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Consiglio di Stato, Sez. V, 9/12/2004 n. 7899
Sulla possibilità per le pubbliche amministrazioni di affidare, direttamente o previa gara, lo svolgimento di determinati servizi, ma non di istituire ex novo riserve monopolistiche.

L'art. 29 della l. n. 448/2001 permette alle pubbliche amministrazioni, anche in deroga alle disposizioni vigenti, di affidare, direttamente o previa gara, lo svolgimento di determinati servizi, ma non certamente consente un affidamento del genere "in deroga" al divieto di privativa pubblica, realizzando una sorta di generale "autorizzazione" legislativa, idonea a consentire agli enti locali che lo desiderino di istituire ex novo riserve monopolistiche su determinate attività.

Materia: servizi pubblici / funerari

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale, Quinta  Sezione

ha pronunciato la seguente

 

decisione

sul ricorso in appello n. 940 del 2004 proposto da EURO FLORA 90, in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Lina Fiorilli ed Andrea Abbamonte, elettivamente domiciliata presso lo studio legale di quest’ultimo in Roma, alla via degli Avignonesi n. 5;

 

contro

RENATO LOLLO, titolare dell’omonima impresa individuale, rappresentato e difeso dall’avv. Ettore Freda, con il quale elettivamente domicilia presso lo studio legale dell’avv. Maria C. Alessandrini in Roma, alla via Cesare Federici n. 2;

 

e nei confronti del

COMUNE DI SAN BARTOLOMEO IN GALDO, in persona del Commissario Prefettizio l.r. p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Camillo Cancellario, con questi elettivamente domiciliato presso l’avv. Umberto Del Basso De Caro (studio legale Viscione-Gerardi), in Roma, alla via F.S. Nitti n. 11;

e sul ricorso n. 3215 del 2004 proposto dal

 

COMUNE DI SAN BARTOLOMEO IN GALDO, in persona del Commissario Prefettizio l.r. p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Camillo Cancellario, con questi elettivamente domiciliato presso l’avv. Umberto Del Basso De Caro (studio legale Viscione-Gerardi), in Roma, alla via F.S. Nitti n. 11;

 

contro

RENATO LOLLO, titolare dell’omonima impresa individuale, rappresentato e difeso dall’avv. Ettore Freda, con il quale elettivamente domicilia presso lo studio legale dell’avv. Maria C. Alessandrini in Roma, alla via Cesare Federici n. 2;

 

e nei confronti di

EURO FLORA 90, in persona del l.r. p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Lina Fiorilli ed Andrea Abbamonte, elettivamente domiciliata presso lo studio legale di quest’ultimo in Roma, alla via degli Avignonesi n. 5;

 

per la riforma

della sentenza n. 13916 del 22.10.2003/25.11.2003, pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli, sez. I;

visti i ricorsi con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

vista l’ordinanza n. 1076 del 9.3.2004 con la quale la Sezione ha respinto l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza proposta da Euro Flora 90 (ricorso n. 940/2004);

visti gli atti tutti della causa;

designato relatore il cons. Gabriele Carlotti;

uditi alla pubblica udienza del 19.10.2004 l’avv.to Andrea Abbamonte per la Euro Flora 90, l’avv. Camillo Cancellari per il Comune di San Bartolomeo in Galdo e l’avv. Ettore Freda per l’appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. Con separati appelli la ditta Euro Flora 90 ed il Comune di San Bartolomeo in Galdo hanno impugnato la sentenza immediata del T.a.r. della Campania, sedente in Napoli, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal signor Renato Lollo avverso il diniego comunale a svolgere attività di trasporto salme con auto proprie nonché contro la delibera della G.M. n. 81 del 22.4.2003, di indizione della gara per l’affidamento quinquennale del relativo servizio, ed il verbale di aggiudicazione definitiva del 29.5.2002 a favore della Euro Flora 90.

Si sono costituiti, nei rispettivi giudizi così promossi, il signor Renato Lollo, il Comune di San Bartolomeo in Galdo e l’Euro Flora 90.

All’udienza del 19.10.2004 i ricorsi sono passati in decisione.

2. In via preliminare va disposta la riunione, a norma dell’art. 335 c.p.c., dei due appelli sopra specificati.

3. Per una migliore comprensione delle questioni sottoposte al giudizio del Collegio, occorre accennare brevemente allo svolgimento del processo celebrato in prime cure.

