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Le gare del gas su base d’ATEM e il disaccordo nella valorizzazione dei cespiti: chi sono i protagonisti del successivo contenzioso?
di Sergio Cesare Cereda 21 settembre 2018
Materia: gas / affidamento concessione

Le gare del gas su base d’ATEM e il disaccordo nella valorizzazione dei cespiti: chi sono i “protagonisti” del successivo contenzioso?

 

1.Il disaccordo nella valorizzazione: la normativa

L’avanzare, per quanto numericamente limitato delle gare volte ad individuare il soggetto incaricato della distribuzione, rende opportuno volgere uno sguardo ad una problematica che si potrà presentare a seguito dell’aggiudicazione.

L’art. 5, comma 16, del D.M. 226/11 si occupa dell’ipotesi in cui, trascorso il periodo di tempo disponibile per pubblicare il bando di gara, non vi sia un accordo tra l’Ente locale concedente ed il gestore uscente in ordine alla determinazione del valore di rimborso.

Lo stesso articolo dispone infatti che il bando di gara riporterà per l’impianto oggetto del disaccordo “oltre alla stima dell'Ente locale concedente e la stima del gestore uscente, un valore di riferimento da utilizzare ai fini della gara, in particolare per la verifica dei requisiti di partecipazione e della valutazione delle offerte”. Tale valore è determinato come il più grande fra la stima dell’Ente locale concedente ed il valore delle immobilizzazioni nette di località (vale a dire la RAB).

Così disponendo, la gara potrà svolgersi nei tempi previsti e non vi saranno ostacoli al subentro del vincitore della gara d’ambito considerato che questo dovrà versare al gestore uscente il valore di riferimento di cui sopra.

2. Il disaccordo e il controllo dell’ARERA

Ovviamente il problema legato alla valorizzazione dei cespiti viene solamente rinviato giacché questa dovrà essere effettuata in un momento successivo, da qui la problematica sopra richiamata che si potrà presentare a seguito dell’aggiudicazione.

Prima di proseguire nell’analisi, vale la pena osservare che la valorizzazione delle reti e degli impianti non coinvolge unicamente il gestore e gli enti locali ma anche un soggetto terzo: l’ARERA. In linea generale infatti laddove lo scostamento tra il VIR individuato dalle parti e la RAB sia superiore al 10% l’ente locale concedente o la stazione appaltante - se delegata (di seguito per semplicità si farà riferimento unicamente agli enti locali) - trasmettono all’Autorità le valutazioni di dettaglio del valore di rimborso.

Viene trasmessa, in particolare, la documentazione individuata al capitolo 19 delle Linee Guida, e l’eventuale dichiarazione (degli enti locali) di averle applicate[1]. In ordine alla fattispecie in esame, la normativa[2] stabilisce che, in caso di disaccordo, oltre alla valutazione del concessionario viene inviata quella predisposta dagli enti locali.[3] L’Autorità, a seguito dell’invio dei dati, compie le sue analisi e trasmette le proprie (eventuali) osservazioni alla stazione appaltante e questa ne deve tenere conto nella predisposizione del bando di gara[4]. L’Autorità compie poi un’ulteriore verifica sugli atti di gara anche al fine di accertare che i valori del VIR tengano conto delle osservazioni formulate[5], in caso negativo ne dà evidenza pubblica segnalando che i valori del VIR indicati nel bando di gara non sono stati giudicati idonei ai fini dei riconoscimenti tariffari[6]. Si consideri che il mancato rispetto dei valori indicati dall’Autorità, oltre ad integrare una violazione della normativa, fa sì che il vincitore della gara d’ambito non potrà recupere in tariffa il maggior costo sostenuto rispetto ai valori da essa indicati. 

Da ciò deriva la necessità di rispettare le disposizioni in esame al momento della definizione del VIR da indicare nel bando di gara e la Stazione appaltante, ragionevolmente, si conformerà alle indicazioni ricevute. Si osservi dunque che la valorizzazione indicata dagli enti locali al termine di questo processo può essere diversa da quella da loro originariamente condivisa. 

