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Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica: il Consiglio dei Ministri approva il testo "definitivo"
di Roberto Camporesi 25 luglio 2016
Materia: società / partecipazione pubblica

Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica:

il Consiglio dei Ministri approva il testo “definitivo”

 

Il Consiglio dei Ministri, in base alla delega dell’art. 18 della legge Madia, dopo avere raccolto i pareri preventivi di legge, fra i quali il parere Consiglio di Stato – Commissione speciale  21/04/2016 – ha approvato in seconda lettura lo schema di decreto legislativo portante il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, anche se trasmesso nuovamente alle Commissioni Parlamentari per informativa.

Il nuovo compendio normativo risponde alle esigenze manifestate dalla legge delega e si caratterizza per alcuni aspetti di novità molto interessanti.

Il testo di legge è attualmente stato approvato in seconda lettura da parte del Consiglio dei Ministri e trasmesso al Parlamento (atto n. 297-bis) per i pareri, e precisamente assegnato alla V Commissione della Camera e alla I del Senato per esprimersi entro il 29 luglio e alla Commissione Bilancio della Camera che invece dovrebbe esprimersi entro il 26 luglio. Si ritiene il testo inviato al Parlamento un documento definitivo.

Per la cronaca si ravvisa che vi sono delle differenze fra il testo entrato in discussione al Consiglio dei Ministri e quello inviato al Parlamento. Le differenze risiedono:

-          all’art. 20 ove sono contenuti i parametri economico dimensionali in base ai quali si rilevano le partecipate non in linea si deve registrare che nei piani di razionalizzazione rientrino le partecipate che, “nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro”, mentre il testo portato al Consiglio dei Ministri prevedeva un limite inferiore di euro 500.000,00;

-          sempre all’art. 20, rientrano nelle razionalizzazioni tutte le società “diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti”. E’ stata eliminata l’altra condizione concorrente del limite del 5% sul fatturato;

-          all’art. 11, invece, si stabilisce che in caso di “risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell’amministratore”, la parte variabile della remunerazione legata ai risultati di bilancio nell’esercizio precedente “non può essere corrisposta”, negando quindi la possibilità al decreto Ministeriale – come prevista dalla precedente versione –di stabilire i casi in cui fosse ammissibile corrispondere le indennità di risultato anche in caso di risultati negativi.

La relazione illustrativa compendia gli argomenti trattati classificandoli come riferiti:

-          All’ambito della disciplina;

-          Alla indicazione dei tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica con la previsione di relative condizioni e limiti;

-          All’introduzione di stringenti obblighi di dismissione nei casi in cui le partecipazioni societarie già detenute non siano inquadrabili nelle categorie previste dallo stesso decreto;

-          Alla razionalizzazione della governance delle società a controllo pubblico, dettando i principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione di tali società, secondo criteri di economicità efficienza ed efficacia;

-          Al coordinamento della disciplina nazionale in materia di in house providing con quella europea;

-          Al riordino della disciplina in materia di quotazione delle società a controllo pubblico in mercati regolamentati;

-          Alla razionalizzazione delle disposizioni vigenti in tema di reclutamento del personale nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità e dei principi di cui all’art. 35 del D.lgs 165/2001.             

In merito all’ambito della disciplina

Il testo unico pone chiarezza sulla disciplina applicabile alle società a partecipazione pubblica precisando che per quanto non diversamente disposto dallo stesso si applicano le norme contenute nel codice civile o in norme generale di diritto privato. Recependo le osservazione del Consiglio di Stato, il testo approvato ha eliminato il riferimento alle norme contenute in leggi speciali sostituendo con norme generali di diritto privato. Il legislatore ha quindi confermato una scelta di fondo: le società a partecipazione pubblica non sono soggetti di diritto speciale, ma sono disciplinate, al pari di ogni altra società, dal codice civile salvo deroghe espresse contenute nel testo unico. La stessa linea contenuta nella relazione al codice civile al momento della sua introduzione che riconduceva le società partecipate dallo Stato o altri enti pubblici all’alveo del codice civile senza riconoscere ad essa una disciplina speciale.