3.1. Il signor Renato Lollo, in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale di trasporti ed onoranze funebri, adì il Tribunale amministrativo regionale della Campania per tutelarsi contro gli atti indicati nel precedente §.1., deducendo vizi di violazione di legge (segnatamente, degli artt. 22 L. n. 142/1990 e 112 T.U.E.L. n. 267/2000) e contestando l’esistenza di una privativa comunale sui servizi di trasporto funebre, ormai asseritamente liberalizzati.

In particolare, il signor Lollo impugnò l’atto con cui il Comune di San Bartolomeo in Galdo ebbe a negargli il rilascio dell’autorizzazione a svolgere il servizio di trasporto funebre, giacché in precedenza appaltato alla Euro Flora 90 (risultata aggiudicataria di un’apposita gara, bandita ai sensi dell’art. 19 D.P.R. 10.9.1990, n. 285).

Furono altresì impugnate la delibera di indizione della gara in parola ed il relativo verbale di aggiudicazione.

3.2. Il Ta.r. accolse il ricorso, fondando la decisione sull’argomento della ritenuta inidoneità della normativa posta a base degli atti gravati ad integrare gli estremi della riserva di legge, indispensabile per l’individuazione di una privativa comunale sui servizi di trasporto funebre.

Ad avviso del primo giudice, il combinato disposto degli artt. 22 e 64 della L. n. 142/1990 sulle autonomie locali avrebbe comportato la definitiva soppressione della potestà comunale di assumere (per la successiva concessione ad impresa privata, da scegliersi mediante procedimenti ad evidenza pubblica) il servizio di trasporto dei defunti, mercé l’insufficienza del plesso normativo costituito dal R.D. 15 ottobre 1925 n.2578 e dal regolamento statale di polizia mortuaria, approvato con il D.P.R. 10.9.1990 n. 285, a configurare la riserva di legge, stabilita in materia dal ridetto art. 22.

In dettaglio, mostrando di condividere l’esegesi espressa dall’Autorità garante del mercato e della concorrenza (nella segnalazione n. S/133 – regolamentazione dei servizi funebri – inviata il 14.7.1998, ribadita con nota del 9.11.1999) e richiamando altresì alcuni precedenti giurisprudenziali conformi, il T.a.r. della Campania ha ravvisato un potente contrasto tra l’art. 1 del predetto R.D. n. 2578 del 1925 e l’art. 22 succitato (a mente del quale i servizi riservati in via esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge), nella parte in cui la prima disposizione rimette all’amministrazione civica la scelta di assumere, o meno, la privativa in argomento, donde la conclusione che l’art. 19 del D.P.R. n. 285/1990, laddove la previsione fa riferimento alla riserva comunale del servizio di trasporto funebre, non si riconnetterebbe più ad alcuna fonte di rango legislativo.

In forza di siffatta incompatibilità, il Tribunale partenopeo ha così individuato nell’art. 64 della L. n. 142/1990 la norma di abrogazione tacita del combinato disposto del R.D. n. 2578/1925 e del D.P.R. n. 285 del 1990.

Il giudice di prime cure ha poi rinvenuto ulteriore linfa argomentativa a sostegno delle conclusioni testé riferite nella sopravvenuta abrogazione, ad opera dell’art. 35 della legge finanziaria per l’anno 2002 (L. 28.12.2001, n. 448), dell’art. 112, comma 2, del D.Lgs. n. 267/2000 – Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, T.U.E.L., - (recante la medesima norma in precedenza contenuta nell’art. 22, comma 2, L. n. 142/90): quest’ultimo intervento legislativo, a detta del T.a.r. della Campania, rappresenterebbe un’eloquente conferma della chiara volontà legislativa di favorire l’ulteriore liberalizzazione dei servizi pubblici locali, ivi compreso quello di trasporto funebre, da stimarsi ormai pressoché integralmente transitati da un regime di tipo monopolistico pubblico ad un sistema imperniato sul principio dell’accesso ai relativi mercati, regolato esclusivamente da atti di natura autorizzatoria.

4. L’approdo esegetico del primo decidente merita condivisione, seppur in forza di motivazioni lievemente difformi di quelle spiegate nella sentenza impugnata, che nondimeno resiste alle varie censure d’appello.

5. Con una prima doglianza l’impresa Euro Flora 90 pretende di inficiare le conclusioni raggiunte dal T.a.r., infirmandone il principale postulato argomentativo costituito dal dichiarato rango secondario dell’art. 1 del R.D. n. 2578/1925.

Obietta, invero, l’appellante che nel predetto Testo Unico furono riunite e coordinate le disposizioni precedentemente emanate in materia (risalenti finanche all’inizio del secolo XX, allorquando vennero municipalizzati i servizi pubblici locali giusta la L. n. 103/1903).

Alla stregua di tale natura meramente compilativa del R.D. n. 2578/1925, le previsioni in esso  rifluite conserverebbero tuttora la forza ed il valore delle rispettive fonti e, con specifico riguardo al servizio di trasporto funebre, l’art. 1, punto 8, del Testo Unico si sarebbe limitato a confermare l’esistenza della privativa comunale a suo tempo sancita dall’art. 1 L. 29.3.1903, n. 203, prescrizione quest’ultima di indubbio rango primario e, quindi, idonea a configurare la sussistenza in materia della riserva di legge negata dal T.a.r..

5.1. Il motivo è destituito di fondamento. Ed invero, quantunque possa convenirsi con l’appellante in punto alla corretta collocazione dell’art. 1, punto 8, del R.D. n. 2578/1925 nell’ambito dei formanti legislativi, tuttavia deve rilevarsi come siffatta circostanza non conduca ad alcuna invalidazione degli esiti del ragionamento decisorio del primo giudicante. 

Le argomentazioni spiegate dal Tribunale napoletano poggiano infatti sulla ravvisata relazione di incompatibilità tra l’art. 1 surrichiamato e l’art. 22 L. n. 142/1990, siccome sanzionata dall’art. 64, comma 2, della  stessa legge che, per l’appunto, dispone (con previsione, a ben vedere, pressoché superflua stante l’ininterrotta vigenza dell’art. 15 disp. prel. c.c.) l’abrogazione di tutte le norme di legge previgenti.

Ebbene, non può nutrirsi alcun dubbio circa l’insanabile contrasto che, già nel 1990, impediva di conciliare il portato precettivo dell’art. 1 del R.D. n. 2578/1925 con quello innovativamente recato dall’art. 22 L. n. 142/1990.

A tal proposito è dirimente la considerazione che il primo articolo rimetteva ad un atto amministrativo comunale la scelta dell’assunzione dell’impianto e dell’esercizio dei trasporti funebri con diritto di privativa: detto altrimenti, l’art. 1 del R.D. cit. riservava alla discrezionalità dell’ente civico l’opzione sull’istituzione, o meno, di un monopolio, di carattere giuridico, sul servizio in questione.

Il dismorfismo esistente tra la disposizione appena considerata e l’art. 22 L. n. 142/1990 non potrebbe essere più evidente, giacché il secondo comma di quest’ultima previsione assegnava soltanto alla fonte legislativa il potere di attribuire in via esclusiva a comuni e  province taluni servizi pubblici, cancellando del tutto la possibilità di un’ascrizione della privativa mediante una mera delibera di assunzione.

Segue da quanto appena considerato che il riconoscimento della natura primaria dell’art. 1 del R.D. n. 2578/1925, in realtà, non impinge affatto sul differente profilo dell’intervenuta abrogazione della norma per incompatibilità.

5.2. I precedenti rilievi comportano l’assorbimento del medesimo motivo, nella parte in cui si nega la sussistenza della rammostrata inconciliabilità tra i due regimi normativi in questione.

5.3. Non è possibile, del resto, trarre argomentazioni di segno contrario dalla lettura degli artt. 112 e 274 D.Lgs. n. 267/2000.

Secondo l’Euro Flora 90 la perdurante vigenza in parte qua dell’art. 1 del R.D. n. 2578/1925 risulterebbe comprovata dal fatto che l’art. 274 D.Lgs. n. 267/2000, nel quale sono citate espressamente le norme abrogate dal vigente Testo Unico, non menzioni punto la disposizione.

È invece facile obiettare, da un lato, che la circostanza non appare univocamente interpretabile, giacché essa potrebbe piuttosto assumere il significato di una conferma legislativa, seppure implicita, dell’intervenuta abrogazione della norma del 1925 fin dall’entrata in vigore della L. n. 142/1990, e, dall’altro lato, che la deduzione è incompleta perché omette di prendere in esame il successivo art. 275 T.U.E.L. che, analogamente al ridetto art. 64 L. n. 142/1990, reca una clausola di abrogazione per incompatibilità.

