HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Il mito dell’“Unità Nazionale” nell’esecuzione della Governance del Recovery Plan (e altro)
di Maurizio Lucca 3 giugno 2021
Materia: pubblica amministrazione / attività

Il mito dell’“Unità Nazionale” nell’esecuzione della Governance del Recovery Plan (e altro)

(Maurizio LUCCA, Segretario Generale Amministrazioni Locali)

1. E fu luce. 2. La semplificazione normativa. 3. Il D.L. 77/2021, l’Europa e la competenza esclusiva. 4. Il centro permanente. 5. La sovrastruttura. 6. Il nuovo ruolo delle società partecipate. 7. L’uomo solo al comando. 8. Dove andiamo da oggi: nuovo modello ordinamentale. 9. La panacea del potere sostitutivo. 10. Il RUP responsabile di tutto. 11. Le procedure in deroga. 12. Valutazioni prospettiche.

1. E fu luce

Accade che il Governo legiferi «in casi straordinari di necessità e d’urgenza» (ex comma 1, dell’art. 77 Cost.) per «imprimere un impulso decisivo allo snellimento delle procedure amministrative in tutti i settori incisi dalle previsioni» (una road map del “far bene e far presto”) dal:

  • Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR);
  • Piano nazionale per gli investimenti complementari”;
  • Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030”;

il tutto «per consentire un’efficace, tempestiva ed efficiente realizzazione degli interventi».

2. La semplificazione normativa

Secondo i princìpi della produzione normativa moderna, alcuni ritennero (un tempo lontano) che le Leggi dovessero essere:

  • chiare;
  • certe;
  • inalterabili e poche.

Il richiamo al c.d. mito delle “Dodici Tavole”, che MARCO TULLIO CICERONE antepose alle biblioteche di tutti i filosofi, esprimeva una verità riferita all’eleganza di parole coniugata all’assoluta concisione dei concetti giuridici, con la più inscindibile semplicità nella descrizione degli istituti, sia del diritto pubblico, sia del diritto privato, al punto che molti pensavano che non si potesse fare nulla di più perfetto: «quelle poche Tavole dunque… comprendevano brevemente e sapientemente… tutto il diritto pubblico e privato e la perfetta costituzione della città. Felice Roma, se si fosse accontentata di queste poche leggi e avesse cercato poche novità… nei tempi recenti in cui la legislazione è aumentate in misura così sorprendente. L’ordinamento pubblico della città è stato corrotto dall’accumularsi di tante leggi»[1].

Or dunque, l’esigenza di semplificare[2] parte dall’esigenza di comprendere appieno il significato nelle norme, escludendo la poderosa produzione di decreti attuativi, DPCM (seriali e serali), concerti, intese, circolari (e che altro), per disseminare e dissipare le fonti, allo scopo dichiarato di raggiungere il “fine generale”, secondo un processo di funzionalizzazione dell’interesse pubblico alla civile e sana convivenza, nei parametri costituzionali del “buon andamento e imparzialità” (ex art. 97 Cost.) e dell’“uguaglianza sostanziale” (ex art. 3 Cost.).

La semplificazione[3], come strumento valoriale di corretta e armoniosa spendita del denaro pubblico, e, allo stesso tempo, come mezzo programmatico strumentale al procedimento amministrativo di ricerca delle soluzioni praticabili, atte ad assicurare il “bene della vita” e la realizzazione di tutte quelle infrastrutture e investimenti utili per il rilancio dell’economia nazionale e della società: «Niente sarebbe più facile di un codice le cui leggi fossero espresse con chiarezza, precisione e semplicità, e indicassero i principii generali di tutte le cose appartenenti alla società»[4].