In merito alla indicazione dei tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica con la previsione di relative condizioni e limiti

I tipi ammessi sono stati integrati aggiungendo alle società per azioni e a responsabilità limitata anche le società consortili, che nel codice civile sono previste dall’art. 2615 ter, raccogliendo la richiesta di Upi, Anci e Regioni, stante la estrema diffusione del fenomeno e non ravvisando la dottrina una significativa distinzione rispetto le società commerciali, tali comunque nel caso della disciplina in esame, da giustificarne la loro eliminazione dai “tipi” ammessi.

Le definizioni del testo unico, contenute all’art. 2, affrontano e risolvono temi rimasti sempre di dubbia interpretazione.

Significativo, in questo senso, la precisazione sul concetto di controllo delle società a partecipazione e pubblica. Si distingue la nozione di controllo analogo, che trova così una sua specifica nozione anche al di fuori della normativa sugli appalti e concessioni.

In particolare il controllo analogo si distingue in:

-          Controllo analogo in società partecipata da unica pubblica amministrazione: “la situazione in cui l’amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante”;

-          Controllo analogo congiunto in caso di partecipazione plurima di più pubbliche amministrazione che viene definito nella “situazione in cui l’amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. Questa situazione si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.”  

La nozione di controllo analogo congiunto è stata integrata con il richiamo espresso della disciplina contenuta nell’art. 5 comma 5 del nuovo codice dei contratti (D.lgs. 50/2016) che a sua volta recepisce la medesima disciplina contenuta nella direttiva comunitaria. Si ricorda che l’art. 5 comma 5 del D.lgs. 50/2016 dispone: “Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti; b) tali amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti.”  

Altro elemento di chiarezza del testo unico è quello di avere previsto la chiara definizione di controllo diverso da analogo e la specifica definizione delle “partecipazioni indirette” e “società a partecipazione pubblica”.

La nozione di società a controllo pubblico è determinante in quanto il legislatore ha fatto una scelta: le regole di governance interna si applicano alle società a controllo pubblico, recependo il principio in base al quale nelle partecipazioni di minoranza diverse da quelle di controllo deve prendersi atto che la capacità di governo del socio pubblico è notevolmente ridimensionata e che non sarebbe apparso ragionevole estendere vincoli di governance di matrice pubblicistica a società ove il socio pubblico è in minoranza. Tale interpretazione è confermata dalla Relazione Illustrativa che sul punto ha osservato: “La distinzione di base è quella tra società controllate, a cui si applicano la maggior parte delle norme, e società meramente partecipate, a cui se ne applicano solo alcune, relative all’azionista pubblico più che alla società. Più alla base, tutte le società partecipate hanno una connotazione “pubblicistica”, legata a un’attività di interesse pubblico, mentre sono escluse, salvo alcune eccezioni, quelle aventi una connotazione “privatistica” (cioè che svolgono attività di impresa in regime di mercato). Inoltre, la tipologia suggerita non è apparsa appropriata, perché accosta diversi criteri di distinzione, come quello basato sull’attività (in base al quale si individuano le società strumentali) e quello basato sul rapporto con la pubblica amministrazione (in base al quale si individuano le società in house, qualifica che può sovrapporsi a quella di strumentale ma non coincide con essa).”

Le società a controllo pubblico sono quelle in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo. Per controllo deve intendersi: “la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”

Quindi ricorrono le quattro fattispecie previste dall’art. 2359 cod. civ. e precisamente (i) controllo di diritto quando si possiede la maggioranza dei diritti di voto; (ii) controllo da influenza dominante per possesso di diritto di voto tali da influenzare le decisioni dei soci della società; (iii) controllo da influenza contrattuale quando per via di un contratto si dispone di una influenza dominate sulla società anche in assenza di diritti di voto e infine (iv) il controllo indiretto per il tramite di un’altra società che a sua volta controlla la società di terzo livello. Oltre tali fattispecie il testo unico, colmando una lacuna del codice civile, ha previsto anche il controllo congiunto fra pubbliche amministrazioni quando: “in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.

Per “partecipazione indiretta” si deve intendere “la partecipazione in una società detenuta da un’amministrazione pubblica per il tramite di una società o di un altro organismo soggetto a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica”.

Il testo unico definisce il perimetro delle società a controllo pubblico sia detenute direttamente che indirettamente. La nozione di controllo prevista dal testo unico non vale per la individuazione del perimetro di consolidamento del bilancio dell’ente pubblico con quello delle società od organismi partecipati in quanto l’art. 18 del testo unico al comma 9 prevede:

Al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 11-quater, comma 1, le parole: “Si definisce” sono sostituite dalle seguenti: “Ai fini dell’elaborazione del bilancio consolidato, si definisce”;

b) all’articolo 11-quinquies, comma 1, le parole: “Per società partecipata” sono sostituite dalle seguenti: “Ai fini dell’elaborazione del bilancio consolidato, per società partecipata”.

