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Consiglio di Stato, Sez. IV, 5/10/2004 n. 6489
Sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: presupposti necessari.

I presupposti da verificare affinché possa dirsi sussistente in materia dei pubblici servizi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sono: da un lato, l'inerenza della controversia alla "materia dei pubblici servizi"; dall'altro, e contestualmente, il coinvolgimento, nella materia, della pubblica amministrazione nell'esercizio di un potere autoritativo, alla luce di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 6 luglio 2004.

Materia: servizi pubblici / giurisdizione e competenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sui ricorsi in appello NN.RR.GG. 11894/2003 e 1380/04, proposti dalla Provincia di Venezia, in persona del Presidente pro tempore  rappresentata e difesa dagli avv.ti Adelchi Chinaglia, Eugenio Picozza, Alfredo Palopoli e Mario Ettore Verino ed elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell'avv. Eugenio Picozza, via Quattro Fontane, n. 16;

 

c o n t r o

Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avv.ti Romano Morra e Andrea Manzi ed elettivamente domiciliata in Roma nello studio del secondo difensore, via F. Confalonieri, n. 5;

 

e nei confronti di

- Ministero Interno, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e, nel ricorso n. 1380/04, Giunta regionale del Veneto, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, ex lege, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

- Province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Verona e Vicenza, non costituite in giudizio (ric. 11894/2003);

 

per la riforma

delle sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sez. I, nn. 5686/2003 e n. 6271/2003, resa inter partes;

Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione delle Amministrazioni intimate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 13 luglio 2004, la relazione del Consigliere Bruno Mollica;

Uditi, altresì, gli avv.ti Adelchi Chinaglia, Eugenio Picozza e Andrea Manzi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

FATTO

Con distinti ricorsi in appello, iscritti ai nn. 11894/2003 e 1380/2004, la Provincia di Venezia impugna la sentenza del Tribunale amministrativo per il Veneto n. 5686/2003 - con la quale il giudice di primo grado ha declinato la propria giurisdizione in ordine alla impugnazione della determinazione regionale n. 5626 del 30 dicembre 2002 in tema di omessa erogazione, da parte della Regione, dei mezzi finanziari a copertura dei costi sopportati per l'anno 2001 per i contratti di servizio relativi ai servizi minimi di trasporto extraurbani ed interregionali - nonchè la sentenza n. 6271/2003, con cui è stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso proposto avverso il silenzio rifiuto su atto di diffida e messa in mora al pagamento dei contributi dovuti per l'anno 2002 a copertura dei detti costi.

L'appellante Amministrazione denuncia l'erroneità delle sentenze impugnate sotto vari profili, sostenendo diffusamente, anche in memorie difensive, la configurabilità della giurisdizione del giudice amministrativo sulle questioni oggetto di causa.

Resiste la Regione Veneto, insistendo per la carenza di giurisdizione, sollevando eccezioni preliminari e contestando la fondatezza degli appelli in memorie depositate in vista della trattazione della causa.

Resistono altresì le intimate Amministrazioni statali.

Alla pubblica udienza del 13 luglio 2004 i ricorsi sono stati ritenuti in decisione.

DIRITTO

1. La questione di diritto sottoposta all'esame della Sezione con i ricorsi in appello proposti dalla Provincia di Venezia, richiamati nella pregressa esposizione in fatto - e che vanno riuniti per connessione - attiene, da un lato, alla configurabilità o meno della giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia azionata e, dall'altro, alla esperibilità, nella specie, di ricorso per silenzio rifiuto.

Specificatamente, si controverte sulla omessa erogazione alla Provincia di Venezia, per l'anno 2001, da parte della Regione Veneto, dei mezzi finanziari necessari per coprire i costi dei contratti di servizio stipulati dalla stessa Provincia per assicurare i servizi minimi di trasporto pubblico locale (ricorso n. 11894/03); col successivo ricorso rubricato al n. 1380/04 si contesta la pronuncia di primo grado emessa sulla impugnativa del silenzio della Regione su atto di diffida e messa in mora a provvedere al pagamento dei contributi a tale titolo dovuti per l'anno 2002.

Non è in contestazione la natura di "servizio pubblico" del precitato servizio di trasporto pubblico locale; si disputa, invece, sull'attinenza della controversia, nella specie, alla materia dei pubblici servizi.

2. Sul piano normativo, va ricordato, nelle linee essenziali, che, a norma dell'art. 16 D.Lgs. 19 novembre 1997 n. 422, recante disposizioni in tema di conferimento alle Regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, i costi dei servizi minimi di trasporto, che gli enti locali devono assicurare, sono a carico del bilancio delle Regioni; in particolare, per quanto concerne la Regione Veneto, la legge regionale 30 ottobre 1998, n. 30 - che ha delegato alle province, tra l'altro, la stipula dei contratti di servizio relativi ai servizi extraurbani ed interregionali minimi - stabilisce, all'articolo 20, comma 1, che la Regione (d'intesa con le Province ed i Comuni) determina il livello dei servizi minimi di trasporto pubblico locale a carico del bilancio regionale e, all'articolo 32, comma 1, che la Giunta regionale assegna annualmente agli enti i finanziamenti destinati alla copertura degli oneri derivanti dai detti contratti di servizio, prevedendo altresì, all'art. 47, comma 1, che agli oneri derivanti dall'attuazione della stessa legge si fa fronte mediante l'istituzione di un fondo regionale trasporti alimentato con le risorse finanziarie trasferite dallo Stato ai sensi degli articoli 12 e 20 del D.Lgs. n. 422 del 1997 e con ricorse proprie della Regione.

Il D.Lgs. n. 56/2000 conferisce alle Regioni una compartecipazione IVA sostitutiva di trasferimenti.

3.- Il Tribunale amministrativo regionale adìto, con la sentenza della I Sezione n. 5686/2003, ha declinato la propria giurisdizione, negando la riconducibilità della fattispecie controversa sia all'ambito della giurisdizione generale di legittimità - in ragione dell'intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti indicati a sostegno della pretesa avanzata - sia al novero delle controversie relative ai servizi pubblici, demandate in via esclusiva alla cognizione del giudice amministrativo dall'art. 33 D.Lgs.  31 marzo 1998, n.80, come modificato dall'art. 7, L. 21 luglio 2000, n. 205, vertendosi nella specie in tema di attività giuridiche e materiali strumentali alla prestazione del servizio pubblico (e cioè, in tema di contrasti tra Amministrazioni pertinenti ai costi per il servizio).

Con la sentenza n. 6371 del 2003 il primo giudice ha poi dichiarato l'inammissibilità del ricorso avverso il silenzio rifiuto per difetto, in capo alla Provincia, di una posizione tutelabile ex art. 21 bis; ha escluso altresì la possibilità di conversione della domanda proposta in un'azione di accertamento sul "diritto di credito affermato dalla Provincia".

4. Sul delineato sistema normativo, di cui al punto 2, si innesta il sopravvenuto art. 3, comma 25, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 che, nel disporre che fino al 31 dicembre 2003 la determinazione degli importi IVA da rimborsare alle Regioni e agli enti locali interessati è effettuata "al lordo" delle quote spettanti, stabilisce altresì che "è autorizzata la spesa" di 282 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006 per "ristorare" i detti enti territoriali dei maggiori oneri sostenuti nel triennio 2001-2003, in cui il rimborso è stato operato "al netto" delle quote di compartecipazione.

Tale disposizione è norma di mero stanziamento di somme - che non altera l'ordine delle competenze - in funzione di ristoro dei maggiori oneri sostenuti dagli enti territoriali medesimi nel triennio 2001-2003.

Altra questione è quella dedotta in giudizio, che investe la mancata erogazione dei mezzi finanziari necessari per assicurare i servizi minimi di trasporto pubblico locale: donde l'ininfluenza della norma sulla controversia all'esame della Sezione.

4.1. - Sulla legittimazione passiva in capo alla Regione Veneto non vi è ragione di dubitare, in quanto ente territoriale cui è demandata l'assegnazione annuale dei finanziamenti destinati alla copertura degli oneri derivanti dai contratti di servizio ai sensi dell'art. 19 D.Lgs. n. 422 del 1997 e, nella regione Veneto, dalla legge regionale n. 30 del 1998; altro è il sottostante rapporto di provvista dei fondi, che fa carico all'amministrazione statale per effetto dell'art. 9, commi 4 e 5 della legge n. 472 del 1999 (peraltro, anch'essa ritualmente intimata), attraverso il meccanismo del parziale recupero I.V.A..

4.2. - In ordine, poi, alla configurazione non meramente esplicativa, bensì provvedimentale, dell'atto impugnato, basti osservare che la Regione, rinviando la pretesa erogazione sine die (e cioè, a quando i fondi necessari "saranno trasferiti dallo Stato alla risoluzione della vertenza "in corso), sostanzialmente denega la chiesta corresponsione del finanziamento, con ciò ledendo in via diretta e immediata l'interesse della Provincia al conseguimento "attuale" dei mezzi necessari per coprire i costi dei detti contratti di servizio.

5. - La proposta questione di giurisdizione, di portata assorbente, trova nuovi elementi di riflessione in ragione della sopravvenuta (all'incardinamento della controversia) declaratoria di incostituzionalità, in parte qua, degli artt. 33, commi 1 e 2, e 34, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituiti dall'art. 7 lettere a) e b) della legge 21 luglio 2000, n. 205. (Corte Cost. n. 204 del 6 luglio 2004).

Che la verifica della sussistenza della giurisdizione debba essere condotta alla stregua dei parametri introdotti dalla pronuncia del giudice delle leggi non sembra revocabile in dubbio.

Ed invero, il principio ex art. 5 Cod.prov.civ., secondo cui la giurisdizione sui determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda, non opera quando la norma che detta i criteri determinativi della giurisdizione è successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima, in quanto l'efficacia retroattiva che assiste tale tipo di pronunce della Corte costituzionale preclude che la norma dichiarata illegittima possa essere assunta a canone di valutazione di situazioni o di rapporti anteriori alla pubblicazione della pronuncia di incostituzionalità salvo il limite dei rapporti esauriti al momento della pubblicazione della decisione (cfr. fra le altre, Cass. civ., SS.UU, 6 maggio 2002, n. 6487).

6.- Non ritiene il Collegio di soffermarsi sulle ragioni di critica al pregresso sistema, adeguatamente illustrate nella detta pronuncia, esulando ciò dal presente contesto giurisdizionale; ciò che rileva, ai fini per cui è causa, è che la Corte ha statuito che "la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo" (ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà, la quale, tuttavia, presuppone l'esistenza del potere autoritativo: art. 11 della legge n. 241 del 1990).

Il parametro di verifica della giurisdizione introdotto dalla Corte investe, quindi, da un lato, l'inerenza della controversia alla "materia dei pubblici servizi"; dall'altro, e contestualmente, il coinvolgimento, nella materia, della "pubblica amministrazione-autorità" (id est, nell'esercizio di un potere autoritativo).

6.1.- Il riferimento alla "materia" era ben presente già nella legislazione precedente (cioè, ante Corte Cost. n. 204 cit.), e su tale punto si registrano utili apporti giurisprudenziali nel quadro della nozione stessa di "servizio pubblico".

Alla stregua di tali contributi, l'ambito della "materia" - e, quindi,  della giurisdizione - risulta ancorato all'elemento funzionale, cioè al soddisfacimento diretto di bisogni di interessi generali (cfr. Cass.civ., SS.UU., 30 marzo 2000, n. 71, che ha escluso la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine a controversia inerente il pagamento di forniture di prodotti sanitari e farmaceutici effettuate ad Azienda sanitaria locale da parte di Case farmaceutiche); in tale ambito si inscrive anche Cass.civ., SS.UU. n. 532 del 3 agosto 2000 che, parimenti, esclude la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alle convenzioni concluse dal Servizio sanitario nazionale con medici convenzionati esterni per l'espletamento di prestazioni sanitarie; analogamente, per l'esclusione di attività strumentali consistenti nella acquisizione di servizi (cfr. Cass. civ., SS.UU., 22 luglio 2002, n. 10726, in fattispecie concernente attività progettuale svolta da libero professionista in favore di una A.S.L.).

Alle sole controversie relative ad attività istituzionalmente e direttamente finalizzata a soddisfare i bisogni della collettività si riferisce la giurisprudenza di questo Consiglio, che attribuisce alla cognizione del giudice amministrativo la erogazione di prestazioni in favore degli utenti e la stessa gestione del servizio, e non anche le attività strumentali al servizio medesimo, e cioè quelle che, in quanto "estranee alla diretta finalizzazione del servizio al pubblico", esulano dalla categoria concettuale del pubblico servizio (cfr. Cons. Stato, V Sez., 13 giugno 2003, n. 3346, che esclude dalla detta cognizione le controversie relative a rapporti funzionali all'espletamento del servizio, nella specie, la nomina degli amministratori di una società di gestione di servizio pubblico).

L'enunciato arresto giurisprudenziale è certamente condivisibile, anche avuto riguardo alle concrete fattispecie sulle quali esse si è formato, assolutamente estranee alla richiamata "diretta finalizzazione" del servizio al pubblico e, quindi, meramente strumentali al servizio medesimo.

Ma la nozione di "strumentalità" non appare correttamente intesa dal primo giudice che, anche riferendosi ai delineati principi espressi, seppure in altro contesto, dal giudice della giurisdizione, fa rientrare nella nozione medesima anche la provvista finanziaria per la stessa erogazione del servizio di trasporto pubblico locale.

La provvista finanziaria, invero, non integra un'attività strumentale al servizio siccome intesa nelle precitate pronunce (e cioè, come attività estranea alla diretta finalizzazione al servizio pubblico); la provvista finanziaria è concettualmente inscindibile dal servizio, trovando esso nei mezzi di finanziamento la stessa possibilità di esistenza: pena l'astrattezza della nozione, non può esistere servizio pubblico se non esiste il correlato finanziamento, donde l'essenzialità (e non la strumentalità) di quest'ultimo in ragione della stretta interdipendenza tra servizio e provvista.

Nella delineata impostazione, la controversia sulla mancata erogazione dei mezzi finanziari per l'espletamento del servizio inerisce, quindi, per sua stessa natura, alla materia dei pubblici servizi.

6.2.      - Va conseguentemente verificata la configurabilità, nella specie, dell'esercizio di un potere autoritativo (id est, il coinvolgimento, nella materia, della pubblica amministrazione-autorità), denegato dal primo giudice nell'assunto della riconducibilità della pretesa nell'alveo del diritto di credito ai sensi dell'art. 1173 Cod.civ.

Sembra al Collegio che una siffatta impostazione, che relega la controversia nei ristretti confini di un ordinario rapporto civilistico di credito-debito, non si sottragga ad alcuni rilievi.

In  primo luogo, si verte nella specie in tema di attribuzione di fondi pubblici in diretta connessione con il necessitato raggiungimento di finalità di interesse collettivo; in secondo luogo, tale erogazione costituisce, da un lato, espressione di autonomia finanziaria dell'Ente Regione e, dall'altro, esercizio di una funzione amministrativa di tipo organizzativo-contabile. In ciò sta l'autoritatività della posizione della Regione che, attraverso il meccanismo della erogazione dei fondi per il funzionamento del servizio, viene in definitiva ad incidere unilateralmente sull'impianto organizzativo funzionale del servizio pubblico di autotrasporto locale.

6.3. - Dalla compresenza dei presupposti della inerenza della controversia alla materia dei pubblici servizi e del coinvolgimento della "pubblica amministrazione-autorità" deriva la configurabilità, nella specie, della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

6.4.- Altra questione è quella relativa alle posizioni soggettive ulteriori delle Amministrazioni coinvolte nel procedimento: dalla correlazione normativa tra provvista dei fondi ed espletamento del servizio discendono altresì situazioni di diritto-obbligo in capo alle Amministrazioni medesime - pur originate da posizioni di potestà pubblica - che restano attratte nell'alveo della ritenuta (per effetto della compresenza degli elementi richiesti) giurisdizione esclusiva in ragione della "indifferenza" delle situazioni giuridiche soggettive propria di siffatta giurisdizione (in disparte restando la non secondaria esigenza processuale di concentrazione di tutela).

Corretto appare allora, almeno in parte, l'inquadramento concettuale nel novero delle "obbligazioni pubbliche" che del delineato rapporto fa la parte ricorrente.

Sul piano funzionale, invero, l'obbligazione pubblica - che inerisce, in particolare, secondo l'elaborazione dottrinale, ad istituti di politica economica aventi fini di incentivazione (finanziamenti pubblici, indennizzi, contributi, e così via) - si incardina in un rapporto obbligatorio che si pone in subordinata ad un procedimento amministrativo, e quindi attiene a modalità di cura di interessi principalmente pubblici; l'Amministrazione è titolare di un potere autoritativo nella preminente fase procedimentale genetica del rapporto e quindi può, con proprie determinazioni unilaterali, definire modi di essere o vicende successive del rapporto stesso.

E' ben vero che tale rapporto, pur se conseguenziale nello schema unitario del procedimento, una volta costituito, segue le sorti dell'ordinario rapporto obbligatorio, anche sul piano processuale; ma, nel caso che ne occupa, l'incardinamento della controversia nell'alveo della giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di pubblici servizi preclude divaricazioni di tutela tra le due fasi del rapporto pubblicistico.

7.- Alla configurabilità, nella specie, della giurisdizione esclusiva si perviene anche per altra via, cui il Collegio ha ritenuto di non accedere primariamente in ragione di qualche residuale perplessità interpretativa derivante da un"apparente" scollamento sul punto tra premesse concettuali e dispositivo della sentenza della Corte.

Va invero ricordato che il percorso argomentativo della sentenza n. 204 si sviluppa nella linea della inscindibile correlazione tra la "materia dei pubblici servizi" e l'esercizio del "potere autoritativo" da parte della Pubblica amministrazione, negando validità a "blocchi" precostituiti di materie (nelle quali ben può essere del tutto assente - sostiene esattamente la Corte - ogni profilo riconducibile alla Pubblica Amministrazione-Autorità).

A tale parametro ha ritenuto di conformare il proprio esame il Collegio, pervenendo alla conclusione della esistenza, nella specie, della richiesta correlazione.

Senonchè, il dispositivo additivo della sentenza non investe, escludendolo dalla pronuncia di incostituzionalità, la seconda parte dell'art. 33, comma 1; sì che esso lascia integra la giurisdizione esclusiva sulle controversie "afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481".

Ciò sulla base - deve ritenersi - di un implicito giudizio di configurabilità, in detti settori (sempre e in ogni caso) del potere autoritativo dell'Amministrazione.

Ora, se è vero che è indubitabile che (in via esemplificativa) l'attività di vigilanza e controllo è espressione, di norma, di "pubblica amministrazione - autorità", non è men vero che nella materia dei trasporti e del servizio farmaceutico sovente è del tutto assente ogni profilo che presupponga l'esistenza di un potere autoritativo.

Peraltro, il dispositivo additivo della sentenza n. 204 non sembra lasciare spazio, sul piano della concatenazione letterale, alla introduzione di un canone esegetico in linea con le ricordate premesse concettuali, registrandosi una evidente scissione tra il riferimento al profilo autoritativo, contenuto nella prima parte del dispositivo medesimo, e la mera indicazione (introdotta dal "nonchè" finale) dei settori di pubblico servizio non incisi dalla pronuncia di incostituzionalità, e quindi attratti nella giurisdizione esclusiva.

D'altro canto, una interpretazione che non tenesse debito conto anche delle linee portanti dell'intervento del giudice delle leggi potrebbe sortire l'effetto di snaturare l'essenza stessa del nuovo assetto delineato dalla pronuncia in esame.

Date tali premesse, non sembrano fuori luogo le "residue perplessità interpretative" cui si è fatto cenno.

Quale che sia la soluzione che, meditatamente, si intenda privilegiare, certo è che, comunque, la odierna controversia non fuoriesce dall'alveo della giurisdizione amministrativa esclusiva; ed è ciò solo che rileva nella presente sede giudiziale.

Ed invero, ove si ritenga di aderire alla ricordata interpretazione letterale, sarebbe la stessa decisione della Corte a radicare ex se, per quanto esposto, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, attesa la ritenuta perdurante vigenza dell'art. 33, comma 1, seconda parte, nella originaria formulazione.

Ove si ritenga, invece, che meriti di essere privilegiata una interpretazione in linea con le premesse argomentative della Corte, pur nei cennati limiti testuali del dispositivo, valga il richiamo a quanto enunciato dal Collegio in ordine alla ravvisabilità nella specie, dell'esercizio del potere autoritativo della Pubblica Amministrazione (cfr. punto 6.2.).

Di conseguenza, anche per tale via, la odierna controversia in materia di pubblici servizi di trasporto deve ritenersi devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ferme restando, altresì, le conclusioni di cui ai punti 6.4 e 6.1.).

8. - In conclusione, in accoglimento, in punto di giurisdizione, del ricorso in appello rubricato al n. 11894/2003, va affermata la sussistenza della giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di pubblici servizi ai sensi dell'art. 33 D.Lgs. n. 80 del 1998, sostituito dall'art. 7 L. n. 205/2000, come modificato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 6 luglio 2004, relativamente al ricorso medesimo, con conseguente rinvio al primo giudice per la prosecuzione del giudizio.

9. - L'appello proposto avverso la sentenza di primo grado n. 6371/03, con la quale è stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso avverso il silenzio della Regione formatosi su atto di diffida e messa in mora a provvedere al pagamento dei contributi al detto titolo dovuti per l'anno 2002, è infondato (il che esime il Collegio, per ragioni di economia processuale, dal pronunciare sulle eccezioni preliminari sollevate dalla resistente Regione).

Dalla rilevata natura delle posizioni soggettive ulteriori (diritto-obbligo) coinvolte nel procedimento (cfr. retro, punto 6.4.), pur nel quadro della ritenuta giurisdizione esclusiva, discende la inconfigurabilità, nella fattispecie, del silenzio impugnabile, in quanto istituto che si radica nella discrezionalità dell'azione amministrativa e volto a costituire l'obbligo dell'Amministrazione di procedere nelle ipotesi in cui l'obbligo medesimo non derivi da norme di relazione che disciplinano il rapporto (cfr. Cons. Stato, IV Sez., n. 2421/03 e n. 3408/03); nè, nel vigente sistema normativo ex art. 2 L. n. 205 del 2000 - che contempla un mero ordine all'Amministrazione di provvedere entro un dato termine - può essere utilmente esperita una domanda di conversione dell'impugnazione del silenzio rifiuto in un'azione di accertamento.

Va conseguentemente respinto il ricorso rubricato al n. 1380/2004.

10. - Le spese di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.

 

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta:

I)- Dispone la riunione dei ricorsi in appello nn. 11894 del 2003 e 1380 del 2004.

II)- Accoglie il ricorso n. 11894/2003 nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, previo annullamento della sentenza impugnata, rinvia gli atti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto ai fini della prosecuzione del giudizio.

III)- Respinge il ricorso n. 1380/2004.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 13 luglio 2004, con l’intervento dei Signori:

Paolo SALVATORE               Presidente

Antonino ANASTASI Consigliere

Anna LEONI                          Consigliere

Bruno MOLLICA                   Consigliere, est.

Nicola RUSSO                       Consigliere

L’ESTENSORE                      IL PRESIDENTE

Bruno Mollica                          Paolo Salvatore

 

IL SEGRETARIO

Giuseppe Testa

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/10//2004

(art. 55, L. 27.4.1982, 186)

Il Dirigente

Dott Giuseppe Testa

 

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