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Il programma di valutazione del rischio di crisi aziendale delle società pubbliche"
di Antonello Cocco e Giannalisa Pili 15 marzo 2017
Materia: società / partecipazione pubblica

 

Premessa

Con il decreto legislativo n. 175 del 19 agosto 2016, recante il “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, approvato dopo il consueto percorso parlamentare, viene attuata la delega, contenuta negli articoli 16 e 18 della legge n° 124/2015, per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche.

Il testo unico contiene un'insieme di disposizioni:

        contenenti l’indicazione dell'oggetto e dell'ambito di applicazione;

        la tipologia delle società nelle quali le Pubbliche Amministrazioni possono detenere delle partecipazioni;

        per poter determinare i limiti e le condizioni della partecipazione pubblica;

        indirizzate alla definizione delle regole necessarie per costituire, acquisire, mantenere o alienare delle società da parte di amministrazioni pubbliche;

        relative agli organi amministrativi e di controllo delle società pubbliche, con particolare riferimento ai seguenti profili: la governance societaria, i requisiti che debbono possedere i componenti degli organi di amministrazione, i compensi dei membri gli organi sociali;

        riferentesi alla responsabilità dei rappresentanti della Pubblica Amministrazione nelle società partecipate;

        in materia di controllo, con la previsione della procedura del controllo giudiziario,

        di disciplina della prevenzione del rischio di crisi aziendale, delle funzioni di controllo e di monitoraggio attribuite al Ministero dell'Economia e delle Finanze;

        finalizzate a incentivare l'economicità e l'efficienza, attraverso la previsione di procedure di razionalizzazione sistematica e di revisione straordinaria, di gestione del personale, di precise norme di natura finanziaria per le società partecipate, di incentivazione della trasparenza.

 

Principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione delle società a controllo pubblico: l’articolo 6 del decreto legislativo n° 175/2016.

L’articolo 6 del testo unico in materia di partecipate indica gli elementi sui quali si basa  l’organizzazione e la gestione delle società a controllo pubblico.

Con il comma 1 del sopraccitato articolo 6 viene previsto che le società a controllo pubblico, allorquando svolgano attività economiche, in settori protetti da diritti speciali o esclusivi, contemporaneamente con altre attività svolte in regime di libera economia di mercato, in deroga all’obbligo di separazione societaria previsto dalla legge del 10 ottobre 1990, n° 287, articolo 8, comma 2, devono utilizzare sistemi di contabilità separata per le attività che formano oggetto di diritti speciali o esclusivi.

Il comma 2 del medesimo articolo, dispone che le società soggette al controllo pubblico adottino, con deliberazione assembleare, su proposta dell’organo amministrativo, degli specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale.

La disposizione del comma 2 è collegata a quella contenuta nell’articolo 14 allorquando prevede che, qualora affiorino, nel programma di valutazione del rischio di crisi aziendale, uno o molteplici indicatori di una potenziale crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico debba adottare, senza alcun indugio, tutti i provvedimenti necessari per impedire l’aggravamento della crisi, per limitarne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento.

Si introducono, in tal modo, nell'ordinamento giuridico, degli strumenti e delle procedure, di natura preventiva, adatti a monitorare lo stato di salute della società, con lo scopo di far emergere eventuali patologie prima che si giunga a una situazione di crisi irreversibile.

“La norma anticipa l’adozione obbligatoria di “procedure di allerta”, che dovrebbe essere estesa a tutte le imprese suscettibili di fallimento”. Si tratta di un’anticipazione opportuna e di grande importanza, oltre che in termini di sistema, anche per la specifica rilevanza e pericolosità economica  di situazioni di crisi aziendale delle società pubbliche. (1) 

 

Crisi d’impresa delle società a controllo pubblico: l’articolo 14 del decreto legislativo n° 175/2016.

L’articolo 14 del d.lgs. n° 175/2016 prevede, espressamente, che le società a partecipazione pubblica siano soggette alla disciplina fallimentare e a quella del concordato pubblico; regolamenta, inoltre, le ipotesi di crisi aziendale nelle società a controllo pubblico.

Questa disposizione normativa ha il pregio di intervenire dirimendo la situazione di indeterminatezza, creata dall’incertezza giurisprudenziale e dall’ampio dibattito dottrinale, in materia di applicazione della disciplina fallimentare alle società a partecipazione pubblica.

La disposizione in oggetto individua delle precise procedure per prevenire l’aggravamento della situazione di crisi aziendale, per correggerne gli effetti e per eliminarne le cause.

Se nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale di cui all’articolo 6, comma 2, si rilevano uno o più indicatori della crisi d’impresa, si prevede la possibilità di adottare un piano di risanamento da parte dell'organo amministrativo della società.

 

Il principio della “continuità aziendale”.

Il postulato fondamentale cui attenersi perché l’impresa possa continuare a vivere e creare valore, è quello della “continuità aziendale” (cosiddetto going-concern).

Questo postulato rappresenta il presupposto basilare per la valutazione delle voci del bilancio d’esercizio, compiute secondo il criterio della prudenza e nella prospettiva della continuità dell’attività.

L’articolo 2423 bis del codice civile, al comma 1, n. 1), infatti, prevede che "la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività …".

Questo, naturalmente, a patto che gli amministratori non abbiano un'alternativa concreta alla cessazione o non intendano liquidare la società.

Nella fase della predisposizione del bilancio d’esercizio, l’organo esecutivo aziendale deve effettuare una valutazione della capacità dell’azienda di continuare a operare come un'entità in funzionamento.

Qualora l’organo amministrativo, nel fare le proprie valutazioni, sia a conoscenza di significative incertezze relative a fatti, presupposti o condizioni che possano determinare il sopraggiungere di gravi dubbi sulla capacità della società di continuare a operare come un'entità in funzionamento, tali incertezze devono essere evidenziate.

La responsabilità della valutazione della esistenza del presupposto della “continuità aziendale” è posta in capo all’organo amministrativo e deve essere fatta su un futuro prevedibile (con un arco temporale di almeno dodici mesi, possibilmente a decorrere dalla data di chiusura del bilancio).

Il principio della continuità aziendale, inteso come capacità dell’impresa di conseguire ricavi superiori ai costi di esercizio, in maniera tale da consentire una congrua remunerazione del capitale di rischio è, sostanzialmente, una nozione di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale che implica, per un periodo di tempo medio, l’equilibrio:

        fra i costi e i ricavi (Ricavi > Costi),

        fra le entrate e le uscite finanziarie (Entrate > Uscite),

        fra l’attivo e il passivo (Attivo > Passivo, Attivo a breve termine > Passivo a breve termine).

 

Situazione di crisi aziendale.

Allo stato attuale risulta difficoltoso stabilire, dal punto di vista giuridico e in maniera inequivocabile, la nozione di crisi d'impresa.

Nell'anno 2004 un intervento della Commissione Europea, ha prescritto gli orientamenti sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle aziende in difficoltà.

In tale intervento viene precisato  che un’azienda sia da ritenersi in uno stato di difficoltà quando non sia capace, con  i mezzi propri o con le risorse acquisite da terzi, di contenere le perdite che condurrebbero, quasi di sicuro, al tracollo.

In Italia, allo stato attuale, il sistema normativo, non contiene una puntuale definizione della nozione di crisi aziendale.

Tale concetto lo si rinviene in altre fattispecie normative. 

L’articolo 160, 3° comma, del Regio Decreto n° 167 del 1942, per esempio, quando, nello specificare il presupposto di accesso al concordato preventivo, precisa che per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.

Lo stato di insolvenza, rappresentante il requisito oggettivo della dichiarazione di fallimento, è identificato come la situazione che “si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

Con questa enunciazione si designa uno stadio acuto di una crisi  irreversibile dell’impresa.

Lo stato di insolvenza, così inteso,  rappresenta l'espressione più seria della crisi aziendale. (2)

Dal punto di vista economico il rischio d’impresa può essere definito come la possibilità che si verifichino e si abbattano su di essa eventi che pregiudicano lo svolgimento, in maniera economica, dell’attività di produzione per il mercato. (3)

La condizione della crisi aziendale è identificata come un aggravamento della situazione industriale, reddituale o finanziaria.

Essa accerta la negazione delle condizioni necessarie per garantire una prospettiva di  continuità economica a valere nel tempo, generando “disordine” nella dinamica della realtà aziendale (4)

Componente ineluttabile dell’attività aziendale, il rischio d'impresa costituisce la condizione continua dell’attività imprenditoriale.

Assumere a sé il rischio economico-aziendale costituisce la premessa fondamentale, intrinsecamente legata aspettativa di un ritorno economico.

All'interno di ogni azienda, per l’individuazione tempestiva dei contesti di crisi aziendale, è fondamentale la presenza:

1.      di un sistema di controllo strategico finalizzato all'accertamento dell’efficienza dell'organizzazione aziendale e dell’efficacia della strategia intrapresa;

2.      di un efficiente assetto del controllo di gestione;

3.      di un sistema di rilevazione periodica dei dati relativi alla gestione e all'andamento di un'azienda (reporting).

La fase della rendicontazione, propria del processo di formazione del bilancio, permette di evidenziare gli eventuali segnali della crisi aziendale.

Gli indici che si ottengono dall’analisi dei bilanci, malgrado ciò, rappresentano solo delle avvisaglie, dei dati preliminari da interpretate da parte della direzione aziendale, tenuto conto degli altri dati e delle informazioni sull’ambiente e sul mercato che si hanno a disposizione.

La finalità fondamentale del sistema di programmazione e di controllo, nell'ambito dell'attività di prevenzione della crisi aziendale, consiste nella capacità di  coglierne segnali iniziali.

 

Crisi finanziaria e crisi economica.

La crisi d'impresa si presenta spesso con caratteristiche diverse.

La crisi aziendale, fra le altre, può essere di natura finanziaria o economica.

L'impresa, in presenza di  una crisi finanziaria, è economicamente sana, ma si trova in uno  stato di squilibrio finanziario. Essa ha difficoltà a soddisfare, correttamente, i propri debiti e rischia di peggiorare, progressivamente, gli indici del proprio bilancio.

Nella situazione di difficoltà finanziaria  “il debitore non ha, né riesce a procurarsi, i mezzi finanziari adeguati, per quantità e qualità, a soddisfare le esigenze della gestione e le connesse obbligazioni di pagamento. Tale situazione si manifesta quando il debitore presenta un rapporto squilibrato tra il fabbisogno finanziario e le fonti di finanziamento, tale da essere inadempiente alle scadenze degli impegni assunti”.(5)

Il peso, spesso notevole, degli oneri finanziari rischia di vanificare i risultati della gestione  caratteristica.

In presenza di una condizione di difficoltà finanziaria, non bilanciata da considerevoli risultati della gestione tipica, è ineluttabile attuare delle azioni e degli interventi volti:

        alla ristrutturazione del debito,

        alla ricapitalizzazione,

        alla ricerca di nuove risorse finanziarie, anche cedendo le attività che non rappresentano il cuore dell’attività aziendale (core business).

In un contesto di crisi economica, invece, l’impresa non è più in grado di ottenere dei risultati positivi dalla gestione caratteristica.

L’impresa non riesce, con la gestione operativa, a remunerare congruamente i fattori produttivi impiegati nell’attività aziendale.

In tale circostanza, diventa necessario ingegnarsi per compiere interventi diversificati, tesi a un riposizionamento di natura strutturale:

        per adeguare le proprie funzioni di innovazione e ricerca tecnologica;

        per riprogrammare e ricollocare il proprio prodotto;

        per modernizzare e adeguare i fattori produttivi impiegati, intervenendo sulla produttività, massimizzando il rapporto tra fattori impiegati e risultato ottenuto.

 

I fattori della crisi economica.

I fattori che possono determinare una crisi economica possono essere rinvenuti all’interno dell’impresa (interni) o imputati all’ambiente circostante (esterni).

I fattori interni possono provocare:

        una crisi da inefficienza produttiva dovuta alla perdita di redditività o alla eccessiva presenza di costi fissi rispetto a quelli variabili;

        una crisi da declino dei prodotti dovuta alla perdita di competitività, alla chiusura del ciclo di vita del prodotto, alla mancata innovazione tecnologica;

        una crisi legata a errori strategici o a carenze organizzative;

        una difficoltà comportamentale degli organi amministrativi o della proprietà a far emergere la crisi aziendale.

Sono fattori esterni di crisi:

        una condizione economica generale di stagnazione o deflazione, con una crescita economica modesta o negativa e un grado di disoccupazione elevato;

        una situazione politica incerta, un sistema normativo caotico, una struttura della tassazione elevata, un sistema delle relazioni industriali complesso, un apparato della giustizia lento, la presenza di notevole insicurezza sociale;

        un livello dei servizi e delle infrastrutture carente e generatore di extracosti;

        una legislazione ambientale complessa e generatrice di obblighi onerosi.

 

Gli indicatori della crisi aziendale.

Nella individuazione dei potenziali indizi di crisi aziendale un supporto autorevole è fornito dal principio di revisione aziendale n° 570 della “Commissione paritetica per i principi di revisione” del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e del Consiglio Nazionale dei ragionieri.

Le fattispecie individuate dalla Commissione paritetica non sono certamente le uniche possibili. Esse, però, forniscono uno scenario sufficientemente esaustivo di situazioni, stati o circostanze, al verificarsi delle quali, si accende un campanello di allarme per verificare se vi sia o meno un rischio considerevole per la continuità aziendale.

Così come enunciato nel principio 570, è normale che, per un’impresa, possano esserci dei correttivi e delle situazioni che diano la possibilità di affrontare, con successo, le situazioni negative che si presentano al revisione legale, che siano capaci di scongiurare un pericolo per la continuità aziendale dell’impresa.

Il documento, testualmente, puntualizza che “la rilevanza di tali eventi o circostanze può spesso essere attenuata da altri fattori. Ad esempio, il fatto che un’impresa non sia in grado di saldare i debiti ordinari può essere compensato da un piano della direzione volto al mantenimento di adeguati cash flow con strumenti alternativi, quali la cessione di attività, la rinegoziazione dei termini di pagamento dei prestiti o l’aumento di capitale”.

Gli indicatori della crisi aziendale sono classificati in tre categorie:

        Indicatori di natura finanziaria;

        Indicatori di natura gestionale;

        Indicatori di altra natura.

 

Gli indicatori di natura finanziaria.

Come dice il nome, gli indicatori di natura finanziaria attengono all’aspetto finanziario della complessa gestione aziendale, ponendo in risalto elementi che incidono negativamente sulla sana gestione finanziaria.

Essi, preliminarmente, sono stati individuati:

1)      nella condizione di disavanzo patrimoniale o di capitale circolante netto negativo. La struttura dell'azienda presenta uno squilibrio finanziario;

2)      nella presenza di prestiti con una scadenza fissa e vicina al termine, senza la  prospettiva di rinnovo o di rimborso;

3)      nella elevata dipendenza da prestiti a breve termine, impiegati per finanziare le attività a lungo termine;

4)      in circostanze di cessazione del sostegno finanziario da parte di finanziatori o di altri creditori;

5)      in una successione di bilanci consuntivi o preventivi che mettono in rilievo dei flussi di cassa negativi;

6)      nei principali indicatori economici e finanziari negativi o in costante deterioramento,

7)      in cospicue perdite derivanti dalla gestione caratteristica o in elevate perdite di valore delle attività che producono cash flow;

8)      nella mancanza o nella discontinuità della politica di distribuzione dei dividendi;

9)      nell'inidoneità a onorare i debiti alla scadenza;

10)    nella incapacità di rispettare le clausole contrattuali dei prestiti;

11)    nel peggioramento delle modalità di pagamento accordate dai fornitori;

12)    nella incapacità a procurarsi dei finanziamenti indirizzati allo sviluppo dei prodotti.

In presenza di questi segnali di crisi, la struttura aziendale istituita per il controllo di gestione dovrebbe:

        prevedere un sistema periodico di predisposizione e di valutazione degli indici di bilancio;

        predisporre gli scadenzari delle rate dei prestiti e delle fatture, dotati di appositi campanelli di allarme, allorquando le relative scadenze non dovessero essere rispettate;

        controllare e monitorare, con continuità, i crediti verso i clienti, con lo scopo di accertare i probabili ritardi negli incassi per attivare le procedure di recupero crediti;

        istituire un ufficio, per il monitoraggio dei flussi finanziari, in grado di  rilevare e mettere in rilievo i periodi di cash flow negativo, con l'obiettivo di evitare che il ricorso al credito avvenga all’ultimo momento, limitando le possibilità di scelta delle migliori fonti di finanziamento;

 

Indicatori di natura gestionale.

Gli indicatori di natura gestionale sono elementi osservabili e verificabili, ma non sono quantificabili in termini monetari.

