REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALEPER L'EMILIA-ROMAGNA SEZIONE DI PARMA
composto dai Signori:
Dott. Gaetano Cicciò Presidente Rel.Est.
Dott. Umberto Giovannini Consigliere
Dott. Italo Caso Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso N. 337/00 proposto da MANNI COSTRUZIONI S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberto Miniero e Giuseppe Pizzigoni, ed elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo, in Parma, Via Farini n.35;
contro
RIO RIAZZONE S.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Ermes Coffrini e domiciliata presso la Segreteria del T.A.R., in Parma, P.le Santafiora n.7;
per la condanna
della Rio Riazzone s.p.a. al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente per l’esclusione dalla licitazione privata per l’appalto dei lavori di “costruzione del 2° stralcio della discarica in località Rio Riazzone del Comune di Castellarano e il completamento della coronatura, la sistemazione dei canali di gronda e la realizzazione di un pozzo piezometrico”.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Rio Riazzone spa;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 25/05/2004 gli avv.ti Miniero e Coffrini per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato alla s.p.a. Rio Riazzone la s.r.l. Manni Costruzioni ha chiesto la condanna di quest’ultima al risarcimento del danno subito a causa dell’esclusione dalla gara d’appalto a licitazione privata per la costruzione di un’opera pubblica, esclusione riconosciuta come illegittima dalla sentenza n.278/2000 di questa Sezione, passata in giudicato.
Ha chiesto in particolare una decisione ex art.35 del D.L.vo n.80/1998 o una condanna specifica al risarcimento del danno, assumendo la perdita di “chances” per l’aggiudicazione (indicata nella percentuale del 50%), e quantificando l’ammontare del danno stesso nella somma corrispondente al 5% dell’utile d’impresa del 10% sull’importo dei lavori; inoltre ha chiesto il riconoscimento del danno sotto il profilo dell’interesse negativo (costo per partecipare al procedimento ecc.) e sotto quello ulteriore dell’impossibilità di far valere l’aggiudicazione quale titolo per la partecipazione alle altre gare, oltre agli interessi e alla rivalutazione.
La società resistente si è costituita e, anche con altra memoria, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo trattandosi di controversia insorta prima del 1/7/1998, e ciò in relazione agli artt.35 e 45, c.18, del D.L.vo n.80/1998; inoltre, il non avvenuto passaggio in giudicato della sentenza; ancora, la prescrizione della pretesa risarcitoria dovendosi considerare il momento dell’esclusione dalla gara e la sua infondatezza sia per mancanza del requisito della colpa sia per quanto riguarda la prova del danno.
Con ordinanza questo Tribunale ha disposto incombenti istruttori ordinando l’apertura della busta con l’offerta della ricorrente.
Le parti con memorie hanno ribadito i loro assunti.
DIRITTO
Con sentenza n.278/2000 di questa Sezione è stato accolto il ricorso della ricorrente annullandosi il provvedimento col quale essa è stata esclusa dalla licitazione privata di cui alla lettera d’invito del 10/9/1993 e gli atti presupposti (bando di gara e lettera d’invito) nelle parti pregiudizievoli per la ricorrente stessa. Respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione (atteso che si trattava di società per azioni sostanzialmente pubblica e costituita come una semplice “scatola vuota” al fine di impedire l’applicazione delle norme a garanzia dell’imparzialità e della responsabilità) la sentenza ha riconosciuto fondati tutti i motivi del ricorso e in particolare la dedotta violazione dell’art.5, 1° c., e dell’art.6, c.c) e d) del D.P.C.M. n.55/1991, l’eccesso di potere per illogicità e violazione della par condicio, l’errore di fatto, la violazione dell’interesse pubblico alla maggiore partecipazione alla gara e il disconoscimento di principi pacifici in giurisprudenza.
Si trattava, in altre parole, di violazioni gravi e ripetute tanto che non può assolutamente parlarsi di comportamento non colposo e scusabile, anche perché compiuto – come si è detto – in un contesto di deliberato intendimento di eludere l’applicazione delle norme sull’imparzialità della gara e sulla pubblicità dei relativi procedimenti.
Ciò premesso, si osserva che la ricorrente, con questo separato ricorso, ha ora chiesto il risarcimento dei danni derivati dall’illegittima esclusione dalla gara.
Con una prima eccezione la resistente a torto eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, giurisdizione che dev’essere invece riconosciuta sia in forza degli artt.35, 1° comma, e 33, 2° comma, lett. e) del D.L.vo n.80/1998 come modificato dall’art.7, 3° comma, della l.n.205/2000, i quali riservano le controversie in materia di risarcimento del danno nelle materie – come quella qui in esame – appartenenti alla sua giurisdizione esclusiva alla competenza del giudice amministrativo, sia in forza dello stesso art.35, 4° comma (ciò a far tempo dalla data di entrata in vigore della l.n.205/2000), in dipendenza dei principi secondo cui la giurisdizione si determina in base al momento della domanda e secondo cui comunque per l’economicità dei giudizi il giudice divenuto anche soltanto in corso di causa competente mantiene il potere giurisdizionale di decidere la controversia, come ritenuto ripetutamente dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Quanto alla seconda eccezione, la sentenza di annullamento di questa Sezione è risultata confermata dalla sentenza (v. il dispositivo n.95/2004 della 5^ sezione del Consiglio di Stato) che ha dichiarato irricevibile l’appello contro di essa proposto.
D’altra parte, perché possa provvedersi sulla richiesta di risarcimento è sufficiente che la sentenza, fra l’altro esecutiva, non sia stata riformata non essendo minimamente necessario il suo passaggio in giudicato.
