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Consiglio di Stato, Sez. V, 30/8/2004 n. 5643
Sulla carenza d'interesse da parte di un'impresa privata ad impugnare una deliberazione comunale nella quale viene scelta tra le forme di gestione dei servizi pubblici comunali la forma della società mista.

Un'impresa privata non è legittimata ad impugnare una deliberazione comunale, nel profilo in cui questa ha stabilito di scegliere, tra le forme di gestione dei servizi pubblici comunali indicate dall'art. 22, comma 3, della legge 8.6.1990, n. 142, il modulo organizzativo della società mista poiché è una scelta di competenza comunale, riservata esclusivamente all'autonomia e alla responsabilità del Comune.
Il Comune stabilisce l'assetto e il conseguente regime dei servizi pubblici di propria competenza, scegliendo tra gli strumenti operativi prefigurati dalla legge, con valutazioni che attengono, alla efficienza, alla economicità e alla efficacia dei servizi stessi, quello ritenuto più idoneo in relazione alle esigenze proprie della collettività che solo il Comune, quale ente rappresentativo della comunità locale e titolare del compito di soddisfare di tali esigenze, può concretamente stimare. Si tratta, quindi, di valutazioni che agiscono sul piano del merito dell'azione amministrativa, nei cui confronti non sono configurabili posizioni giuridiche soggettive tutelabili dei privati, anche se titolari di imprese che esercitano attività potenzialmente idonee a svolgere detti servizi.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente

 

decisione

sul ricorso in appello n. 5469/2000 proposto da Ciampa Antonino, s.r.l., rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Palma con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Circonvallazione Clodia, n. 167, c/o Italo Lino Natale,

 

CONTRO

Il Comune di Sorrento, in persona del Sindaco p.t., rappresentato difeso dall’Avv. Gherardo Marone, con domicilio eletto in Roma, Viale Angelico, n. 38, c/o Avv. Luigi Napoletano,

A.M.I.- Azienda Multiservizi Intercomunale di Imola, in persoma del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Enrico Angelone, con il quale è elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Barberini, n. 12, c/o Claudia De Curtis,

per la riforma della sentenza del T.A.R. della Campania, I Sezione, del 20.1.2000, n. 136;

Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione del Comune di Sorrento e dell’AMI - Azienda Multiservizi Intercomunale di Imola;

Visti gli atti tutti di causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 16.4.2004, il Consigliere  Claudio Marchitiello;

Uditi l’avv. Verrusio, in sostituzione dell’avv. Palma, l’avv. Marone e l’avv, Angelone, come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

La Società Ciampa Antonino, s.r.l., impresa esercente l’attività di smaltimento dei rifiuti, impugnava al T.A.R. della Campania la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Sorrento del 23.12.1998, n. 83.

Con tale deliberazione, il Comune di Sorrento aveva approvato la costituzione di una Società mista ai sensi dell’art. 22, comma 3, lett. e), della legge n. 142 del 1990, per l’espletamento di una pluralità di servizi, tra cui anche quello di smaltimento dei rifiuti, e aveva individuato nell’A.M.I.- Azienda Multiservizi Intercomunale di Imola - il partner di minoranza per una quota del 48 per cento.

Il Comune di Sorrento e l’A.M.I si costituivano in giudizio opponendosi all’accoglimento del ricorso.

Il T.A.R. della Campania, I Sezione,  con la sentenza del 20.1.2000, n. 136, dichiarava il ricorso inammissibile.

La Società Ciampa Antonino appella la sentenza deducendone la erroneità e domandandone la riforma.

Il Comune di Sorrento e l’A.M.I. resistono all’appello chiedendo la conferma della sentenza appellata.

All’udienza del 16.4.2004, il ricorso in appello è stato ritenuto per la decisione.

 

DIRITTO

La Società Ciampa Antonino, s.r.l., appella la sentenza della 1^ Sezione del T.A.R. della Campania del 20.1.2000, n. 136.

Con tale sentenza, il T.A.R. ha dichiarato inammissibile per difetto d’interesse il ricorso proposto dalla predetta Società per l’annullamento della deliberazione consiliare del 23.12.1998, n. 83, con la quale il Comune di Sorrento aveva approvato la costituzione, ai sensi dell’art. 22, comma 3, lett. e), della legge n. 241 del 1990, di una Società mista per l’espletamento di vari servizi pubblici, tra cui anche quello relativo allo smaltimento dei rifiuti, e aveva individuato nell’A.M.I. il socio di minoranza per una quota del 48 per cento.

L’appello è infondato.

L’interesse alla impugnativa prospettato dalla Società appellante in primo grado è fondato essenzialmente sulla sua qualità di impresa agente nel settore dello smaltimento dei rifiuti.

In tale veste, la Società Ciampa Antonino sarebbe stata legittimata a contestare sia la costituzione della Società mista, in quanto, con l’affidamento diretto, si sarebbe tolto il servizio dal mercato e dall’assegnazione mediante gara ad imprese del settore, sia la contestuale determinazione di scegliere il socio della società mista intuitu personae, in contrasto, quindi, con i principi informatori della materia che impongono di operare tale scelta con il ricorso ad una procedura di evidenza pubblica.

L’appellante avrebbe un interesse specifico e diretto, ancorché strumentale, ad ottenere l’annullamento della deliberazione impugnata, nella prospettiva, una volta annullati gli atti impugnati, di una sua partecipazione come concorrente alla eventuale gara indetta dal Comune di Sorrento per l’affidamento a terzi della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti, mediante contratto di appalto o di concessione amministrativa.

La Società appellante, inoltre, avrebbe interesse all’annullamento, anche se il Comune di Sorrento, una volta annullati gli atti impugnati, optasse di gestire i servizi pubblici di cui trattasi tramite la costituzione di una società mista con un’impresa privata giacché, in tale ipotesi, potrebbe prendere parte, sempre come concorrente, alla diversa gara da indire per la scelta del privato.

La Sezione ritiene che la sentenza appellata, che ha dichiarato la inammissibilità del ricorso originario, sia meritevole di essere confermata, con alcune puntualizzazioni.

La Società Ciampa Antonino, invero, ad avviso della Sezione, non è legittimata alla impugnativa della deliberazione del 23.12.1998, n. 83, nel profilo in cui questa ha stabilito di scegliere, tra  le forme di gestione dei servizi pubblici comunali indicate dall’art. 22, comma 3, della legge 8.6.1990, n. 142, il modulo organizzativo della società mista.

Si tratta di una scelta in funzione dell’organizzazione dei servizi pubblici di competenza comunale, riservata esclusivamente  all’autonomia e alla responsabilità del Comune.

Il Comune stabilisce l’assetto e il conseguente regime dei servizi pubblici di propria competenza, scegliendo tra gli strumenti operativi prefigurati dalla legge,  con valutazioni che attengono, alla efficienza, alla economicità e alla efficacia dei servizi stessi, quello ritenuto più idoneo in relazione alle esigenze proprie della collettività che solo il Comune, quale ente rappresentativo della comunità locale e titolare del compito di soddisfare di tali esigenze, può concretamente stimare. Si tratta, quindi, di valutazioni che agiscono sul piano del merito dell’azione amministrativa, nei cui confronti non sono configurabili posizioni giuridiche soggettive tutelabili dei privati, anche se titolari di imprese che esercitano attività potenzialmente idonee a svolgere detti servizi.

D’altronde, non vi è una norma che riservi al mercato e pertanto alle imprese private l’esercizio di servizi pubblici.

Ragionamento diverso deve farsi in relazione al profilo della deliberazione impugnata che riguarda la scelta della società mista.

Per tale profilo, la Sezione conviene con le argomentazioni del T.A.R. in ordine alla inammissibilità del ricorso originario.

La Società Ciampa Antonino, infatti, come hanno rilevato i primi giudici, non ha i requisiti per concorrere alla eventuale gara per la scelta del socio privato e, per la mancanza di tali requisiti, non potrebbe neppure concorrere ad un’eventuale gara per l’affidamento di detti servizi in appalto o in concessione, verosimilmente raggruppati dal Comune di Sorrento ai fini di un’unica gestione quale prefigurata nel modulo societario, in appalto o in concessione.

La Società appellante, invero, non potrebbe occuparsi, tra i compiti attribuiti alla Società mista, della costruzione e della gestione di impianti per il trattamento dei rifiuti, della bonifica dei siti contaminati e non potrebbe, inoltre, procedere all’accertamento, alla liquidazione e alla riscossione delle tariffe.

Tali attività non figurano nell’oggetto sociale della Società appellante e non sono inserite nemmeno nell’ambito della sua attività, quale indicata dalle iscrizioni operate presso gli organi amministrativi competenti, secondo quanto risulta dal certificato della Camera di Commercio di Napoli del 1.4.1999 e dalle categorie di iscrizione all’Albo nazionale smaltitori dichiarate dalla stessa Società appellante nel ricorso originario.

La Società appellante oppone che, con tale analitico raffronto tra le attività da essa esercitate e quelle previste dallo statuto della società mista, il T.A.R. avrebbe introdotto elementi estranei alle finalità attuali della costituenda società mista che sarebbero limitate unicamente, come risulta dalla deliberazione impugnata, alla attività di gestione e di smaltimento dei rifiuti.

Il rilievo non è concludente, essendo evidente che la società mista è destinata a svolgere tutta una gamma di servizi, di cui quelli indicati nella deliberazione impugnata costituiscono solo la parte di immediata attuazione, e che per potere impedirne la costituzione, proponendosi come socio del Comune, è necessario possedere i requisiti per l’esercizio di tutta la complessiva attività della società mista fin dall’inizio.

Ciò comporta, ad avviso della Sezione, che per configurare l’esistenza di un interesse ad ottenere l’annullamento dell’atto impugnato, non sarebbe stato sufficiente neppure che la società interessata avesse avuto nel suo oggetto sociale le voci di attività corrispondenti a quelle della società mista ma sarebbe stato indispensabile che essa avesse provato di avere già svolto analoghi servizi in tutta la loro gamma ovvero avesse dimostrato di essere concretamente in grado di farlo per essere provvista  della necessaria potenzialità, per disponibilità di mezzi, di personale e di capacità organizzative.

Per tutte le considerazioni che precedono la sentenza appellata deve essere confermata.

L’appello, in conclusione, deve essere respinto.

Le spese del secondo grado del giudizio, tuttavia, sussistendo giusti motivi, possono essere compensate fra le parti.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, respinge l’appello.

Compensa le spese del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso, in Roma,in Camera di Consiglio, il 16.4.2004, con l'intervento dei signori:

Raffaele Iannotta                                 Presidente

Chiarenza Millemaggi Cogliani  Consigliere

Goffredo Zaccardi                               Consigliere

Aldo Fera                                           Consigliere

Claudio Marchitielli                              Consigliere Est.

 

 

L'ESTENSORE                                  IL PRESIDENTE

Claudio Marchitiello                            Raffaele Iannotta

 

IL SEGRETARIO

Rosi Graziano

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

IL 30 AGOSTO 2004

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

p. IL  DIRIGENTE

Livia Patroni Griffi

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