3. Il contenzioso successivo al disaccordo

Tornando alla determinazione del valore degli impianti la norma[7] dispone che l'eventuale differenza tra il valore accertato in esito alla definitiva risoluzione del contenzioso e quello versato dal gestore subentrante è regolata fra il gestore entrante e il gestore uscente.

La previsione non appare chiara in quanto se da un lato l’utilizzo del termine regolare riferito alla differenza del valore indica in modo chiaro che l’onere economico sia a carico del gestore entrante, ciò che non è chiaro è un altro aspetto cioè chi siano i “protagonisti” del contenzioso che stabilirà il valore di rimborso dovuto al gestore uscente. La disposizione prevede infatti che la regolazione avvenga a valle di un contenzioso ma non definisce gli attori dello stesso. È pacifico che uno di essi sarà il gestore entrante ma il dubbio riguarda l’individuazione del contraddittore tra l’ente locale oppure il gestore uscente. La norma nulla dice in proposito.

4. L’incertezza della previsione sui “protagonisti” del contenzioso

4.1 L’incertezza della previsione letterale rende necessario allargare l’analisi sotto il profilo logico sistematico[8].

A favore della soluzione che vede investito della definizione del valore il gestore subentrante, milita la circostanza che sarà lui a subirne le conseguenze economiche. Ciò a maggior ragione nel caso in cui l’Autorità abbia fissato i valori massimi da considerarsi ai fini tariffari, di modo che (nel caso in cui il contenzioso si risolva con l’indicazione di una cifra maggiore) il gestore entrante si troverebbe a dover sopportare un onere che non troverà integralmente ristoro nei riconoscimenti tariffari. Tale conseguenza risulta essere particolarmente onerosa per essere lasciata nella gestione di soggetti terzi.

Per l’ente locale infatti la definizione del valore è nella sostanza irrilevante, giacché in primo luogo non vi saranno per esso ricadute economiche trattandosi di esborsi posti in capo ad altro soggetto, ed inoltre laddove l’Autorità abbia espresso le sue valutazioni in ordine alla congruità dei valori, il comune non sarà nemmeno chiamato a svolgere quella funzione pubblicistica volta ad evitare che i valori di rimborso incidano eccessivamente sulle tariffe, posto che queste sono estranee all’esito della controversia.

In conseguenza appare ragionevole concludere, sotto il profilo logico, che sia il soggetto su cui ricadono gli effetti economici della sentenza ad intraprendere la procedura volta alla definizione del valore di rimborso. 

4.2 Per il vero possono essere individuati però elementi sistematici che potrebbero portare ad una diversa conclusione. Deve infatti osservarsi che nella fase precedente alla gara sono proprio gli enti locali a prendersi carico della valorizzazione degli impianti e quindi, laddove si attribuisse loro la medesima funzione in quella successiva, ci si ritroverebbe di fronte ad una riproposizione del medesimo schema operativo. In altri termini il legislatore ha in modo esplicito, e quindi indiscutibile, posto a carico dell’ente locale la funzione valutativa che non lo interessa direttamente e da qui si potrebbe concludere per la ragionevolezza di un’interpretazione che reiteri questo onere anche alla fase successiva.

Al riguardo va però osservato che, nella fase antecedente la gara, l’interlocutore del gestore uscente non potrebbe essere il gestore entrante che non è ancora conosciuto né conoscibile, da qui dunque la necessità d’individuare un soggetto terzo che assuma su di sé la funzione e questo ben può essere l’ente locale, posto che si discute degli effetti di una concessione di servizio pubblico. Nella fase successiva alla gara invece il soggetto interessato è noto e quindi la necessità d’individuare il soggetto che ne svolga la funzione suppletiva viene meno.

Rimane in ogni caso la necessità del controllo pubblico al fine di limitare gli effetti del rimborso sulle tariffe, ma questa funzione è svolta, come visto, dai controlli dell’Autorità quindi, anche sotto questo profilo, l’intervento degli enti locali non avrebbe una specifica giustificazione. 

4.3 Gli argomenti di analisi fin qui evidenziati e che si contrappongono, sono dotati di una pari dignità e dunque non appare possibile stabilire ex ante quale sia il ragionamento più fondato, così delineando una situazione incerta che potrà trovare definizione solo con l’intervento giurisdizionale.