3. Il D.L. 77/2021, l’Europa e la competenza esclusiva

Il decreto - legge 31 maggio 2021, n. 77, Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure, immediatamente alla prima riga, del primo comma dell’art. 1 - in modo granitico - si propone (ed è legge) di «semplificare e agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi» dei Piani, in un’escalation di norme, commi e rimandi su una moltitudine di materie, anche quelle sulle “pari opportunità/genere” (ex art. 47, ove risulta plateale la presenza di una “norma manifesto”, inserita nella disciplina dei contratti pubblici, con la creazione ex novo di ulteriori adempimenti a carico degli operatori economici e delle stazioni appaltanti che richiederà nuovi investimenti formativi e professionali, con il coinvolgimento determinante della consigliera/consigliere regionale di parità, oltre alle organizzazioni sindacali, nonché premialità aggiuntive, rilevando al comma 9 l’obbligo di pubblicazione e comunicazione dei rapporti e delle relazioni) e della “prevenzione della corruzione” (ex art. 7), dove al primo posto (al summum primatum): «assume preminente valore l’interesse nazionale alla sollecita e puntuale realizzazione degli interventi… nel pieno rispetto degli standard e delle priorità dell’Unione europea in materia di clima e di ambiente».

E le disposizioni contenute nel decreto, «in quanto direttamente attuative degli obblighi assunti in esecuzione del Regolamento (UE) 2021/241», che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, «sono adottate nell’esercizio della competenza legislativa esclusiva in materia di rapporti dello Stato con l’Unione europea di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione e definiscono, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».

L’incipit del cit. terzo comma, dell’art. 1, è scultoreo nell’attestare una competenza propria nel decidere erga omnes, e su l’intero territorio, escludendo qualsiasi intrusione di Regioni e Autonomie Locali, con deroghe alle fonti sottordinate, che non mancherà di pronunciamenti da parte della Corte Costituzionale per l’evidente invasione di campo.

4. Il centro permanente

Il decreto del “primo ministro” riporta al centro, ossia allo Stato, ogni determinazione, ed ogni inciampo, potendo sempre il “dissenso” essere ricomposto, superato dal “Consiglio dei ministri” (ex art. 13, Superamento del dissenso, anche qualora «non sia già previsto delle vigenti disposizioni» ai sensi dell’art. 117, comma 5, e 120, comma 2, che recita «il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali»), affidando al “potere esecutivo” non solo la potestà di giudicare il merito ma anche quello di “legiferare”, con l’assunzione di competenze che appartengono ad altri livelli di governo territoriale: un’autarchia di poteri sovrani in contrapposizione al “policentrismo istituzionale”, varato dalla riforma del Titolo V della Costituzione[5].

La centralità risulta evidente con la creazione di una serie di organi (vedi, in modo significativo, la “Commissione Tecnica PNRR-PNIEC”, posta alle dipendenze funzionali del Ministero della transizione ecologica, e formata da un numero massimo di quaranta unità, ex art. 17, comma 1, lettera a), oppure la creazione della “Soprintendenza speciale” per il PNRR, istituita presso il Ministero della cultura, di cui all’art. 29, operativa fino al 31 dicembre 2026, stessa sorte per il “Comitato speciale”, previsto presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, ai sensi del comma 1 dell’art. 45) in parte autonomi, che definiscono il “tutto” a partire dalla Cabina di regia (art. 2), presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con poteri di indirizzo politico, impulso e coordinamento generale, di monitoraggio, dove in relazione all’interesse perseguito si possono presentare altri soggetti con ruoli partecipativi (quasi, comparse) al fine di armonizzare gli indirizzi, che rimangono saldi al centro.

5. La sovrastruttura

A seguire (Parte I, Titolo I):

·         art. 3, viene creato il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale;

·         art. 4, viene istituita la Segreteria tecnica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (scadenza 31 dicembre 2026, con assegnazione risorse e personale);

·         art. 5, viene istituita l’Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione e Ufficio per la semplificazione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (scadenza 31 dicembre 2026, con assegnazione risorse e personale);

·         art. 6, viene istituita, presso il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, un ufficio centrale di livello dirigenziale generale, denominato “Servizio centrale per il PNRR” (con assegnazione risorse e personale, il Servizio si «articola in sei uffici di livello dirigenziale non generale e, per l’esercizio dei propri compiti, può avvalersi del supporto di società partecipate dallo Stato», vengono, altresì, istituiti «presso il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato cinque posizioni di funzione dirigenziale di livello non generale di consulenza, studio e ricerca per le esigenze degli Ispettorati competenti»);

