato la struttura patrimoniale (con la fusione per incorporazione di due società dotate di ingente patrimonio immobiliare in particolare relativamente a reti idriche) ed economica rispetto alla sua costituzione (Holding c.d. mista). Il modello di governance con controllo “plurienti” è incardinato su uno Statuto e una convenzione ex art.30 particolarmente strutturati per garantire un ruolo di assoluta centralità all’Assemblea, all’interno della quale i soci sono chiamati ad esprimere le scelte fondamentali in materie che vanno oltre le tradizionali competenze assegnate all’organo, e l’autorizzazione preventiva degli atti più rilevanti, fermo il rispetto dell’art. 2364 del codice civile.

La strategia attuata ha comportato una semplificazione societaria e rilevanti economie per il gruppo, incrementato le funzioni svolte direttamente dalla società holding (gestione patrimoniale attività ampliate di service alle controllate) con un rafforzamento del presidio di Ravenna Holding sulle attività e sui risultati delle società partecipate, anche attraverso il consolidamento di un’appropriata struttura organizzativa, stabile e articolata (relativamente «pesante» ma costituita con distacchi e mobilità di personale già presente all’interno del gruppo) in grado di fungere da braccio operativo per i soci. E’ stata realizzata la centralizzazione oltre che nei “tradizionali” settori amministrativi e finanziari, dei servizi relativi ai sistemi informativi, al controllo di gestione, agli affari societari e giuridici, ai contratti, alla gestione del personale, con un forte effetto indotto di rafforzamento della funzione di direzione e coordinamento.

Il processo attuato ha consentito di definire aree di risparmio ed efficientamento per Ravenna Holding e le società da essa controllate, con una migliore gestione delle attività, e significative riduzioni dei costi gestionali complessivi.

 

Aspetti Organizzativi

Un sistema per la programmazione e controllo della governace delle partecipate degli enti locali. La holding, che la Corte dei Conti sezione autonomie qualifica come soggetto strumentale, rappresenta un efficace sistema di attuazione delle disposizioni di cui all’art. 147 quater del codice civile in quanto:

-          opera con meccanismi di governance attuati con il controllo analogo e pertanto l’ente locale non perde proprie prerogative per effetto dell’allungamento delle catena di comando ma, il caso del modello romagnolo forlivese ne è un esempio, ne perfeziona le modalità di attuazione;

-          provvede a elaborazioni a supporto dell’ente locale, che risulta quindi agevolato nell’esercizio di un dovere/potere che rimane di esclusiva competenza delle strutture interne di quest’ultimo: si pensi al bilancio consolidato, il controllo accentrato della finanza di gruppo, l’accentramento nella holding  delle funzioni di staff delle controllate.

La presenza di una capogruppo potrà consentire un approccio più efficace per integrare gli strumenti di governo societario con i nuovi adempimenti, come previsti dall’art. 6 del TU, che se appaiono ispirati a corretti principi di governance societaria, rappresentano altresì sfide importanti, in particolare per le realtà di non grandi dimensioni, e richiedono professionalità specifiche non sempre disponibili. L’articolo 6 individua infatti i seguenti strumenti:

a)      regolamenti interni volti a garantire la conformità dell’attività della società alle norme di tutela della concorrenza, comprese quelle in materia di concorrenza sleale, nonché alle norme di tutela della proprietà industriale o intellettuale;

b)      un ufficio di controllo interno strutturato secondo criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell’impresa sociale, che collabora con l’organo di controllo statutario, riscontrando tempestivamente le richieste da questo provenienti, e trasmette periodicamente all’organo di controllo statutario relazioni sulla regolarità e l’efficienza della gestione;

c)      codici di condotta propri, o adesione a codici di condotta collettivi aventi a oggetto la disciplina dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori, nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti  nell’attività della società;

d)     programmi di responsabilità sociale d’impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione dell’Unione europea.

Appare evidente il ruolo fondamentale che una società capogruppo può esercitare.

La capogruppo garantisce unità di azione e di applicazione nelle partecipate anche in tema di compliance relativamente a diverse normative specifiche e vincoli operativi. Si pensi ad aspetti quali le nomine e i compensi degli amministratori delle partecipate, alla gestione del personale, alla gestione degli appalti, e si pensi su tutti all’applicazione dei modelli organizzativi ex DLgs. 231/2001 e ai processi di gestione del rischio anti corruzione ex lege 190/2012.

In tale ambito, la capogruppo può garantire supporto e coordinamento per una applicazione coerente e coordinata delle norme e delle determinazioni ANAC (funzione fondamentale in particolare a favore delle società di ridotte dimensioni). Può inoltre garantire la verifica sulla effettiva adozione dei piani da parte delle società, sull'efficacia dei sistemi di prevenzione adottati e sulla attuazione delle misure previste, oltre che coordinare il rapporto con i responsabili anticorruzione – trasparenza degli enti soci.

