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Consiglio di Stato, Sez. V, 12/10/2004 n. 6574
Sulla giurisdizione del giudice amministrativo a decidere le controversie relative alla fase esecutiva dei contratti stipulati per l'esecuzione di un servizio pubblico.

Tutte le controversie relative alla fase successiva all'affidamento e alla stipula del contratto per l'esecuzione di un servizio pubblico, nonostante la loro attinenza ai diritti soggettivi e obblighi sorti nella fase esecutiva del contratto stesso, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 7 L. 21 luglio 2000 n. 205, sol che incidano direttamente sull'espletamento del servizio, proprio per effetto dell'attribuzione generalizzata di tale tipo di giurisdizione in ordine a tutta la gamma di controversie ipotizzabili ratione materiae nel vasto ambito fenomenico dei servizi pubblici.

***
N.B. : la presente sentenza, ancorché pubblicata il 12/10/2004, è stata pronunciata antecedentemente alla sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, che, come è noto, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 33, c. 1, del decreto legislativo n. 80/98 - nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli" anziché "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché" -, e dell'art. 33, co. 2, del medesimo decreto legislativo. Ne consegue che il principio ivi espresso dovrà certamente essere riconsiderato alla luce della nuova formulazione dell'art. 33 d.lgs 80/98.

Materia: servizi pubblici / giurisdizione e competenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello nr. 7321/2003 R.G., proposto dalla Ecocampania S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Vaiano e prof. Donella Resta, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi in Roma, Lungotevere Marzio n. 3;

 

CONTRO

Il Comune di Assisi, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Caforio e prof. Enrico Tonelli, ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio di quest’ultimo, Piazza Barberini n. 12;

 

e nei confronti di

Società Ecocave a r.l. non costituita in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. dell’Umbria, n. 336/2003, depositata in data 12 maggio 2003.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio della parte appellata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

 

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2004, relatore il consigliere Michele Corradino;

Uditi gli avvocati Resta e Tonelli come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

Con la gravata sentenza il TAR dell’Umbria ha respinto il ricorso proposto dalla Ecocampania s.r.l. con cui la società ricorrente aveva impugnato il provvedimento n. 55 in data 20 febbraio 2002 della Giunta municipale del Comune di Assisi con cui è stata disposta la deliberazione di risoluzione per inadempimento del contratto di appalto, stipulato inter partes, per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, chiedendo altresì l’accertamento dell’inadempimento del Comune e la condanna del medesimo al pagamento dei corrispettivi maturati ed al risarcimento dei danni (quantificando analiticamente i relativi importi).

La sentenza è stata appellata dalla Ecocampania s.r.l. che contrasta le argomentazioni del TAR dell’Umbria.

Il Comune di Assisi si è costituito per resistere all’appello.

La Società Ecocave a r.l. non si è costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 27 gennaio 2004, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

 

DIRITTO

Deve essere, in primis, presa in considerazione la questione di giurisdizione sollevata in primo grado dal Comune odierno resistente ed analiticamente riproposta in questa sede.Afferma il Comune resistente che, la controversia de qua, attenendo alla fase esecutiva del rapporto negoziale, sarebbe devoluta alla giurisdizione ordinaria.

L’eccezione avanzata dalla difesa dell’ente pubblico è infondata.

1. Risulta opportuno, a parere del Collegio, richiamare, primariamente, i dati normativi coinvolti nell’esame della suddetta questione. Viene in rilievo, innanzitutto, l'art. 6 della L. n. 205/2000 secondo cui <<1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale […]>>; merita di essere richiamato, altresì, l’art. 33 D.L.vo n. 80/1998 (come riscritto dall’art. 7 della L. n. 205/2000), secondo cui <<1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481. 2. Tali controversie sono, in particolare, quelle: […] b) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi; […] d) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale […]>>. Infine, per esigenze di completezza, deve essere riportato l’art. 4 (Disposizioni particolari sul processo in determinate materie) della L. n. 205/2000 il quale, nell’introdurre l’art. 23 bis alla cd. legge TAR (L. n. 1034/1971) dispone <<1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa aventi ad oggetto: […] c) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti

2. Sulla base di tali norme ritiene il Collegio ritiene che la controversia in questione rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa del Comune resistente,  e ciò in forza dell’art. 33, commi 1 e 2 lett. b) del D. Lgs. n. 80/98 (come riscritto dalla L. n. 205/2000). Infatti non è contestabile che la società Ecocampania s.r.l. gestiva il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nel Comune di Assisi e che i servizi in argomento rientrano pacificamente nella nozione di “servizio pubblico”, nell’accezione “estensiva” fatta propria dal legislatore del citato D.Lgs. n. 80/98 (in tal senso, ex multis, Cons. Stato, sez. II, parere n. 1321/02 secondo cui il meccanismo di delimitazione della giurisdizione amministrativa determinato dal legislatore delegato nel 1998 e ordinario nel 2000 <<non è più fondato sulla distinzione delle posizioni soggettive, ma sui c.d. blocs de compétence: l’intera materia dei servizi pubblici è ricondotta nell’ambito giurisdizionale del giudice amministrativo, cui sono, nel contempo, ascritti nuovi e più incisivi poteri, giusta la previsione del successivo art. 35 del d.lgs. n. 80/98. Anche la delimitazione della nozione di servizio pubblico – che assume, come è evidente, rilievo primario in sede di verifica delimitazione dell’effettiva estensione della nuova giurisdizione esclusiva – va compiuta secondo criteri diversi rispetto a quelli tradizionali della cd. concezione soggettiva, che identifica la pubblicità nella imputabilità del servizio all’organizzazione pubblica complessiva, nella titolarità dello stesso in capo all’apparato pubblico, ancorchè disgiunta dall’effettivo esercizio. Come riconosciuto da questo Consiglio di Stato sin dal parere dell’Adunanza Generale n. 30 del 12 marzo 1998, reso in ordine allo schema che sarebbe, poi, divenuto il d.lgs. n. 80/98, la riforma si ispira invece alla c.d. teoria oggettiva, in base alla quale assume rilievo decisivo – in sede di individuazione delle attività sussumibili sotto la nozione di servizio pubblico – non già la possibilità di considerarle “di pertinenza” dell’amministrazione pubblica, bensì il fatto di essere assoggettate ad una disciplina settoriale che assicuri costantemente il conseguimento dei fini sociali: questi ultimi, pertanto, lungi dal limitarsi a connotare sul versante meramente teleologico tale genere di attività, costituiscono la ragione della sottoposizione della stessa ad un regime giuridico tutto peculiare. Si può, in conclusione, affermare che i fattori distintivi del pubblico servizio sono, da un lato, la connotazione del servizio, sul piano finalistico, dall’idoneità a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti, e, dall’altro, la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l’espletamento dell’attività a norme di continuità, regolarità, capacità e qualità, cui non potrebbe essere assoggettata, invece, una comune attività economica>>. Il servizio di raccolta e trasporto rifiuti di cui si controverte appare, pacificamente, ricompreso nella delineata definizione di servizio pubblico). E’ vero, come detto sopra, che la giurisprudenza prevalente afferma la giurisdizione dell’A.G.O. per le controversie afferenti la fase di esecuzione dei contratti pubblici, ma tale orientamento, a seguito delle riforme del 1998-2000 permane solo per quei settori in cui non sia, invece, prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cioè lavori pubblici, forniture e servizi solo nel caso in cui la prestazione sia diretta a soddisfare esigenze delle amministrazioni pubbliche – e dunque non si tratti di “servizio pubblico” in senso tecnico - mentre nella presente controversia si tratta di un servizio prestato a favore della collettività, ossia di un “servizio pubblico”). A tale conclusione non potrebbe opporsi che il secondo comma, lett. d), dell’articolo 33 D.L.vo 80/1998 (nella versione originaria ed in quella derivante dalla novella del 2000) richiama solo le controversie aventi ad oggetto le procedure di affidamento degli appalti pubblici di servizi e non anche quelle insorte nella fase di esecuzione di tali appalti, giacché, in disparte il rilievo che l’elencazione delle materie ivi contenuta è di carattere meramente esemplificativo e non tassativo (come può argomentarsi dall’inciso “in particolare”, che precede tale elencazione), sta di fatto che la lettera b) dello stesso comma fa rientrare esplicitamente nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie “tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi”. Orbene, l’ampia previsione di cui sopra consente, ad avviso del Collegio, di ricomprendere anche le controversie in cui si faccia questione della legittimità o no della risoluzione unilaterale del contratto di affidamento del servizio pubblico, posto che tali controversie intercorrono, appunto, tra il soggetto preposto alla gestione del servizio e l’amministrazione pubblica che tale gestione mira a sottrargli, irrilevante dovendosi considerare, nell’ambito della giurisdizione esclusiva, la distinzione tra posizioni di diritto soggettivo e di interesse legittimo, che il legislatore ha inteso, appunto, superare, mediante la concentrazione presso l’unico giudice amministrativo di tutte le liti inerenti ai rapporti fra amministrazione e gestore del servizio pubblico. La limitazione alle procedure di affidamento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dall’art. 7 lett. d) L. 21 luglio 2000 n. 205, ancorché riferita ai pubblici servizi, va circoscritta, coerentemente con il dettato dell’art. 6 L. n. 205 cit., ai soli appalti di lavori e forniture, con la conseguenza che la fase esecutiva di un contratto che incida immediatamente e direttamente sull’espletamento di un pubblico servizio, concernente per lo più diritti soggettivi, per effetto dell’assegnazione di una giurisdizione esclusiva ratione materiae, ricade nell’alveo del sindacato giurisdizionale amministrativo. Il collegio ritiene, altresì, priva di fondamento la tesi dottrinale volta a distinguere fra ipotesi risolutive riconducibili al procedimento ex art. 345 ed ipotesi risolutive fondate su altra base (es. violazione delle disposizioni contrattuali). Invero, il distinguo sul binomio – strumentalità al pubblico servizio / strumentalità alle clausole contrattuali (e loro violazione)  – distinguo finalizzato a preservare al giudice ordinario quegli aspetti che non inciderebbero altrimenti sul pubblico interesse e quindi direttamente sul servizio pubblico, oltre a rivelarsi opinabile e dai contorni incerti, finisce per dimenticare che i fattori inerenti i profili contrattuali e quindi gli accordi sulle modalità di svolgimento del contratto, tra la Pubblica Amministrazione ed i privati, in una posizione paritaria, involgono pur sempre gli effetti sull’utilità collettiva che dalla gestione del pubblico servizio discendono.

Coerentemente, tutte le controversie relative alla fase successiva all’affidamento e alla stipula del contratto per l’esecuzione di un servizio pubblico, nonostante la loro attinenza ai diritti soggettivi e obblighi sorti nella fase esecutiva del contratto stesso, ricadono nell’alveo della nuova giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 7 L. 21 luglio 2000 n. 205, sol che incidano direttamente sull’espletamento del servizio, proprio per effetto dell’attribuzione generalizzata di tale tipo di giurisdizione in ordine a tutta la gamma di controversie ipotizzabili ratione materiae nel vasto ambito fenomenico dei servizi pubblici.

3. Chiarita la spettanza della potestas decidendi in capo alla giurisdizione amministrativa è possibile soffermarsi sul merito della controversia.

Sostiene l’appellante che il giudice di primo grado ha errato nell’interpretazione dell’art. 17 cpv. 2 del contratto, capovolgendone il significato letterale: secondo il prefato articolo, concernente le “Modalità per la raccolta differenziata dei rifiuti”, la raccolta differenziata dei vari flussi omogenei di rifiuti doveva raggiungere l’obbiettivo del 35% entro e non oltre dodici mesi dall’affidamento dell’incarico in particolare, la frazione organica raccolta separatamente veniva conferita agli impianti di compost verde, mentre la frazione umida e organica derivata dalla raccolta indifferenziata veniva separata dalla parte secca (destinata ad essere inviata a impianti di termovalorizzazione per essere trasformata in CDR –Combustibile derivato dai rifiuti) ed inviata a centri di compostaggio e stabilizzazione. Di seguito, veniva precisato che “Il Comune può conferire la frazione umida a impianti di compostaggio, di proprietà dell’azienda appaltatrice o in altri localizzati in altri bacini di utenza” (identica formulazione era contenuta nell’art. 21, comma 4, del capitolato speciale d’oneri). Al conseguimento di percentuali superiori al 35 % dei rifiuti complessivamente raccolti in modo differenziato superiori era collegata la corresponsione di “incentivi” (somme ulteriori rispetto al canone), mentre in caso di percentuali inferiori erano previste penali (art. 8), fino a incorrere nella risoluzione automatica al di sotto del 10% (art. 9)). In particolare, la Ecocampania s.r.l. sostiene che con il prefato art. 17 non si è attribuito al Comune di Assisi il potere di scegliere se indicare una ditta di propria fiducia (o di fiducia dell’appaltatrice) ovvero di serbare una condotta silente dal significato di affidamento implicito della gestione dell’operazione de qua all’aggiudicataria.

Il motivo è privo di base.

Costituisce, infatti, jus receptum il principio secondo cui nell'interpretazione delle clausole contrattuali il giudice, allorché le espressioni usate dalle parti fanno emergere in modo immediato la comune volontà delle medesime, deve arrestarsi al significato letterale delle parole e non può fare ricorso agli ulteriori criteri ermeneutici, il ricorso ai quali presuppone la rigorosa dimostrazione dell'insufficienza del mero dato letterale a evidenziare in modo soddisfacente la volontà contrattuale (cfr.: Cass. civ., Sez. III, 28/08/2003, n. 12619). Va osservato, altresì che secondo l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione, dal Collegio pienamente condiviso, un'ulteriore interpretazione è inammissibile in quanto in tal modo il giudice sostituirebbe la propria soggettiva opinione alla effettiva volontà dei contraenti (cfr.: Cass. civ., Sez. lav., 13/06/2003, n. 9484).

Alla luce di tale criterio, è corretto il decisum di primo grado nella parte (censurata dall’appellante) afferma che deve ritenersi che la ricorrente abbia assunto consapevolmente il rischio che il Comune non individuasse un impianto di compostaggio cui conferire la frazione umida. La correttezza dell’assunto è corroborato dal fatto che nel programma tecnico di esecuzione dei servizi inviato al Comune dalla ricorrente, venivano indicate le ditte alle quali si sarebbe potuto conferire la frazione umida.

Appare, altresì, corretto il ragionamento del giudice di primo grado secondo cui la questione concernente l’attribuzione dei costi di lavorazione del compostaggio è irrilevante ai fini della soluzione della controversia, anche in considerazione della priorità cronologica degli adempimenti contrattuali che l’odierna appellante avrebbe dovuto eseguire e che, invece, non ha correttamente attuato. Alla luce di tali considerazioni, pertanto, non ha pregio l’ulteriore accusa di violazione della buona fede che l’odierna appellante muove nei confronti dell’Amministrazione resistente.

Ciò considerato l’appello deve essere rigettato.

Sussistono giuste ragioni per la compensazione delle spese.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza gravata.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio 27 gennaio 2004 con l'intervento dei sigg.ri

Agostino Elefante,                               Presidente,

Rosalia Maria Pietronilla Bellavia         Consigliere,

Corrado Allegretta                              Consigliere,

Goffredo Zaccardi                               Consigliere,

Michele Corradino                              Consigliere estensore.

 

L'ESTENSORE                      IL PRESIDENTE

f.to Michele Corradino f.to Agostino Elefante

 

IL SEGRETARIO

f.to Gaetano Navarra

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12 ottobre 2004

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL  DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

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