·         art. 7, presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per i Rapporti finanziari con l’Unione europea (IGRUE), viene istituito un ufficio dirigenziale di livello non generale avente funzioni di audit del PNRR, quale ufficio indipendente dagli altri coinvolti nella gestione del PNRR (sono previste assunzioni di 7 incarichi di livello dirigenziale non generale, anche in deroga ai limiti assunzionali);

·         il comma 6, dell’art. 7, prevede che la Sogei S.p.A. assicura il supporto di competenze tecniche e funzionali all’amministrazione economica finanziaria per l’attuazione del PNRR, potendosi avvalere di Studiare Sviluppo s.r.l., selezionando gli esperti con criteri autodefiniti e semplificati «prediligendo modalità di selezione basate su requisiti curriculari e su colloqui di natura tecnica, anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175» (alias, senza concorso), precisando che alla società «non si applicano le disposizioni relative ai vincoli in materia di contratti di collaborazione coordinata e continuativa»;

·         art. 8, viene affidato il Coordinamento della fase attuativa a ciascuna Amministrazione centrale titolare di interventi previsti nel PNRR (potendo istituire fino al massimo di tre uffici dirigenziali di livello non generali sino al 31 dicembre 2026);

·         art. 9, viene prevista l’attuazione da parte delle Amministrazioni centrali, le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali «attraverso le proprie strutture, ovvero avvalendosi di soggetti attuatori esterni individuati nel PNRR, ovvero con le modalità previste dalla normativa nazionale ed europea vigente»;

·         art. 10, viene stabilito che per accelerare la realizzazione degli investimenti pubblici le amministrazioni interessate possono «avvalersi del supporto tecnico-operativo di società in house qualificate ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50» (potendo esternalizzare ogni intervento, con una modalità di comparazione con riferimento a Consip SPA e delle centrali di committenza regionale, ex art. 192, comma 2, del cit. Codice dei contratti pubblici, e ricorso anche a personale esterno);

·         art. 11, per rafforzare la capacità amministrativa delle stazioni appaltanti la Consip SPA e la Sogei SPA assumono un ruolo operativo e sostitutivo rilevante.

Appare evidente la creazione di strutture, organismi, nuovi posti dirigenziali e consulenziali (e altro), creando una sovrastruttura rispetto ai poteri esistenti: il dominio del PNRR.

6. Il nuovo ruolo delle società partecipate

Va detto, altresì, che rispetto ad un processo di razionalizzazione delle società partecipate, il decreto ne amplia i poteri e i compiti, inducendo a ritenere che attraverso tali esternalizzazioni di servizi si possa efficientare il rilancio, e aprire una nuova stagione di riforme, riscrivendo, ancora una volta, l’agenda dei servizi pubblici e le norme speciali che vorrebbero soggetti pubblici nel mercato con regole distinte e poteri identici.

7. L’uomo solo al comando

Da questo primo Titolo (artt. 1 – 11), si può comprendere, senza incorrere in fraintendimenti, che la Presidenza del Consiglio dei ministri è il dominus dell’intero ciclo delle risorse in arrivo, che associato al Titolo II, Poteri sostitutivi, superamento del dissenso e procedure finanziarie, (artt. 12 – 16) non ammette ritardi, difformità o inerzie, pena l’esercizio di poteri sostitutivi, allo scadere di un termine per provvedere non superiore a trenta giorni (in generale, nei procedimenti amministrativi vengono ridotti/dimezzati i termini o resi perentori), con la nomina di commissari ad acta o avvalendosi di società partecipate o altra P.A. identificata, ovvero direttamente da parte del Ministero competente, anche mediante poteri di ordinanza.

È interessante notare, in questa attività d’impulso, che qualora il Ministro competente non adotti i provvedimenti necessari e in tutti i casi in cui situazioni o eventi ostativi alla realizzazione dei progetti non risultino altrimenti superabili con celerità «su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o della Cabina di regia, il Consiglio dei ministri esercita i poteri sostitutivi» (indicativo del metodo, è la procedura VIA dell’art. 20).