 

Il Testo Unico prevede anche un meccanismo di verifica annuale del sistema delle partecipate (art. 20-razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche) e una (ulteriore!) verifica straordinaria (art. 25-revisione straordinaria delle partecipazioni) sulla base dei limiti alla detenibilità delle partecipazioni (art 4) e di una serie ulteriore di vincoli (art 20).

Si propone in tale contesto una duplice riflessione relativa al mantenimento/potenziamento della holding in una logica di razionalizzazione, e relativa al ruolo di supporto tecnico della holding per la redazione (efficace e tempestiva) del piano, la sua attuazione, il monitoraggio. Infatti la holding può garantire in modo efficace il perseguimento degli obiettivi dei piani di razionalizzazione, e risultare un supporto fondamentale per gli enti in attività tecniche quali la redazione della relazione tecnica ex articolo 20 e dei piani economico/finanziari delle società partecipate.

Quasi tutte le azioni di razionalizzazione individuate dall’art. 20 comma 4 del TU possono trarre beneficio da un ruolo operativo e di coordinamento della holding (anche in termini di  monitoraggio), a partire dalla necessità di contenimento dei costi di funzionamento, e dalla necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite da parte dell’ente locale ai sensi del TU.

 

Anche per quanto riguarda gli aspetti di natura finanziaria, ricorrenti in numerosi articoli del Testo Unico (in particolare ma non solo nell’articolo 21) la presenza di una capogruppo può costituire un elemento di efficacia ed effettività. Grande rilievo assume la consueta redazione da parte della holding del bilancio consolidato, che costituisce uno straordinario strumento per l’Ente locale. Si conferma infatti all’articolo 21 la funzione di semplificazione della redazione da parte della capogruppo del bilancio consolidato che, tra l’altro, esime i comuni dai complessi meccanismi di accantonamento previsti in caso di eventuali perdite delle società operative, che vengono consolidate indirettamente.

 

Si può affermare in conclusione che la presenza della holding consente di dare attuazione ai sempre più numerosi e complessi adempimenti normativi in modo coordinato, eventualmente con la centralizzazione di alcune attività, fornendo supporto e assistenza alle società figlie in materie di non agevole gestione. Tale opportunità può rappresentare un fattore determinante in termini di efficacia ed effettività, risultando più semplice presidiare tali problematiche in maniera centralizzata e in una logica di gruppo, con personale che può essere qualificato e aggiornato.

La holding può garantire ai soci qualità e coordinamento nella gestione amministrativa e finanziaria delle partecipazioni, e la possibilità di impartire indirizzi alle società operative e verificarne il rispetto. Il sistema di controllo sulle società partecipate (oggi rafforzato dal testo unico) pur rimanendo in capo a “strutture proprie degli enti locali che ne sono responsabili”, può prevedere un ruolo operativo fondamentale per la holding.

 

  4. Prime conclusioni sulla società holding e testo unico

Il testo unico conferma dunque la presenza delle società holding. Né dubbio alcuno pare sussistere circa la qualificazione di tale società fra quelle potenzialmente detenibili ex art. 4 comma 2 del nuovo T.U che contiene (in maniera tassativa secondo taluni) le prescrizioni del test di legittima detenibilità delle società pubbliche.

Nell’ottica dell’esame del test di legittima detenibilità delle società holding da parte degli enti locali, interviene a fornire la chiave interpretativa la Corte dei Conti sezioni autonomie, con le proprie relazioni degli anni 2014 e 2015, e che qualifica le società holding che detengono a loro volta partecipazioni in società che svolgono servizi, come società che svolgono attività strumentale.

La natura strumentale, nella tradizione interpretativa dell’art. 13 del decreto Bersani (d.l. 223/2006), allude alla gestione diretta di contratti di servizio volti a rendere prestazioni di servizi a favore dell’ente locale socio/committente per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali. La lettera d) dell’art. 4 c.2 del TU recita: “autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento”. La natura servente della società holding non dipende da contratti di appalto affidati in house per la prestazioni di servizi ma è insita nella stessa società laddove nell’oggetto sociale dello statuto si prevede la detenzione e gestione delle partecipazioni sociali.

In relazione ad alcuni vincoli relativi alla detenibilità, sarebbe auspicabile una revisione del Testo Unico che contemplasse la possibilità (fisiologica in alcuni modelli di holding “pura”) di non applicare in modo meccanico i vincoli relativi al “fatturato” e al rapporto tra numero di amministratori e dipendenti. Infatti il legislatore utilizza una nozione che appare imprecisa e comunque se non adeguatamente circostanziata potrebbe essere ingiustificatamente penalizzante. Si fa riferimento alla locuzione del “fatturato” termine che non trova un riscontro nel bilancio delle società di capitali in quanto rimanda unicamente ad un adempimento di natura meramente tributaria che attiene all’emissione della fattura. Più corretto e di minor incertezza appare utilizzare la categoria prevista dall’art. 2425 del codice civile in tema di “contenuto del conto economico” e quindi del valore della produzione.

