HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. V, 9/12/2004 n. 7900
Sul diritto di accesso agli atti da parte di un consigliere comunale nei confronti di una società a prevalente capitale comunale.

E' legittima l'istanza di accesso agli atti presentata da un consigliere comunale nei confronti di una società a prevalente capitale comunale, nata dalla trasformazione di un'azienda speciale preposta all'erogazione dei servizi pubblici.
La natura di società di capitale non preclude l'esercizio del diritto de quo, atteso che la proprietà della medesima è imputabile al Comune; dalla partecipazione pubblica discende l'esercizio di attività certamente rientranti nella più generale attività dell'ente locale, che giustifica e legittima quindi la richiesta documentazione.

Materia: enti locali / accesso agli atti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello nr. 1070/2004 R.G., proposto dal Sen. Dott. Roberta Visibelli, rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Faconda ed elettivamente domiciliato presso il prof. Luigi Rotondo in Roma, Via  Biolchini 21,

 

CONTRO

La Amet s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Musenga, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Roma, Viale America 11;

 

E nei confronti di

Il Comune di Trani, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Puglia - Bari, sez. II, 19 gennaio 2004 n.120,

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Vista la costituzione in giudizio della parte appellata;

Visto l’appello incidentale proposto dalla Amet s.p.a.

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 25 giugno 2004, relatore il consigliere Michele Corradino;

Uditi i difensori delle parti A. Faconda e A. Musenga, come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

Con la sentenza appellata il TAR della Puglia ha dichiarato inammissibile il ricorso (iscritto al n. 1781/2003 R.G.), proposto dall’odierno appellante avverso il diniego opposto dall’A.M.E.T. con delibera del C.d.A. del 5/9/2003, comunicata con nota del 14/10/2003 a firma del Presidente del C.d.A., alla richiesta di accesso agli atti di cui alle istanze del 28/7/2003 e 8/8/2003 riformulate con ulteriore istanza del 22/9/2003, avverso la stessa nota del 14/10/2003 e ogni altro atto al suddetto diniego connesso e/o presupposto ivi compresa la nota A.M.E.T. del 30/7/2003 a firma della dott.ssa Giuliana Perrotta, nonché per l’accertamento del diritto del ricorrente all’accesso agli atti di cui alle richieste innanzi indicate e per la condanna dell’A.M.E.T. s.p.a. alla produzione ed esibizione in favore del ricorrente, degli atti suddetti, con facoltà di estrarne copia.

La sentenza è stata appellata dal Sen. Dott. Visibelli che contrasta le argomentazioni del TAR Puglia.

La Amet s.p.a. si è costituita per resistere all’appello, proponendo, altresì, appello incidentale.

Il Comune di Trani non si è costituito per resistere all’appello.

Alla pubblica udienza del 25 giugno 2004, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

 

DIRITTO

L’appello è fondato.

Il Collegio, per la migliore intelligenza della vicenda in esame, ritiene di doverla esporre sinteticamente.

L’odierno appellante, in qualità di consigliere comunale per la lista “Forza Trani”, con nota del 28.7.2003, ha presentato all’A.M.E.T., ex azienda speciale del Comune di Trani preposta all’erogazione dei servizi pubblici di trasporto e di distribuzione di energia elettrica, un’istanza di accesso ai seguenti documenti: atto di acquisto del ramo d’azienda Enel Distribuzione del 31.1.2003 e atto di acquisto dell’immobile di via Imbriani dalla Dalmazia Trieste s.p.a. del 31.1.2003. L’A.M.E.T., con nota del 30.7.2003 ha comunicato al Sen Visibelli che <<[…] trattandosi di documentazione inerente l’espletamento del mandato di Consigliere Comunale, […] ogni decisione in ordine all’istanza è di competenza del Comune>>. L’appellante ha quindi reiterato l’istanza di accesso, con nota dell’8/8/2003, specificando la documentazione richiesta. In seguito, il Consiglio di Amministrazione dell’A.M.E.T., nella seduta del 5/9/2003, ha preso atto del diniego di accesso espresso dal Presidente, condividendone le ragioni, sia per essere l’A.M.E.T. una s.p.a. e non più una azienda speciale del Comune, sia per ragioni di tutela della concorrenza. Il Sen. Visibelli con ulteriore nota del 22 settembre 2003 riformulava la richiesta di accesso. Infine, con atto notificato in data 11 novembre 2003 il Sen. Visibelli ha proposto il ricorso dichiarato inammissibile con l’appellata sentenza.