La nomina dei soggetti attuatori, in sostituzione di coloro che dovrebbero procedere (quest’ultimi gravati degli oneri di pagamento per la nomina dei Commissari), comporta una dissociazione ex lege dell’imputazione di responsabilità e dei connessi effetti prodotti sul destinatario, visto che il comma 6, dell’art. 12, stabilisce che «la Presidenza del Consiglio dei ministri e le amministrazioni centrali titolari di interventi previsti dal PNRR restano estranee ad ogni rapporto contrattuale e obbligatorio discendente dall’adozione di atti, provvedimenti e comportamenti da parte dei soggetti individuati o nominati per l'esercizio dei poteri sostitutivi... Di tutte le obbligazioni nei confronti dei terzi rispondono, con le risorse del piano o con risorse proprie, esclusivamente i soggetti attuatori sostituiti».

8. Dove andiamo da oggi: nuovo modello ordinamentale

Il quadro normativo definito nella Prima parte, Governance per il PNRR, del D.L., senza voler citare la fabbricazione delle pandette, dimostra una spirale decisionale che esclude la periferia istituzionale dai percorsi verso il rilancio, riportando una (re)visione dello Stato che potrebbe anteporsi ai precetti dall’art. 5 Cost., segnando una gerarchia tra i livelli istituzionali, piuttosto di un riconoscimento (ex ante Repubblica) delle Autonomie locali, riscrivendo anche i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (ex comma 1, dell’art. 118 Cost.).

La Costituzione definisce il potere dello Stato (ordinamento), nel senso della sua organizzazione e funzionamento nelle sue composizioni: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento», ex art. 114 Cost., individuando principi – criteri che si rapportano alla genesi del potere e della sua legittimazione di imporre determinate condotte, che si riflettono inesorabilmente e direttamente sui cittadini, i loro rappresentanti e coloro che esercitano una funzione pubblica (ex art. 54 Cost.)[6].

Se da una parte “ce lo chiede l’Europa”, dall’altra, la stesura di questo provvedimento emergenziale mette in secondo piano le positività che appartengono alle Autonomie Territoriali, per un ritorno ad uno “Stato monoclasse”, che predica un coordinamento in funzione della realizzazione degli interventi, ma di fatto ignora l’evoluzione dello Stato moderno, del suo decentramento, della periferia dove si alimentano e si drenano le risorse senza una effettiva partecipazione al processo decisionale che rimane ancorato al suo centro.

9. La panacea del potere sostitutivo

Di converso, all’apparato amministrativo (non statale) vengono imputate le responsabilità, vengono creati nuovi uffici del “potere sostitutivo” (ai sensi dell’art. 61, comma 1, alternativo al Responsabile del potere sostitutivo, si può individuare una “Unità organizzativa”, composta, pertanto, di più soggetti con l’ovvia individuazione di un Responsabile), del tutto inconferenti sull’effettività dei termini di adempiere, affidati nuovi compiti censori ad Agenzie governative quando la transizione digitale non decolla (istituito il nuovo art. 18 bis, Violazione degli obblighi di transizione digitale, del CAD con sanzioni da un minimo di euro 10.000 a 100.000), dimenticando l’arretratezza culturale e tecnica degli apparati organizzativi, dove mancano figure specializzate in informatica, senza dimenticare i limiti oggettivi delle reti di trasporto dati o delle piattaforme (inadeguate, ovvero le difficoltà di attuare il domicilio digitale e le notifiche, cfr. l’art. 38), si affida alla “Conferenza di servizi” la concentrazione decisionale, un modulo organizzativo sistematicamente novellato (e punto di riferimento di ogni procedimento in presenza di assensi, autorizzazioni, concerti, nulla osta, pareri), trasformando il “silenzio assenso” in un obbligo di pronuncia (ai sensi dell’art. 62, una attestazione in via telematica, su richiesta del privato, «circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda», rafforzando il “non senso” della norma sugli effetti del silenzio), con l’innesto nell’art. 20 della legge n. 241/1990 del nuovo comma 2 bis), tagliando la possibilità della P.A. di esercitare l’autotutela dell’annullamento d’ufficio (ex art. 21 nonies della legge n. 241/1990), passando da 18 mesi a 12 mesi, senza tenere in considerazione dell’impatto sui procedimenti, senza alcuna distinzione.