Non si dovrebbe in ogni caso ritenere applicabile alla società holding “pura”, vale dire quella che detiene unicamente partecipazioni in altre società, l’interpretazione letterale dell’art. 20 comma 2 lett. d) che individua le società soggette alla revisione all’interno del piano di razionalizzazione quando “…. nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro.”

Nelle società holding “pure”, cioè quelle che detengono unicamente partecipazioni tale indicatore è del tutto insignificante in quanto i “ricavi” di dette società sono rappresentati da dividendi e interessi attivi che vengono allocate fra i proventi di natura finanziare che non entrano nel valore della produzione. In ogni caso appare ragionevole ritenere che per le società holding e in generale per le società che redigono il bilancio consolidato (fra cui appunto le holding) il legislatore del testo unico qui in discussione, si sia espresso in termini generali facendo riferimento al bilancio consolidato, e che sia quindi quello da considerare, ove presente, per tutti i riferimenti previsti nell’articolato a dati di natura economico-patrimoniale. Tale lettura sistematica appare del tutto coerente anche alla luce del dato letterale dell’art. 21 (che significativamente è rubricato “norme finanziarie sulle società partecipate dalle amministrazioni locali”), e che in relazione alla grandezza economica da prendere in considerazione per l’accantonamento a fondo nel bilancio dell’ente locale per la copertura della perdita sofferta dalla società partecipata dispone: “Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilancio.”

Da un punto di vista operativo si vuole richiamare in conclusione la valutazione che, come illustrato dettagliatamente, la presenza di società holding, con meccanismi di governance ben strutturati e precisamente disciplinati, pur prevedendo una funzione di tipo «operativo», può garantire effettività al sistema integrato dei controlli, e facilitare per gli enti locali la possibilità di adeguarsi alle prescrizioni del nuovo Testo Unico in modo efficace e tempestivo.

 

* * * *

Dott. Roberto Camporesi - Senior Partner Studio Commerciale Associato Boldrini di Rimini;

Dott. Carlo Pezzi -Presidente e Amministratore Delegato Ravenna Holding S.p.A.

 



[1] Corte dei conti, sez. aut., con la deliberazione n. 13/AUT/2008 del 18 settembre 2008.  “….. particolarmente adatta agli enti di grandi dimensioni, centrali rispetto a reti di società "satellite", potrebbe essere la creazione di un apposito organismo societario, totalmente partecipato dall'ente locale che opera come holding delle partecipazioni precedentemente detenute dall'ente, il quale coadiuva e fornisce servizi a tutte le aziende del gruppo e supporta gli organi politici nelle decisioni strategiche”

Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Campania, 24/4/2015 n. 143  “….si desume che l’oggetto sociale della holding deve rispettare i limiti predefiniti dalla delibera adottata dall’ente locale …. e, dunque, la holding non potrà che detenere partecipazioni che non siano in contrasto con le previsioni dell’ente……..necessarie alle finalità istituzionali dell’ente o di interesse generale……..Da tale esegesi deriva la necessità, attraverso le disposizioni dell’oggetto sociale della holding, di realizzare un sistema di controllo dell’attività delle società partecipate di “secondo livello” o di “terzo grado”, in conformità, tra l’altro, a quanto recentemente previsto, in modo espresso, dall’art. 147-quater TUEL” 

[2] Società per Azioni Art. 2380-bis: amministrazione della società - la gestione dell'impresa spetta esclusivamente agli amministratori - deroga per consentire poteri all’assemblea o ai soci. Art. 2409-novies: consiglio di gestione - la gestione dell'impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione - deroga per consentire poteri all’assemblea o ai soci.

Società a responsabilità limitata Art.2468, co. 3: quote di partecipazione ? possibilità di attribuire a singoli soci (AA) particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili nell’atto costitutivo.

[3] Controllo congiunto: previsione ad hoc per il caso in cui il concetto di controllo non si applichi, ma siano presenti le condizioni previste in via generale. Perché vi sia controllo congiunto “analogo”, occorre che:

Gli organi decisionali siano composti da rappresentanti di tutte le AA partecipanti (un membro ne può rappresentare più di una) / vi sia esercizio congiunto di un’influenza decisiva nel senso già individuato / la persona giuridica controllata non persegua interessi contrari a quelli delle AA controllanti. Il Parere CdS n. 298/2015 ha portato una rivalutazione dei tradizionali elementi costitutivi relativamente alla destinazione prevalente delle attività e attività con natura di impresa, e alla partecipazione di privati, entro i limiti previsti (2%)

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