4.4 Va poi considerato un ulteriore aspetto: gli enti locali ed i gestori sono legati da convenzioni e dunque occorre comprendere come queste possano influire sulla procedura di valorizzazione degli impianti. Infatti nelle convenzioni può essere indicata la competenza del Comune per il calcolo della valorizzazione dei cespiti e dunque dobbiamo comprendere se tale clausola convenzionale[9] possa superare, nel caso in cui si ritenga che i “protagonisti” del contenzioso debbano essere il gestore uscente e quello entrante, la conclusione raggiunta[10].

La questione non può però essere affrontata prescindendo dall’analisi delle singole convenzioni e dunque in questa sede potrà essere compiuta solo una riflessione di carattere generale che dovrà essere integrata avendo ben presenti le varie fattispecie concrete.

Il punto focale consiste dunque nel comprendere quale portata abbia sulle previsioni convenzionali la normativa che regola la valorizzazione post gara, in altre parole se la previsione convenzionale vada a superare la lettura della normativa secondo cui i “protagonisti del contenzioso” sono il gestore entrante e quello uscente.

In un primo momento infatti le parti hanno regolato convenzionalmente chi debba valorizzare i cespiti, ma lo hanno fatto in presenza di un determinato regime normativo che vedeva l’ente locale in una posizione centrale, chiamato a regolare le modalità di esplicazione del servizio se non addirittura chiamato all’acquisizione degli impianti. 

Nulla però impedisce che tale regime sia superato nel momento in cui sia normativamente attribuito ad altro soggetto l’incarico di procedere alla valorizzazione delle reti (sempre accedendo all’interpretazione della normativa secondo cui gestore entrante e uscente debbano essere le parti del contenzioso). 

Tale conclusione è supportata anche dal fatto che non vi sarebbe una lesione subita dal gestore uscente nel caso mutasse l’interlocutore, posto che quella che deve ottenere è una prestazione fungibile (oltretutto chiaramente a carico del gestore entrante) e non pare esservi una posizione giuridicamente tutelata in relazione alla determinazione del contraddittore nella procedura volta a determinarne la misura del rimborso.

L’unico effetto rilevante si ha nelle ipotesi in cui sia prevista una clausola compromissoria, che porta alla necessità d’istaurare un giudizio arbitrale. Questa previsione ovviamente opera nel caso in cui il confronto sia con l’ente locale ma non può avere applicazione a fronte di un soggetto terzo che non ha siglato alcun accordo, quindi l’individuazione dell’interlocutore ha una conseguenza sullo strumento utilizzato per risolvere le controversie.

Nondimeno anche questa circostanza non pare idonea ad impedire il superamento dell’accordo contrattuale, anche perché la scelta dello strumento utilizzato per definire una controversia non va a modificare le posizioni giuridiche sostanziali.

4.5 Ovviamente, come già più volte ripetuto, ma pare necessario ribadirlo, le conclusioni ora indicate valgono laddove si accolga la conclusione che ad essere competente per la valutazione sia il gestore entrante, e quindi si torna alla questione iniziale.

Al momento si presenta una situazione d’incertezza che richiede un intervento chiarificatore da parte del Ministero, che potrebbe essere di tipo normativo o, anche più modestamente, interpretativo.   

Tale intervento è quanto mai necessario, onde evitare il procrastinarsi di una situazione d’incertezza che non aiuta l’ordinato svolgimento delle gare d’ambito. 

4.6. Nell’ipotesi in cui si ritenesse sussistere la competenza dell’ente locale ad essere parte del contenzioso instaurato per la valorizzazione dei cespiti del gestore uscente, resta da considerare l’aspetto che riguarda gli oneri relativi al contenzioso volto a definire il valore di rimborso degli impianti. Tali oneri infatti potrebbero rivelarsi particolarmente gravosi per l’ipotesi (non infrequente) in cui sia necessario ricorrere alle procedure arbitrali. Ebbene in queste ipotesi gli enti locali si troverebbero ad essere gravati da tali oneri senza che ve ne sia una giustificazione giuridica ed economica in quanto, come visto, non vengono in considerazione interessi direttamente riferibili ad essi. Al riguardo è palese la differenza che si ha rispetto all’intervento nelle fasi antecedenti alla gara, dove i costi relativi alla valorizzazione (comunque inferiori a quelli di un contenzioso) sono rimborsati, in modo che gli enti pubblici siano sì chiamati ad intervenire, ma la loro attività è economicamente neutra. Nel caso in cui invece l’ente debba risultare “protagonista” del contenzioso per la valorizzazione dei cespiti del gestore uscente, non è previsto alcun rimborso.