Pertanto ai fini del consolidamento dei conti si avrà una nozione diversa di perimetro di consolidamento non coincidente con il controllo previsto dal testo unico.

In merito all’introduzione di stringenti obblighi di dismissione nei casi in cui le partecipazioni societarie già detenute non siano inquadrabili nelle categorie previste dallo stesso decreto

Il testo unico contiene la disciplina in base alla quale valutare se le partecipazioni in società di capitali sono ancora detenibili da parte delle amministrazioni pubbliche.

Due articoli del predetto testo unico si occupano di imporre alle pubbliche amministrazioni di effettuare specifiche analisi per valutare se la società partecipata abbia le caratteristiche per essere ancora detenuta e precisamente:

-          l’art. 20 rubricato “Razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche” e

-          l’art. 25 rubricato “Revisione straordinaria delle partecipazioni”

Le Pubbliche amministrazioni socie debbono analizzare nuovamente le proprie società partecipate sottoponendole a tre distinti livelli di analisi.

Il primo livello attiene alla legittima detenibilità della partecipazione e si effettua secondo le previsioni di cui all’art. 4 del TU che prevede preliminarmente l’osservanza di un principio generale in base al quale: “Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità”. Tale principio quindi richiede, da un lato, un nesso di causa effetto tra fine istituzionale dell’ente e oggetto delle società e, dall’altro, la dimostrazione della stretta necessità dello strumento societario.

I successi commi dell’art. 4 assolvono a due compiti distinti: da un lato esplicitano, ex lege, quali oggetti dell’attività della società sono da riconoscere come perseguimento del fine istituzionale dell’ente, dall’altro alcuni commi, anche in deroga al principio generale, consentono specifiche attività alle società.

Rientrano fra gli oggetti riconosciuti come mezzi per il perseguimento del fine istituzionale dell’ente:

a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi”. Trattasi di produzione di sevizi di interesse generale che lo stesso testo unico definisce come : le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale; e  “servizi di interesse economico generale”: i servizi di interesse generale erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato. Il testo unico approvato in via definitiva precisa che rientrano in tale categoria “anche la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi” con ciò ammettendo anche le c.d. società delle reti che trovano (rectius ritrovano) una specifica disciplina nel Testo Unico sui servizi pubblici di interesse economico generale;

b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del decreto legislativo  n. 50 del 2016 Vale dire la società pubblica di progetto, come prevista dal nuovo codice dei contratti.

“c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, commi 1 e 2”. Trattasi delle società miste costituite per la realizzazione e gestione di un’opera ovvero per la organizzazione e gestione di un servizio di interesse generale. A tal riguardo occorre evidenziare che all’art. 17 il testo unico nella sua versione definitiva ha aggiunto una previsione, peraltro già contenuta nell’art. 32 del d.lgs 163/2006 e precisamente: ”Alle società di cui al presente articolo che non siano organismi di diritto pubblico, costituite per la realizzazione di lavori o opere o per la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, limitatamente alla realizzazione dell’opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite non si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 50 del 2016, se ricorrono le seguenti condizioni: a) la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica; b) il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita; c) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell’opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo.”; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento”. Trattasi delle c.d società strumentali che vengono ricomprese fra le categorie delle società ammesse superando la sentenze del Consiglio di Stato, Sez. III, 7/5/2015 n. 2291, che aveva ritenuto non più ammissibile l’affidamento diretto di contratti di servizi a società in house per effetto della interpretazione dell’art. 4 comma 7 del D.L. 95/2011 (spending review Monti 2). La relazione Illustrativa sul punto chiarisce: “l’autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti. Al riguardo, con riferimento all’osservazione del Consiglio di Stato, si precisa che la disposizione non fa riferimento alle sole società in house. Non sono state accolte le proposte della Conferenza unificata volte a includere le ipotesi di svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative, in quanto la scelta del legislatore delegato è di limitare la previsione ai servizi strumentali”.  

e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), decreto legislativo n. 50 del 2016 12 aprile 2006, n. 163.