Il Collegio, ai fini della decisione della presente controversia, ritiene di dover prendere in esame, in via preliminare, la censura racchiusa nell’appello incidentale con la quale l’Amet spa sostiene la tardività del gravame di primo grado.

L’eccezione è infondata.

Sul punto, merita adesione la decisione gravata con l’appello in esame nella parte in cui ha ritenuto la nota del 30/7/2003 a firma della dott.ssa Perrotta, di contenuto meramente interlocutorio, posto che, come si evince dal chiaro tenore della locuzione ivi contenuta, demandava le finali determinazioni in ordine all’istanza ostensiva al Comune di Trani.

Per ragioni di completezza il Collegio osserva che anche aderendo all’impostazione difensiva dell’Amet s.p.a., il gravame di primo grado sarebbe stato comunque tempestivo. Invero, deve escludersi che l’inutile decorso del termine di trenta giorni per proporre ricorre al giudice amministrativo estingua il diritto all’accesso dell’interessato. La citata previsione dell’art. 25, comma 5, va infatti intesa nel senso che il richiedente che non ha proposto tempestivo ricorso giurisdizionale non abbia più titolo ad ottenere l’esecuzione coattiva dell’accesso da parte del giudice sulla base della domanda d’accesso già presentata e rimasta infruttuosa, ma conservi il titolo a presentare una nuova domanda d’accesso. Invero, sarebbe paradossale che l’introduzione generalizzata di un istituto quale il diritto d’accesso, che ha un dichiarato fine generale di pubblico interesse in una nuova e più democratica concezione dei rapporti tra amministrazione e amministrati, e che costituisce principio generale dell’ordinamento, venisse sottoposto ad uno speciale regime processuale che – se non fosse possibile proporre una nuova domanda d’accesso - sarebbe per l’interessato indubbiamente più restrittivo di quello generale  (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI , 27 maggio 2003 n. 2938). Nel caso in esame risulta che, dopo la nota del 30 luglio 2003, il Sen. Visibelli reiterò l’istanza di accesso in ben due occasioni (8 agosto e 22 settembre 2003) meglio specificando gli atti e i documenti dei quali si chiedeva l’ostensione; il ricorso di primo grado, pertanto, anche sotto tale profilo, deve essere dichiarato ricevibile (risultando, altresì, erroneo il richiamo operato dal primo giudicante alla nota del 20 ottobre 2003). 

Giudicato ricevibile il gravame di primo grado, si palesa opportuna l’esposizione di brevi considerazioni sul diritto di accesso riconosciuto dall’ordinamento ai consiglieri comunali e provinciali.

L’art. 43, comma 2, del Testo unico degli enti locali - D.L.vo n. 267/2000 - statuisce: <<I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge>> (disposizione che ha i suoi più immediati antecedenti nell’articolo 24 della L. n. 816/1985 - Esercizio delle funzioni consiliari <<I consiglieri comunali, i consiglieri provinciali e i componenti delle assemblee delle unità sanitarie locali e delle comunità montane, per l'effettivo esercizio delle loro funzioni hanno diritto di prendere visione dei provvedimenti adottati dall'ente e degli atti preparatori in essi richiamati nonchè di avere tutte le informazioni necessarie all'esercizio del mandato>> - e nell’art. 31 comma 5 L. n. 142/1990 - Consigli comunali e provinciali <<I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonchè dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge>>).

Dal contenuto di tale norma emerge chiaramente che i consiglieri comunali hanno diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato, ciò anche al fine dì permettere di valutare con piena cognizione di causa la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.

II diritto codificato da tale disposizione è direttamente funzionale non tanto ad un interesse personale del consigliere comunale o provinciale, quanto alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato conferito e, quindi, alla funzione di rappresentanza della collettività. Il diritto ha una ratio diversa, quindi, da quella che contraddistingue l'ulteriore diritto di accesso ai documenti amministrativi che è riconosciuto, non solo ai consiglieri comunali o provinciali, ma a tutti i cittadini (art. 7, legge n. 142/1990 applicabile agli atti degli enti locali) come pure, in termini più generali, a chiunque sia portatore di un interesse personale e concreto e per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, in riferimento ai documenti amministrativi detenuti da amministrazioni diverse dai comuni e dalle province (art. 22 legge 7 agosto 1990, n. 241; art. 2 d.PR. 27 giugno 1992, n. 352).

 

Invero, la finalizzazione dell'accesso all'espletamento del mandato costituisce, al tempo stesso, il presupposto legittimante l'accesso ed il fattore che ne delimita la portata. Le disposizioni richiamate, infatti, collegano l'accesso a tutto ciò che può essere effettivamente funzionale allo svolgimento dei compiti del singolo consigliere comunale e provinciale e alla sua partecipazione alla vita politico-amministrativa dell' ente (questo orientamento è confermato dalla giurisprudenza, che ha avuto occasione di precisare che il consigliere può accedere non solo ai “documenti” formati dalla pubblica amministrazione di appartenenza ma, in genere, a qualsiasi “notizia” od “informazione” utili ai fini dell' esercizio delle funzioni consiliari; cfr. Cass. Civ. Sez. III, sent. n. 8480 del 3 agosto 1995, in materia di acquisizione della registrazione magnetofonica di una seduta consiliare).

Il diritto di accesso del consigliere comunale non riguarda soltanto le competenze attribuite al consiglio comunale ma, essendo riferito all'espletamento del mandato, investe l'esercizio del munus in tutte le sue potenziali implicazioni per consentire la valutazione della correttezza ed efficacia dell'operato dell'amministrazione comunale (cfr.: Cons. Stato, V Sez. 21.2.1994 n. 119, Cons. Stato, V Sez. 26.9.2000 n. 5109, Cons. Stato, V Sez. 2.4.2001 n. 1893).

A differenza dei soggetti privati, il consigliere non è tenuto a motivare la richiesta né l'ente ha titolo per sindacare il rapporto tra la richiesta di accesso e l'esercizio del mandato, altrimenti gli organi dell'amministrazione sarebbero arbitri di stabilire essi stessi l'ambito del controllo sul proprio operato (Cons. Stato, V Sez. 7.5.1996 n. 528, Cons. Stato, V Sez. 22.2.2000 n. 940, Cons. Stato, V Sez. 26.9.2000 n. 5109; cfr. la recente Consiglio di Stato, Sezione V, 4 maggio 2004, n. 2716 secondo cui <<Allorché una richiesta di accesso è avanzata per l'espletamento del mandato risulta, invero, insita nella stessa l'utilità degli atti richiesti al fine dell'espletamento del mandato. Il riferimento alle notizie ed alle informazioni "utili" contenuto nella norma in esame, non costituisce affatto una limitazione, se appena si considera l'intero contesto della disposizione. Il diritto di accesso è stato, infatti, attribuito ai consiglieri comunali per "tutte le notizie e le informazioni... utili all'espletamento del proprio mandato" e, quindi, per tutte le notizie ed informazioni ritenute utili, senza alcuna limitazione. Dal termine "utili" contenuto nella norma in oggetto non consegue, quindi, alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, bensì l'estensione di tale diritto a qualsiasi atto ravvisato utile all'espletamento del mandato>>).

Infine, il diritto di avere dall'ente tutte le informazioni che siano utili all'espletamento del mandato non incontra alcuna limitazione derivante dalla loro natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato all'osservanza del segreto (Cons. Stato, V Sez. 20.2.2000 n. 940 e la già citata Consiglio di Stato, Sezione V, 4 maggio 2004, n. 2716).

Alla luce delle esposte considerazioni si palesa erronea la gravata sentenza tanto nella parte in cui ha ritenuto l’istanza estensiva del 28-29.7.2003 (e la nota dell’8/8/2003) dell’odierno appellante sfornita di qualsivoglia motivazione in ordine all’interesse e alle ragioni che devono supportare la richiesta di accesso, quanto nella parte in cui ha ritenuto tale motivazione funzionale all’esigenza di consentire all’Amministrazione una adeguata valutazione delle ragioni e dell’interesse all’accesso, motivazione e valutazione che, come detto, risultano estranee, per consolidata giurisprudenza, alla fattispecie in esame (essendo, piuttosto, tipiche del diverso istituto scolpito dall’art. 25 L. n. 241/1990), come correttamente rilevato dalla difesa dell’appellante.

