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Poteri rogatori del Segretario comunale: limiti territoriali estesi al di fuori del territorio comunale
di Maurizio Lucca 29 novembre 2021
Materia: enti locali / ordinamento

Poteri rogatori del Segretario comunale: limiti territoriali estesi al di fuori del territorio comunale

Avv. Maurizio Lucca, Segretario Generale Amministrazioni Locali

La massima

La sez. I Bari del TAR Puglia con la sentenza 26 novembre 2021, n. 1742, interviene sui poteri rogatori del Segretario comunale che non incontrano limiti territoriali.

I poteri rogatori del Segretario comunale

Il comma 4, lettera c) dell’art. 97 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) postula che il Segretario «roga, su richiesta dell’ente, i contratti nei quali l’ente è parte e autentica scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente», esprimendo un potere proprio (ex art. 97 Cost. «Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari») e un’indicazione di principio che lo pone come soggetto a cui compete - in via principale - la funzione notarile dell’Ente, rispetto alla precedente versione (riproduttiva dell’art. 17, comma 68, lettera b) della Bassanini bis) «può rogare tutti i contratti nei quali l’ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente»[1].

Si passa da una facoltà autonoma di esercizio della funzione «può rogare tutti i contratti», ad un dovere di rogare «su richiesta dell’ente, i contratti», quasi a significare, rispetto alla diversa formulazione, che la funzione è un dovere non ritraibile se l’Amministrazione richiede la prestazione rogatoria: si tratterebbe di un obbligo inerente la prestazione lavorativa attinente al rapporto di servizio: il Segretario comunale è, pertanto, tenuto a prestare la propria opera secondo le disposizioni della legge notarile e, come il notaio, è obbligato a prestare il suo ministero, ogni qual volta ne viene richiesto l’intervento da parte dell’Ente[2].

L’occupazione senza titolo

La questione viene affrontata dal giudice di prime cure a fronte dell’impugnazione di un’ordinanza di sgombero, emessa dal dirigente del servizio lavori pubblici di un comune di alcune aree detenute dai ricorrenti privi di titolo, con intimazione al rilascio entro una data stabilita.

Quest’ultimi, occupanti abusivi (ossia, senza alcun tipo di provvedimento concessorio o di proprietà) ne assumono l’illegittimità dell’ordine sul presupposto della intervenuta usucapione a loro favore del bene (confermando a contrario la semplice detenzione), di cui reclamano la natura patrimoniale disponibile, sottratta alla disciplina degli artt. 822 e 826 c.c. e, per ciò, passibile di acquisto a titolo originario in virtù del protratto possesso; di conseguenza l’Ente locale risulterebbe privo di poteri di autotutela esecutiva[3].

La provenienza e destinazione del bene

La civica Amministrazione nella memoria documenta la provenienza dell’area occupata, acquisita alla proprietà pubblica a seguito di esproprio, rilevando che il bene appartiene al patrimonio indisponibile del Comune, ai sensi dell’art. 1, comma 434, legge n. 311/2004, dove si precisa che «le aree che appartengono al patrimonio e al demanio dello Stato, sulle quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni hanno realizzato le opere di urbanizzazione di cui all’articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847, e successive modificazioni, sono trasferite in proprietà, a titolo oneroso, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano, al patrimonio indisponibile del comune che le richiede, con vincolo decennale di inalienabilità. La richiesta di trasferimento è presentata alla filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalle planimetrie e dagli atti catastali che identificano le aree oggetto di trasferimento. Il corrispettivo del trasferimento è determinato secondo i parametri fissati nell’elenco 3 allegato alla presente legge. I parametri sono aggiornati annualmente, a decorrere dal 1° gennaio 2006, nella misura dell’8 per cento».

La destinazione a opera di urbanizzazione ne comporta l’uso pubblico al servizio della collettività, quale fruizione a titolo ricreativo.

L’onere allegatorio della dimostrazione del titolo

Di converso (per i ricorrenti), è anche onere probatorio di chi ne contesta la titolarità dominicale fornire la dimostrazione di un titolo che ne giustifichi il legittimo possesso, idoneo a paralizzare l’intimato sgombero, non potendo ritenere ammissibile la proposizione di un’azione di usucapione che, nelle more del definitivo accertamento dell’acquisto a titolo originario, non può valere in alcun modo a legittimare gli assunti ricorsuali, posto che solo la sentenza definitiva con cui venga compiuto tale accertamento potrebbe avere tale valore.

I (non) limiti della funzione rogatoria

Nel definire il ricorso infondato, il G.A. si sofferma sul ruolo del Segretario comunale nell’esercizio della funzione rogatoria, rilevando che dal tenore della norma del TUEL in presenza del presupposto nel quale una parte del contratto risulta il Comune non vi sarebbero limiti alla funzione notarile: «alcuna limitazione territoriale ai suoi poteri».

I ricorrenti, infatti, invocavano la nullità di un atto di trasferimento rogato dal Segretario comunale (collegato alla provenienza dell’area in contestazione) in quanto formato fuori dal territorio comunale di titolarità del Segretario comunale: al di fuori del territorio del Comune sarebbe preclusa la funzione rogatoria, e dunque l’atto sarebbe nullo, inidoneo al trasferimento dei diritti immobiliari[4].

Tuttavia, osserva il Tribunale, con un’interpretazione innovativa ed estensiva, non troverebbero applicazione le limitazioni territoriali di cui all’art. 58 della legge notarile (16 febbraio 1913, n. 89, Sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili) previste per l’esercizio dei poteri rogatori notarili, in quanto dalla lettura sistematica con l’articolo 27, secondo comma della legge notarile (il punto 4) del primo comma dell’art. 58 cit.) l’atto è stato rogato all’interno del territorio «della regione … ovvero del distretto della Corte d’appello in cui si trova la sede, se tale distretto comprende più regioni»: il Segretario comunale ha rogato l’atto all’interno del territorio comunale del distretto di Corte d’appello dove presta servizio.

Infondata anche l’ulteriore censura con la quale i ricorrenti ritenevano che il Segretario comunale non possa rogare un atto di trasferimento in permuta di un bene statale in favore del Comune di appartenenza.

La sentenza n. 1742 del 26 novembre 2021, della prima sez. Bari del TAR PUGLIA, offre un’interpretazione della legge notarile innovativa, attenendosi al dato letterale della norma, estende i poteri rogatori del Segretario comunale equivalenti a quelli del notaio, con un raggio d’azione oltre al territorio ove presta servizio (la sede di titolarità, anche a scavalco), in una lettura sostanziale dell’attività di ufficiale rogante nell’interesse del Comune di appartenenza.

Prospettive immediate

In effetti, quando una parte è il Comune («nell’interesse dell’ente») il luogo della stipulazione risulta del tutto avulso dal profilo contenutistico, così come, a ben vedere, anche in relazione al ruolo di «parte» dell’Ente, dovendo valorizzare la capacità di esercitare la funzione notarile ex se: l’esercizio della pubblica funzione rogatoria lo legittima a stipulare qualunque atto/contratto avendo di mira l’unico scopo della prestazione: il perseguimento dell’interesse pubblico a ricevere (che significa rogare l’atto) il negozio giuridico, strumentale ad assicurare la cura del cit. interesse.

È del tutto irrilevante valutare se trattasi di un contratto di diritto privato o diritto pubblico, o di atto pubblico o di scrittura privata, o di un atto unilaterale, quando siamo in presenza, alternativamente o congiuntamente, del Comune, quale parte negoziale, oppure, dell’interesse pubblico (anche strumentale o secondario) perseguito dall’Ente: la piena capacità rogatoria del Segretario comunale è completa sotto il profilo della legittimità formale e sostanziale.

A rafforzare tale convincimento ed estensione spaziale, ossia oltre l’ambito comunale o distrettuale, si potrebbero richiamare tutte le attività (anche della Giustizia) che sono svolte da remoto (non in presenza), non solo il lavoro (smart) ma una molteplicità di funzioni pubbliche, dove ormai il luogo risulta un ambiente virtuale (web o piattaforma on line) e l’identità sostituita da un codice (SPID o un QR code), perdendo significato la dimensione territoriale per una dimensione digitale.

Pensare di andare oltre a questo spazio naturale e terreno (il territorio) risulta essere un dato acclarato (quasi scontato), soprattutto quando si è (già) superata la dimensione corporea (quella umana) per assumere una nuova del tutto artificiale, quando la firma autografa è stata sostituita da quella digitale (o da un pin), quando tutta la vita viene tracciata da un sistema centralizzato (tracking system): tutto questo progresso e transizione digitale, senza voler citare anche le deroghe normative del PNRR, impone di rivedere la legge notarile (e i suoi canoni e codifiche), mettendo in discussione proprio la funzione e la forma dell’atto: “innanzi a me ufficiale rogante”.

La sentenza apre una riflessione ben più estesa dei limiti territoriali della funzione rogatoria del Segretario comunale, con il potenziamento e la diffusione dell’identità digitale, del tracciamento informatico, dell’intelligenza artificiale, degli algoritmi, tutto viene compromesso e sostituito dalle macchine, questa moderna (e sanitaria) esigenza di identificare i soggetti mediante sistemi di controllo immediati e a distanza (in cloud) rende evanescente (superflua) la presenza in loco, ossia il territorio di riferimento, quello della sede di servizio del Segretario comunale, esigendo nuovi parametri di riferimento e nuovi valori d’identità per non perdersi dall’umana coscienza, che ancora resiste[5].


[1] Si rinvia per una disamina, LUCCA, La funzione rogatoria del Segretario comunale, Gorle (BG), 2003.

[2] TAR Lazio, sez. I, 8 aprile 1981, n. 324.

[3] Vedi, Niente tutela esecutoria (ordinanza di sgombero) sul patrimonio disponibile, mauriziolucca.com, 31 agosto 2019, a commento della sentenza del Cons. Stato, sez. VI, 29 agosto 2019, n. 5934, dove vengono tracciati i poteri di tutela esecutoria dell’Amministrazione in presenza di occupazioni da terzi sine titulo quando agisca in area appartenente al patrimonio disponibile, dove l’esercizio di tale potere autoritativo non trova fondamento, dovendo ricorrere alle comuni azioni possessorie o della rei vindicatio civilistica.

[4] Il richiamo è quello dell’art. 58, comma 1, punto 4) della legge notarile sulla nullità degli atti, che rimanda all’art. 27 della cit. legge: «Il notaro è obbligato a prestare il suo ministero ogni volta che ne è richiesto. Egli non può prestarlo fuori del territorio della regione in cui si trova la propria sede ovvero del distretto della Corte d’appello in cui si trova la sede, se tale distretto comprende più regioni».

[5] Cfr. LUCCA, Gli obblighi abnormi di mascheramento e confinamento vaccinale: dal green pass all’uomo nuovo digitale, comedonchisciotte.org, 25 agosto 2021, «in quel momento, se non sapremmo mantenere fermo il diritto alla nostra integrità, tutto sarà compiuto, il singolo si identificherà con il tutto», perdendo non solo il cuore ma l’animo umano, lasciando il posto al solo codice numerico all’interno di un anonimo database.

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