Il testo unico all’art. 4 ammette altre categorie di società, anche in deroga al principio generale, contenuto al comma primo.

Tali società ammesse possono classificarsi come segue:

-          Le società patrimoniali che vengono ammesse : “al solo fine di ottimizzare e valorizzare l’utilizzo di beni immobili facenti parte del proprio patrimonio, le amministrazioni pubbliche possono, altresì, anche in deroga al comma 1, acquisire partecipazioni in società aventi per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse, tramite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato”;

-          Le società multiutulities, che vengono qualificate come “Le società a controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici hanno come oggetto sociale esclusivo una o più delle attività di cui alle lettere a), b), d) ed e) del comma 2. Salvo quanto previsto al successivo articolo 16, tali società operano in via prevalente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti.”. Si tratta di una importante scelta di politica economica. Il testo unico conferma la interpretazione di oggetto sociale esclusivo, come sostenuto dalla più autorevole dottrina la quale, rilevando che la esclusività dell’oggetto sociale trovava la sua fonte normativa nell’art. 13 del Bersani quale imposizione alle società strumentali, riteneva che esso andasse inteso non come divieto della società multi utilities (che svolgono più attività o servizio), ma come rafforzativo della regola  dell’esclusività, nel senso che doveva evitare che dopo  l’affidamento  la società potesse andare a fare altro.[1] Conseguentemente, pare(va)  corretto ritenere che il citato art. 13 del Bersani – che il testo unico esplicitamente abroga – si applichi esclusivamente alle società strumentali (con la precisazione che tale caratteristica deve connotare tanto la natura dell’attività svolta della società, quanto il rapporto intercorrente tra il soggetto societario stesso e l’amministrazione costituente o partecipante)[2]. Inoltre non sfugge che l’art. 16 (rubricato “Società a controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici”) dispone: “4. Gli statuti delle società di cui al presente articolo devono prevedere che oltre l’ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale della società. 5. Il mancato rispetto del limite quantitativo di cui al comma 4 costituisce grave irregolarità ai sensi dell’articolo 2409  del codice civile e dell’articolo 15 del presente decreto. 6. Nel caso di cui al comma 5, la società può sanare l’irregolarità se, entro tre mesi dalla data in cui la stessa si è manifestata, rinunci a una parte dei rapporti di fornitura con soggetti terzi, sciogliendo i relativi rapporti contrattuali, ovvero rinunci agli affidamenti diretti da parte dell’ente o degli enti pubblici soci, sciogliendo i relativi rapporti. In quest’ultimo caso le attività precedentemente affidate alla società controllata devono essere riaffidate, dall’ente o dagli enti pubblici soci, mediante procedure competitive regolate dalla disciplina in materia di contratti pubblici, entro i sei mesi successivi allo scioglimento del rapporto contrattuale. Nelle more dello svolgimento delle procedure di gara i beni o servizi continueranno ad essere forniti dalla stessa società controllata. 7. Nel caso di rinuncia agli affidamenti diretti, di cui al comma 6, la società può continuare la propria attività se e in quanto sussistano i requisiti di cui all’articolo 4. A seguito della cessazione degli affidamenti diretti, perdono efficacia le clausole statutarie e i patti parasociali finalizzati a realizzare i requisiti del controllo analogo, ai sensi del comma 2 del presente articolo.” L’art. 16 ammette quindi che per un valore inferiore al 20% del fatturato la società in house può svolgere attività fra loro diverse (servizi pubblici locali e servizi strumentali) ma anche a beneficio o nell’interesse di soggetti diversi dal committente in house ente pubblico socio. Infine a completamento della scelta effettuata dal legislatore l’art. 6 (rubricato “Principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione delle società a controllo pubblico) al comma 1 prevede: ““Le società a controllo pubblico, che svolgano attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all’obbligo di separazione societaria previsto dal comma 2-bis dell’articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n. 2877, adottano sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività.” Sul punto la Relazione Illustrativa precisa: “Tali società, qualora svolgano attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, adottano sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività. Non è stata accolta l’osservazione del Consiglio di Stato in merito alla definizione di “diritto speciale o esclusivo” e alla conseguente attuazione del principio di separazione, tenuto conto che i diritti speciali o esclusivi sono quelli definiti dal codice appalti e dal testo unico sui servizi pubblici locali e che non si possono escludere i casi di gara o compensazione perché è proprio in queste ipotesi che vengono in rilievo simili diritti. Parimenti, non sono state accolte le osservazioni, sempre del Consiglio di Stato, in merito alla introduzione dell’attività economica (oltre quella amministrativa) e alla operatività del principio di separazione anche in presenza di un’attività posta in essere da società private, in quanto, rispettivamente, l’attività d’impresa in regime di mercato è di regola esclusa per le società in partecipazione pubblica, mentre la seconda modifica sarebbe stata fuori delega”.