Essi possono essere individuati:

1)      nella instabilità della struttura amministrativo-esecutiva, con la perdita di amministratori o di dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli;

2)      nella perdita di mercati fondamentali, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti;

3)      nella inadeguata composizione numerica e qualitativa del fattore lavoro;

4)      nella difficoltà nel conservare il normale flusso di approvvigionamento da importanti fornitori.

Con riferimento al primo punto, l'azienda, delineate  le persone cardine della struttura di direzione, dovrebbe applicare lo strumento degli incentivi tali da mantenerla unita, all'avverarsi degli iniziali segnali di crisi.

Per quanto riguarda, invece, gli altri indicatori sopra elencati, è opportuno che l'impresa non dia per scontata le propria posizione di privilegio nel mercato costituita da rendite di posizione  stimate, per errore, come sicure.

 

Indicatori di altra natura.

Gli indicatori di altra natura, categoria residuale, raccoglie solo alcuni indicatori non monetari da considerare con attenzione.

Essi possono essere individuati:

1)      nel capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o la sua non conformità ad altre disposizioni normative;

2)      nella presenza di contenziosi legali che, in caso di soccombenza, potrebbero determinare degli obblighi di natura economica, nei confronti della controporte, difficili da onorare;

3)      nelle modifiche legislative o nelle politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa;

4)      negli obblighi di tutela ambientale non rispettati;

5)      nel termine della durata statutaria senza previsione di prolungamento;

6)      nella sopravvenuta mancanza dei requisiti per il mantenimento delle autorizzazioni amministrative necessarie allo svolgimento dell’attività d’impresa;

La riduzione del capitale sociale, al di sotto dei limiti legali o il persistere di perdite superiori a un terzo dello stesso può dar luogo a difficoltà nella richiesta di finanziamenti.

Sulle conseguenze, in caso di soccombenza nei contenziosi, la struttura addetta al controllo di gestione, tramite la vigilanza continua dei processi e il puntuale adeguamento del fondo per rischi aziendali è in grado di ridurre le possibilità di cessazione dell'impresa.

La valutazione delle conseguenze avverse del mutamento del sistema giuridico/istituzionale dovrebbe costituire, invece, punto di partenza di nuove strategie aziendali che consentano il rispetto del principio della continuità aziendale.

 

Modalità di utilizzo degli indicatori.

Gli indicatori elaborati in dottrina si palesano validi per schematizzare i principali pericoli che possono creare dei rischi per la vita durevole dell’impresa.

Tali indicatori mostrano dei chiari limiti operativi. Essi non debbono essere valutati a sé stanti, ma debbono essere inseriti nel complesso contesto aziendale.

Il principio della continuità aziendale necessita di una determinazione globale delle procedure di gestione e delle loro conseguenze sull’azienda, considerata come un insieme di beni funzionanti e tra loro strettamente coordinati.

E' opportuno che venga posta una diligenza specifica nell’analisi di tutte le voci di bilancio, anche per il tramite di indici, di margini e di flussi che originano dalla riclassificazione dei prospetti di bilancio.

E' basilare evitare di circoscrivere l'analisi unicamente all'aspetto quantitativo dei dati di bilancio, ma è doveroso predisporre delle valutazioni e dei giudizi di natura qualitativa, che vadano oltre i valori  iscritti in bilancio, prendendo in considerazione anche altri aspetti peculiari dell'impresa, non riscontrabili nel bilancio d'esercizio.

 

Individuazione degli indicatori di crisi aziendali: le analisi di bilancio.

Con la disanima degli indicatori di rischio (finanziari, gestionali o di altra natura), che vengono impiegati per definire l'attendibilità del principio della continuità aziendale, ci si rende conto che i primi  segnali del palesarsi della crisi aziendale sono sempre più spesso percepibili attraverso la creazione della struttura adibita al controllo di gestione.

Questo assetto dovrebbe adottare una valutazione continuativa dei risultati aziendali e la simulazione dei risultati dei cambiamenti attesi nell’ambiente in cui opera l’impresa.

Fra gli strumenti che possono essere utilizzati per accertare la probabile manifestazione, improvvisa, della crisi aziendale hanno una forte validità le analisi di bilancio.

Le analisi di bilancio consistono in tecniche attraverso le quali si ottiene una più semplice e celere lettura delle dinamiche aziendali, al fine di agevolare il confronto dei dati nel tempo e nello spazio, anche attraverso valori di riferimento di settore (benchmark).

Al fine di  prevenire il fenomeno della crisi aziendale  l’analisi dei risultati economici, sia intermedi che complessivi dell’azienda, avendo riferimento agli ultimi esercizi è di fondamentale importanza.

Il fine ultimo consiste nell'accertare gli andamenti e la valenza dei risultati dell’azienda per la valutazione delle situazioni di redditività e solvibilità nel tempo.

L’analisi di bilancio può essere condotta utilizzando metodologie diverse che permettono di rileggere i dati di bilancio, con lo scopo di acquisire dati e informazioni sugli equilibri patrimoniali, reddituali, economici e finanziari inerenti la gestione aziendale.

Essa permette di apprezzare lo stato di salute dell'impresa.

L'analisi di bilancio è, sostanzialmente, una analisi di:

        solidità;

        di liquidità;

        di redditività.

L'analisi della solidità è indirizzata ad apprezzare la relazione fra le diverse fonti di finanziamento e la corrispondenza fra la durata degli impieghi e delle fonti.

L'analisi della liquidità analizza la capacità dell'azienda di far fronte ai pagamenti a breve con la liquidità creata dalle attività di gestione a breve termine.

L'analisi della redditività verifica la capacità dell'azienda di generare un reddito capace di coprire l'insieme dei costi aziendali e produrre un utile per la remunerazione del capitale versato dai soci.

 

Le fasi dell'analisi di bilancio.

L'analisi del bilancio si sviluppa in almeno cinque momenti:

a)      la raccolta delle informazioni tramite i bilanci degli ultimi esercizi, gli studi di settore, ogni altra ulteriore informazione utile.

b)      La riclassificazione dello stato patrimoniale e del conto economico attraverso una diversa aggregazione delle voci.

c)       L'elaborazione di strumenti per la valutazione quali:

        i margini, ottenuti dal raffronto di determinati valori in un dato istante;

        gli indici, ottenuti attraverso un sistema di quozienti;

        i flussi, con la costruzione di un rendiconto finanziario, attraverso l’analisi dei bilanci di due esercizi consecutivi.

d)La comparazione dei dati e dei valori ottenuti.  Il raffronto dei valori e dei dati ottenuti può essere fatta:

        nel tempo, con gli indici della medesima impresa, relativi ai periodi precedenti per comprendere la dinamica della gestione nel tempo;

        nello spazio, con indici standard o del medesimo settore in cui opera la società con indici tratti dai bilanci di imprese concorrenti per comprendere i vantaggi e gli svantaggi competitivi dell’impresa.

e) La formulazione di un giudizio sui risultati ottenuti e la redazione del rapporto finale.

Lo scopo è quello di studiare aspetti della gestione che sono complementari a quelli espressi dalla misurazione del reddito d'esercizio e del capitale di funzionamento in modo tale da evidenziare e analizzare i punti di forza e di debolezza della società.

 

 

Individuazione degli indicatori della crisi aziendali: gli strumenti statistici di calcolo cosiddetti di “scoring”.

Oltre all’analisi di bilancio esistono ulteriori modelli di previsione del rischio di crisi aziendale.

Fra le diverse categorie di modelli vi è quella del tipo cosiddetto “scoring”, ovverosia da modelli che impiegano delle tecniche statistiche per prevedere le situazioni di insolvenza aziendale.

I modelli  maggiormente utilizzati  si basano sull’analisi di natura discriminante.

Tramite tale tipo di analisi sono individuate alcune variabili indipendenti, generalmente rappresentate da indici di bilancio, ponderate e utilizzate per costruire una equazione di tipo lineare (o di 1° grado).

Con l'applicazione di tali modelli si può ottenere un valore, capace di esprimere l'abilità dell’impresa di perdurare nel tempo.

Utilizzando questi modelli si costruisce una raffigurazione semplificata del fenomeno d'impresa, attraverso degli specifici parametri, che sono in grado di rilevare la condizione di sofferenza economica e finanziaria.

I benefici che derivano dall'impiego di questa tipologia di modelli sono fondamentalmente rinvenibili nella semplificazione delle fasi di preparazione e di rappresentazione dei dati.

Tramite questi modelli, invero, si utilizza una quantità ristretta di indicatori e di procedimenti  standard di lettura dei dati aziendali.

Si determinano dei valori, definiti valori “soglia”, per differenziare le aziende in difficoltà da quelle in salute.

Esiste, inoltre, l’opportunità di raffronto tra i valori acquisiti e i parametri “soglia”.

Semplificando, è possibile affermare che esistono due tipologie di modelli: quelli teorici e quelli empirici.

I modelli di natura teorica sono di rado adoperati, utilizzano dei parametri eccessivamente semplicistici, per pervenire alla concezione secondo la quale un valore aziendale di liquidazione inferiore alle passività porta, immancabilmente, al  fallimento.

I modelli empirici, che si incentrano su una prassi sperimentale e statistica e sulla disamina di un rappresentativo campione di imprese, sono maggiormente impiegati.

Tali modelli scoring sono applicabili, sempre più, anche alle società a partecipazione pubblica, poiché, progressivamente, il sistema normativo accosta le aziende a controllo pubblico al modulo dell'azienda privata.

 

Il modello di Altman o “Z score” e suoi utilizzi.

Il modello predisposto dal Professor Altman, definito “Z-Score”, è un modello previsionale in grado di predire, con le tecniche statistiche, la probabilità di fallimento, nel futuro, di una società quotata in borsa.

L'analisi si basa su un modello di analisi statistica discriminante, di primo grado, fondato sul computo di un valore ponderato che, al raggiungimento di un precisato valore, riesce a differenziare tra le imprese in salute e le imprese in difficoltà.

Con il modello “Z Score” si è riusciti a collegare l’analisi  di bilancio alle tecniche statistiche.

La forza dello  “Z Score” è dovuta alla sua semplicità d'utilizzo perché basta impiantare e risolvere un'equazione lineare (di 1° grado) del tipo “y =  a1X1 + a2X2  + …….. + anXn” per acquisire un dato (lo Z score), da comparare con altri parametri, per accertare l’area nella quale si colloca un'azienda.

L'area in cui si può situare l'azienda può essere:

        una fascia di "probabile insolvenza",

        un'area di "possibile solvibilità"

        una zona definita “grigia".

Con riferimento a quest'ultima zona è complesso dare una valutazione finale. Normalmente, tale zona può indicare una condizione di salute economica o finanziaria instabile.

Con l’analisi di tipo discriminante è possibile distinguere alcune variabili indipendenti (gli indici di bilancio) alle quali, con le analisi statistiche, si assegnano dei pesi che permettono di ottenere un risultato significativo della capacità dell’azienda di operare nel futuro.

Con questo metodo è possibile distinguere, con una possibilità di inesattezza minima, un insieme di unità statistiche in due o più tipologie, precisate ex ante (in questo caso le società in difficoltà e quelle sane), fondate su un insieme di caratteristiche.  

Nel modello di Altman le variabili sono distribuite su cinque gruppi di indici di bilancio che riguardano l’analisi della liquidità, della redditività, della leva finanziaria, della solvibilità e dell’attività.

Le componenti, indispensabili per il computo dello “Z-Score”, possono essere ottenute dal bilancio  di ciascuna società presa in esame.

L’adozione di questa funzione lineare può costituire un efficace mezzo per investigare sulla salute di un'azienda.

Secondo questo modello un valore della funzione Z maggiore di 8,105 ci dice che l'azienda è strutturalmente in salute; se il valore della funzione Z assume un valore  al di sotto di 4,846 l'azienda  è quasi sicuramente rivolta al fallimento; un valore della funzione Z ricompreso tra 8,105 e 4,846 indica la necessità d'impiegare la massima prudenza nella gestione aziendale.

Le principali qualità del modello “Z Score”, sono la sua semplicità di impiego e la considerevole qualità di raffrontare la funzione nel tempo e nello spazio.

Lo “Z score”  è ritenuto  un utile strumento di sostegno:

        alla direzione della società, per il monitoraggio della situazione di solvibilità dell’impresa;

        ai soggetti fornitori, per valutare lo stato di salute e per continuare a intrattenere rapporti d'affari con la società;

        agli istituti bancari, per la concessione di credito;

        al Collegio sindacale e al Revisore legale dei conti, per la valutazione del principio di continuità aziendale;

        ai redattori e agli attestatori dei piani di risanamento, per valutare la solvibilità di una società a seguito degli interventi proposti.

 

 

I passi per la creazione e l'applicazione del modello di Altman.

Il modello di Altman, come già detto, prevede la creazione della funzione lineare così definita:

y =  a1X1 + a2X2  + …….. + anXn

Per la sua applicazione è stato necessario definire un campione oggetto della stima, individuato in 66 società, quotate nella borsa americana.

A seguito dell'analisi del campione sono state individuate le variabili discriminanti oggetto di stima come segue:

X1= Capitale Circolante Netto/Totale attività

X2= Utile distribuito/Totale attività

X3= Utile ante oneri finanziari ed imposte/Totale attività

X4= Valore mercato capitale/Indebitamento totale

X5= Ricavi/Totale attività

ne è stata attribuita un'incidenza sul modello come di seguito riportato:

X1=  0,71

X2= 0,84

X3=3,10

X4= 0,42

X5= 0,998

ottenendo la funzione discriminante  Z’ = 0,71xX1 + 0,847xX2 + 3,107xX3 + 0,42xX4 + 0,998xX5.

La verifica dei risultati ottenuti ha dimostrato la sufficiente attendibilità della funzione.

 

Analisi del rischio d'impresa tramite l'utilizzo del modello dello “Z Score” per le piccole e medie imprese italiane.

Il modello sotto descritto viene ripreso da uno studio realizzato dal dottor Bottani, dalla dottoressa  Cipriani e dal dottor Serao. 

I risultati  dello studio sono stati pubblicati nel numero 1, dell'anno 2004, della rivista di Amministrazione e Finanza, edita dalla casa editrice Ipsoa.

Si tratta di uno studio che, partendo dal modello di analisi del rischio di fallimento per le imprese, predisposto dal Professor Altman, tenta “di applicare il modello dello Z-score alle Piccole e Medie Imprese italiane, cercando di definire in maniera specifica per la realtà analizzata, le variabili discriminanti che meglio si adattano allo scopo”.

Le variabili discriminanti utilizzate sono le medesime individuate dal Professor Altman, adattate alla realtà  delle piccole e medie imprese (PMI) italiane del settore manifatturiero.

Tali variabili sono le seguenti :

        X1  pari al rapporto fra capitale circolante netto e totale attività;

        X2  pari al seguente rapporto (riserva legale + riserva straordinaria)/totale attività;

        X3 pari al rapporto fra reddito operativo (ebit) e  totale attività;

        X4 pari al rapporto fra patrimonio netto e il totale delle passività;

        X5  pari al seguente rapporto ricavi di vendita/ totale attività.

La prima variabile (X1), costituita dall'indice di equilibrio finanziario, esprime il valore della  liquidità dell'azienda, rapportata alla capitalizzazione totale. La gestione di una impresa che realizza perdite operative ingenti comporterà una notevole riduzione delle attività correnti in rapporto al totale delle attività. Questo indice, per gli scopi propri del modello, è risultato di qualità superiore rispetto agli indici di liquidità come l’indice di disponibilità (current ratio) e  l’indice di liquidità (quick ratio).

La seconda variabile (X2), definita anche come indice di autofinanziamento, rappresenta la capacità dell'azienda nel reinvestire i propri utili.  Le società di nuova creazione registreranno un indice più basso nei confronti delle società che già operano, da tempo. Le società di più recente creazione, con molta probabilità, non sono state ancora in grado di produrre utili da reinvestire in azienda e risultano, sotto questo aspetto, sfavorite.

La terza variabile (X3) esprime l'indice di redditività e delinea la produttività delle attività di un’azienda, ripulite da ogni influenza dei fattori finanziari o fiscali.

La quarta variabile (X4), qualificata come indice di solvibilità, rivela in che misura le attività dell'azienda possono diminuire sino a eguagliare le passività totali e, di conseguenza, si creino le condizioni per il fallimento. 

La quinta variabile (X5), nota anche come indice di rotazione dell’attivo, indica l'abilità della società nel produrre ricavi con un determinato valore dell’attivo patrimoniale. Essa valuta l'abilità dell'impresa di confrontarsi le aziende concorrenti.