10. Il RUP responsabile di tutto

I mali della P.A. vengono risolti nell’individuazione nel RUP, quale soggetto incapace di rispettare le procedure[7], di raggiungere la sottoscrizione del provvedimento finale, dimenticando che non si tratta di “paura della firma” ma di un ammasso di norme contraddittorie e incomprensibili che minacciano costantemente l’azione amministrativa di fronte ad adempimenti squisitamente formali, senza contare la compilazione di format e statistiche su piattaforme inutili, dopo l’assegnazione di responsabilità (dirigenziali, penali, erariali, civili, disciplinari) ancorate al dato letterale (e, ovviamente, le responsabilità da valutare anche sulla performance individuale) piuttosto che alla sostanza: quel “prodotto” che i cittadini attendono, incuranti di tutte le sovrastrutture che rivestono ogni procedimento.

Il dirigente, il funzionario, il responsabile del procedimento dovrà operare con diligenza nel rispettare i termini di conclusione del procedimento, incurante di operare in un tessuto ordinamentale carico (ancora) di adempimenti (il D.L. ne aggiunge altri) e soggetti esterni deputati alla vigilanza e al controllo ma privi di responsabilità (a volte, dicono i più informati, di competenza), dove la violazione di una “fase procedimentale”, o di un “comma”, può interrompere l’iter e creare un contenzioso, imputando a chi lavora «al servizio esclusivo della Nazione» (ex art. 98 Cost.) di non aver seguito il procedimento, dovendo bilanciare l’efficienza e la tempestività con il “giusto procedimento”.

E nel “giusto procedimento”, diritto sovrano di libertà, si annidano tutte quelle fabbriche di norme e decreti attuativi (che nessuno è in grado di numerare e conoscere nella loro totalità) che impediscono il decollo dell’azione amministrativa, dovendo celebrare cerimonie di regole, di pubblicazioni, di comunicazioni, di verifiche, di controlli, e di altro ancora.

11. Le procedure in deroga

Dissipati in più commi troviamo le procedure in deroga, gli interventi che possono essere eseguiti senza alcuna possibilità da parte degli Enti locali di interagire, anche in piena difformità agli strumenti di pianificazione (in presenza di opere pubbliche di particolare complessità o di rilevante impatto, l’art. 44 prevede che «Gli enti locali provvedono alle necessarie misure di salvaguardia delle aree interessate e delle relative fasce di rispetto e non possono autorizzare interventi edilizi incompatibili con la localizzazione dell’opera»), ovvero senza attendere alcun riscontro da parte dei proprietari dei beni pubblici (l’art. 40, riferito al procedimento di autorizzazione per l’installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica e per l'infrastrutturazione digitale degli edifici e delle unità immobiliari, consente la dichiarazione di pubblica utilità immediata all’esito della conferenza di servizi, nonché la possibilità di una riduzione dei termini per le autorizzazioni, e l’inizio dei lavori con comunicazione di avvio dei lavori all’Amministrazione, comma 5), quando l’opera sostituisca il rinnovamento digitale.

La semplificazione del Codice dei contratti pubblici, con affidamenti diretti e periodi allungati di moratoria, limitando i controlli, porta un fenomeno di “recessione” rispetto alle procedure aperte, privilegiando l’affidamento senza comparazione (e senza rotazione), alterando la concorrenza, selezionando gli operatori economici (da ricomprendere i consulenti, esperti, professionisti, progettisti) senza concorso: quasi si volesse considerare la procedura selettiva un appesantimento procedimentale, una sorta di comma 2, dell’art. 1 della legge n. 241/1990 («La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria»), dove l’affidamento diretto è sinonimo di efficienza, se all’efficienza si contrappone la procedura in deroga, extra Codice.

