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Le linee guida dell'ANAC confermano il ruolo chiave del responsabile della prevenzione.
di Michele Nico 20 settembre 2016
Materia: pubblica amministrazione / trasparenza

 

In tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi amministrativi il responsabile della prevenzione della corruzione (Rpc) svolge un ruolo di fondamentale importanza, e tale soggetto può considerarsi a pieno titolo il dominus del procedimento sanzionatorio.

Prendendo le mosse da questo assunto, le linee guida dettate dall’Anac con la delibera n. 833 del 3 agosto 2016 puntano a dirimere i dubbi interpretativi e le difficoltà applicative in ordine al dlgs 39/2013, emerse non soltanto nel corso dell’attività di vigilanza da parte dell’Authority sulle misure anticorruzione, ma anche in occasione dei numerosi quesiti posti dai soggetti tenuti all’osservanza della normativa in parola.

Tra gli aspetti da chiarire, in assenza di una espressa previsione del dlgs 39/2013 al riguardo, vi è l’importante questione dell’organo tenuto all’esercizio del potere sanzionatorio nei confronti del soggetto che abbia eseguito una nomina poi dichiarata nulla, in quanto inconferibile.

Una siffatta conseguenza giuridica è prescritta, nel caso di specie, dall’articolo 17 del dlgs 39/2013, secondo cui “gli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del presente decreto e i relativi contratti sono nulli”.

È evidente che in questo scenario si apre una serie di incognite con pesanti riflessi sui procedimenti amministrativi e con conseguenze sanzionatorie di tutto rilievo per gli autori delle nomine illegittime.

L’articolo 18 del decreto stabilisce infatti che i componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli sono responsabili per le conseguenze economiche degli atti adottati” (comma 1) e che “non possono per tre mesi conferire gli incarichi di loro competenza”.

Detto ciò, a chi compete l’esercizio di un potere sanzionatorio così impegnativo e delicato?

Con la delibera in esame l’Autorità afferma che al responsabile della prevenzione della corruzione compete il potere di avvio del procedimento, di accertamento e di verifica della sussistenza della situazione di inconferibilità, di dichiarazione della nullità dell’incarico, nonché il successivo potere sanzionatorio nei confronti degli autori della nomina dichiarata nulla perché inconferibile.

Rispetto a quest’ultimo punto, l’Anac recepisce le conclusioni della recente sentenza del TAR Lazio n. 6593/2016, che ha chiarito che l’articolo 18 del dlgs 39/2013 attribuisce la competenza in ordine all’attività sanzionatoria esclusivamente al Rpc dell’ente interessato, il quale, qualora ritenga configurabile una violazione della disciplina in materia, “accerta ai sensi dell’articolo 15, che la nomina sia inconferibile o incompatibile e, con specifico riferimento alle fattispecie di inconferibilità, dichiara la nullità e valuta se alla stessa debba conseguire l’applicazione delle misure inibitorie di cui all’articolo 18”.

In questa prospettiva, con le nuove linee guida viene assegnata una valenza prioritaria al ruolo e alle funzioni del responsabile della prevenzione della corruzione nel processo di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità, tanto che secondo la delibera può parlarsi “di una vigilanza interna, che è quella affidata al Rpc di ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico, e di una vigilanza esterna, condotta, invece, dall’Autorità nazionale anticorruzione”.

Il ruolo chiave che, secondo questa ricostruzione, emerge in capo al Rpc pone però un serio interrogativo in ordine all’autonomia e indipendenza del soggetto preposto all’esercizio delle relative funzioni.

Infatti, se per esempio una nomina illegittima sia stata effettuata dal sindaco, il dirigente comunale preposto all’anticorruzione dovrebbe in tal caso sanzionare il titolare dell’organo di governo, con una singolare inversione dei ruoli previsti dall’ordinamento giuridico delle autonomie locali, secondo cui agli organi politici spettano gli di indirizzo politico-amministrativo, e di alta amministrazione, mentre alla dirigenza spettano i compiti di attuazione degli obiettivi assegnati (articolo 4 del dlgs 30 marzo 2001 n. 165 e articolo art. 107 del Tuel).

Tenuto conto di ciò, con la delibera in esame si riconosce che “trattandosi di norma di un dirigente dell’ente, è evidente che il Rpc non sempre gode di effettiva autonomia nei confronti dell’organo di indirizzo dell’ente stesso”, per cui l’Anac “si riserva di verificare non solo che l’esercizio del potere sanzionatorio avvenga nel rigoroso rispetto delle norme, ma anche che sia garantita al responsabile la massima autonomia e indipendenza e che lo stesso non sia sottoposto ad atti diretti e/o indiretti di influenza e/o ritorsivi, e ciò in attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento”.

 

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