Ne consegue che per le società pubbliche le tecniche di unbundling si sostanziano unicamente nella separazione contabile e non più nell’obbligo di separazione societaria, potendo così attuare politiche di aggregazione di più sicuro risparmio di costi o per favorire economie di scala o di scopo;

-          Le società holding di partecipazioni, per le quali ora viene riconosciuta la seguente disciplina: ”Fatte salve le diverse previsioni di legge regionali adottate nell’esercizio della potestà legislativa in materia di organizzazione amministrativa, è fatto divieto alle società di cui al comma 2, lettera d), controllate da enti locali, di costituire nuove società e di acquisire nuove partecipazioni in società. Il divieto non si applica alle società che hanno come oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali, salvo il rispetto degli obblighi previsti in materia di trasparenza dei dati finanziari e di consolidamento del bilancio degli enti partecipanti.”;

-          Le società per la gestione di finanziamenti europei, fra i quali i G.A.L.;

-          Le società che gestiscono spazi fieristici e l’organizzazione di spazi fieristici e l’organizzazione di eventi fieristici, nonché la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva esercitati in aree montane;

-          Le società che ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, e le società con caratteristiche di spin off o di start up universitari;

-          Le società previste con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, escluse dal campo di applicazione del testo unico ma quindi ammesse e ciò anche per favorire processi di quotazione.

Il secondo livello di analisi attiene alla verifica della economicità e al rispetto della disciplina degli aiuti di stato. Il riferimento è al comma 1 e 2 dell’art. 5 del Testo Unico. Il socio Pubblica Amministrazione per ogni propria società dovrà analiticamente motivare con riferimento a: (i) la necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’articolo 4; (ii) le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta sia sul piano della convenienza economica che su quello della sostenibilità finanziaria; (iii) la possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate; (iv) la possibilità della gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato;

(v) la compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.

Il comma 2 dell’art. 5 impone che l’atto deliberativo di cui al comma 1 dia atto della compatibilità dell’intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. L’aiuto di stato è rappresentato da un sovvenzionamento di solito in denaro a favore di un operatore concessionario di pubblici servizi che per ottemperare agli obblighi di pubblico servizio svolge l’attività in condizioni economiche che altro operatore non svolge in normali condizioni. Quindi ricevere una integrazione finanziaria da parte della Pubblica Amministrazione concedente il servizio: quando questa integrazione è sproporzionata ed eccede le misure necessarie al riequilibrio del conto economico del concessionario, viene qualificato come aiuto di stato illegittimo.

Il terzo livello di analisi ha ad oggetto la verifica di parametri quantitativi di compatibilità economico – finanziaria.

Ogni società partecipata dovrà essere conforme ai seguenti parametri e non ricadere in alcuna delle sotto indicate situazioni:

- risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

- svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;

- nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a cinquecentomila euro;

- diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo, di ammontare non inferiore al cinque per cento del fatturato per quattro dei cinque esercizi precedenti;

Inoltre rientrano nel terzo test anche le società che:

-  necessitano di contenimento dei costi di funzionamento;

- necessitano di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite all’articolo 4 del TU.

In merito alla razionalizzazione della governance delle società a controllo pubblico, dettando i principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione di tali società, secondo criteri di economicità efficienza ed efficacia.