In termini diversi, la semplificazione (vedi, ad es. l’art. 48, o 50) corrisponde ad una serie di deroghe rispetto al sistema ordinario di individuazione del contraente, mentre viene rivista la disciplina del subappalto (art. 49) per risolvere le contestazioni della Commissione europea (peraltro, non risolte), coinvolgendo dal 1° novembre 2021 anche le Prefetture, con un appesantimento delle procedure; tuttavia, tale aggravamento viene compensato con il protrarsi, dal 31 dicembre 2021 al 30 giugno 2023, delle emergenziali procedure del D.L. 76/2020, ovvero la costituzione del fascicolo virtuale dell’operatore economico.

La semplificazione prevista all’art. 33, in materia di efficienza energetica e rigenerazione urbana, viene velocizzata con l’auto “attestazione” nella CILA degli estremi del titolo abilitativo o della data di costruzione, non richiedendo l’attestazione dello stato legittimo, semplicemente si rinvia al RUP gli oneri di verifica, con conseguente responsabilità in sede di omesso controllo (spariscono altre autorizzazioni per interventi di manutenzione e ripristino delle opere di sistemazione idraulica forestale, ex comma 1, dell’art. 36, così come in materia di riconversione dei siti industriali, ex art. 37).

12. Valutazioni prospettiche

Alla conclusione non si può attendere, l’impianto del D.L. 77/2021 va letto solo da una parte (le Autonomie non sono protagoniste), da un manovratore (non necessariamente una persona) che dispensa il verbo e le risorse, frutto di una situazione emergenziale della dittatura del COVID-19[8], della perdita di potere degli organi rappresentativi (il Parlamento) verso la centralità dell’esecutivo, con la strisciante perdita di credibilità di altri poteri (di bilanciamento)[9].

Si potrebbe argomentare che se la “transizione digitale” costituisce un primario obiettivo del PNRR, assistiamo ad una permanente transizione verso nuove e indefinite forme di potere, dalla perdita della democrazia partecipata (“del uno vale uno”, a prescindere dalla competenza) alla trasparenza delle consultazioni on line, e più in là alla tutela (persa) dei dati personali (il censimento sanitario viene ampliato, vedi art. 42), avendo dimenticato - in questo processo collettivo - il punto di partenza ma anche quello di arrivo, in nome del contagio e delle vaccinazioni di massa, dove il dissenso non è più considerato una manifestazione di libertà ma un attacco all’integrità.

Il frutto è conseguente alla forma («Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi», MATTEO, 7, 15), un Parlamento che assiste inerte, coalizioni che non rispecchiano gli esiti del consenso (i risultati elettorali), nomine salvifiche in tutte le sedi (compresi i Commissari dell’emergenza), dimenticando il ruolo tra “opposizione” e “maggioranza”, premiando l’appartenenza al merito[10], dove il dibattito e la partecipazione viene ridotta in nome dell’efficienza, con la riduzione dei termini e delle osservazioni (vedi, la nuova procedura VIA dell’art. 19, o il nuovo “interpello ambientale” dell’art. 27, o l’art. 28 sulla VAS), che altrimenti renderebbero lunghi i tempi della decisione (realizzazione del PNRR).

Tutta questa disputa di semplificazioni si aggiunge a tutte le altre semplificazioni e riforme della P.A., dove il passato ritorna inesorabile con la misurazione della performance, dei carichi di lavoro, dei premi, di quel pensiero “manageriale” che ha condotto tante Amministrazioni Pubbliche, società partecipate comprese, al baratro e al default finanziario.

A ben vedere, il D.L. n. 77/2021 dimostra tutta la sua invincibile attualità quando i partiti (quello che rimane del termine desueto) hanno perso la loro funzione identificandosi, sempre più, in singoli (non più leader), quando poteri esterni - non rappresentativi delle Comunità - ordinano e impongono, trascinando il Paese in una perdita di ruoli, quando i diversi livelli di governo territoriale perdono di influenza e vengono posti ai margini (mentre, le società partecipate pubbliche acquistano potere gestionale/decisonale).

