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Consiglio di Stato, Sez. V, 16/9/2004 n. 6029
Sulla legittimità nel caso di appalti di enti locali che lo stesso funzionario presieda la commissione di gara e ne approvi l'aggiudicazione.

E' legittimo l'affidamento di una procedura concorsuale e l' approvazione degli atti da parte dello stesso funzionario che ha presieduto la Commissione di gara.
L'ordinamento degli enti locali impone ai dirigenti di presiedere le commissioni di gara e di concorso assumendo la responsabilità delle relative procedure (art. 107, terzo comma, lett. a) e b) del testo unico di cui al D. Lvo n. 267/2000).
Inoltre, l'art. 97 D. Lvo n. 267/2000 prevede che la responsabilità della fase preparatoria del procedimento e quella della sua conclusione facciano capo allo stesso dirigente ed, ancora, che tale possibilità è espressamente prevista anche in termini generali dall'art. 5 della legge 241/90 che ammette espressamente che il dirigente sia anche responsabile del procedimento.

Materia: appalti / gara

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 10530 del 2000, proposto dalla S.D.S., Società Cooperativa di produzione e lavoro a responsabilità limitata, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò Paoletti e Marco Paoletti, elettivamente domiciliata presso  i medesimi  in Roma, via B. Tortolini 34

 

contro

il Comune di Chianciano Terme, rappresentato e difeso dagli avv. ti Stefano Cencini e Marcello Clarich ed  elettivamente domiciliato  presso il secondo in Roma, Via del Quirinale, 26

 

e nei confronti

della Poliservice Società cooperativa a r.l. non costituita in giudizio

 

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana Sez. II, 13 aprile 2000, n. 649, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio e il motivo di appello incidentale del Comune di Chianciano Terme;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 27 aprile 2004 consigliere Marzio Branca,  e uditi gli avvocati Paoletti e Giadrossi in sostituzione dell’avv. Clarich.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dalla Società SDS per l’annullamento di tutti gli atti afferenti al procedimento per l’aggiudicazione dell’appalto del servizio di  pulizia di immobili appartenenti al Comune di Chianciano Terme, nel quale è risultata vincitrice la concorrente società Poliservice.

Contro la sentenza ha proposto appello la ricorrente in primo grado, Società SDS, assumendone l’erroneità e chiedendone la riforma.

Resiste all’appello il Comune di Chianciano Terme, che ha anche proposto un motivo di appello incidentale.

La Società Poliservice non si è costituita in giudizio

Alla pubblica udienza del 27 aprile 2004 la causa veniva trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

Può prescindersi dall’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado formulata dal Comune appellato, perché il gravame ora in esame non è fondato.

Il primo motivo di appello concerne l’operato della Commissione di gara nella parte in cui ha giudicato le offerte applicando un criterio di valutazione non specificato nella lex specialis, e quindi in contrasto con il principio di cui all’art. 23 della d.lgs. 17 marzo 1995 n. 157, nonché con il principio generale della chiarezza e della certezza delle regole del procedimento.

Si tratta, più precisamente, della attribuzione dei 25 punti da assegnare, secondo l’art. 7 del capitolato di gara, in relazione alle “ore di lavoro previste nei singoli edifici individuati dal capitolato”, e al “numero delle persone destinate a tale servizio”. La Commissione, dopo aver suddiviso il totale dei 25 punti in 15, con riguardo alle ore di lavoro, e 10 per il personale applicato, ha deciso di attribuire il detto punteggio di 15 punti assumendo come dato di riferimento un determinato numero di ore (4.636), giudicato ottimale secondo l’apprezzamento dell’ufficio tecnico, e di assegnare un minor punteggio alla concorrente che si fosse discostata, in più o in meno, da tale parametro. L’appellante lamenta che le imprese non sono state messe nella condizione di sapere che l’Amministrazione avrebbe adottato un criterio siffatto e che quindi si è trattato di una gara “a sorpresa”.

Il Comune controdeduce che il motivo è inammissibile perché l’eventuale accoglimento, e il conseguente incremento di punteggio che spetterebbe all’appellante, non comporterebbe un diverso esito della gara, posto che l’aggiudicataria avrebbe comunque conseguito un punteggio maggiore.

La documentazione in atti consente di verificare la fondatezza dell’eccezione in punto di fatto, esimendo il Collegio dall’esame della doglianza, non senza far menzione della costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, che considera legittima la specificazione e la puntualizzazione dei parametri di giudizio già previsti dal bando (Sez. VI, 15 maggio 2003 n. 2645; 2 settembre 2003 n. 4882; 23 gennaio 2004, n. 222).