La funzione discriminante calcolata dagli autori è la seguente:

Z = 1,981X1 + 9,841X2  + 1,951X3 + 3,206X4 + 4,037X5

Con questa funzione si è in grado di ottenere i valori del pareggio aziendale (cosiddetto cut-off) e dell'area di incertezza.

Tale funzione è impiegata per analizzare la situazione di benessere di un'azienda.

Se un'impresa raggiunge un valore dello Z-Score più alto di 8,105 essa è considerata come organicamente in salute.

Se il valore della funzione Z è minore di 4,846 la società è rivolta a un probabile fallimento, a meno che non sia capace di modificare la propria struttura economico-finanziaria.

Se  la funzione dello Z-Score ha un valore ricompreso fra 8,105 e 4,846 l'impresa deve adottare  alcune accortezze nella gestione aziendale.

 

Uno schema di applicazione del modello può essere rappresentato come segue:

Zeta Score  applicato alle PMI italiane

capitale circolante netto / totale attività

 

(riserva legale + riserva straordinaria)/totale attività

 

Ebit / totale attività

 

patrimonio netto / totale passività

 

ricavi di vendita/ totale attività

 

1,981X1  + 9,841X2  + 1,951X3  + 3,206X4  + 4,037X5

 

                           

Nella sua applicazione si rende necessario procedere a recuperare i dati secondo le seguenti tabelle suddivise per tipologia e anno di riferimento.                                                 

 

Anno n

Anno n+1

Anno n+2

Anno n+3

 

attività a breve

 

 

 

 

 

passività a breve

 

 

 

 

 

capitale circolante netto

 

 

 

 

 

totale attività

 

 

 

 

 

riserve

 

 

 

 

 

Ebit

 

 

 

 

 

Patrimonio netto

 

 

 

 

 

totale passività

 

 

 

 

 

ricavi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anno n

Anno n+1

Anno n+2

Anno n+3

 

X1

 

 

 

 

 

X2

 

 

 

 

 

X3

 

 

 

 

 

X4

 

 

 

 

 

X5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Moltiplicatore  X1

1,981

1,981

1,981

1,981

 

moltiplicatore X2

9,841

9,841

9,841

9,841

 

moltiplicatore X3

1,951

1,951

1,951

1,951

 

moltiplicatore X4

3,206

3,206

4,037

3,206

3,206

 

moltiplicatore X5

4,037

4,037

4,037

4,037

 

 

 

 

 

 

 

risultato x1

 

 

 

 

 

risultato x2

 

 

 

 

 

risultato x3

 

 

 

 

 

risultato x4

 

 

 

 

 

risultato x5

 

 

 

 

 

Totale Z score

 

 

 

 

 

 

La tabella presenta una visione consuntiva. Lo stesso lavoro deve essere fatto con una visione prospettica verificando l'andamento presumibile nel corso degli anni a venire, di solito un triennio.

Il programma di valutazione del rischio di crisi aziendale delle partecipate pubbliche.

La materia della crisi aziendale, dettata dal nuovo testo unico, non prevede una disciplina precisa del programma di valutazione  del rischio di crisi.

Essa lascia alla libertà della singola partecipata pubblica la predisposizione del programma.

Questa situazione potrebbe portare a conseguenze non previste, in quanto gli amministratori delle società potrebbero nascondere situazioni di crisi in itinere, predisponendo programmi di valutazione del rischio non all'altezza della realtà.

In ogni caso un programma di valutazione del rischio di crisi aziendale non può fare a meno della descrizione della società, dell'ambiente in cui essa opera, dall'individuazione di una pluralità di modelli di valutazione del rischio di crisi aziendale che dovrebbero analizzare diversi aspetti della realtà aziendale e arrivare al medesimo risultato.

Tali modelli di valutazione possono essere individuati:

        nelle analisi di bilancio;

        nella costruzione di un modello sulla base del principio n° 570 dei dottori commercialisti in tema di revisione aziendale;

        nei modelli cosiddetti “scoring”.

 

a) l'azienda.

La descrizione e lo studio degli assetti, della struttura aziendale e del loro adeguamento nel corso del tempo sono basilari per contrastare i rischi assunti dalla partecipata e dall'ente pubblico socio.

Capire come e perché la società è sorta e ha operato nel corso degli anni è essenziale per  valutare il suo presumibile andamento futuro.

La storia societaria, la tipologia di attività esercitata, i rapporti con l'ente controllante, sono elementi fondamentali per comprendere la capacità della società di adeguarsi, prontamente, all'ambiente circostante e di saper operare nel futuro.

Le società controllate dagli enti pubblici, soprattutto se si tratta di società in house, vivono e operano in un mercato “protetto”, rappresentato dalle commesse pubbliche.

Ciò nondimeno il rischio aziendale è sempre dietro l'angolo; basti pensare alla possibilità che la società divenga strumento da utilizzate per risolvere i problemi di bilancio della controllante. E' il caso che si presenta quando l'affidamento di servizi avvenga a prezzi palesemente inferiori a quelli necessari  per la congrua remunerazione dei servizi.

Altri rischi sono rappresentati dai ritardi con i quali l'ente controllante paga i servizi ricevuti: pagare con forte ritardo può determinare il ricorso ingiustificato al credito bancario o l'impossibilità a pagare, nei tempi contrattuali, i propri fornitori.

La presenza di un management autorevole, capace, nell'ambito degli indirizzi dettati dalla controllante, di contrattare realisticamente gli obiettivi annuali e di medio periodo costituisce un elemento essenziale per poter perdurare nel tempo.

La valutazione dei contratti di servizio e la loro adeguatezza economica sono elementi essenziali che il management aziendale non può devolvere solo alla volontà della controllante.

 

b) Ambiente circostante.

Un corretto programma di valutazione del rischio di crisi aziendale non può prescindere dall’analisi del contesto nel quale la partecipata pubblica opera.

Essa, intesa come soggetto produttivo, origina e  si accresce,  oltre che grazie ai  processi  di interazione degli elementi che compongono la sua struttura, anche grazie alle interrelazioni che  è in grado di instaurare con i soggetti e le organizzazioni con i quali si confronta.

Questo aspetto caratterizza l’impresa come un sistema relazionale, di tipo aperto, interagente con l’ambiente nel quale opera.

L’ambiente esterno costituisce uno degli elementi che influenzano e condizionano la crescita dell'azienda.

Al suo interno si sviluppano eventi e accadimenti, che devono essere convenientemente controllati e analizzati per poter individuare  opportunità da raccogliere e minacce da affrontare e  debellare.

L'attenta e minuziosa osservazione dell’ambiente è indispensabile per attuare, senza errori, la propria  strategia.

L'ambiente viene spesso visto come avente una natura stratificata, nella quale si riconoscono due strati consecutivi dove sono aggregate le forze e gli andamenti che condizionano l’azienda e i suoi risultati.

I due strati sono definiti come “macro ambiente” e “micro ambiente”.

Il macro ambiente o ambiente generale è composto dal complesso delle forze e degli andamenti di carattere generale che influenzano e indirizzano la condotta della società e di tutti i soggetti presenti nell'organismo concorrenziale nel quale essa agisce.

Gli elementi primari del macro ambiente, non sono governabili, in maniera diretta, dalla società.

Il micro ambiente o ambiente competitivo è basato su un complesso di forze, di accadimenti e di soggetti attivi presenti nel campo dove opera la società; tali fattori hanno effetti più diretti sulle scelte strategiche e sui risultati dell'azienda.

I fattori presenti nel micro ambiente condizionano la redditività aziendale e definiscono la validità delle concorrenti.

La disamina dell’ambiente è in grado di individuare la posizione dell’impresa  nelle fasce di mercato nelle quali opera e la loro possibile trasformazione. Consentono, oltre a ciò, di ottenere elementi e informazioni sulla situazione del mercato e di consigliare le mosse adeguate.

 

C) modelli di valutazione.

L’analisi di bilancio.

L’analisi dello stato patrimoniale. L'analisi dello stato patrimoniale per margini.

L’analisi per margini è quella più semplice e di più immediata applicazione.

Tale tipo di analisi può essere effettuata sia sui dati dello stato patrimoniale sia su quelli del conto economico attraverso l’analisi dei risultati intermedi e di quelli parziali.

L'analisi per margini, di facile applicazione, presenta dei limiti poiché è un'analisi statica, riferita a un determinato istante.

I margini (costruiti sullo stato patrimoniale riclassificato secondo il criterio finanziario) di rilevante contributo informativo sono:

1)      il Margine di tesoreria;

2)      il Margine di struttura;

3)      il Margine di disponibilità.

 

 

Il Margine di tesoreria (MT).

MT = (liquidità differite + liquidità immediate) - passività a breve

Il margine di tesoreria è dato dalla differenza fra le attività liquide immediate e differite e le passività a breve.

Il margine di tesoreria dovrebbe essere sempre positivo.

Se il margine è negativo significa che l’impresa si trova in zona di tensione finanziaria a breve termine perché, di fronte ad una richiesta di rimborso immediato di tutti i debiti a breve termine, non avrebbe i mezzi finanziari necessari per farvi fronte.

Esso misura la capacità dell’azienda di estinguere i debiti (entro i 12 mesi), ovvero la capacità di assolvere agli impegni in scadenza tramite la conversione in liquidità di poste a breve quali la i conti correnti bancari e i crediti commerciali esigibili entro 12 mesi.

Un Margine di Tesoreria > 0, indica che le liquidità dell'azienda sono sufficienti ad onorare gli impegni a breve termine

Un Margine di Tesoreria < 0 indica un disequilibrio finanziario di breve periodo dovuto al fatto che i debiti correnti non sono completamente coperti dai mezzi liquidi o immediatamente liquidabili.

 

Il Margine di tesoreria secco (MTS).

MTS = Liquidità immediate – passività a breve

Il margine di tesoreria secco è una variante, più restrittiva, del Margine di Tesoreria, che prende in considerazione esclusivamente le sole attività liquide, senza considerare i crediti.

Questo tipo di margine, in generale, difficilmente potrà essere positivo e, comunque, sarà sempre minore del Margine di Tesoreria.

Serve a indicare l’effettiva solvibilità immediata della società, senza dover contare sulla riscossione dei crediti, in particolare quelli commerciali.

 

Il Margine di struttura (MS).

Patrimonio Netto – Totale immobilizzazioni

Il “margine di struttura” è rappresentato dalla differenza fra il patrimonio netto e l’attivo a medio e lungo termine.

La logica di questo margine risiede nel fatto che una situazione ideale, sul piano del rapporto fra impieghi e fonti, si ha quando l’attivo immobilizzato è “coperto” da fonti durevoli (rappresentate dai mezzi propri non destinati alla distribuzione).

Il margine di struttura indica la capacità dei mezzi propri di coprire il fabbisogno durevole, rappresentato dalle attività a medio e lungo termine.

Se il margine è positivo significa che il capitale proprio copre tutto il fabbisogno durevole.

Se è negativo significa che una parte del fabbisogno è coperto dai debiti.

La negatività del margine è in ogni caso considerata fisiologica se la differenza è coperta da debiti consolidati a medio e lungo termine.

 

Il Margine di disponibilità.

MD = Attività correnti – passività a breve = (CCN+ rimanenze)

Il margine di disponibilità esprime la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni finanziari di breve periodo con mezzi liquidi disponibili ed i prossimi recuperi monetari da impieghi correnti. Esso ha lo stesso significato del capitale circolante netto.

Trova un importante limite nella presenza tra i suoi componenti principali delle rimanenze di magazzino.

Analisi dello stato patrimoniale per indici.

La riclassificazione patrimoniale viene utilizzata anche per l'analisi mediante gli indici, i quali combinano i dati del patrimonio riclassificato tramite particolari quozienti.

L’obiettivo di un’analisi di bilancio per indici è quello di fornire al lettore delle indicazioni (dei campanelli d’allarme) circa lo stato di salute della società, valutando le “performances” delle diverse aree aziendali nello spazio e nel tempo, ovvero confrontandole con valori omogenei appartenenti alla medesima azienda (esercizi precedenti), oppure confrontandole con le medie di settore o con i migliori risultati (best performers o benchmark) di un gruppo omogeneo di aziende (ad esempio aventi lo stesso codice di attività, la stessa classe di fatturato).

 

Indice di disponibilità (current ratio).

         Attivo Corrente

         passivo corrente

L'indice di disponibilità è dato dal rapporto fra l'attivo corrente e passivo corrente.

Affinché ci sia una situazione di equilibrio, la differenza fra l'attivo corrente e il passivo corrente deve essere positiva e di conseguenza il rapporto deve essere maggiore di uno.

Questo rapporto segnala la capacità dell’impresa di ripagare i debiti a breve scadenza con la liquidità già disponibile (denaro in cassa, conti correnti bancari e postali) o con la prossima trasformazione in moneta di impieghi correnti (gli incassi previsti nel breve periodo).

In generale:

        > 1 se l’indice assume valori maggiori di uno vi è una situazione di equilibrio;

        = 1 se invece è uguale o vicino ad uno non vi è squilibrio ma la situazione e` da tenere sotto controllo, in quanto nell’attivo circolante sono comprese anche le rimanenze, che sono impieghi che hanno un ciclo di realizzo più lungo dei crediti;

        < 1 vi è una situazione di disequilibrio; le attività a breve sono in grado di coprire solo parte dei debiti dovuti entro l’anno e l’azienda potrebbe essere costretta a disinvestire una quota del suo attivo di medio-lungo termine per soddisfare i propri debiti di breve periodo.

Per questo motivo si considera una situazione di buona liquidità quando l’indice assume valori superiori ad 1,5.

 

L'Indice di liquidità (Quick ratio).

Disponibilità liquide + Disponibilità differite

                   Passivo corrente

La presenza delle voce rimanenze nel calcolo dell'indice di disponibilità rappresenta un elemento che toglie affidabilità a questo indicatore.

E' per questo motivo che viene calcolato il quoziente di liquidità, che e` dato dal rapporto tra la somma delle disponibilità liquide e delle disponibilità differite e il passivo corrente:

Esso, esprime la capacità di far fronte ai debiti a breve utilizzando le disponibilità a breve, senza considerare le scorte di magazzino.

E’ considerato soddisfacente un indice vicino a uno.

Un valore inferiore segnala problemi di solvibilità nel breve periodo.

Questo rapporto fornisce la capacità dell’azienda di fare fronte agli esborsi finanziari a breve con le sole liquidità disponibili.

In questo caso, un indice maggiore di uno è segno di una buona liquidità aziendale, mentre, un valore inferiore ad uno segnala uno squilibrio, tanto più grave quanto più l’indicatore si allontana da uno.

Anche qui esiste un “indicatore-differenza” ricollegabile, che e` il margine di tesoreria: differenza tra l’attivo circolante al netto delle rimanenze e il passivo corrente.

I valori di questo indice rientrano nella norma in quanto comprende i valori delle disponibilità differite che, purtroppo ricomprendono valori di crediti pagati con notevole ritardo.

Se fossero disponibili i dati riguardanti le scadenze dei crediti e dei debiti a breve, sarebbe possibile calcolare un indice più preciso che confronta le liquidità immediate ed i debiti di prossima scadenza (entro un mese).

 

 

L'analisi del conto economico.

La gestione, considerata come un fenomeno unitario nel tempo e nello spazio, è costituita da operazioni di varia natura.

Si possono individuare, al suo interno, diverse aree di gestione ognuna delle quali raccoglie determinate operazioni di natura simile.

Ne deriva che è possibile distinguere e raggruppare i diversi costi e ricavi in relazione alla natura delle operazioni di gestione dalle quali derivano.

Si tratta di individuare ed attribuire alle diverse aree della gestione i componenti positivi e negativi di reddito di loro pertinenza.

Questa operazione viene fatta utilizzando una struttura del conto economico in forma scalare, nella quale, una volta individuate le diverse aree di gestione, è possibile raggruppare i costi e i ricavi di ogni singola area, determinando il relativo reddito.

La forma scalare del conto economico permette di rilevare in che misura le diverse aree della gestione concorrono alla determinazione del reddito d'impresa.

Il complessivo reddito di periodo può così essere suddiviso in tanti redditi d'area quante sono le aree di gestione.

La somma algebrica dei redditi d'area, ordinati nel prospetto del conto economico, darà origine al reddito netto dell’esercizio.

Definita la forma del conto economico per le analisi di gestione, il problema cruciale è, dunque, quello di individuare le aree di gestione, alle quali fare riferimento nella costruzione del conto economico, e definirne il contenuto.

 

 

La riclassificazione del conto economico.

Le forme funzionali del conto economico all’analisi di bilancio sono due:

        il conto economico a costi e ricavi del venduto,

        il conto economico a valore aggiunto.

Entrambe queste strutture scompongono il reddito di esercizio in cinque componenti intermedi, ognuno dei quali rappresenta un settore della gestione aziendale:

        risultato della gestione operativa (o caratteristica o tipica),

        risultato della gestione finanziaria,

        risultato della gestione patrimoniale (o atipica),

        risultato della gestione straordinaria,

        risultato della gestione fiscale.

Le differenze principali sono date dalla diversa classificazione dei costi e dalla diversa analisi fatta della formazione del reddito operativo.

Il conto economico a valore aggiunto classifica i componenti di reddito per natura e differenzia tra i costi sostenuti per i fattori esterni consumati (acquistati all’esterno) dall’azienda e i costi per fattori interni (facenti parte della struttura aziendale come i beni strumentali e il personale).

Il conto economico a costi e ricavi del venduto classifica i componenti di reddito per destinazione e conseguentemente evidenzia una suddivisione del reddito operativo per aree funzionali di provenienza. Questo ultimo schema è solitamente utilizzato dalle imprese di trasformazione industriale, mentre ha minor valore di analisi nei casi di imprese di servizi o commerciali.

 

Il conto economico a valore aggiunto.

E’ il tipico schema di riclassificazione utilizzato quando si dispone esclusivamente dei dati del bilancio civilistico.

Del bilancio mantiene la struttura scalare che, partendo dai ricavi giunge alla determinazione del risultato d’esercizio passando attraverso risultati reddituali intermedi.

Tale struttura del conto economico indica il risultato che deriva dalla reale attività caratteristica dell’azienda, senza le variazioni dipendenti da fattori esterni o di gestione aziendale.

Esso prende in considerazione sia l’attività produttiva svolta dalla società nei confronti di terzi, sia quella rivolta all’interno: al magazzino, ai lavori in corso, all’incremento di immobilizzazioni.

Il primo risultato è dato dal “Valore Aggiunto” al lordo dei costi del personale e può essere considerato un primo indicatore di risultato operativo.

Esso indica l’ammontare di ricavi residui a disposizione della società per remunerare i fattori produttivi interni.

Questo valore se rapportato al fatturato indica la capacità dell’azienda di autofinanziarsi tramite la produzione di liquidità derivante dall’attività operativa.

Il valore aggiunto è un indicatore di fondamentale importanza. Esso esprime la capacità della società di creare, con i propri processi produttivi, nuova e maggiore ricchezza rispetto ai fattori produttivi acquistati da terzi e consumati.

Sottraendo dal “Valore aggiunto” il costo del personale si ottiene il Margine operativo Lordo (MOL).

Il MOL al netto di ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti, genera un risultato che esprime la redditività che la società è in grado di conseguire esclusivamente tramite l’attività caratteristica, senza considerare gli effetti della gestione finanziaria, straordinaria e fiscale.

E’ un indicatore che sintetizza le reali potenzialità dell’attività svolta dall’azienda.

Il margine operativo lordo esprime il valore del reddito operativo al lordo degli ammortamenti e degli accantonamenti.

Esso, in determinate situazioni può essere il miglior indicatore, rispetto al margine operativo netto (MON), dell’economicità operativa dell’impresa per le comparazioni nello spazio e nel tempo.

Infatti, il MOL non è influenzato dalle politiche di bilancio realizzate attraverso la manovra degli ammortamenti e degli accantonamenti, politiche che cambiano nella stessa impresa nel corso degli anni e vengono impostate in modo diverso in imprese diverse.

Confrontato con il Reddito Operativo al netto degli Altri ricavi e proventi e degli Oneri diversi di gestione, permette di comprende immediatamente se l’attività dell’impresa è in grado di remunerare attraverso la gestione finanziaria il capitale preso in prestito da terzi e parimenti apprezzare il peso della componente finanziaria sulla realizzazione dell’oggetto sociale.

Se al reddito operativo si sommano algebricamente gli altri costi e ricavi d'esercizio, il risultato patrimoniale, quello finanziario e quello fiscale si ottiene il reddito d'esercizio.

 

L’analisi dell’equilibrio economico aziendale - Gli indicatori di redditività.

L’analisi della situazione economica di un’impresa è volta ad accertare la sua capacità di remunerare, in misura congrua, il capitale proprio impiegato nei processi produttivi, ossia il capitale ad essa vincolato a titolo di pieno rischio.

L'analisi della redditività permette al soggetto giuridico (proprietario dell'azienda) di controllare l'andamento delle risorse investite nell'attività economica.

Siffatta diagnosi si sviluppa secondo una logica che va dal generale al particolare poiché dall'identificazione di specifici segni gestionali si procede a individuarne le cause.

E' interessante considerare il conto economico riclassificato:

        utilizzando la riclassificazione a ricavi e costi del venduto si metteranno in rapporto i valori con i ricavi netti di vendita;

        con la configurazione a valore aggiunto si metteranno in rapporto le varie voci con il valore della produzione.

Da questi si otterranno informazioni sul contributo dei ricavi accessori alla formazione dei ricavi complessivi, l’incidenza degli aggregati di costo sul fatturato e si individueranno dei primi indicatori di redditività percentuali dati dal rapporto dei risultati intermedi e dai margini delle varie aree con il fatturato o il valore della produzione.

Confrontando i dati di diversi esercizi si avrà poi la possibilità di osservare come variano nel tempo le incidenze degli aggregati di costo al variare della produzione.

 

Il ROE (return on equity).

Reddito d'esercizio

Capitale proprio

 

Tale indice segnala la capacità dell’impresa di remunerare adeguatamente, attraverso il reddito di esercizio, il capitale di rischio investito nell’impresa.

Questo indice si calcola mettendo in rapporto il reddito netto d’esercizio con il capitale proprio investito nell’azienda (dato dalla semisomma fra il capitale iniziale e quello finale):

Il ROE, pur essendo un indicatore di sintesi, fornisce un dato essenziale in quanto, consente di determinare la convenienza che si ha nell’investire nell’azienda (il rendimento economico del capitale proprio).

L'indice viene confrontato con il rendimento che si otterrebbe da investimenti a basso rischio (come titoli di Stato, depositi bancari ed investimenti similari).

Perché vi sia convenienza il ROE deve essere decisamente maggiore del rendimento alternativo, in quanto deve compensare anche il rischio di impresa.

Non è possibile stabilire in via generale una misura tale per cui si possa ragionevolmente affermare che il titolare del capitale proprio ha raggiunto la propria soddisfazione economica.

Il concetto, quindi, non può che avere un significato relativo.

L'equità, invero, viene a dipendere da giudizi di natura soggettiva a loro volta condizionati dalle particolari circostanze spazio-temporali nell'ambito delle quali la valutazione delle condizioni di equilibrio aziendale viene effettuata.

 

Il ROI (return on investment).

Reddito operativo

Capitale investito

 

Il secondo indice, costruito al fine di evidenziare il rendimento che l’azienda ottiene attraverso lo svolgimento dell'attività tipica, dal totale dei capitali investiti nell’azienda, è il ROI .

Questo indice si calcola mettendo in relazione il reddito operativo con il totale dei capitali investiti.

Esso sintetizza il rendimento della gestione tipica dell'azienda, in base a tutto il capitale in essa investito a inizio e a fine anno (capitale proprio + capitale di terzi), al lordo degli oneri finanziari e degli oneri fiscali.

Esso, considerando il solo risultato operativo, è indipendente dai risultati della gestione non caratteristica e straordinaria.

In definitiva il ROI prescinde completamente da ogni considerazione di natura finanziaria e fiscale.

Esprime pertanto il rendimento dell'investimento effettuato nell'attività tipica dell'azienda ed esso dovrà successivamente essere suddiviso in tre componenti:

a) la remunerazione dei finanziamenti dei terzi;

b) l'incidenza fiscale;

c) l'utile degli azionisti o soci.

L'impresa potrà confrontare il proprio indice ROI con quello dei concorrenti allo scopo di comprendere meglio le risultanze del proprio rendimento dell'investimento nella gestione caratteristica rispetto a quello degli altri operatori.

Nell'ipotesi in cui esso risulti notevolmente inferiore alla media del settore, l'impresa stessa dovrà approfondire e cercare i motivi per cui essa risulti in stato di scarsa produttività.

Il ROI, come si è visto, dipende dalla dimensione delle componenti reddituali positive e negative (ricavi e costi) afferenti all'attività tipica aziendale e dal valore degli impieghi caratteristici.

Per tale ragione, si può ragionevolmente affermare che la redditività del capitale investito è condizionata in prevalenza dalle politiche industriali seguite dall'azienda (condizionata a sua volta dagli indirizzi operativi attribuiti dall'ente controllante).

Il vantaggio del ROI risiede nell’immediatezza dell’informazione che genera: se il valore del rapporto è positivo, gli investimenti iscritti in bilancio hanno generato un ritorno positivo.

L’indicatore consente di valutare la capacità dell’azienda di remunerare il capitale acquisito, sia sotto forma di capitale proprio che di capitale di credito, facendo leva sulla sola attività caratteristica dell’impresa.

I limiti informativi del ROI, tuttavia, risiedono nel fatto che il suo valore è influenzato da alcune importanti variabili relative alle scelte operate dal redattore del bilancio, quali quelle relative ai criteri di valutazione del magazzino, all’entità degli ammortamenti o accantonamenti stanziati nell’esercizio, alla decisione di capitalizzare determinati costi.

Obiettivo di ogni organismo economico è sempre quello di migliorare il proprio ROI.

Si rende necessario analizzare la struttura del ROI nelle sue componenti.

L'analisi della struttura del ROI può dare utili indicazioni sulle possibilità di raggiungere questo risultato.

La misura e la variabilità del ROI dipendono da due quozienti, nel quale lo stesso può essere scomposto,:

a)      l'indice di redditività delle vendite (ROS) dato dal rapporto tra reddito operativo e ricavi netti di vendita ed esprime la relazione tra i prezzi di vendita e i costi operativi. Indica il grado di remunerazione delle vendite, vale a dire il rendimento percentuale delle alienazioni effettuate nel periodo amministrativo. Esso segnala l'entità dell'utile operativo dopo la copertura dei costi della gestione caratteristica.

b)      l'indice di rotazione del capitale investito dato dal rapporto tra i ricavi netti di vendita e il capitale investito. Esso segnala quante volte il capitale investito ritorna in forma liquida per effetto dei ricavi di vendita.

La formula del ROI seguente:

ROI = reddito operativo

        capitale investito

 

Può essere così scissa:

RO   =  RO    X  V     

CI          V         CI

ottenendo due nuovi indici: l’indice redditività delle vendite e l’indice rotazione capitale investito.

 

 

L'indice di redditività delle vendite (ROS)

Reddito operativo

      vendite

L'indice di redditività delle vendite (ROS), dato dal rapporto tra reddito operativo e ricavi netti di vendita, esprime la relazione tra i prezzi di vendita e i costi operativi.

Indica il grado di remunerazione delle vendite, vale a dire il rendimento percentuale delle alienazioni effettuate nel periodo amministrativo.

L'indice  segnala la capacità dei ricavi caratteristici di coprire i costi della gestione caratteristica, oltre che i costi finanziari, i costi straordinari e la remunerazione del capitale proprio.

 

L'Indice di rotazione del capitale investito

                         Vendite________  

capitale investito caratteristico

 

L’indice di rotazione del capitale investito è ottenuto rapportando le vendite nette al capitale investito caratteristico.

Esprime la capacità del capitale investito di generare ricavi ed è, perciò, indicativo dell'intensità di vendita.

Esso misura la velocità di rigiro del capitale investito nella produzione caratteristica ossia quante volte gli impieghi ritornano in forma monetaria attraverso la commercializzazione dei prodotti.

Essendo tale indice legato alla possibilità di incrementare i servizi a parità di costi non sembra che il suo miglioramento sia percorribile a meno che l'Ente non decida di affidare nuovi servizi e rimodulare al ribasso il costo di quelli esistenti.

Sulla base dell'analisi degli indici di redditività è opportuno che l'azienda incida in misura sostanziale sui propri costi operativi in misura tale da riportare la redditività aziendale ai livelli medi di settore.

 

L’Indice di rotazione dei crediti commerciali.

                            Vendite                         

valore medio dei crediti commerciali

 

Poiché si confronta una grandezza flusso posta al numeratore con una grandezza fondo (o stock) posta al denominatore, quest'ultima viene calcolata come media tra il suo valore di inizio e di fine periodo [(vmccI + vmccF)/2].

Il denominatore è tanto più attendibile quanto più frequente è il monitoraggio, nel corso dell’esercizio, dei crediti commerciali.

Il numeratore è dato dalle vendite nette del periodo considerato mentre il denominatore è dato dalla somma di tutti i crediti commerciali.

Questo quoziente indica quante volte, nell'arco del periodo preso in considerazione, si sono mediamente rinnovati i crediti derivanti dall'ordinaria attività commerciale.

Se consideriamo che i crediti rappresentano una delle diverse forme di impiego del capitale a disposizione dell'azienda, allora l'indice in questione ci informa quante volte nel periodo considerato il capitale investito in crediti commerciali si rinnova.

Trattandosi di rapporti (costituiti da un numeratore ed un denominatore) possono verificarsi le seguenti situazioni:

Il quoziente migliora se:

a) la variazione positiva del numeratore è maggiore della variazione positiva del denominatore;

b) la variazione negativa del numeratore è inferiore alla variazione negativa del denominatore;

Il quoziente peggiora se:

a) la variazione positiva del numeratore è inferiore alla variazione positiva del denominatore;

b) la variazione negativa del numeratore è maggiore della variazione negativa del denominatore

Se il valore dell'indice è in calo significa che, ad esempio, a parità di vendite aumentano i crediti. Quindi, a parità di vendite, aumenta il capitale investito in crediti.

Nella valutazione dell'indice bisogna verificare se la sua variazione positiva o negativa è da attribuire alla variabile del numeratore o del denominatore. Inoltre, qualora la variazione sia consistente, accertarne la natura e la causa.

Esso è, invece, un ottimo indicatore del rallentamento o dell’accelerazione nei tempi di incasso dei crediti.

Tale indice permette di determinare come le pratiche commerciali adottate dalle società siano in grado di migliorare le performance aziendali.

Nel caso della società in house (la quale non ha alcun potere contrattuale nei confronti della controllante), l'indice di rotazione dei crediti commerciali ci permette di determinare in che modo la celerità dei pagamenti effettuati dall’ente controllante influenza la redditività aziendale.

 

L'indice di rotazione dei debiti commerciali.

Questo indice viene calcolato utilizzando la formula seguente:

                              acquisti                    

valore medio dei debiti commerciali

 

Poiché anche questo indice confronta una grandezza flusso con una grandezza “fondo”, vale quanto detto per gli altri indici di rotazione: la grandezza “fondo” viene calcolata come media tra il suo valore di inizio e di fine periodo.

Il denominatore è tanto più attendibile quanto più frequente è il monitoraggio del valore dei debiti commerciali.

La media dei valori mensili, infatti, è senz'altro più attendibile rispetto alla media dei soli valori di inizio e di fine periodo.

Nel numeratore rientrano tutti gli acquisti presenti nel conto economico che hanno come contropartita patrimoniale la movimentazione del conto fornitori.

I problemi applicativi di questo indice sono gli stessi incontrati per l'indice di rotazione dei crediti commerciali.

Questo quoziente indica quante volte, nell'arco del periodo preso in considerazione, si sono mediamente rinnovati i debiti derivanti dall'ordinaria attività commerciale.

Se consideriamo che i debiti commerciali rappresentano una delle fonti di capitali alle quali la società può attingere le risorse necessarie alla gestione, l'indice in questione segnala se la capacità dell’azienda di attingere fonti di finanziamento presso fornitori è in aumento o in diminuzione.

Se il valore dell'indice aumenta, significa che, a parità di acquisti, diminuisce il debito verso i fornitori: è dunque in atto un rallentamento nella fase di approvvigionamento di capitale verso fornitori, evidenziando un aspetto negativo.

Se invece il valore dell’indice diminuisce è da considerarsi una situazione positiva.

Il quoziente in oggetto fornisce all'analista un numero, che esprime quante volte nel periodo considerato le fonti di capitale, sotto forma di dilazioni di credito ottenute, si rinnovano.

 

L'analisi per flussi e il rendiconto finanziario.

L'analisi per flussi.

Un flusso è la variazione in aumento o in diminuzione intervenuta in un fondo di valori (o stock) in un determinato periodo di tempo.

I flussi economici corrispondono alle variazioni originate dalla gestione reddituale (costi e ricavi di competenza).

I flussi finanziari, invece, corrispondono alle variazioni della liquidità, dei debiti e dei crediti.

I flussi finanziari non sempre coincidono con i flussi economici, infatti, il reddito scaturente dalla differenza tra i ricavi e i costi di competenza dell’esercizio è un valore astratto che non si traduce integralmente in un flusso di risorse finanziarie.

Nell’analisi di bilancio, le condizioni di liquidità di un’impresa vengono valutate impiegando i margini e gli indici.

Gli indici di liquidità ed i margini si concentrano su determinate risorse finanziarie che l’impresa è chiamata a governare.

Tali risorse sono individuate come grandezze in un determinato istante, che risultano dall’interazione, nel tempo, di una serie di flussi finanziari conseguenti alle diverse operazioni di gestione.

Nulla dicono sulla natura e consistenza dei flussi.

Da qui la necessità di ricostruire i movimenti che hanno determinato variazioni delle quantità-livello finanziarie, in due momenti successivi.

Si tratta, in sostanza, di individuare a causa di quali operazioni di gestione la consistenza di una determinato insieme di risorse finanziarie a disposizione dell’impresa è variato nel tempo.

L’analisi dei flussi finanziari ha la finalità di evidenziare e interpretare le variazioni intervenute nella situazione patrimoniale e finanziaria di un’azienda, ponendo a confronto i valori assunti dalla Liquidità in due momenti diversi.

Le fonti e gli impieghi rappresentano i flussi finanziari e monetari che si sviluppano in un determinato periodo per effetto della gestione:

        le fonti rappresentano le risorse apportate o generate dalla gestione;

        gli impieghi rappresentano le risorse assorbite dalla gestione o cedute.

Se le fonti sono > degli impieghi la risorsa di riferimento aumenta.

Se le fonti sono < degli impieghi la risorsa di riferimento diminuisce.

Il rendiconto finanziario costituisce il principale prospetto di natura contabile in grado di evidenziare la dinamica finanziaria dell’azienda.

Esso è disciplinato dall'articolo 2425-ter del codice civile.

Lo stato patrimoniale, come noto, è in grado di fornire solo grandezze “fondo” (o Stock) riferite ad un dato istante.

Il conto economico, viceversa, esprime delle grandezze “flusso”, ma riferite alla dinamica economica.

Le grandezze “fondo” risultano dall’interazione, nel tempo, di una serie di flussi e deflussi finanziari, ossia di variazioni aumentative e diminutive, conseguenti alle molteplici operazioni di gestione poste in essere nell’azienda.

Nulla dicono, invece, sulla natura e consistenza di questi flussi.

Sorge la necessità, ai fini di un più approfondito esame delle condizioni di solvibilità dell’impresa, di ricostruire, secondo la logica dei “flussi finanziari”, i movimenti che hanno determinato variazioni delle quantità-livello finanziarie durante l'esercizio.

Nella sostanza, si tratta di individuare a causa di quali operazioni di gestione la consistenza di una determinata massa di risorse finanziarie è variata nel tempo.

L’analisi per flussi cerca di mettere in evidenza quali operazioni di gestione hanno comportato, in un certo intervallo di tempo:

• riduzioni della risorsa finanziaria. Tali operazioni si configurano come impieghi della risorsa. Esse, quindi, sono all’origine dei fabbisogni finanziari;

• incrementi della risorsa finanziaria. Tali operazioni si configurano come fonti della risorsa, quindi come forme di copertura di quei fabbisogni.

 

Il rendiconto finanziario può essere utilmente adoperato, all’interno dell’azienda, per determinare in modo continuativo:

        l’andamento finanziario complessivo,

        le aree gestionali che producono liquidità e quelle che la assorbono,

        il fabbisogno finanziario “ricorrente”,

        le correlazioni tra diverse classi di flussi finanziari,

        i periodi di punta e di stasi.

 

Nel mese di agosto del 2014 è stato pubblicato, da parte dell'Organismo Italiano di Contabilità, il nuovo principio contabile n° 10 che detta le disposizioni in tema di rendiconto finanziario.

Il nuovo principio raccomanda la redazione del rendiconto finanziario per tutte le tipologie societarie.

Le indicazioni contenute nel nuovo OIC n° 10 sostituiscono quelle previste nell’OIC n° 12 “Composizione e schemi del bilancio d’esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi”.

Le variazioni apportate hanno determinato un riordino generale della tematica e un miglior coordinamento con le disposizioni degli altri principi contabili nazionali OIC.

 

Il rendiconto dei flussi di cassa.

Il rendiconto finanziario dei flussi di cassa ha come obiettivo  di evidenziare l'incremento o il decremento delle disponibilità finanziarie per effetto della gestione.

Esso permette di comprendere la natura e l'origine delle variazioni di periodo che modificano, per effetto della gestione, il valore degli investimenti (attivo) e delle fonti di finanziamento (passivo), trasformando lo stato patrimoniale iniziale nello stato patrimoniale finale.

L'analisi dei flussi permette di rappresentare e studiare la dinamica monetaria e finanziaria dell'impresa, ovvero la dinamica degli scambi effettuati dall'impresa con terze economie, osservati dal punto di vista degli strumenti utilizzati per il loro regolamento.

 

Esso è costituito da tre aree distinte:

a)      gestione reddituale, dove vengono esposte le variazioni subite dalla situazione finanziaria per effetto della gestione (flusso finanziario della gestione reddituale), a sua volta riclassificato in quattro sub-aree;

b)      attività di investimento, dove vengono registrati i flussi derivanti da operazioni di investimento o disinvestimento;

c)       attività di finanziamento, dove vengono registrati i flussi derivanti dalle operazioni di finanziamento esterno o restituzione di debiti da finanziamento, e dalle operazioni di autofinanziamento o  di distribuzione degli utili aziendali.

Le categorie di flussi finanziari sono iscritte nel rendiconto finanziario nella sequenza di cui sopra.

Il flusso finanziario della gestione reddituale può essere determinato o con il metodo indiretto rettificando l’utile o la perdita d’esercizio riportato nel conto economico o con il metodo diretto evidenziando i singoli flussi finanziari.

La somma algebrica dei flussi finanziari delle tre aree sopraindicate rappresenta la variazione netta, cioè l'incremento o il decremento delle disponibilità liquide avvenuta nel durante l’esercizio.

Il rendiconto finanziario assume la forma scalare evidenziando, in tal modo, i risultati intermedi relativi a ogni singola area.

Il rendiconto finanziario individua, immediatamente, la variazione delle disponibilità liquide ed equivalenti intervenuta nel periodo.

Tale variazione potrebbe essere:

        positiva: le entrate monetarie sono state superiori alle uscite monetarie (incremento delle disponibilità liquide ed equivalenti);

        negativa: le entrate monetarie sono state inferiori alle uscite monetarie (decremento delle disponibilità liquide ed equivalenti);

        invariata: le entrate e le uscite monetarie hanno pareggiato, non generando così variazioni nelle disponibilità liquide ed equivalenti.

L’analisi del rendiconto non si deve limitare al risultato finale, ma deve confrontare i risultati delle diverse attività di seguito descritte.

I flussi finanziari della gestione reddituale comprendono generalmente i flussi che derivano dall’acquisizione, produzione e distribuzione di beni e dalla fornitura di servizi e gli altri flussi non ricompresi nell’attività di investimento e di finanziamento.

La gestione reddituale è composta da operazioni che si concretizzano in ricavi e in costi necessari per produrre tali ricavi.

Le operazioni della gestione reddituale sono registrate nel conto economico e rappresentano anche le fonti di finanziamento dell’impresa, in particolare quelle dell’autofinanziamento. Da tali operazioni si genera la liquidità necessaria per finanziare la gestione futura.

L'autofinanziamento, inteso come utile più ammortamenti e accantonamenti, è un flusso di cassa potenziale definito nel conto economico (cash flow).

Esso rappresenta il contributo della gestione alla creazione (assorbimento) di mezzi finanziari, ma non necessariamente alla creazione (assorbimento) di liquidità.

Il cash flow è un concetto di autofinanziamento complessivo dell’intera gestione (caratteristica - extracaratteristica - finanziaria – fiscale).

Un secondo, importante concetto di autofinanziamento e’ quello di autofinanziamento della gestione operativa, anche esso è definito nel conto economico (mol).

L’autofinanziamento (cash flow o mol) non e’ un flusso effettivo di liquidità, ma solo un flusso potenziale perché:

una parte delle risorse create può venire riassorbita dall’aumento delle scorte e dei crediti e/o dalla riduzione dei debiti di gestione,

una parte delle risorse può essere generata dalla riduzione di crediti e scorte, o dall’aumento dei debiti di gestione

operativa, normalmente, dovrebbe essere sufficiente a:

        mantenere inalterata, oppure ad ampliare la capacità operativa dell’impresa, effettuando nuovi investimenti (attività di investimento);

        rimborsare i prestiti e pagare i dividendi (attività di finanziamento).

 

Il flusso di cassa generato dall’attività di investimento, comprende tutte le operazioni legate all’acquisizione e alla cessione di attività a lungo termine e di altri investimenti, non rientranti nella nozione di liquidità.

L’ammontare e la composizione di tale flusso è formato da risorse finanziarie utilizzate per acquisire elementi del patrimonio destinati a produrre negli esercizi successivi dei ricavi e quindi dei flussi finanziari.

I flussi finanziari derivanti dall’acquisto di immobilizzazioni sono distintamente presentati nell’attività di investimento, per l’uscita effettivamente sostenuta nell’esercizio, pari al complessivo prezzo di acquisto rettificato dalla variazione dei debiti verso fornitori di immobilizzazioni. Ciò al fine di evidenziare in modo unitario le risorse finanziarie assorbite dall’operazione di acquisto.

I flussi finanziari derivanti dalla vendita di immobilizzazioni sono distintamente presentati nell’attività di investimento, per l’entrata effettivamente incassata nell’esercizio pari al cosiddetto prezzo di realizzo (cioè il valore netto contabile aumentato della plusvalenza o ridotto dalla minusvalenza) rettificato dalla variazione dei crediti verso clienti per immobilizzazioni; ciò al fine di evidenziare in modo unitario la fonte di risorse finanziarie generate dall’operazione di vendita.

Nel rendiconto devono essere presentati distintamente i principali incassi o pagamenti derivanti dall’attività di investimento, distinguendoli a seconda delle diverse classi di immobilizzazioni (immateriali, materiali e finanziarie).

Il flusso di cassa generato dall’attività di finanziamento, comprende tutte le operazioni legate all’acquisizione ed al successivo rimborso di risorse finanziarie, siano esse acquisite con il capitale proprio o con il capitale di terzi.

Nel rendiconto devono essere presentati distintamente le principali categorie di incassi o pagamenti derivanti dall’attività di finanziamento, distinguendo i flussi finanziari derivanti dal capitale di rischio e dal capitale di debito.

 

d) L'utilizzo degli indicatori di rischio di crisi aziendale elaborati dalla commissione dei dottori commercialisti.

Il modello elaborato sulla base del criterio di revisione n° 570 concernente il principio della continuità aziendale prende in considerazione sedici parametri, suddivisi nelle tre tipiche categorie.

La valutazione del rischio d'impresa secondo gli indicatori elaborati dai commercialisti deve essere,  necessariamente di natura  prospettica.

Accanto a ogni tipologia di rischio è opportuno considerare la sua probabilità di realizzazione.

La probabilità di verificarsi del rischio aziendale viene classificata in:

(a)     impossibile;

(b)     improbabile;

(c)     poco probabile;

(d)     probabile;

(e)     certa.

Si tratta di una scala che partendo dalla possibilità più remota si spinge sino alla certezza del verificarsi dell'evento.

I risultati di questa classificazione debbono essere ponderati dalla classe dirigente aziendale, esprimendo un giudizio di merito dettato non solo dalla gradazione della probabilità del verificarsi del rischio di crisi aziendale, ma anche dall'importanza che ognuno di essi riveste all'interno dell'azienda.

Nelle aziende pubbliche è chiaro che la mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi (nel quale non necessariamente tale obiettivo è quello primario) assume una valenza inferiore rispetto al rischio di consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività che generano cash flow.

Allo stesso modo l'indicazione della cessazione del sostegno finanziario da parte dei finanziatori e di altri creditori (in presenza del finanziamento aziendale tramite i contratti di servizio) assume un significato diverso rispetto alle modifiche legislative o politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa.

Di seguito una elaborazione tramite una tabella, della possibilità di rischio aziendale sulla base dei criteri individuati dalla Commissione paritetica dei commercialisti.

 

 

Descrizione del rischio

Periodo di riferimento

 

 

probabilità

situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo;

impossibile

improbabile

Poco probabile

probabile

certo

prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di rinnovo o di rimborso; oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine;

 

 

 

 

 

indicazioni di cessazione del sostegno finanziario da parte dei finanziatori e altri creditori;

 

 

 

 

 

bilanci storici o prospettici che mostrano cash flow negativi;

 

 

 

 

 

principali indici economico-finanziari negativi

 

 

 

 

 

consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività che generano cash flow;

 

 

 

 

 

mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi

 

 

 

 

 

incapacità di saldare i debiti alla scadenza;

 

 

 

 

 

incapacità nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti;

 

 

 

 

 

cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori dalla condizione “a credito” alla condizione “pagamento alla consegna”;

 

 

 

 

 

incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti ovvero per altri investimenti necessari.

 

 

 

 

 

perdita di amministratori o di dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli;

 

 

 

 

 

perdita di mercati fondamentali, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti

 

 

 

 

 

difficoltà nell’organico del personale o difficoltà nel mantenere il normale flusso di approvvigionamento da importanti fornitori

 

 

 

 

 

capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conformità ad altre norme di legge;

 

 

 

 

 

contenziosi legali e fiscali che, in caso di soccombenza, potrebbero comportare obblighi di risarcimento che l’impresa non è in grado di rispettare;

 

 

 

 

 

modifiche legislative o politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa

 

 

 

 

 

 

 

Programma di valutazione del rischio di crisi aziendale.

(Ex articolo 6 del d.lgs. 175/2016)

Premessa

Il d.lgs. n° 175/2016, recante il “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” ,attua la delega per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche contenuta nella legge n° 124/2015.

L'articolo 6 prevede che le società soggette al controllo pubblico adottino, con deliberazione assembleare, su proposta dell’organo di vertice societario, uno specifico programma di valutazione del rischio di crisi aziendale.

Questa disposizione è collegata con quella prevista nell’articolo 14 del medesimo decreto legislativo 175/2016, il quale prevede che, qualora affiorino nel programma di valutazione del rischio di crisi aziendale, uno o molteplici indicatori di una potenziale crisi aziendale, l’organo di vertice della società a controllo pubblico deve adottare, senza nessun indugio, i provvedimenti che si rendono necessari per arrestare l’aggravamento della crisi, per circoscriverne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento.

Il presente documento è stato predisposto in ottemperanza alle disposizioni normative sopraccitate.

La società

La Proservice s.p.a. è stata creata a seguito dell'approvazione della delibera della Giunta provinciale n° 831 del 12 novembre 1998, avente come oggetto: “la costituzione di una società mista per azioni a prevalente capitale della Provincia di Cagliari per la gestione dei servizi di manutenzione e pulizia degli edifici provinciali”.

Il socio minoritario all'epoca era stato individuato nella società della Regione Sardegna “IN.SAR” s.p.a..

Il 29 dicembre del 2000 la Giunta provinciale di Cagliari, con la delibera n° 686, affidava alla Società Proservice s.p.a. il servizio quinquennale per la manutenzione ordinaria dei plessi scolastici di proprietà dell’Amministrazione.

Il servizio è stato avviato nel mese di febbraio del 2004 con l’assunzione di 35 unità lavorative.

Nel marzo del 2006 l’Amministrazione provinciale di Cagliari ha provveduto a rilevare l’intero pacchetto azionario, diventando, di conseguenza, socio unico.

Nello statuto, a seguito delle modiche apportate nel corso del mese di dicembre del corrente anno, è stato previsto che più Enti Pubblici Locali possano possedere il capitale sociale.

La società è gestita dall'anno 2012 da un Amministratore Unico.

La gestione aziendale è posta in capo a un Direttore.

Il nuovo statuto, adeguato alle innovazioni legislative intervenute in materia di società a totale partecipazione pubblica, all’articolo 4 stabilisce che la società ha per oggetto esclusivo, su affidamento diretto degli enti controllanti, di espletare con il sistema dell'house providing, in generale, la gestione di servizi a rilevanza economica e non, relativi ad attività tecniche, manutentive, ambientali e turistiche strettamente necessarie per perseguire le proprie finalità istituzionali.

La Proservice SpA gestisce, attualmente, i seguenti servizi:

· Manutenzione ordinaria del patrimonio Edile e Impiantistico;

· Manutenzione Parco di Monte Claro e del verde pertinenziale degli istituti scolastici provinciali;

· Manutenzione Ordinaria delle strade Provinciali e annesse pertinenze;

· Servizio di disinfestazione dagli insetti nocivi;

· Servizio accoglienza e front-office presso gli stabili di proprietà e competenza della Provincia di Cagliari.

Il personale presente nella società, al 31 dicembre del corrente anno 2016, è pari a 155 unità.

Nel corso degli anni si sono sviluppate le seguenti dinamiche:

· aumento del numero dei contratti di servizio;

· riduzione del personale (da 188 unità dell'anno 2010, alle 155 unità odierne)

· riduzione del fatturato (rectius del valore dei contratti di servizio a parità di prestazioni) da euro 6.492.203 del 2013 a 5.953.241 del 2015)

· aumento della produttività aziendale in termini fisici e non monetari.

I principi fondamentali su cui si ispira la società sono i seguenti:

Eguaglianza e imparzialità di trattamento: la Proservice s.p.a. ispira il proprio operato ai principi di eguaglianza dei diritti di tutti e di ciascuno dei propri utenti, senza alcuna discriminazione degli stessi.

Partecipazione: la Proservice s.p.a. si impegna a fornire qualsiasi informazione all’utente, a prendere in considerazione proposte, suggerimenti, e inoltrare reclami. Nei rapporti diretti con l’utente, la Proservice s.p.a. garantisce l’identificabilità del proprio personale e del responsabile della struttura interessata.

Cortesia: la Proservice s.p.a. si impegna a improntare alla massima cortesia e trasparenza tutti i propri rapporti con l’utente e con la comunità servita.

Continuità: la Proservice s.p.a. si impegna a garantire un servizio continuo e regolare, al fine di ridurre al minimo la durata di eventuali disservizi. In questi casi la Proservice S.p.A. provvederà a darne tempestiva comunicazione agli utenti interessati tramite gli organi di informazione.

Efficacia ed efficienza: la Proservice s.p.a. si pone l’obiettivo del continuo miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del servizio erogato, e adotta a tale scopo tutte le necessarie ed adeguate soluzioni tecnologiche e organizzative.

La Proservice s.p.a. imposta le proprie scelte strategiche su tre punti fondamentali: l’utente, il lavoratore e l’ambiente.

La Mission della Proservice s.p.a. è, quindi, distinguersi in un mercato estremamente complesso come quello dei servizi all’utente e alle scuole, perseguendo i seguenti obbiettivi:

- l’efficienza nel soddisfare i propri utenti,

- la cura e la responsabilità nel proteggere i propri lavoratori,

- il perseguimento di una sempre maggiore compatibilità ambientale.

La Proservice s.p.a. ha implementato e applica quale reale strumento di governo un sistema integrato di gestione aziendale conforme alle norme ISO 9001, e si impegna a raggiungere i seguenti obiettivi generali:

1. rispettare pienamente le prescrizioni legali e gli adempimenti vigenti in campo nazionale ed internazionale applicabili ai settori di attività dell'azienda;

2. impegnare direttamente la Direzione nel funzionamento e nel miglioramento del Sistema di Gestione Aziendale, integrando le performance sulla qualità dei servizi, sulla sicurezza e quelle ambientali nelle scelte decisionali di livello strategico;

3. garantire la trasparenza ed il coinvolgimento nel dialogo con le “parti interessate”, al fine di attivare sinergie positive e interventi più efficaci nel miglioramento continuo sia dei servizi che delle modalità con cui questi vengono erogati;

4. promuovere continui interventi di sensibilizzazione, formazione ed informazione, considerati non come spese di funzionamento ma come attività di investimento;

5. coinvolgere i propri fornitori, attraverso l’implementazione di processi e procedure di vantaggio reciproco, che siano in linea con criteri di miglioramento di tutto il contesto inerente qualità, sicurezza e ambiente;

6. un’approfondita analisi organizzativa mirata alla precisa definizione dei ruoli e delle responsabilità, nonché all’attribuzione di obiettivi personali o di settore;

7. eseguire verifiche periodiche e un costante monitoraggio dei processi, necessari per l’individuazione e la correzione dei problemi, nonché per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, dei reclami dell’utente, dei danni ambientali e di tutte quelle situazione contrarie ai valori aziendali.

8. effettuare la valutazione periodica dei rischi sul lavoro, del livello di conformità e degli impatti ambientali nelle attività svolte dall’azienda;

9. individuare le principali situazioni di emergenza, predisporre opportuni piani di risposta ed effettuare la loro periodica simulazione al fine di valutarne preventivamente l’efficacia;

10. adottare un codice etico e un modello organizzativo idoneo alla prevenzione dei reati da parte del personale e dei collaboratori di Proservice s.p.a.;

11. ricercare continuamente, adottare e consolidare ogni soluzione ed innovazione tecnica risultata efficace nel miglioramento della qualità dei servizi, nella prevenzione degli infortuni e nella riduzione degli impatti ambientali;

12. valutare periodicamente l’immagine e la reputazione dell’azienda, nonché effettuare indagini del livello di soddisfazione degli utenti e dei lavoratori sulle prestazioni in termini di qualità, sicurezza e ambiente;

13. effettuare il controllo, la manutenzione ed il necessario ammodernamento di mezzi, impianti ed attrezzature;

14. adottare un modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231 del 2001, modello organizzativo volto a prevenire la responsabilità penale degli enti.

Descrizione dei servizi

Di seguito una breve descrizione dei servizi forniti dalla società:

a) Contratto Gestione Verde

Il contratto gestione verde è finalizzato alla gestione e manutenzione delle aree verdi dell'amministrazione provinciale di Cagliari, che possono essere cosi distinte:

a) Il compendio di Monte Claro che, per la sua naturale configurazione, rappresenta un importante riferimento di arredo urbano della città di Cagliari e, allo stesso tempo, un essenziale punto di ritrovo e di ristoro per il tempo libero e per l’attività sportiva e ludica delle utenze cittadine. Nel contratto di servizio è compreso il servizio di Guardiania e custodia 24h su 24 , nonchè la gestione degli impianti sportivi presenti nel Parco.

b) Il verde scolastico compreso nelle aree degli istituti scolastici provinciali.

Le aree attualmente in carico al servizio di Gestione Verde della Proservice riguardano una superficie totale di circa 772.675,00 mq. di cui a verde 428.805,00 mq. I dati di sintesi relativi alla consistenza complessiva del verde oggetto di gestione vengono riportati di seguito:

1) Verde attrezzato ed impianti sportivi del compendio di Monte Claro - mq. 155.410,00

2) Aree verdi patrimonio provinciale - mq. 22.801,00;

3) Verde scolastico - mq. 250.594,00;

b) Servizio di disinfestazione

Il servizio offerto è quello di disinfestazione contro gli insetti e gli organismi nocivi e/o molesti per l’uomo, gli animali e le piante, in particolare, contro quelli di interesse sanitario quali: ratti, topi zanzare, zecche, mosche, blatte, chironomidi, vespe, etc.. Si effettuano i controlli antianofelici, e/o di potenziali focolai d’infestazione e le attività legate alle nuove emergenze sanitarie quali: West Nile desease (febbre del Nilo), che comportano anche l'individuazione degli insetti vettori, il monitoraggio e le consulenze ai cittadini, la processionaria del pino presente nelle aree al confine con la provincia del Medio campidano, nonché la lotta al Rhincophorus ferrugineus (punteruolo rosso delle palme).

Il servizio affidato consiste nella lotta larvicida, adulticida, ratticida/topicida, svolta nei focolai di proliferazione e diffusione, censiti dal Servizio Antinsetti della Provincia di Cagliari o segnalati dall’Autorità Sanitaria e/o dalle Amministrazioni Comunali o strutture pubbliche in generale (scuole, caserme,ospedali uffici pubblici in genere) . Nello specifico detti interventi riguarderanno micro, medio e macro focolai di varia natura, tipologia e dimensione, si eseguono nei contesti urbani e periurbani, siano essi all’aperto e/o in strutture di pubblico interesse e, in generale, in tutti i contesti in cui siano presenti forme di infestazioni di insetti adulti e/o ratti e topi. Lo standard di servizio del settore prevede una media di interventi all’anno pari a circa 21.000. La Direzione si è adoperata nel corso dell’anno 2016 per una profonda ristrutturazione del settore, che a oggi, si può dire quasi conclusa. In particolare sono stati raggiunti i seguenti obiettivi:

1) i dipendenti utilizzano le medesime procedure certificate che da anni vengono impiegate in azienda per la gestione degli acquisti, automezzi, personale, etc.;

2) è in fase di sperimentazione l’utilizzo della piattaforma informatica per la gestione delle commesse e della relativa rendicontazione;

3) presso la sede di via Monte Sabotino è stata creata una struttura operativa che direttamente dalla sede centrale segue l’evoluzione dei lavori, la modulistica e trasmette le comunicazioni alle istituzioni, scuole, asl. I rapporti con i committenti finali delle disinfestazioni sono oramai seguiti direttamente dall’azienda e non più della Provincia;

4) nel rispetto della normativa vigente sono stati acquistati dei box amovibili per lo stoccaggio dei prodotti chimici e dei rifiuti;

c) Manutenzione stradale

Il Servizio di “Manutenzione ordinaria delle strade provinciali” affidato alla ProService S.p.A.- Settore Viabilità è composto da n. 4 Nuclei Operativi e precisamente:

· nucleo operativo “N.O. Sarcidano” sede di Isili

· nucleo operativo “N.O. Trexenta” sede di Guasila

· nucleo operativo “N.O. Sarrabus” sede di Flumini di Quartu S.Elena

· nucleo operativo “N.O. Campidano” sede di Capoterra

Il servizio di manutenzione ordinaria dei manufatti presenti nelle pertinenze stradali consiste nello svolgimento delle operazioni necessarie per la transitabilità delle strade, quali semplificativamente la distribuzione e lo spargimento del sale da disgelo, la pulizia della pavimentazione stradale da detriti, oli esausti o combustibili, manutenzione ordinaria delle banchine e delle cunette stradali compresa la falciatura delle erbe infestanti, potatura e taglio delle piante che ostacolano la visibilità e la sicurezza stradale, manutenzione ordinaria della segnaletica verticale e dei sistemi di protezione. Il servizio comprende gli interventi h 24 da effettuarsi entro trenta minuti dalla richiesta di intervento.

d) Servizio Front Office e Accoglienza

Nella sfera di applicazione del contratto Servizi generali e ausiliari sono ricomprese le seguenti attività:

a) Servizi di controllo e di regolazione accessi, servizi ausiliari museali, fieristici e congressuali (reception, accoglienza, accompagnamento, apertura e chiusura degli uffici, edifici, aree, etc);

b) Servizi generali ( centralino, distribuzione cancelleria, ricezione e smistamento posta interna, fattorinaggio, movimentazione interna, servizio centralino telefonico etc);

c) Servizi amministrativi (gestione utenze, autorizzazioni, licenze, fatturazioni etc);

d) Servizi ausiliari in area scolastica ed edifici pubblici;

e) Servizi integrati in ambito fieristico, museale ed archeologico, comprese iniziative promozionali e manifestazioni ricreative e culturali;

f) Servizi di fattorinaggio, custodia ed archiviazione documenti, trasporto documenti, servizio informazioni;

g) Servizi ausiliari alla gestione di biblioteche ed esposizione libraria, gestione degli accessi, informazione al pubblico, movimentazione e trattamento fisico del materiale librario (copertinatura, apposizione bande anti-taccheggio, applicazione codici a barre etc.).

Nel primo semestre 2016 è stato operato un forte ridimensionamento del numero degli operatori/ausiliari inseriti nel contratto “Servizi Generali e di supporto alla Biblioteca Provinciale”. Molte unità lavorative sono state ricollocate previo corso di formazione in altri settori quali: Manutenzione Edile, Viabilità, Guardiania e/o Settore Verde Scolastico e/o Monteclaro.

Con la legge Regionale n. 9 del 17 maggio 2016 art. 36 sono state trasferite le funzioni degli ex CSL alla ASPAL Agenzia Sarda per le Politiche Attive del Lavoro, con il conseguente passaggio dei servizi per il lavoro dalle Province alla Regione. A seguito del trasferimento delle suddette funzioni, la società ha predisposto dei corsi di formazione del Personale che operava nei centri ex CSL per riqualificarli in altri settori produttivi.

e) Manutenzione ordinaria del patrimonio Edile e Impiantistico

Le funzioni proprie del Servizio Manutentivo Edile e Impiantistico sono riconducibili alle attività necessarie alla conservazione funzionale del patrimonio edilizio provinciale.

Il contratto di servizio relativo alle manutenzioni del patrimonio edilizio comprende tutto il patrimonio immobiliare della Provincia di Cagliari, e si intendono quelle attività che sono finalizzate al mantenimento ed alla conservazione del patrimonio e del buono stato degli immobili.

In relazione a quanto precede si specificano di seguito gli obiettivi dei Servizi “Manutenzione Edile” e “Manutenzione Impianti”:

· migliorare il grado di soddisfazione dell'utenza, interna ed estera, garantendo risposte tempestive ed esaurienti;

· mantenere i livelli prestazionali iniziali di tutti i beni in manutenzione;

· migliorare le prestazioni di alcuni beni portandoli a livelli definiti;

· eseguire la manutenzione programmata degli interventi al fine di prevenire guasti o malfunzionamenti e mantenere in sicurezza ed efficienza i beni su cui si interviene;

· diminuire la percentuale degli interventi di manutenzione riparativa rispetto agli interventi di manutenzione programmata;

· adottare procedimenti semplici e standardizzati di monitoraggio e di intervento;

Ambito di intervento

La società opera sul territorio della ex Provincia di Cagliari, ripartita sui nuovi enti della Città Metropolitana di Cagliari e della Provincia del Sud Sardegna, costituiti a seguito dell'approvazione della legge regionale n. 2/2016 sul riordino degli enti locali.

L’ambito territoriale servito corrisponde ha una superficie di 4.570,41 Kmq e un numero di abitanti serviti di circa 560.000 abitanti.

A partire dall'anno 2017 la società non sarà più interamente partecipata dalla Provincia di Cagliari (rectius Città metropolitana di Cagliari) ma anche dalla Provincia del Sud Sardegna nella misura del 24,61 per cento del capitale sociale. I due soci congiuntamente eserciteranno il controllo analogo.

La Proservice s.p.a, in seguito alla procedura di fusione per incorporazione della SI Servizi (società in house di proprietà della ex Provincia di Carbonia Iglesias), acquisirà il personale ed il patrimonio della società attualmente in liquidazione. La “SI Servizi” ha un proprio patrimonio e, allo stato attuale, non presenta delle passività occulte o potenziali, pertanto la Proservice s.p.a avrà dei benefici economico-patrimoniali da questa operazione.

Essendo la Proservice s.p.a. una società in house, che acquisisce i contratti di servizio direttamente dalla controllante, non esiste un mercato di natura competitiva ma l’attività è condizionata dagli obblighi dettati dalla normativa vigente quali: il piano triennale anticorruzione, adempimenti relativi alla trasparenza, adozione di regolamenti e procedure per la gestione interna, adozione del modello d.lgs.231/2001.

Strumenti utilizzati per la valutazione del rischio d'impresa

Gli strumenti che verranno utilizzati per poter determinare il grado di rischio aziendale sono i seguenti:

1) le analisi di bilancio;

2) l'adozione del modello empirico Z-score ideato da Altman;

3) un modello intuitivo statistico costruito prendendo in considerazione il principio di revisione n° 570 della Commissione paritetica dei dottori e dei ragionieri commercialisti.

Tali modelli di indagine verranno utilizzati considerando un arco di tempo quadriennale (compreso l'esercizio 2016), con riferimento ai risultati conseguiti.

L'analisi prospettica si sviluppa su un arco temporale pari a quello del Piano Programma, che ingloba in se il bilancio di previsione (budget) aziendale.

Il periodo preso in esame è individuato nel triennio 2017-2018-2019.

Le analisi di bilancio

L’analisi di Bilancio si basa su tecniche tramite le quali è possibile ottenere una lettura delle dinamiche aziendali, permette di ottenere dati e informazioni sull’ equilibrio patrimoniale, reddituale e finanziario dell'azienda.

L'analisi di bilancio permette di conoscere la solidità, la liquidità e la redditività dell'impresa:

· L'analisi della solidità è volta ad apprezzare la relazione che intercorre fra le diverse fonti di finanziamento (sia interne che esterne) e la corrispondenza fra la durata degli impieghi e delle fonti.

· L'analisi della liquidità esamina la capacità dell'azienda di far fronte ai pagamenti a breve, con la liquidità creata dalle attività di gestione a breve termine.