Il testo unico si concentra, oltre che sugli stringenti obblighi di dismissione delle partecipazioni, anche sulla disciplina delle governance. Gli aspetti trattati eminentemente sono:

-          I principi fondamentali sull’organizzazione e della gestione delle società a controllo pubblico volti a responsabilizzare l’organo amministrativo sull’introduzione di modelli di governace, di audit, di analisi e prevenzione dei rischi con obbligo di relazionare obbligatoriamente annualmente all’assemblea dei soci;

-          La gestione delle partecipazioni pubbliche ove viene disciplinato il ruolo del socio pubblico meglio esplicitandone gli ambiti di competenza e le responsabilità;

-          La disciplina degli organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico con riferimento ai criteri di nomina e le cause di incompatibilità, al numero e composizione degli organi di amministrazione con la preferenza per l’organo monocratico, i criteri di remunerazione anche dei dirigenti rimessi ad un decreto, la cessazione ed il regime di prorogatio in deroga al codice civile in quanto si rinvia alle legge 444/1994;

-          La disciplina delle crisi di impresa disponendo per la fallibilità delle società a controllo pubblico e introducendo l’obbligo di programmi di valutazione del rischio di crisi ammettendo piani di risanamento, anche in deroga al principio generale del divieto del soccorso finanziario delle società in perdita, strutturarle quando il piano prevede le misure indicate per il risanamento approvato dall’Autorità di Regolazione e comunicato alla Corte dei Conti che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni.

In merito al riordino della disciplina in materia di quotazione delle società a controllo pubblico in mercati regolamentati.

Il testo unico prevede un regime speciale per le società quotate e quotande in mercati regolamentati.

 

Per le società già quotate in mercati regolamentati alla data di entrata in vigore del testo unico si ravvisa che:

-          le partecipazioni in tali società sono legittimamente detenibili dalle Pubbliche Amministrazioni;

-          le società quotate non sono soggette alla disciplina della governace prevista dal testo unico e ricadono nelle altre disposizioni ivi contenute unicamente quando espressamente previste.

Per quanto riguarda le società quotande si ravvisa una disciplina transitoria su due livelli:

-          il primo che attiene a quelle società che entro 18 mesi abbiano presentato domanda di ammissione alla quotazione viene ammessa la esclusione dalla disciplina del testo unico. Analogo regime transitorio verrà riservato alle società che emetteranno strumenti finanziari, diversi dalle azioni, da collocarsi presso i medesimi mercati quotati;

-          il secondo, di rango più eccezionale, è rappresentato dalla possibilità di includere le società che ambiscono a quotarsi all’interno del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri al fine di essere esclusi dalla applicazione del testo unico, al fine di favorire il programmato processo di quotazione.

Infine non può ravvisarsi il favor del legislatore per promuovere la quotazione in mercati regolamentati delle società a partecipazione pubblica, stante la disciplina contenute all’art. 8 del testo unico dalla quale si evincono anche legittimazioni a processi di dismissione parziale o totale delle azioni possedute dalle pubbliche amministrazioni, aprendo nuovi scenari anche alla dismissione delle società in house.

In merito alla razionalizzazione delle disposizioni vigenti in tema di reclutamento del personale nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità e dei principi di cui all’art. 35 del D.lgs 165/2001.

La disciplina del reclutamento del personale e delle politiche di contenimento dei costi di nuove assunzioni o dei livelli retributivi è stato uno degli argomenti più all’attenzione dell’opinione pubblica.

Il testo unico prevede una disciplina  a regime ed una transitoria per le società a controllo pubblico.

La disciplina a regime mette alcuni punti fermi ravvisabili da un lato nella definizione che al rapporto di lavoro con le società a partecipazione pubblica “…. si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, ivi incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, e dai contratti collettivi.”, e  dall’altro lato che le modalità di reclutamento devono essere adottate con forme di evidenza pubblica secondo un doppio regime. La società è obbligata attraverso propri provvedimenti, a stabilire criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei princìpi anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all’articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Qualora tuttavia la società non adempia e fatti salvi le conseguenze sulla nullità del contratto di lavoro fatto salvo quanto prevede l’art. 2126 del cod.civ. è previsto che, in caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, trova diretta applicazione il suddetto articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, onde evitare capziose situazioni di inerzia.

L’altro punto fermo della disciplina del personale è che i limiti al contenimento delle spese per reclutamento del personale e relativi livelli retributivi, in conformità con la disciplina pubblicistica delle pubbliche amministrazioni socie, deve essere oggetto di un atto di indirizzo dell’ente socio di riferimento (o di coordinamento con gli altri enti pubblici soci) che, definiti gli obiettivi declina, anche per le società controllate, tali limiti pubblicistici. Di tale procedura graverà sulle società recepire, se possibile, tali indirizzi nel caso… “ del contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello “.

Inoltre le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società, in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, mediante l’utilizzo delle procedure di mobilità di cui all’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento può essere disposto solo nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell’amministrazione interessata e nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili.