L’“Unità nazionale” ne risente vivamente, perdendo la polarità del policentrismo istituzionale, le coalizioni durano una stagione senza superare le difficoltà della politica, mancando fermezza e discernimento al tempo stesso, ripercuotendosi gli effetti nella società e nelle leggi[11], anzi nei decreti – legge, con tutte le accompagnate tensioni sociali, in una perdita costante e continua di valori (etici), corrompendosi: «i partiti si dedicano a vendere lucciole e grilli, i sindacati a simulare rivoluzioni tascabili, gli enti di vasta area passano il tempo a fare crisi di giunte, i grandi comuni organizzano circenses col denaro pubblico, le burocrazie propongono solo avanzamenti dei propri appartenenti», quasi una premialità di fasce[12], «e chiedono moltiplicazioni degli uffici dirigenziali… Sia l’una che l’altra forma si va avanti per accomodamenti successivi»[13].

 



[1] FRANCESCO MARIA PAGANO, Il mito “delle Dodici Tavole”: le leggi poche e chiare, Politicum universae Romanorum nomothesiae examen, 1768.

[2] Il principio di semplificazione dell’azione amministrativa non riguarda soltanto l’accelerazione dei procedimenti ma va esteso all’esigenza di avere un testo normativo chiaro e soprattutto completo senza costringere il cittadino in genere, e l’operatore in particolare, a ricerche complesse e difficili, Giunta amm. Trieste, 30 agosto 1999, n.170.

[3] Le norme di “semplificazione amministrativa” vanno ricondotte alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, in quanto anche l’attività amministrativa può assurgere alla qualifica di “prestazione” (quindi, anche i procedimenti amministrativi in genere), della quale lo Stato è competente a fissare un “livello essenziale” a fronte di una specifica pretesa di individui, imprese, operatori economici ed, in generale, di soggetti privati (Corte Cost., sentenze n. 207 e n. 203 del 2012. Il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle, Corte Cost., 5 aprile 2013, n. 62.

[4] ANTONIO GRAZIOSI, Testamento forense di un magistrato o sia saggio sul cadimento del foro napoletano, 1806.

[5] Forse, vengono minate le prerogative del “legislativo”, con una coesistenza di poteri rispetto ad una suddivisione che preclude al potere esecutivo di legiferare, nel senso di distinguere diversi gradi di legittimazione e investitura, «il legislativo non può trasferire in altre mani il potere di emanare leggi. Infatti, dal momento che un potere delegato dal popolo, coloro che lo detengono non possono trasmetterlo ad altri», JOHN LOCKE, Il secondo trattato sul governo, 1690, 141.

[6] In termini diversi, «il potere è funzione superiore (divina), ottriata a taluno attraverso tramiti e per finalità ed oggetti i più vari e diversi ma sempre come servizio superiore: una potestà propria e personale, avente ad oggetto la funzione per la quale è stata conferita», IVONE CACCIAVILLANI, La Costituzione di Venezia, Padova, 2018, pag. 22.

[7] Cfr. ANTONIO CICCIA MESSINA, Commissariata la p.a. lumaca. Un sostituto per chiudere la pratica in metà tempo, ItaliaOggi, 28 maggio 2021, pag. 28, ove si evidenzia che «il decreto legge vuole rafforzare l’operato del sostituto e lo fa dandogli una organizzazione e scandendo i tempi».

[8] Si rinvia, LUCCA, Dalle Idi di marzo (fase zero punto zero) al contagio dei DPCM (fase quattro punto zero), comedonchisciotte.org, 14 novembre 2020.

[9] Vedi, ALESSANDRO SALLUSTI – LUCA PALAMARA, Il Sistema. Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura Italiana, Milano, 2021, pag. 268, ove l’intervistato dichiara «devo essere sincero, a un certo punto mi sono assuefatto al potere… Ho fatto parte di un’oligarchia giudiziaria, e ogni oligarca ha i suoi riferimenti nel mondo istituzionale e politico».

[11] BARTOLO DA SASSOFERRATO, Trattato sulle costituzioni politiche, Foligno, 2018, 110, il grande giurista del diritto pubblico medioevale soffermandosi sul governo della civitas riferisce che «la pace e l’unione dei cittadini deve essere l’intento supremo del governante».

[12] Cfr. ROSARIA AMATO, Premi ai funzionari che si impegnano di più sul Recovery Plan, repubblica.it, 30 maggio 2021.

[13] MASSIMO SEVERO GIANNINI, Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, Bologna, 1986, pag. 136.

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici