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TAR Campania, Napoli, Sez. I, 24/11/2004 n. 17267
Sulla giurisdizione del giudice ordinario relativamente alle controversie aventi ad oggetto crediti vantati dai farmacisti nei confronti delle ASL.

A seguito dell'intervento della sentenza della Corte Costituzionale n. 204/004 che ha delimitato, riducendoli, i confini della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi le controversie relative alla pretese patrimoniali del farmacista nei confronti delle Aziende sanitarie rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario.

Materia: servizio farmaceutico / disciplina

REPUBBLICA  ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania  - Sezione Prima

composto dai magistrati:

dott. Giancarlo Coraggio          - Presidente

dott. Paolo Carpentieri - Consigliere

dott. Arcangelo Monaciliuni     - Consigliere, rel.

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

sul ricorso n. 10425/2001 Reg. gen., proposto dal dott. Nicola Nazzaro, titolare della farmacia sita in Qualiano (NA) al Corso Campano, rappresentato e difeso, per mandato a margine dell'atto introduttivo del giudizio, dagli avv.ti Angelo  Mastromatteo e Felice De Simone, presso il cui studio in Napoli, via Guantai Nuovi, n. 30, è elettivamente domiciliato 

 

contro

l'Azienda sanitaria locale Napoli 2, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso, giusta mandato in calce alla copia notificata del ricorso, dagli avv. ti Catello Salerno e Michele Vella, con domicilio presso la segreteria del giudice adito

 

per l’annullamento (previa sospensione)

- del provvedimento del 21 giugno 2001 recante la comunicazione della decurtazione, dalle competenze del mese di maggio 2001, delle somme relative alle ricette spedite nel mese di settembre 2000;

- del provvedimento del 21 giugno 2001 recante la comunicazione della decurtazione, dalle competenze del mese di gennaio 2001, delle somme relative alle ricette spedite nel mese di dicembre 2000;

- di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente e comunque lesivo dell'interesse del ricorrente

 

e per la condanna

dell'Azienda al pagamento delle somme relative alla fornitura di farmaci per il periodo agosto-dicembre 2000

Visto il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata e l'annessa produzione; 

Visti gli atti tutti di causa;

Relatore il consigliere, dott. Arcangelo Monaciliuni;

Uditi, alla pubblica udienza del 20 ottobre 2004, i procuratori delle parti, come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato quanto segue:

 

Fatto

Con il ricorso in esame, notificato il 3.10.2001 e depositato il successivo giorno 26 dello stesso mese, il dott. Nicola Nazzaro, nella dichiarata qualità di titolare della farmacia sita in Qualiano (NA), al Corso Campano, ha impugnato le determinazioni innanzi cennate, cui tramite l'Azienda sanitaria locale Napoli 2 ha operato plurime decurtazioni sulle competenze dovute alla farmacia per erogazione farmaci a cittadini utenti del servizio sanitario nazionale, rivendicando quindi il diritto a vedersi pagate le somme di £. 956.700 per i farmaci mutuabili (agosto-dicembre 2000); di £. 5.984.400 per i farmaci registro Usl (agosto e dicembre 2000); di £. 7.342.300 per i farmaci mancanti di  note Cuf (ancora agosto e dicembre 2000), oltre interessi e rivalutazione monetaria.

A sostegno del gravame tre motivi di ricorso, volti a denunciare: difetto di istruttoria (primo mezzo); difetto di motivazione (secondo mezzo); violazione degli artt. 1, comma 4, l. 425/1996 e 70, comma 2, l. 449/1998 (terzo mezzo).

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio per resistere alla pretesa attorea, senza produrre documentazione e scritti difensivi.

Con ordinanza collegiale della Sezione n. 5784 del 5 dicembre 2001, la domanda cautelare è stata accolta in parte (limitatamente alla somma rivendicata per farmaci mutuabili).

Con ordinanza collegiale istruttoria n. 997 del 20 febbraio 2003 è stata disposta l'acquisizione di documentazione necessaria ai fini del decidere e fissata alla pubblica udienza del 4 giugno 2003 la data del prosieguo per la definizione del merito.

In tale sede, la trattazione è stata rinviata a data da destinarsi, alla luce della mancata prova in atti dell'avvenuta comunicazione della predetta ordinanza all'amministrazione, destinataria della stessa.

Effettuato detto adempimento (oltre che in via amministrativa, in data 4 settembre 2003 con notifica a cura della parte ricorrente), su istanza attorea del 1.4.2004, è stata fissata al 20 ottobre 2004 la nuova data di trattazione del merito.

All’udienza pubblica del 20 ottobre 2004, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

 

Diritto

1- Il ricorso è (divenuto) inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Con sentenza 6 luglio 2004, n. 204, pubblicata in G.U.R.I. - Serie Speciale Corte Costituzionale n. 27 del 14 luglio 2004, il giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale (per quanto qui rileva) dell'art. 33 del d.l.vo n. 80/1998, come sostituito dall'art. 7 della l. 205/2000, riscrivendone il primo comma ed eliminandone il secondo.

Per effetto di tale riscrittura -che ha perimetrato, riducendoli, i confini della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi- deve concludersi che la controversia di cui qui trattasi è stata sottratta alla anzidetta giurisdizione di questo giudice.

2- Sotto un primo -generale ed essenziale- profilo va infatti osservato che essa attiene ad un diritto soggettivo di credito vantato dal ricorrente nei confronti del Servizio sanitario nazionale, in quanto tale rientrante fra le controversie "concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi", che la sentenza cennata ha restituite alla giurisdizione del giudice ordinario.

Alcun dubbio può sussistere al riguardo (la controversia che ha dato origine alla pronuncia della Corte afferiva ad una richiesta di condanna al pagamento di somme dovute da una Asl ad una struttura privata accreditata con il servizio sanitario nazionale); nè può condurre a diversa conclusione la circostanza che il ricorrente, in una alla richiesta di condanna al pagamento delle somme rivendicate, costituente il quid proprium (l'ubi consistam) dell'azione proposta, chiede anche l'annullamento delle note a mezzo delle quali viene comunicata la decurtazione operata (sui pagamenti richiesti).

Come è noto, infatti, ai fini della determinazione della giurisdizione occorre aver riguardo al petitum sostanziale, identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione richiesta al giudice, ma anche e soprattutto in relazione alla causa petendi, ossia all'intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio, da individuarsi con riferimento alla sostanziale protezione ad essa accordata dal diritto positivo (Cass. sez. un., ex plurimis, da ultimo, nn. 8212 del 2004; 3508 del 2003; 489 del 2002; 64 del 2001).

Nel caso dato, si è in presenza di una pretesa contrassegnata da un contenuto meramente patrimoniale attinente al rapporto interno (farmacista - Asl) in ordine al quale la contrapposizione fra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio obbligo-pretesa, non venendo in rilievo il potere di intervento riservato alla pubblica amministrazione per la tutela di interessi generali, ovvero il coinvolgimento dell'amministrazione come autorità; il che esclude, quindi, una possibile riconduzione della vicenda alla giurisdizione di (sola) legittimità devoluta al giudice amministrativo.

E dunque, il diritto soggettivo al pagamento preteso, non soggetto ad intermediazione o affievolimento alcuno, va fatto valere innanzi al giudice ordinario, senza che possa rilevare la pendenza del giudizio innanzi a questo giudice, pacifica l'efficacia retroattiva che assiste le pronunce della Corte costituzionale, salvo il limite dei rapporti esauriti (da ultimo, Cass., sez. un., 6.5.2002, n. 6487 e, in riferimento agli effetti della pronuncia della Corte in commento, Tar Campania, sez. quinta, n. 10462/2004; sez. prima, 10909/2004; Tar Sicilia, Palermo, n. 1543/2004).

3- Tale conclusione sarebbe invero pacifica e non richiederebbe ulteriori approfondimenti avuto conto, in una a quanto già sopra ricordato, per un verso delle linee portanti dell'intervento della Corte Costituzionale e, per altro connesso verso, del consolidato avviso delle Sezioni uniti della Corte di Cassazione secondo cui il rapporto intercorrente tra le Usl (e successivamente le Asl) e le farmacie per l'erogazione dell'assistenza farmaceutica si inquadra nello schema della concessione di pubblico servizio e, nel contempo, le controversie relative alla pretesa del farmacista concessionario al pagamento dei compensi dovutigli per il servizio svolto - costituenti il corrispettivo dei medicinali forniti, in forza della concessione, agli utenti del servizio sanitario nazionale- hanno ad oggetto un vero e proprio diritto soggettivo (ex multis, Cass., ss.uu., 3.2.1986, n. 652 e, omisso medio, 14 marzo 2002, n. 3791).

Se non che, il dispositivo additivo della decisione del giudice delle leggi non investe, escludendola dalla pronuncia di incostituzionalità, la seconda parte dell'art. 33, comma 1; sì che, come osservato da tutti i commentatori della novella e da Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 2004, n. 6489, il dato testuale sembra lasciare integra la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato immobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni ed ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.

E se detto dato, per il supremo consesso della giustizia amministrativa, "non sembra lasciare spazio, sul piano della concatenazione letterale, alla introduzione di un canone esegetico in linea con le premesse concettuali, registrandosi una evidente scissione tra il riferimento al profilo autoritativo, contenuto nella prima parte del dispositivo medesimo, e la mera indicazione (introdotta dal "nonchè" finale) dei settori di pubblico servizio non incisi dalla pronuncia di incostituzionalità, e quindi attratti nella giurisdizione esclusiva", nondimeno "d'altro canto, una interpretazione che non tenesse nel debito conto anche delle linee portanti dell'intervento del giudice delle leggi potrebbe sortire l'effetto di snaturare l'essenza stessa del nuovo assetto delineato dalla pronuncia in esame".

E dunque, poichè nel caso qui dato, come già sopra osservato, la vicenda non può esser ricondotta alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo (come invece avveniva nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato), deve privilegiarsi  "meditamente"  una soluzione.

4- Non sfugge al Collegio la delicatezza della vicenda; d'altra parte non può non notarsi come la suprema magistratura amministrativa abbia già ritenuto possibile pervenire, in via interpretativa, ad una soluzione che non snaturi "l'essenza stessa del nuovo assetto delineato dalla pronuncia" della Corte. Peraltro, se così non avesse ad essere, se cioè non fosse possibile pervenire, per tale via, ad una declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, non resterebbe che ipotizzarsi il ricorso alla stesso giudice delle leggi per una verifica della razionalità della norma e, quindi, della sua conformità ai parametri costituzionali di buon andamento e di eguaglianza formale e soggettiva valevole per tutti i soggetti dell'ordinamento, persone fisiche e giuridiche (C.C. n. 25 del 1966 e n. 2 del 1969) e che si estrinseca, in ultima analisi, in un generale principio di ragionevolezza per cui situazioni eguali -quali quelle, a tutto concedersi, qui date- vanno trattate in modo eguale ed in maniera razionalmente diversa situazioni diverse (C.C. n. 53 del 1958; n. 15 del 1960; n. 4 del 1964; n. n. 1 del 1966; n. 5 del 1980; n. 15 del 1982).

Al riguardo, va infatti ribadito che il caso che ha dato origine alla pronuncia della Corte afferiva a pagamenti ad una Casa di cura accreditata con il servizio sanitario nazionale, ovvero ad una controversia legata immediatamente e direttamente o ben potendolo essere (non essendo dato cogliere tale, pur non secondario elemento, da una mera lettura dell'ordinanza di remissione e della pronuncia della Consulta) ad una verifica della legittimità di atti autoritativi (tetti di spesa e quant’altro) che di norma -a differenza di quanto avviene per le prestazioni dei farmacisti- costituiscono il necessitato, diretto ed immediato presupposto del corrispettivo economico delle prestazioni di che trattasi.

Ma il ricorso al giudice delle leggi non è necessario.

Ed invero, l'interpretazione letterale della norma non è sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, sicchè l'interprete ben può ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercè l'esame complessivo del testo, della "mens legis".

Nel caso dato, l'elemento letterale e l'intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico ed il secondo non solo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all'equivocità del testo da interpretare, ma assume rilievo prevalente rispetto all'interpretazione letterale poichè si verifica l'ipotesi eccezionale in cui l'effetto giuridico risultante dalla formulazione della disposizione è incompatibile con il sistema normativo (Cass. sez. I^, 6 aprile 2001, n. 5128).

Orbene, in base a quanto sopra già considerato, si rende pacifica la conclusione secondo la quale, nell'assetto delineato dalla Corte Costituzionale, le controversie relative alle mere pretese patrimoniali dei farmacisti vadano devolute alla cognizione del giudice ordinario; per la contraria ipotesi l'intero sistema di riparto ne risulterebbe snaturato. Ed al riguardo opportuno appare anche  un richiamo all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, n. 1 del 2000 secondo cui le domande di carattere patrimoniale (dei farmacisti) sono "prive di effettiva correlazione con gli interessi generali al corretto espletamento del servizio pubblico"; il che consolida l'orientamento della Cassazione sul punto e rende diritto vivente la scissione fra esse e le restanti questioni involgenti il servizio farmaceutico in sè.

Anche avuto riguardo a ciò, deve escludersi che la Corte costituzionale possa aver inteso essa operare una valutazione di  inscindibilità della particolare materia: servizio farmaceutico (e non vigilanza sul....); più semplicemente, è da ritenersi che il dispositivo della pronuncia della Corte si limiti a riprendere la preesistente seconda parte dell'art. 33, comma 1, nella quale è ricompreso il servizio farmaceutico, riproducendola. E però, il testo preesistente faceva precedere a detta seconda parte "quelli afferenti...."   un non secondario inciso: "ivi compresi", non più ovviamente riproducibile, esso, nel nuovo testo.

In breve, se l'ivi compresi, ovvero le specificazioni del legislatore in sede di inserimento nell'ordinamento dell'art. 33 in nulla differenziava i pubblici servizi individualmente indicati (nella seconda parte) dalla generalità di essi (di cui alla prima parte), così come le esemplificazioni delle controversie operate dal secondo comma (travolto nella sua integrità dalla pronuncia della Consulta) costituivano, per l'appunto, solo esemplificazioni a portata non esaustiva (Tali controversie sono, in particolare), nello stesso modo non può ritenersi oggi affermata dalla vigente disposizione una peculiarità del servizio farmaceutico, per quanto qui rileva, tale da sottrarlo alla generale regola oggi (ri)data secondo cui, in materia di pubblici servizi (o, meglio, ma questo è altro discorso che qui non rileva, di concessioni di pubblici servizi) le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario. 

Opinare diversamente significherebbe ipotizzare, da parte della Corte, una creazione libera della norma, invece riservata al legislatore; possibilità questa da escludersi alla luce del magistero della Corte medesima, quale riconosciuto dalla unanime dottrina costituzionalista secondo la quale il giudice delle leggi si limita a individuare la norma -già presente nel sistema, e spesso ricavabile dalle medesime disposizioni costituzionali di cui ha fatto applicazione- mediante la quale riempire immediatamente la lacuna ordinamentale che altrimenti resterebbe aperta nella disciplina della materia, facendo così luogo ad una legislazione "a rime obbligate", ovvero a decisioni manipolative a contenuto già predeterminato dall’ordinamento.

5- Infine -ed è elemento che ha il suo rilievo- appare da precisare che alla conclusione della sottrazione alla giurisdizione esclusiva di questo giudice della materia specifica di che trattasi (o submateria, o altro, secondo le diverse e non indifferenti opzioni individuate) sono già pervenuti, oltre che la dottrina in sede di analisi della portata della pronuncia in commento, sia questo Tribunale (cfr. provvedimenti monocratici su richieste di decreti ingiuntivi dei farmacisti, a partire dal n. 2048 del 22.7.2004 e sentenze rese in sede di opposizione a quelli emanati ante novella, a partire dalla n. 12139 del 21.9.2004), che, a quanto è dato conoscere, i restanti TT.AA.RR. (cfr. Tar lazio, sez. 1^, decreto monocratico n. 669 del 9 settembre 2004), nonché i giudici ordinari che detti provvedimenti ingiuntivi hanno oggi concessi.

6- Alla stregua di tutto quanto innanzi, come preannunciato il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Le spese di giudizio possono essere compensate per giusti motivi.

 

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima, dichiara il ricorso in epigrafe inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Manda alla segreteria per gli adempimenti di rito.

Così deciso in Napoli, nelle camere di consiglio del 20 ottobre 2004 e del 18 novembre 2004.

dott. Giancarlo Coraggio,                    Presidente

dott. Arcangelo Monaciliuni,                Consigliere

 

Depositata in segreteria il 24 novembre 2004

 

 

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