La peculiarità del caso sottoposto all’esame del Collegio attiene alla particolare natura del soggetto nei confronti del quale l’istanza ostensiva è diretta: si tratta, invero, di una società di capitali a partecipazione pubblica (comunale) totalitaria - nata dalla trasformazione dell’Azienda speciale del Comune di Trani - preposta all’erogazione dei servizi pubblici del trasporto urbano e dell’energia elettrica.

Orbene, questa Sezione ha già avuto modo di chiarire che è legittima la richiesta di informazioni nei confronti di una società a prevalente capitale comunale, svolta da un consigliere comunale, con riferimento sia all'art. 24 l. 27 dicembre 1985 n. 816, che prevede che i consiglieri comunali, per l'effettivo esercizio delle loro funzioni, hanno diritto di prendere visione dei provvedimenti adottati dall'ente e degli atti preparatori in essi richiamati, sia all'art. 31 comma 5 l. 8 giugno 1990 n. 142, che stabilisce che gli stessi hanno diritto di ottenere dagli uffici comunali e dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie ed informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del mandato (Cons. Stato, sez. V, 05/09/2002, n.4472).

La lettura sostanzialistica racchiusa nella citata decisione, lettura condivisa dal Collegio, risulta coerente alla giurisprudenza di questo Consesso in materia di società miste la cui costituzione, per la gestione dei servizi pubblici locali, qualora si renda opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale di questi, costituisce un modello organizzativo e gestionale sì alternativo a quello dell'azienda speciale, ma non per questo del tutto alieno a connotati e finalità sostanzialmente pubblici, perchè, ai fini dell'identificazione di un soggetto pubblico, la forma societaria assume veste neutrale ed il perseguimento di uno scopo pubblico non è di per sè in contraddizione con il fine societario lucrativo - art. 2247 c.c. - (cfr. Cons. Stato, sez. V, 03/09/2001, n.4586; cfr.: <<Il modulo organizzativo della società mista per azioni ex art. 22 comma 3 lett. e), l. 8 giugno 1990 n. 142 (a prevalente capitale pubblico) delinea una forma di gestione diretta del servizio pubblico nel cui ambito non solo il rapporto tra pubblica amministrazione e società è di natura giuspubblicistica, ma soprattutto la società stessa diviene organo indiretto dell'ente, deputato allo svolgimento del servizio affidatole>> Cons. Stato, sez. V, 19/02/1998, n.192).

La natura di società di capitale non preclude, pertanto, l’esercizio del diritto de quo, atteso che la proprietà della medesima è imputabile al Comune; dalla partecipazione pubblica discende l’esercizio di attività certamente rientranti nella più generale attività dell’ente locale, che giustifica e legittima quindi la richiesta documentazione.

Non merita di essere accolta l’eccezione di legittimità costituzionale avanzata dalla Amet s.p.a. in ordine al sopra citato art. 43 del Testo unico enti locali per difetto del requisito della non manifesta infondatezza della questione. Si prescinde, altresì, dall’invocata disapplicazione dell’art. 29 dello Statuto del Comune di Trani, avendo il Collegio incentrato il decisum sui dati normativi di fonte primaria.

Si osserva, infine, in ordine ai gravissimi danni paventati dalla difesa dell’Amet s.p.a. che per espressa previsione normativa (art. 43 del Testo unico enti locali) i consiglieri che esercitano il diritto di accesso sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.

Assorbiti gli altri motivi.

Per le ragioni esposte l’appello principale va accolto, mentre deve essere rigettato l’appello incidentale.

Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione del dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione V) accoglie l’appello principale e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso di primo grado ed ordina all’Amet s.p.a. di consentire al Sen. Visibelli l'accesso ai documenti nei termini oggetto di richiesta.

Rigetta l’appello incidentale.

Condanna la Amet s.p.a. al pagamento di Euro 1.000 in favore del Sen. Dott. Visibelli a titolo di spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, nella camera di consiglio del 25 giugno 2004, con l'intervento dei sigg.ri

 

Agostino Elefante   Presidente,

 

Raffaele Carboni    Consigliere,

 

Paolo Buonvino     Consigliere,

 

Marzio Branca       Consigliere,

 

Michele Corradino Consigliere estensore,

 

 

L'ESTENSORE                      IL PRESIDENTE

 

f.to Michele Corradino             f.to Agostino Elefante

 

IL SEGRETARIO

f.to Gaetano Navarra

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 9 dicembre 2004

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL  DIRIGENTE

F.to Antonio Natale

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici