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Nota alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 26 ottobre 2005, n. 5981. Contratti della P.A.-Informative prefettizie antimafia- Tentativo di infiltrazione mafiosa-Presupposti-Recesso della stazione appaltante-Difetto di giurisdizione del g.a..
di Santi Dario Tomaselli 14 novembre 2005
 

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI, 26 OTTOBRE 2005, N. 5981

 

Contratti della P.A. – Informative prefettizie antimafia – Tentativo di infiltrazione mafiosa – Presupposti – Recesso della stazione appaltante

– Difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Il Consiglio di Stato (Sez. VI, 26 ottobre 2005, n. 5981) torna sulla spinosa materia delle informative prefettizie relative a tentativi di “infiltrazione mafiosa”, riaffermando, da un lato, il proprio (ormai consolidato) orientamento in ordine ai presupposti applicativi dell’istituto, dall’altro, negando la propria giurisdizione in ordine alle controversie riguardanti il recesso delle stazioni appaltanti a seguito delle informative stesse.

 

I. LA SUSSISTENZA DEL TENTATIVO DI INFILTRAZIONE MAFIOSA.

I giudici del Consiglio di Stato ribadiscono che l’informativa di cui all’art. 4 del D.lgs. n. 490/94 non deve fare riferimento esclusivamente a fatti aventi rilevanza penale (o a mere misure di prevenzione a carico dei soggetti interessati) ma offre al Prefetto il potere di utilizzare fatti e vicende aventi valore sintomatico e indiziario (“in sé e per sé privi dell’assoluta certezza”) che, tuttavia, “letti” sistematicamente appaiano idonei ad individuare, se non la sussistenza di un effettivo condizionamento mafioso del soggetto economico interessato, anche solo il rischio che il medesimo possa subire tale condizionamento da sodalizi di tipo mafioso.

La decisione in esame si allinea, dunque, alla rigorosa interpretazione della normativa vigente già più volte propugnata in passato (cfr., di recente, Cons. di Stato, Sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2796; Id. sez. V, 29 agosto 2005, n. 4408).

 

II. IL DIFETTO DI GIURISDIZIONE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO IN ORDINE AL RECESSO DELLA STAZIONE APPALTANTE.

Il Consiglio di Stato era altresì chiamato a valutare la legittimità del recesso operato dalla stazione appaltante a seguito della adozione della informativa prefettizia.

Come noto, l’articolo 11 del D.P.R. n 252/98, prevede che l’amministrazione possa recedere dai rapporti in essere con il contraente privato qualora, successivamente alla stipula del contratto, siano accertati elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa. Sono tenute all’osservanza della predetta disciplina anche le società o imprese formalmente private che siano tuttavia controllate dallo Stato o da altro ente pubblico.

In sede di prima applicazione della norma si è posto il dilemma (di non poco momento) di quale fosse l’autorità giurisdizionale competente a conoscere della legittimità del suddetto recesso.

L’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia ha chiaramente affermato l’appartenenza della questione alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Infatti, l’atto del Prefetto, adottato a seguito delle informative in ordine alla sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 252/98, è espressivo di un potere di carattere pubblicistico, finalizzato ad obiettivi di natura pubblicistica collegati all’esigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali con imprese nei cui confronti sia stato perpetrato un tentativo di collegamento con la criminalità organizzata; da ciò discende che l’atto negativo adottato durante l’esecuzione del contratto ai sensi dell’art. 11 citato, come conseguenza della disposizione prefettizia, “non può configurarsi alla stessa stregua di una risoluzione fondata su inadempienze contrattuali – e in quanto tale essere rimessa alla giurisdizione del giudice ordinario – ma rientra  a pieno titolo nelle controversie previste dall’art. 7 della legge n. 205/2000” (Cons. di Stato, Sez. IV, 13.9.2001, n. 4780; Tar Calabria, Reggio Calabria, 28.3.2003, n. 279; più di recente, Tar Lazio, Sez. I ter, 13 gennaio 2005, n. 854).

Con la decisione in esame si è invece ritenuto di dover disattendere il suesposto orientamento.

Secondo i giudici, infatti, il recesso in questione, avendo sostanzialmente ad oggetto contratti quadro c.d. “aperti”, non avrebbe assunto il carattere di provvedimento autoritativo bensì quello di atto di natura privatistica incidente su rapporti contrattuali “assoggettati alla disciplina antimafia e in cui vi era una specifica clausola risolutiva per la perdita dei requisiti antimafia”: la natura privatistica del recesso implicherebbe, dunque, la configurazione di posizioni di diritto soggettivo devolute, conseguentemente, alla giurisdizione del giudice ordinario.

La ricostruzione fornita suscita qualche perplessità. In particolare laddove attribuisce carattere assorbente alla asserita natura privatistica della clausola risolutiva (che, a ben vedere, risulta invece inserita – autoritativamente - da un’amministrazione tenuta al rispetto della normativa antimafia), facendone conseguire la modifica anche della posizione giuridica del privato, che da interesse legittimo diviene di diritto soggettivo.

L’argomentazione non sembra superare la circostanza che il recesso in questione non trovi mai fondamento in inadempienze verificatesi nella fase di esecuzione del contratto, ma sia strettamente consequenziale alla nota del Prefetto contenente le informazioni di cui all’art.10 del D.P.R. n. 252/98. 

Questo nesso lo connota come atto espressivo di un potere ispirato da valutazioni di ordine pubblicistico (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5710), collegandosi all’esigenza di evitare il mantenimento di rapporti contrattuali fra amministrazioni (lato sensu intese) ed imprese nei cui confronti emergano sospetti di collegamenti con la criminalità organizzata.

La circostanza che l’intervento prefettizio (e, quindi, il recesso) siano avvenuti durante l’esecuzione del contratto appare ininfluente, atteso che la natura e le finalità dell’atto restano immutati.

Si vedrà in futuro se l’interpretazione proposta nella fattispecie dal Consiglio di Stato darà vita ad un’inversione giurisprudenziale di lunga durata.

Sentenza: Consiglio di Stato, Sez. VI, 26/10/2005 n. 5981
Sulla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in ordine al recesso della stazione appaltante a seguito di informativa prefettizia relativa a tentativo di infiltrazione mafiosa.
 Nota alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 26 ottobre 2005, n. 5981. Contratti della P.A.-Informative prefettizie antimafia- Tentativo di infiltrazione mafiosa-Presupposti-Recesso della stazione appaltante-Difetto di giurisdizione del g.a.. di Santi Dario Tomaselli

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