· L'analisi della redditività accerta la capacità dell'azienda di produrre un reddito adeguato a coprire l'insieme dei costi aziendali e di generare un utile per la remunerazione del capitale investito.

L'analisi del bilancio si sviluppa nelle seguenti fasi:

1) la raccolta delle informazioni attraverso i bilanci degli ultimi esercizi, gli studi di settore, ogni altra informazione utile;

2) la riclassificazione dello stato patrimoniale e del conto economico;

3) l'elaborazione di strumenti per la valutazione dei margini, degli indici e dei flussi;

4) la comparazione dei dati elaborati che può essere fatta:

· nel tempo, con gli indici della stessa impresa, relativi ai periodi passati per cogliere la dinamica della gestione nel tempo,

· nello spazio, con indici standard o del medesimo settore in cui opera la società con indici tratti dai bilanci di imprese concorrenti;

5) La formulazione di un giudizio sui risultati ottenuti e la redazione del rapporto finale.

Lo scopo è studiare gli aspetti della gestione che sono complementari a quelli espressi dalla misurazione del reddito d'esercizio e del capitale di funzionamento, in modo tale da mettere in evidenza e analizzare i punti di forza e di debolezza della società.

Di seguito una tabella che riporta il valore dei principali indici e margini consuntivi e prospettici della società.

Seguono tre tabelle, la prima è riepilogativa dell'andamento dei principali indici e margini aziendali, la seconda è elaborata a consuntivo e l’ultima è predisposta in fase prospettica. Con queste tabelle si comparano i diversi valori con quelli ritenuti ottimali, evidenziandone lo scostamento ed esprimendo un giudizio.

Riepilogo consuntivo e prospettico dei valori considerati nel periodo 2013/2019

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

Margine di tesoreria (MT)

1.725.906

1.316.987

1.314.225

1.391.376

1.551.842

1.674.562

1.800.683

Margine di tesoreria secco (MTS)

- 1.377.555

- 785.361

56.542

19.271

108.914

224.848

368.944

Margine di struttura (MS)

1.117.085

536.689

539.440

600.233

699.254

805.974

917.094

Margine di disponibilità

2.093.489

1.425.865

1.413.973

1.509.823

1.646.842

1.764.562

1.890.683

Capitale circolante netto

1.725.906

1.316.987

1.361.557

1.509.823

1.551.842

1.764.562

1.890.683

Indice di disponibilità (current ratio)

2,44

2,44

2,41

2,59

3,39

5,12

11,99

Indice di liquidità Quick ratio

2,53

2,34

2,44

2,46

3,25

4,91

11,47

MOL

137.600

438.844

272.290

255.906

247.500

252.500

252.500

ROE (return on equity)

1,32

13,18

0,004

10,57

8,79

7,90

6,86

ROI (return on investment)

3,96

8,65

5,38

17,65

14,05

13,19

11,46

Indice di redditività delle vendite ROS

2,35

6,90

2,53

2,47

1,36

2,23

2,09

Indice di rotazione del capitale investito

1,73

1,83

2,24

2,23

2,27

2,27

2,62

Indice di rotazione dei crediti commerciali

3,26

2,81

4,88

8,08

7,76

7,39

7,37

indice di rotazione dei debiti commerciali

5,34

6,42

9,35

13,14

15,46

15,87

18,41

Durata media dei crediti

112 giorni

129 giorni

75 giorni

45 giorni

47 giorni

49 giorni

49 giorni

Durata media dei debiti

68 giorni

57 giorni

39 giorni

28 giorni

24 giorni

23 giorni

20 giorni

Tabella dei valori a consuntivo

2013

2014

2015

Media triennale

Valore ottimale

scostamento

giudizio

Margine di tesoreria (MT)

1.725.906

1.316.987

1.361.557

1.468.150

> 0

+ 1.468.150

POSITIVO

Margine di tesoreria secco (MTS)

- 1.377.555

- 785.361

56.542

-702.125

> 0

- 702,125

POSITIVO: pur assumendo un valore medio negativo, l'andamento prospettico è positivo

Margine di struttura (MS)

1.117.085

536.689

539.440

731.071

> 0

+ 731.071

POSITIVO

Margine di disponibilità

2.093.489

1.425.865

1.413.973

1.644.442

> 0

1.644.442

POSITIVO

Capitale circolante netto

1.340.123

1.316.987

1.361.557

1.339.556

> 0

1.339.556

POSITIVO

Indice di disponibilità (current ratio)

2,44

2,44

2,41

2,43

1,20

1,23

POSITIVO

Indice di liquidità

Quick ratio

2,53

2,34

2,44

2,44

1

1,44

POSITIVO

MOL

137.600

438.844

272.290

282.911

Si valuta l'andamento: POSITIVO in quanto in crescita

ROE (return on equity)

1,32

13,18

0,004

4,83

> 0*

4,83

POSITIVO

ROI (return on investment)

3,96

8,65

5,38

5,99

> 0*

5,99

POSITIVO

Indice di redditività delle vendite ROS

2,35

6,90

2,53

3,93

> 0*

POSITIVO

Indice di rotazione del capitale investito

1,73

1,83

2,24

1,93

1,5

POSITIVO

Indice di rotazione dei crediti commerciali

3,26

2,81

4,88

Si valuta l'andamento: POSITIVO (1)

indice di rotazione dei debiti commerciali

5,34

6,42

9,35

Si valuta l'andamento: POSITIVO (2) in quanto in aumento

Durata media dei crediti

112 giorni

129 giorni

75 giorni

Si valuta l'andamento: POSITIVO (1) in quanto riduzione

Durata media dei debiti

68 giorni

57 giorni

39 giorni

Si valuta l'andamento: POSITIVO (2) in quanto in riduzione

* il Roi, il Roe e il Ros sono stati posti con un valore generico >0 in quanto riferiti a una società in house nella quale l'obiettivo principale non è massimizzare il profitto, ma fornire dei servizi pubblici ai prezzi più bassi possibile senza però incidere negativamente sugli equilibri patrimoniali, finanziari ed economici.

(1) si tratta di un indice determinato esclusivamente dalla controllante. Il concetto di Positivo espresso nel giudizio sta a significare un miglioramento della situazione finanziaria della Società.

(2) esprime la capacità della società di liquidare a scadenza i propri debiti.

Tabella dei valori a preconsuntivo

2016

Valore ottimale

scostamento

giudizio

Margine di tesoreria (MT)

1.391.376

> 0

1.391.376

POSITIVO

Margine di tesoreria secco (MTS)

19.271

> 0

19.271

POSITIVO

Margine di struttura (MS)

600.233

> 0

600.233

POSITIVO

Margine di disponibilità

1.509.823

> 0

600.233

POSITIVO

Capitale circolante netto

1.509.823

> 0

1.509.823

POSITIVO

Indice di disponibilità (current ratio)

2,59

1,20

1,39

POSITIVO

Indice di liquidità Quick ratio

2,46

1

1,46

POSITIVO

MOL

255.906

Si valuta l'andamento: POSITIVO si tratta di un valore simile a quello dell'anno precedente

ROE (return on equity)

10,57

> 0*

10,57

POSITIVO

ROI (return on investment)

17,65

> 0*

17,65

POSITIVO

Indice di redditività delle vendite ROS

2,47

> 0*

2,47

POSITIVO

Indice di rotazione del capitale investito

2,23

1,5

0,73

POSITIVO

Indice di rotazione dei crediti commerciali

8,08

Si valuta l'andamento: POSITIVO anche se in leggero peggioramento (1)

indice di rotazione dei debiti commerciali

13,14

Si valuta l'andamento: POSITIVO (2) in quanto in aumento

Durata media dei crediti

45,17

Si valuta l'andamento: POSITIVO anche se in leggero peggioramento (1)

Durata media dei debiti

27,78

Si valuta l'andamento: POSITIVO (2) in quanto in riduzione

* il Roi, il Roe e il Ros sono stati posti con un valore generico >0 in quanto riferiti a una società in house nella quale l'obiettivo principale non è massimizzare il profitto, ma fornire dei servizi pubblici ai prezzi più bassi possibile senza però incidere negativamente sugli equilibri patrimoniali, finanziari ed economici

(1) si tratta di un indice determinato esclusivamente dalla controllante. Il concetto di Positivo espresso nel giudizio sta a significare un miglioramento della situazione finanziaria della Società.

(2) esprime la capacità della società di liquidare a scadenza i propri debiti.

Tabella dei valori previsionali

2017

2018

2019

Media triennale

Valore ottimale

scostamento

giudizio

Margine di tesoreria (MT)

1.551.842

1.674.562

1.800.683

1.675.695

> 0

1.675.695

POSITIVO

Margine di tesoreria secco (MTS)

108.914

224.848

368.944

234.235

> 0

234.235

POSITIVO:

Margine di struttura (MS)

699.254

805.974

917.094

807.440

> 0

807.440

POSITIVO

Margine di disponibilità

1.646.842

1.764.562

1.890.683

1.767.362

> 0

1.767.362

POSITIVO

Capitale circolante netto

1.551.842

1.764.562

1.890.683

1.675.695

> 0

1.675.695

POSITIVO

Indice di disponibilità (current ratio)

3,39

5,12

11,99

6,83

1,20

5,63

POSITIVO

Indice di liquidità

Quick ratio

3,25

4,91

11,47

6,54

1

5,54

POSITIVO

MOL

247.500

252.500

252.500

250.833

Positivo. Sostanzialmente costante

ROE (return on equity)

8,79

7,90

6,86

7,85

> 0*

7,85

POSITIVO

ROI (return on investment)

14,05

13,19

11,46

12,90

> 0*

12,90

POSITIVO

Indice di redditività delle vendite ROS

1,36

2,23

2,09

1,89

> 0*

1,89

POSITIVO

Indice di rotazione del capitale investito

2,27

2,27

2,62

2,39

1,5

0,89

POSITIVO

Indice di rotazione dei crediti commerciali

7,76

7,39

7,37

Positivo con cautela in quanto tende a ridursi (1)

indice di rotazione dei debiti commerciali

15,46

15,87

18,41

POSITIVO

Durata media dei crediti

47,04

49,39

49,53

Positivo con cautela in quanto tende ad aumentare (1)

Durata media dei debiti

23,61

23,00

19,83

POSITIVO

* il Roi, il Roe e il Ros sono stati posti con un valore generico >0 in quanto riferiti a una società in house nella quale l'obiettivo principale non è massimizzare il profitto, ma fornire dei servizi pubblici ai prezzi più bassi possibile senza però incidere negativamente sugli equilibri patrimoniali, finanziari ed economici

(1) si tratta di un indice determinato esclusivamente dalla controllante. Il concetto di Positivo espresso nel giudizio sta a significare un miglioramento della situazione finanziaria della Società rispetto agli anni precedenti.

Descrizione dei risultati:

Il giudizio positivo espresso dagli organismi di controllo interno (Collegio Sindacale e Ufficio del Controllo analogo della Provincia di Cagliari), sui risultati dei bilanci 2013/2015, sarà, con notevole certezza espresso anche all'esercizio 2016.

I risultati di questo esercizio, infatti, consolidano i progressi di carattere economico patrimoniale e finanziario perseguiti dalla società a decorrere dall'esercizio 2011.

L'ultima colonna della tabella contiene, per ogni tipologia di indice o di margine, un giudizio sostanzialmente positivo.

L'ultima tabella contiene gli indici e i margini di bilancio proiettati nel triennio 2017/2019.

Tali valori sono stati estratti dai valori contenuti nel bilancio di previsione, attualmente in fase di approvazione. Il bilancio di previsione triennale è stato approntato dalla società sulla base:

· dell'andamento aziendale risultante dal triennio 2013/2015;

· del preconsuntivo 2016;

· delle diverse azioni e fatti che influiranno sull'andamento della società nel corso del futuro triennio (la legge sulle autonomie locali, il passaggio della società alla Città Metropolitana di Cagliari, il trasferimento di una quota societaria alla Provincia del Sud Sardegna, gli indirizzi di gestione determinati dalle controllanti).

I dati ottenuti permettono di affermare con notevole probabilità che l'azienda riuscirà a mantenere, nei prossimi esercizi finanziari, gli stessi standard di qualità dei servizi erogati e nel contempo procedere al rafforzamento patrimoniale, economico e finanziario della società.

Il modello dello “Z score”

Il modello applicato nel presente programma di valutazione del rischio è stato elaborato da Bottani, Cipriani e Serao. Essi prendono a fondamento il modello di analisi del rischio di fallimento per le imprese, predisposto dal Professor Altman, adattandolo alla realtà delle piccole e medie imprese italiane.

Le variabili discriminanti utilizzate sono le seguenti:

a) X1= rapporto fra capitale circolante netto e totale attività

b) X2 = rapporto (riserva legale + riserva straordinaria)/totale attività

c) X3= rapporto fra Ebit e totale attività

d) X4= rapporto fra patrimonio netto e il totale delle passività

e) X5= rapporto fra i ricavi di vendita e il totale delle attività

La prima variabile (X1) è rappresentata dall'indice di equilibrio finanziario. Essa esprime il valore delle attività liquide dell'azienda, messe in rapporto con la capitalizzazione aziendale.

La seconda variabile (X2), definita come indice di autofinanziamento delinea l'attitudine della società di reinvestire i propri utili in azienda.

La terza variabile (X3) esprime l'indice di redditività e delinea la produttività delle attività della società, ripulite da ogni condizionamento dei fattori finanziari o fiscali.

La variabile (X4) costituisce l'indice di solvibilità.

La variabile (X5) detta anche indice di rotazione dell’attivo indica l'attitudine della società di creare ricavi con un precisato valore dell’attivo.

La funzione discriminante viene formulata come segue:

Z = 1,981X1 + 9,841X2 + 1,951X3 + 3,206X4 + 4,037X5

Questa funzione è impiegata per analizzare la situazione della società Proservice S.p.A. sia in termini consuntivi, riferiti al periodo 2013-2016 (con i valori dell’esercizio 2016 provvisori), sia in termini prospettici relativi al periodo 2017-2018-2019.

I valori di riferimento assumono il seguente significato:

· un valore dello Z score superiore a 8,105 significa che la società Proservice s.p.a. è considerata organicamente sana;

· un valore della funzione Z minore di 4,846 indica che la società Proservice s.p.a. è destinata a un probabile fallimento;

· se la funzione Z score assume un valore racchiuso fra 8,105 e 4,846 la società Proservice s.p.a. dovrebbe utilizzare delle cautele nella gestione aziendale.

Zona di solvibilità

Zona grigia

Zona di rischio

z> 8,105 8,105>Z> 4,86 z< 4,86

la procedura adottata per la società Proservice s.p.a. è riepilogata nelle tabelle che seguono:

Tabella-consuntivo

X1

capitale circolante netto / totale attività

X2

(riserva legale + riserva straordinaria)/totale attività

X3

Ebit / totale attività

X4

patrimonio netto / totale passività

X5

ricavi di vendita/ totale attività

Z

1,981xX1 + 9,841xX2 + 1,951xX3 + 3,206xX4 + 4,037xX5

2013

2014

2015

2016*

attività a breve

3.855.035

2.535.380

2.413.484

2.460.302

passività a breve

2.184.112

1.218.392

999.512

950.479

capitale circolante netto

1.340.123

1.316.987

1.361.557

1.509.823

totale attività

4.071.767

3.221.367

2.662.879

2.736.969

riserve

947.338

278.689

527.744

618.900

Ebit

74.477

365.611

180.381

170.303

Patrimonio netto

1.295.810

785.743

788.835

876.901

totale passività

3.814.767

2.435.624

1.874.044

1.860.066

ricavi

6.492.203

6.433.695

5.960.094

5.949.912

2013

2014

2015

2016*

X1

0,3291

0,4088

0,5113

0,5516

X2

0,2327

0,0865

0,1982

0,2261

X3

0,0183

0,1135

0,0677

0,0622

X4

0,3397

0,3226

0,4209

0,4714

X5

1,5944

1,9972

2,2382

2,1739

Moltiplicatore X1

1,981

1,981

1,981

1,981

moltiplicatore X2

9,841

9,841

9,841

9,841

moltiplicatore X3

1,951

1,951

1,951

1,951

moltiplicatore X4

3,206

3,206

4,037

3,206

3,206

moltiplicatore X5

4,037

4,037

4,037

4,037

risultato x1

0,6519

0,8098

1,0129

1,0927

risultato x2

2,2900

0,8512

1,9505

2,2251

risultato x3

0,0357

0,2214

0,1321

0,1214

risultato x4

0,1089

1,0343

1,3494

1,5113

risultato x5

6,4366

8,0627

9,0356

8,7760

Totale Z score

9,52

10,98

14,49

13,73

* valori provvisori

Tabella previsionale

2017

2018

2019

attività a breve

2.336.123

2.192.714

2.062.739

passività a breve

689.281

428.152

172.056

capitale circolante netto

1.551.842

1.764.562

1.890.683

totale attività

2.594.290

2.422.881

2.255.406

riserve

699.421

778.141

851.761

ebit

112.600

109.600

101.100

patrimonio netto

957.420

1.036.140

1.109.761

totale passività

1.636.868

1.386.739

1.145.643

ricavi

5.899.000

5.899.000

5.899.000

2017

2018

2019

X1

0,5982

0,7283

0,8383

X2

0,2696

0,3212

0,3777

X3

0,0434

0,0452

0,0448

X4

0,5849

0,7471

0,9887

X5

2,2738

2,4347

2,6155

Moltiplicatore X1

1,981

1,981

1,981

moltiplicatore X2

9,841

9,841

9,841

moltiplicatore X3

1,951

1,951

1,951

moltiplicatore X4

3,206

3,206

4,037

3,206

moltiplicatore X5

4,037

4,037

4,037

risultato x1

1,1850

1,4428

1,6607

risultato x2

2,6531

3,1609

3,7169

risultato x3

0,0847

0,0882

0,0874

risultato x4

1,8752

2,3952

3,1698

risultato x5

9,1793

9,8289

10,5588

Totale Z score

14,98

14,52

19,19

Il metodo dello Z score determina dei valori molto elevati rispetto alla soglia standard di sicurezza prevista (8,105). Sotto questo punto di vista si rileva che il rischio di insolvenza e di fallimento della società è estremamente ridotto se non inesistente.