E’ del pari infondata l’eccezione di prescrizione, che la resistente argomenta in base alla considerazione che la decorrenza del periodo prescrizionale quinquennale dovrebbe nel caso di specie coincidere con la data del fatto illecito generatore del danno derivante dall’illegittima esclusione.
Anche tralasciando quelle correnti dottrinali e giurisprudenziali che per casi analoghi di danno da comportamenti illegittimi dell’Amministrazione nei confronti di soggetti che entrano in relazione con essa parlano di responsabilità contrattuale, o paracontrattuale o “da contatto”, è indubbio che nell’ipotesi qui in discussione e quanto meno fino al passaggio alla giurisdizione amministrativa della materia del risarcimento del danno era pacifica quella giurisprudenza del giudice ordinario secondo la quale l’azione risarcitoria non poteva essere proposta, secondo il criterio della pregiudizialità amministrativa, se non a seguito della sentenza con cui il giudice amministrativo avesse annullato l’atto illegittimo (tale impostazione giurisprudenziale è stata, sia pure in modo criticabile, superata soltanto con la pretoria sentenza della Cassazione a sezioni unite n.500 del 1999).
E’ quindi evidente che il diritto al risarcimento, limitatamente al periodo in cui il giudice amministrativo non possedeva la necessaria giurisdizione, non poteva essere fatto valere ai sensi dell’art.2935 c.c.. In questa direzione, v. TAR Campania, I, n.995/2002.
Infine, non può fondatamente sostenersi che la ricorrente per rivendicare il risarcimento avrebbe dovuto impugnare anche il provvedimento di aggiudicazione. Quest’ultimo, infatti, è da intendersi automaticamente caducato a seguito dell’annullamento di un atto precedente in rapporto di necessaria consequenzialità con l’aggiudicazione stessa, e, d’altra parte, il danno si verifica di per sé per effetto dell’illegittima esclusione dalla gara, che ha privato il concorrente delle “chances” di aggiudicazione.
Tanto premesso, anche in ordine al requisito della colpa, e rilevato che il risarcimento – essendo avvenuta l’aggiudicazione dell’opera a favore di altra concorrente, anche per effetto dell’immotivata riforma in appello di un’ordinanza di sospensione di questa Sezione – non può avvenire che per equivalente, la liquidazione del danno, in base all’applicazione della tecnica prevista dall’art. 35, 2° comma, del D.L.vo n. 80/1998, dev’essere effettuata mediante il ricorso ai seguenti criteri:
1) Individuazione del lucro cessante.
Dal momento che sia la vincitrice della gara che la ricorrente hanno presentato un’offerta con un ribasso del 34,66% dell’importo a base di gara deve ritenersi, essendo per tale ipotesi previsto un sorteggio fra le due concorrenti, che la ricorrente avesse una possibilità pari al 50% di risultare aggiudicataria. Quindi, in base al criterio secondo il quale deve applicarsi una corrispondente riduzione sull’utile d’impresa del 10% sull’importo di gara, utile al quale viene commisurato il danno totale in caso di assoluta certezza di aggiudicazione (v., fra le tante, le sentenze del C.S., V, 8/7/2002, n.3796; VI, 18/12/2001, n.1281), dovrà risarcirsi l’importo corrispondente al 5% della somma a base della gara, ovviamente diminuita della percentuale dello sconto offerto;
2) Individuazione del danno emergente per costi sostenuti per la partecipazione e immobilizzo di uomini, mezzi e capitali per il presumibile periodo dei lavori.
Al riguardo, la ricorrente produce, a comprova, uno stralcio del libro matricola e del libro cespiti ammortizzabili, nonché una lettera d’impegno 25/5/94, che non sembrano assolutamente idonei (in difetto di altre più specifiche prove) a confermare tale immobilizzo, mentre per quanto riguarda i costi di partecipazione possono concedersi, in via equitativa, euro 6.000,00;
3) Danno da perdita di “chances” per impossibilità di far valere in future procedure l’esecuzione del lavoro appaltato, perdita dell’immagine, deterioramento della posizione sul mercato ecc.: può riconoscersi in via equitativa l’1,5% sull’importo di gara come determinato al punto 1) che precede (v. C.S., V, 27/10/2003, n.6666);
4) Individuazione del danno da ritardo: trattandosi di debito di valore spettano, dal rifiuto di ammissione (per le voci sub 2) e 3) e dal momento in cui avrebbero dovuto essere effettuati i pagamenti contrattuali (per la voce sub 1), la rivalutazione in base agli indici ISTAT e, sulle somme non rivalutate, gli interessi legali, ma non già gli interessi anatocistici, non ricorrendo le condizioni previste per la corresponsione di tali interessi;
5) Non sembra invece che sussistano le condizioni per la condanna per responsabilità aggravata ex art.96 c.p.c. non essendo ravvisabile a carico della resistente alcuna scorrettezza processuale o abuso di difesa, ancorchè le sue argomentazioni risultino infondate.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e devono destinarsi a favore del difensore della ricorrente, antistatario.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione di Parma, in parziale accoglimento del ricorso in epigrafe, condanna la resistente a rifondere alla ricorrente il danno subito, proponendole entro 60 giorni dalla comunicazione di questa sentenza nelle forme legali le somme determinate in base ai criteri di cui alle premesse.
La condanna inoltre a rifondere al difensore della ricorrente, antistatario, le spese del giudizio, che liquida in euro 689,00 per spese vive, in euro 3.441,17 per competenze e in euro 5.000,00 per onorari.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, il giorno 25/05/2004.
Depositata in Segretaria il
10 giugno2004 |