La seconda censura afferisce alla pretesa violazione della par condicio tra le concorrenti, che, secondo l’assunto, sarebbe da collegare alla formulazione dei criteri di valutazione delle offerte dopo aver conosciuto l’identità delle ditte ammesse, ancorché prima dell’apertura delle buste contenenti l’offerta economica.

Nella stessa censura si inserisce la diversa doglianza concernente la mancata concessione di un termine per la proposizione della querela di falso in ordine al verbale in data 27 febbraio 1999, poiché l’appellante ha espresso dubbi sulla la circostanza, affermata in detto verbale, che la Commissione avesse, in quella data, dato lettura ai presenti dei criteri scelti per la attribuzione dei punteggi.

Va confermato il giudizio di infondatezza espresso in prime cure.

L’eventuale conoscenza delle ditte che hanno presentato offerte prima della determinazione dei criteri di valutazione non viola la par condicio se, come nella specie, i criteri sono stati stabiliti prima dell’apertura delle buste contenenti l’offerta economica (Cons. St., Sez. V, 12 novembre 2003 n. 7249).

Il dubbio sulla falsità di un documento obbliga il giudice alla concessione del termine per la proposizione della relativa querela, se la causa non può essere risolta “indipendentemente dal documento del quale è dedotta la falsità” (art. 42 R.D. 17 agosto 1907 n. 642). Ma nella specie non si dubita che la Commissione abbia applicato i criteri comunicati, così violando una sorta di vincolo di giudizio, perché l’appello è basato proprio sull’applicazione dei detti criteri.

Il dubbio che la comunicazione dei criteri medesimi prima di farne applicazione non vi sia stata si rivela quindi irrilevante.

La richiesta del termine per la querela di falso, secondo l’appellante, sarebbe stata giustificata, inoltre, dall’esigenza di accertare alcune particolarità della procedura (deposito delle buste in luogo sicuro, mancata presa d’atto della integrità delle medesime) che ne causerebbero l’illegittimità. Le dette questioni, che sembrano adombrare esigenze istruttorie piuttosto che problemi di falso,  risultano proposte in termini del tutto generici e, sono, pertanto, inammissibili.

Segue il motivo attinente agli anni da prendere in considerazione ai fini dei servizi espletati come prova di qualificazione tecnica. L’indicazione degli anni 1995, 1996 e 1997 sarebbe priva di logica e contraria all’art. 14 del d.lgs. n. 157 del 1995, in quanto la licitazione privata è stata indetta con provvedimento del gennaio 1999, sicché doveva farsi riferimento ai servizi prestati nel 1998.

La doglianza non può essere condivisa. Deve tenersi conto della circostanza che l’individuazione del triennio precedente, escludendo il 1998, non può considerarsi illegittima in relazione ai tempi del procedimento, che si è svolto in grande parte nel 1998.

Ma valore assorbente assume il dato che nel metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prescelto nella specie, l’Amministrazione gode di ampia discrezionalità nella scelta del criterio relativo al merito tecnico. Si trattava inoltre di un appalto “sotto soglia”, per il quale le norme del d.lgs.  n. 157 ricevevano una applicazione parziale.

Consequenziale alla  detta statuizione di infondatezza è il rigetto del motivo riguardante la mancata attribuzione del punto per il servizio prestato nel Comune di Rignano.

Altra censura ha riguardato l’attribuzione, per il piano di sicurezza,  di un punteggio inferiore all’appellante (7/10) rispetto a quello assegnato all’aggiudicataria (8/10), sebbene dovesse risultare evidente il maggior pregio dell’elaborato presentato dalla prima, stante la stringatezza e, in certo senso, la provvisorietà dell’ “ipotesi” predisposta dall’aggiudicataria.

La censura, se riguardata sotto il profilo del controllo richiesto al giudice, deve ritenersi ammissibile, perché l’esercizio della discrezionalità è certamente soggetto al vaglio di legittimità sotto il profilo della logicità e della ragionevolezza. Nella specie, tuttavia, la censura viene prospettata in termini generici, poiché si deduce da parte dell’appellante la presentazione di un progetto redatto in maniera più analitica ed esaustiva rispetto a quello dell’aggiudicataria, dimenticando che una valutazione di merito delle due proposte può essere condotta anche in base a parametri diversi da quelli ora detti. In questo caso il giudizio è effetto di un apprezzamento tecnico, a proposito del quale la contestazione di irragionevolezza deve necessariamente fondarsi su raffronti puntuali ed inequivocabili, dai quali emerga la violazione di norme tecniche del settore.

Il motivo va dunque respinto.

Altra doglianza concerne l’ordine delle operazioni valutative e di assegnazione del punteggio. L’appellante sostiene, citando il verbale della riunione del 29 gennaio 1999, che la Commissione ha proceduto prima all’applicazione del punteggio collegato al prezzo offerto, e solo dopo avrebbe valutato il merito tecnico dell’offerta, così violando il principio, proprio dell’appalto concorso, che il punteggio relativo al prezzo va calcolato dopo aver effettuato la valutazione dei profili tecnici dell’offerta, che implica apprezzamenti discrezionali. E ciò al fine di evitare che questi ultimi siano influenzati dalla conoscenza del prezzo.

La sentenza afferma, sul punto, che il verbale della riunione non offre prova sufficiente della tesi dell’appellante, poiché dal documento si trae soltanto la circostanza che le operazioni di valutazione sono state svolte tutte nello stesso giorno.

La decisione va confermata in base al rilievo che le espressioni del verbale che si riferiscono alla “apertura delle offerte”, sulle quali fa leva l’appellante possono ben riguardare il plico complessivamente considerato, contenente sia l’offerta economica che i dati di natura tecnica.

La contestazione si chiude, in fine, con la censura che denuncia l’illegittimità dell’affidamento della procedura concorsuale a dipendenti comunali, in violazione del principio di terzietà, e la approvazione degli atti da parte dello stesso funzionario che ha presieduto la Commissione di gara, in contrasto con l’art. 21 della legge n. 109 del 1994.

Il problema è stato esaminato approfonditamente dalla Sezione con la sentenza 1 aprile 2004 n. 1812, che ha concluso per l’infondatezza della censura, in base a considerazioni dalle quali il Collegio non ha motivo di discostarsi.

Si è affermato, infatti,  che l’ordinamento degli enti locali impone ai dirigenti di presiedere le commissioni di gara e di concorso assumendo la responsabilità delle relative procedure (art. 107, terzo comma, lett. a) e b) del testo unico di cui al D. Lvo n. 267/2000).

La disposizione in parola, che si inserisce armonicamente in un ordinamento che tende a ridurre i controlli formali da parte di soggetti interni ed esterni all’Ente introducendo, all’opposto, forme di verifica dell’attività in cui sia solo il risultato della gestione ad essere  valutato in termini di efficienza, rendimento  e regolarità amministrativa e contabile in relazione al conseguimento degli obiettivi di gestione assegnati ai dirigenti dagli organi di governo dell’ente nell’esercizio della loro funzione di indirizzo, impone, anziché escludere, che i dirigenti dei singoli settori siano responsabili del buon esito dell’azione amministrativa ad essi demandata e, quindi, siano titolari dei poteri amministrativi che nel corso dei vari procedimenti devono essere esplicati. Il regime giuridico della loro responsabilità è ordinato sulla valutazione del risultato conseguito e non sulla correttezza o meno dei singoli atti compiuti e, quindi, coerentemente con tale impostazione, essi sono dotati di tutti i poteri che possono direttamente incidere sulla efficienza della loro azione amministrativa.

Per queste ragioni, con riguardo alle procedure di affidamento di competenza degli enti locali, la disposizione specifica di settore prevale sulla norma di carattere generale prevista nella legge 109/94.

Peraltro nel caso in esame non si tratta della aggiudicazione di lavori pubblici ma di una gara avente ad oggetto la prestazione di servizi per la quale non possono assumere alcun valore di principio le disposizioni della legge quadro sui lavori pubblici.

Si deve ancora considerare che nell’ordinamento degli enti locali altra disposizione (art. 97 del ricordato testo unico) prevede che la responsabilità della fase preparatoria del procedimento e quella della sua conclusione facciano capo allo stesso dirigente ed, ancora, che tale possibilità è espressamente prevista anche in termini generali dall’art. 5 della legge 241/90 che ammette espressamente che il dirigente sia anche responsabile del procedimento.

In conclusione l’appello non può trovare accoglimento, ma sussistono ragioni per compensare le spese.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l’appello in epigrafe;

dispone la compensazione delle spese;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 aprile 2004 con l'intervento dei magistrati:

Agostino Elefante                     Presidente

Corrado Allegretta                   Consigliere

Chiarenza Millemaggi   Consigliere

Goffredo Zaccardi                   Consigliere

Marzio Branca             Consigliere estensore

 

L'ESTENSORE                      IL PRESIDENTE

F.to Marzio Branca                 F.to Agostino Elefante

 

IL SEGRETARIO

F.to Antonietta Fancello

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16 settembre 2004

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL  DIRIGENTE

F.to Antonio Natale

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