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Ancora sugli effetti della pronuncia della Consulta sul TUSP
di Angelo Masciello 2 dicembre 2016
Materia: società / disciplina

Ancora sugli effetti della pronuncia della Consulta sul TUSP

 

di Angelo Masciello

Dirigente dell’Ufficio Partecipate del Comune di Foggia

 

2 dicembre 2016

 

 

In un precedente contributo ci siamo soffermati sulla sentenza n. 251 del 25 novembre 2016 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima legge delega Madia di riforma delle pubbliche amministrazioni nelle parti in cui prevede che l’attuazione attraverso i decreti legislativi possa avvenire dopo aver acquisito il solo parere della Conferenza Stato-Regioni e non sulla base di intesa con la stessa.

In proposito avevamo sostenuto che l’effetto della sentenza sarebbe stato quello di rendere illegittimo anche il DLgs 175 del 2016 sulle società partecipate.

Per la verità quelle considerazioni erano state espresse a caldo, il giorno steso in cui i mezzi di comunicazione hanno reso nota la pronuncia.

Dopo un paio di giorni è stato reso disponibile il testo integrale della sentenza in cui al punto 9 delle “considerazioni in diritto”, che precedono il dispositivo, si legge:

Le pronunce di illegittimità costituzionale, contenute in questa decisone, sono circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge n. 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative. Nel caso di impugnazione di tali disposizioni, si dovrà accertare l’affettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione.”

In altri termini, schematicamente e per quanto di nostro interesse:

1) il DLgs 175 del 2016 sulle società partecipate resta in vigore;

2) il Governo è chiamato ad  apportare “soluzioni correttive” ;

3) chi intendesse impugnare il DLgs 175 del 2016 deve dimostrare quali punti del decreto medesimo disciplinano materie sulle quali è richiesta previamente l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e quindi hanno leso le competenze regionali.

Questa decisione della Consulta ha sorpreso non poco, più di tutti, probabilmente, la Regione Veneto che  aveva presentato ricorso avverso la legge Madia, ma forse potevamo aspettarcela.

Negli ultimi anni, infatti, dopo la riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, c’è stato un notevole aumento del contenzioso Stato-Regione e, probabilmente, la difficoltà di dirimere tali controversie ha spinto la Consulta, in qualche occasione, ad elaborare nuovi tipi di sentenze tese a consentire la piena attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

In quest’ottica la Consulta, che a differenza di ciò che accade in altri Stati europei non ha la possibilità di differire nel tempo l’efficacia delle proprie pronunce, a volte ha trovato – come nel nostro caso – soluzioni per renderne meno rigidi gli effetti.

Sta di fatto che ora non ci resta che attendere i passi del Governo in ordine alle “soluzioni correttive” che vorrà apportare.

Quali saranno queste soluzioni? Non è facile prevederle. Difficilmente, come alcuni ritengono, il Governo deciderà di ritirare del tutto il decreto. Altrettanto improbabile è che tenti di ricercare un’intesa ex post in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Più probabile che apporti modifiche tese ad eliminare alcuni passaggi del decreto che possono essere oggetto di impugnativa.

In questo modo, però, forse si salverebbe la forma, ma nella sostanza si avrebbe un testo unico sulle partecipate assai impoverito e lacunoso.

La situazione, dunque, è ancora incerta e poco chiara.

Una sola cosa è indiscutibile: in Italia il diritto dei servizi pubblici e delle partecipazioni pubbliche,  è un diritto perennemente precario e transitorio.

 

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