Inoltre non deve passare in secondo piano che le attività pre-gara rientrano nella più ampia gestione del servizio pubblico in cui la valorizzazione degli impianti costituisce la necessaria premessa della successiva gara per l’affidamento del servizio. In sede di valorizzazione invece si tratta di intervenire nei rapporti economici tra privati, in cui non si rinviene alcun interesse pubblico.

Si consideri infine che il comune potrebbe trovarsi a “difendere” i valori risultanti dalle osservazioni provenienti dall’ARERA e fatte proprie dalla stazione appaltante, quindi diversi da quelli che lo stesso aveva originariamente determinato.

5.Conclusioni

 A questo punto sia consentita una valutazione realistica: con quale animo un comune può decidere di procedere ad una valutazione in disaccordo assumendosi in tal modo gli oneri del successivo contenzioso[11]? Gli enti locali si troverebbero stretti tra la necessità di adempiere in modo rigoroso la funzione attribuitagli dall’ordinamento e quella di evitare che questa gravi sulle proprie finanze[12].

Quindi accanto all’auspicabile intervento chiarificatore sopra richiesto, si ritiene ragionevole superare la problematica ora vista, o attribuendo la competenza ai gestori subentranti, oppure fornendo agli enti locali gli strumenti economici ad affrontare questa fase della procedura.   

 

Avvocato Sergio Cesare Cereda – partner dello studio legale Radice, Cereda&Associati, Milano.

 

[1] Art. 5 co 14 DM 226/11 nonché art. 11 all. A alla Delibera ARERA del 27/12/2017 n. 905.

[2] Si osservi che la citata delibera dell’ARERA prevede anche due ipotesi di verifica semplificata, ma comunque il ragionamento non muta anche nel caso di ricorso a queste tipologie di verifica.

[3] Art.1 1della citata Delibera ARERA n. 905/2017.

[4] Art. 28.2 della citata Delibera n. 905/2017. In tal senso anche l’art. 5 co 14 del DM 226/11.

[5] Art 28.3 della Delibera ARERA n. 905/2017.

[6] Art 28.4 della Delibera ARERA n. 905/2017.

[7] L’ultimo capoverso del comma 16 dell’art. 5 del DM 226/11.

[8] Diverso è il ragionamento da farsi nell’ipotesi in cui il disaccordo riguardi la determinazione della proprietà degli impianti tra comune e gestore. In questo caso appare pacifica la circostanza che l’ente locale debba essere l’attore della instaurata controversia. 

[9] Si noti che in alcune convenzioni l’intervento del comune è previsto solo per casi particolari: ad esempio laddove sia stabilito che sarà l’ente locale ad assumere il servizio e quindi ad acquisire la titolarità degli impianti, oppure in caso di riscatto anticipato o di decadenza. Non per altre situazioni quali l’ipotesi in cui al termine della convenzione non sia il comune a subentrare nel servizio. In questo caso è da ritenersi che manca una specifica previsione convenzionale e quindi vale regolazione generale. 

[10] Ovviamente la questione non si pone nel caso in cui si decida che i “protagonisti” del contenzioso siano gestore uscente e Comune.

[11] La questione assume ancor maggior rilievo a fronte del ricorso ad una delle due ipotesi di verifica semplificata introdotte dalla Delibera ARERA del 27/12/2017 n 905, posto che in tal modo si prescinde anche dal controllo di questa. 

[12] È la necessità di superare questa dicotomia, fornendo loro certezze già al momento di procedere alla determinazione dei valori, che rende urgente un intervento chiarificatore.

 

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