La valutazione del rischio di crisi aziendale elaborata sulla base del principio di revisione n° 570 dei dottori commercialisti

Il principio di revisione aziendale n° 570 del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e del Consiglio Nazionale dei ragionieri fornisce un quadro esauriente delle situazioni al verificarsi delle quali si accende un segnale di allarme, ossia se vi sia o meno un rischio considerevole per la continuità aziendale.

Gli indicatori della crisi aziendale sono:

1. Indicatori di natura finanziaria;

2. Indicatori di natura gestionale;

3. Indicatori di altra natura.

Gli indicatori di natura finanziaria attengono all’aspetto finanziario della gestione, essi mettono in rilievo gli elementi che incidono negativamente sulla sana gestione finanziaria.

Essi, sono stati individuati:

· in una situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo;

· nella sussistenza di prestiti con scadenza fissa e vicini al termine, senza che vi siano delle prospettive di rinnovo o di rimborso;

· in una ingente dipendenza da prestiti a breve termine, adoperati per finanziare delle attività a lungo termine;

· in situazioni di interruzione del sostegno finanziario da parte di finanziatori e di altri creditori;

· in bilanci consuntivi o prospettici che evidenziano dei cash-flow negativi;

· nei principali indici economici e finanziari negativi o in continuo peggioramento,

· in elevate perdite operative o di valore delle attività che generano cash-flow;

· nella mancanza o nella discontinuità nella distribuzione dei dividendi;

· nella incapacità di saldare i debiti alla scadenza;

· nella impossibilità di rispettare le clausole contrattuali dei prestiti;

· nel peggioramento delle forme di pagamento concesse dai fornitori;

· nella incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti, o per altri investimenti necessari.

Gli indicatori di natura gestionale sono individuati:

· nella instabilità della struttura amministrativo-esecutiva, con la perdita di amministratori o di dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli;

· nella perdita di mercati fondamentali, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti;

· nella inadeguata composizione numerica e qualitativa del fattore lavoro;

· nella difficoltà nel conservare il normale flusso di approvvigionamento da importanti fornitori.

Gli indicatori di altra natura sono individuati:

1. nel capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o la sua non conformità ad altre disposizioni normative;

2. nella presenza di contenziosi legali che, in caso di soccombenza, potrebbero determinare degli obblighi di natura economica, nei confronti della controporte, difficili da onorare;

3. nelle modifiche legislative o nelle politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa;

4. negli obblighi di tutela ambientale non rispettati;

5. nel termine della durata statutaria senza previsione di prolungamento;

6. nella sopravvenuta mancanza dei requisiti per il mantenimento delle autorizzazioni amministrative necessarie allo svolgimento dell’attività d’impresa;

7.

Di seguito sono state costruite due tabelle, una con valore a consuntivo e l'altra con valore prospettico, con l'indicazione dei principali rischi aziendali ai quali è stata fatta corrispondere le diverse probabilità del verificarsi dell'evento negativo (impossibile, improbabile, poco probabile, probabile, certo).

La situazione, alla data odierna, viene riepilogata nella tabella seguente:

2016

Descrizione del rischio

probabilità

impossibile

improbabile

Poco probabile

probabile

certo

situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo;

x

prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di rinnovo o di rimborso; oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine;

x

indicazioni di cessazione del sostegno finanziario da parte dei finanziatori e altri creditori;

x

bilanci storici o prospettici che mostrano cash flow negativi;

x

principali indici economico-finanziari negativi

x

consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività che generano cash flow;

x

mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi

x

incapacità di saldare i debiti alla scadenza;

x

incapacità nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti;

x

cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori dalla condizione “a credito” alla condizione “pagamento alla consegna”;

x

incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti ovvero per altri investimenti necessari.

x

perdita di amministratori o di dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli;

x

perdita di mercati fondamentali, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti

x

difficoltà nell’organico del personale o difficoltà nel mantenere il normale flusso di approvvigionamento da importanti fornitori

x

capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conformità ad altre norme di legge;

x

contenziosi legali e fiscali che, in caso di soccombenza, potrebbero comportare obblighi di risarcimento che l’impresa non è in grado di rispettare;

x

modifiche legislative o politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa

x

I risultati della tabella sono così sinteticamente riassunti:

· impossibilità 12

· improbabile 4

· poco probabile ______ 0

· probabile 0

· certo ___ 1

Oltre il 70 per cento dei rischi viene considerato impossibile nel verificarsi (78,58 per cento).

Il 23,53 per cento dei rischi viene considerato improbabile, due di questi rischi riguardano direttamente l'attività economica e due il mercato esterno (contenziosi e modifiche legislative).

Non esiste alcun rischio di evento probabile, mentre l'unico con probabilità certa riguarda la politica di distribuzione dei dividendi. Tale rischio assume un valore irrilevante in una società come la Proservice s.p.a., costituita per lo svolgimento di servizi pubblici, nella quale l'obiettivo principale è la loro realizzazione a prezzi convenienti e non con il fine del normale profitto di mercato.

La situazione prospettica elaborata dall'organo direttivo viene riepilogata nella seguente tabella:

2017-2018-2019

Descrizione del rischio

probabilità

impossibile

improbabile

Poco probabile

probabile

certo

situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo;

x

prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di rinnovo o di rimborso; oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine;

x

indicazioni di cessazione del sostegno finanziario da parte dei finanziatori e altri creditori;

x

bilanci storici o prospettici che mostrano cash flow negativi;

x

principali indici economico-finanziari negativi

x

consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività che generano cash flow;

x

mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi

x

incapacità di saldare i debiti alla scadenza;

x

incapacità nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti;

x

cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori dalla condizione “a credito” alla condizione “pagamento alla consegna”;

x

incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti ovvero per altri investimenti necessari.

x

perdita di amministratori o di dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli;

x

perdita di mercati fondamentali, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti

x

difficoltà nell’organico del personale o difficoltà nel mantenere il normale flusso di approvvigionamento da importanti fornitori

x

capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conformità ad altre norme di legge;

x

contenziosi legali e fiscali che, in caso di soccombenza, potrebbero comportare obblighi di risarcimento che l’impresa non è in grado di rispettare;

x

modifiche legislative o politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa

x

I risultati di cui alla tabella precedente possono essere così riassunti:

· impossibile 6

· improbabile 9

· poco probabile _______ 1

· probabile 0

· certo _______ 1

In sede prospettiva, il management della società, sulla base dello studio analitico, valuta il 35,29 per cento dei rischi come impossibile nel verificarsi.

Il 52,94 per cento dei rischi viene considerato come improbabile.

Non esiste alcun rischio di evento probabile, mentre l'unico con probabilità certa, così come nella situazione a consuntivo riguarda la politica di distribuzione dei dividendi.

Confronto fra situazione consuntiva e prospettica:

descrizione

consuntivo

prospettico

differenza

impossibile

12

6

-6

improbabile

4

9

+5

poco probabile

0

1

+1

probabile

0

0

0

certo

1

1

0

Dalla tabella si evince una differenza fra l'esercizio 2016, oramai in fase di chiusura, nel quale la maggior parte dei rischi sono quasi del tutto definiti nella loro probabilità di verificarsi, e la situazione prospettica nella quale si rileva un aumento dell'incertezza.

La gradazione del rischio vede soprattutto una trasformazione della possibilità del verificarsi dei rischi dalla situazione dello stadio della impossibilità alla situazione di improbabilità (un incremento di cinque per l'improbabilità e di uno per il poco probabile).

Conclusioni

Alla luce dello studio e dell'analisi precedente, che poggia su tre direttrici (analisi di bilancio, modello Altman e modello elaborato sulla base dello studio della “Commissione paritetica per i principi di revisione” del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e del consiglio nazionale dei ragionieri), il management aziendale ritiene che, ceteris paribus, il rischio di crisi aziendale relativo alla società Proservice spa sia relativamente limitato.

Sia l'analisi a consuntivo che quella prospettica mettono in risalto:

1) come il rischio di fallibilità, elaborato con il modello “Z score” o di Atman, adattato alla realtà italiana sia quasi insistente, il valore individuato nel corso degli anni passati, nonché quello prospettico, si pone su un livello più alto di quello previsto come discriminante fra le aziende sane e le aziende a rischio di fallimento;

2) la presenza di un basso indice dei rischi aziendali elaborati dalla “Commissione paritetica per i principi di revisione” del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e del Consiglio nazionale dei ragionieri, infatti, il solo rischio ritenuto molto probabile è quello relativo alla mancata distribuzione degli utili; rischio che non assume nelle società in house il medesimo significato che ha nelle società orientate al mercato e al profitto;

3) elevata qualità degli indici derivanti dall'analisi di bilancio; tutti gli indici di bilancio indicano, sia a consuntivo, sia in sede prospettica, una situazione patrimoniale, finanziaria ed economica armoniosa dovuta al raggiungimento dei fondamentali equilibri patrimoniale, economico e finanziario.

Da rimarcare nel presente programma di valutazione del rischio aziendale la forte coerenza dei tre modelli utilizzati, i quali hanno portato al medesimo risultato escludendo un forte rischio di crisi aziendale.

L’ Amministratore Unico

Avv. Ombretta Ladu

La società Proservice spa non ha inserito nel proprio programma di rischio di crisi aziendale il prospetto del rendiconto finanziario prospettico.

Questo perché tale programma del rischio aziendale è stato presentato contemporaneamente al bilancio di previsione 2017-2019 (Budget aziendale).

Esso ripreso da tale documento contabile è stato strutturato come segue:

Rendiconto finanziario del flusso della gestione reddituale della società Proservice (determinato con il metodo indiretto)

2017

2018

2019

A) Flussi finanziari derivanti dalla gestione reddituale

Utile dell'esercizio

80.520

78.720

73.620

Imposte sul reddito

53.680

52.480

49.080

interessi passivi (interessi attivi)

300

300

300

(dividendi)

(Plusvalenze) minusvalenze derivanti da cessioni di attività

1.Utile/perdita dell'esercizio prima delle imposte sul reddito, interessi, dividendi e minusvalenze/plusvalenze da cessione

134.500

131.500

123.000

Rettifiche per elementi non monetari che non hanno avuto contropartita nel capitale circolante netto (CCN)

Accantonamento ai fondi

236.000

236.000

236.000

Ammortamenti delle immobilizzazioni

113.000

121.000

129.500

Svalutazioni per perdite durevoli di valore

Altre rettifiche per elementi non monetari

1

2. flusso finanziario prima delle variazioni del CCN

349.000

357.001

365.500

Variazioni del capitale circolante netto

incremento delle rimanenze

23.447

5.000

0

incremento dei crediti v/s clienti (comprensivi di ratei e risconti)

- 69.174

- 9.786

4.295

decremento dei debiti v/s fornitori (comprensivi di ratei e risconti)

- 1.771

-1.661

- 16.096

Altre variazioni del capitale circolante netto

- 52.077

- 47.769

- 2.319

3. flusso finanziario dopo le variazioni del CCN

- 99.575

- 54.216

- 15.120

Altre rettifiche

Interessi incassati pagati

- 300

- 300

- 300

Imposte sul reddito pagate

- 53.680

- 61.180

- 71.080

Dividendi incassati

Utilizzo dei fondi

- 198.000

- 225.000

- 221.000

4. flusso finanziario dopo altre rettifiche

- 260.980

- 286.480

- 292.380

Flusso finanziario della gestione reddituale (A)

122.945

147.805

181.000

B) flussi finanziari derivanti dall'attività di investimento

Immobilizzazioni materiali

- 93.000

- 93.000

- 93.000

(investimenti)

93.000

93.000

93.000

Prezzo di realizzo disinvestimenti

Immobilizzazioni immateriali

- 1.500

0

0

(diminuzione degli investimenti)

1.500

0

0

Prezzo di realizzo disinvestimenti

Immobilizzazioni finanziarie

0

0

0

(investimenti)

Prezzo di realizzo disinvestimenti

Attività finanziarie non immobilizzate

0

0

0

(investimenti)

Prezzo di realizzo disinvestimenti

Flusso finanziario dell’attività di investimento (B)

- 94.500

- 93.000

- 93.000

C. Flussi finanziari derivanti dall’attività di finanziamento

Mezzi di terzi

Incremento (decremento) debiti a breve verso banche

Accensione finanziamenti

Rimborso finanziamenti

Mezzi propri

Aumento di capitale a pagamento

Cessione (acquisto) di azioni proprie

Dividendi (e acconti su dividendi) pagati

- 200.000

- 200.000

- 200.000

Flusso finanziario dell’attività di finanziamento (C)

- 200.000

- 200.000

- 200.000

Incremento (decremento) delle disponibilità liquide (A ± B ± C)

- 171.555

- 145.195

- 112.000

Disponibilità liquide a inizio anno

969.750

798.195

653.000

Disponibilità liquide a fine anno

798.195

653.000

541.000

L'analisi dei flussi finanziari, con la predisposizione di un attendibile rendiconto finanziario preventivo, permette di verificare:

1) la compatibilità e la coerenza tra il piano finanziario, il piano economico e piano degli investimenti,

2) la compatibilità e la coerenza tra i fabbisogni di capitale e la conveniente disponibilità delle fonti di finanziamento,

3) l'impostazione della politica finanziaria della società con la scelta tra le diverse fonti di finanziamento dell'utilizzo del capitale proprio,

4) la sopportabilità finanziaria della distribuzione degli utili aziendali, attuata nell'anno 2014, e la ripartizione di essa nell'arco di un quadriennio (200.000 euro negli esercizi 2017, 2018, 2019 e di 100.000 euro nel 2020).

Questo strumento è indispensabile per confrontare, a fine esercizio, i dati previsionali e quelli a consuntivo; inoltre è utile per la realizzazione di un efficiente processo del controllo della gestione.

Il risultato previsionale della gestione finanziaria risulta, nel triennio è negativo, anche se in misura inferiore al valore della distribuzione dei dividendi.

Essa è il risultato:

· di un apporto positivo della gestione reddituale, [determinata da un valore positivo del risultato economico e da una lieve riduzione della politica commerciale dell'azienda (flussi del CCN)];

· di un apporto negativo della gestione patrimoniale (assorbimento di risorse per acquisizione di immobilizzazioni patrimoniali)

· da un apporto negativo dei flussi finanziari da finanziamento (la distribuzione di dividendi)

La programmazione finanziaria prevede che la società finanzi le sue attività attraverso l'autofinanziamento, senza il ricorso all'indebitamento.

Note:

(1) M. Libertini I principi fondamentali sull’organizzazione e sulla gestione delle società a controllo pubblico (art. 6, d.lgs. 175/2016) in federalismi.it del 14 dicembre 2016.

(2) Linee guida dei dottori commercialisti su informativa e valutazione nella crisi d’impresa del 30 ottobre 2015.

(3)Giunta F.., Appunti di Economia Aziendale, Cedam, Padova, 1996.

(4) Cestari G. “Diagnosi precoce della crisi aziendale. Analisi del processo patologico e modelli predittivi”, Giuffre, Milano, 2009, p.6 e ss..

(5) Organismo Italiano di Contabilità. Principio contabile n° 6 ristrutturazione del debito e informativa di bilancio pag. 8.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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