La relazione illustrativa in materia di personale precisa anche il relativo regime transitorio e osserva che: “l’articolo 25 reca la disciplina transitoria in materia di personale delle società a controllo pubblico, prevedendo che esse effettuino una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze, e che l’elenco del personale eccedente, con la puntuale indicazione dei profili posseduti, sia trasmesso alla regione nel cui territorio la società ha sede legale, regione che forma e gestisce l’elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti. Sono state accolte le condizioni della Commissione V Bilancio della Camera (condizione n. 27) e della Commissione I Senato, nonché le osservazioni del Consiglio di Stato: è stato, conseguentemente, ridotto, al comma 4, il periodo temporale di durata del blocco delle nuove assunzioni (30 giugno 2018 in luogo del precedente 31 dicembre 2018); è stato chiarito, al comma 5, che per profilo “infungibile” si intende il possesso di competenze specifiche; è stato precisato che le regioni trasmettono gli elenchi dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, che gestisce l’elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati: è, infine, fatta salva, in un nuovo comma, la possibilità, per i dipendenti dichiarati eccedenti, di attivare le ulteriori misure previste alla disciplina nazionale e regionale vigente per le crisi aziendali. Non sono, invece, state accolte le proposte della Conferenza unificata di modificare l’articolo in esame, in quanto trattasi di modifiche non necessarie, che limiterebbero l’efficacia della norma.

Il regime transitorio per l’applicazione del Testo unico: I termini per efficacia e quindi l’entrata in vigore del testo unico sono portati dall’art. 26.

A tal riguardo la Relazione Illustrativa precisa quanto segue:

- “E’ stabilito il termine del 31 dicembre 2016 per l’adeguamento degli statuti alle disposizioni del decreto. In accoglimento della condizione n. 21 della Commissione V Bilancio della Camera, per le società costituite in forma di partenariato pubblico-privato il termine per l’adeguamento è fissato al 31 dicembre 2017;

- In attesa delle deliberazioni da adottare in ordine alle esclusioni dalla disciplina, ai sensi dell’articolo 4, comma 9, sono individuate alcune partecipazioni in società esistenti, che rimangono ammesse indipendentemente dalle previsioni dell’articolo 4. In accoglimento delle osservazioni del Consiglio di Stato, la disposizione è stata riformulata in modo più chiaro;

- Rimangono ammesse altresì le partecipazioni in società quotate già detenute dalle pubbliche amministrazioni al 31 dicembre 2015. Di conseguenza, la disciplina dell’articolo 8 e le disposizioni ivi richiamate si applicano solo alle operazioni che comportino l’acquisto della qualità di socio in società quotate, successivamente a detta data;

- In accoglimento della condizione della Commissione I Senato e dell’osservazione della Commissione V Bilancio della Camera (osservazione n. 16), nonché della proposta della Conferenza unificata, è previsto che le disposizioni di cui agli articoli 4, 19, 20 e 25 del testo unico non si applicano alle società derivanti dai procedimenti di sperimentazione gestionale in ambito sanitario;

- Vi è, infine, una disposizione transitoria relativa alla disciplina dei compensi di amministratori, dipendenti e organi di controllo. Al riguardo, non sono state accolte le osservazioni della Commissione V Bilancio della Camera (osservazione n. 13) e della Commissione I Senato, in quanto è necessario scongiurare il rischio di disparità di trattamento o di sanatorie involontario.”

 

 

 

di Roberto Camporesi – Partner Studio Commerciale Associato Boldrini



[1] Cons. Stato sez. IV n. 322/2007; Cons. Stato ad. Plen. 3  marzo 2008 n. 1, con note  A. Acocella e F. Liquori, Questioni (vere o false) in tema di società miste ed in house dopo la pronuncia plenaria, in Foro Amm. Cds 2008,3 p.770; R. Rotigliano, Le società miste secondo la Plenaria e l’Unione Europea, in Urb. e App.2008,8 p.1008; R Carata, Ancora in salita la strada per le società miste, in Giorn. dir. Amm.vo 2008, 11 p.1120; G. Piperata, Modelli societari e compiti pubblici: un connubio all’interno dell’incertezza, in Giorn. Dir. Amm.vo, 2008,11,1126.

[2] Cons. Stato, sez. V n. 1282/2010

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