5.4. Nel primo articolato mezzo di gravame si accenna altresì all’intervenuta abrogazione del secondo comma dell’art. 112 T.U.E.L. per desumerne ulteriori motivi a sostegno delle tesi patrocinate dall’appellante.

È di solare evidenza che il senso di siffatta abrogazione debba coerentemente ricercarsi alla luce della ratio complessiva del testo normativo che l’ha disposta.  Orbene, non v’è dubbio alcuno che l'art. 35, comma 12, lett. c), L. 28.12.2001, n. 448, al quale risale l’effetto abrogativo in questione, lungi dall’essere una norma ispirata da un’ideologia di matrice dirigistica, abbia piuttosto contribuito ad abbattere in gran parte (e, come noto, nemmeno completamente) i residui profili anticoncorrenziali che tuttora allignano nella disciplina dei servizi pubblici locali.

Non può quindi rinvenirsi nella previsione l’ancora di salvezza di una non più esistente privativa comunale sui servizi di trasporto funebre, poiché l’eliminazione dal mondo giuridico del secondo comma dell’art. 112 T.U.E.L. non ha comportato la reviviscenza di antichi privilegi monopolistici, quanto, esattamente all’inverso, l’evento ha segnato la definitiva cessazione, almeno in linea generale, di ogni privativa sui servizi pubblici di cui risultino titolari gli enti locali (e non soltanto i Comuni e le Province; tanto si desume dal coordinamento con il primo comma dell’art. 112 T.U.E.L.), fatte salva l’eventuale esistenza di contrarie previsioni legislative rispettose dell’art. 43 Cost. (si pensi, a titolo di esempio, all’art. 21 D.Lgs. n. 22/1997 sulla gestione dei rifiuti urbani e di quelli assimilati).

Insomma l’art. 35 L. n. 448/2001 è una norma di ampia “liberalizzazione” del settore e, dunque, si mostra frutto di un evidente travisamento ermeneutico l’idea che proprio essa tuttora contribuisca a giustificare la permanenza in vita della privativa oggetto del contendere.

5.5. Di nessun pregio è poi il richiamo all’art. 7 T.U.E.L. che assegna alla potestà regolamentare dei comuni l’organizzazione ed il funzionamento degli organi e degli uffici.

In disparte il rilievo, poggiante sul dato letterale, del mancato riferimento espresso della norma evocata ai servizi pubblici, nondimeno, pur volendosi ipoteticamente accedere all’interpretazione dell’appellante, deve comunque obiettarsi che l’art. 7 è previsione che postula, e non fonda, l’esistenza di una valida attribuzione al comune -  in forza di una fonte di rango pari o superiore – della competenza sulle materie da regolamentare.

5.6. Con il secondo motivo l’Euro Flora 90 introduce, quale ulteriore critica alla sentenza, un’eccezione di tipo processuale: deduce infatti l’appellante che gli atti impugnati dal signor Lollo trovavano il loro specifico presupposto nel locale regolamento di polizia mortuaria, istitutivo della privativa in questione («Art. 1 – ESCLUSIVITÀ DEL SERVIZIO – Il Servizio funebre per il trasporto dei defunti è assolto direttamente dal Comune, con diritto di privativa ed è gestito in concessione»), approvato giusta delibera di C.C. del 28.5.1981, n. 17.

Rileva l’Euro Flora come il primitivo ricorrente avesse omesso di impugnare tale atto normativo a contenuto generale, tuttora vigente, e da ciò trae il corollario dell’originaria improcedibilità (rectius inammissibilità) del ricorso.

Sul punto va osservato che il primo giudice non si è astenuto dal prendere in considerazione l’obiezione, ora riproposta in sede di gravame, ed ha ritenuto di risolverla facendo ricorso alla categoria dell’abrogazione: «Va anche respinta la eccezione preliminare formulata dall’amministrazione e dal controinteressato, relativa alla mancata impugnazione nei termini del regolamento comunale di polizia mortuaria adottato in data 28.5.1981 e pubblicato nei mesi di luglio e agosto 1981, in quanto l’antinomia tra fonti normative di grado gerarchico diverso (fonte primaria e fonte secondaria), in caso di sopravvenienza di legge incompatibile (nella specie l’art. 22 L. 142/1990 e L.448/2001), determina l’abrogazione sia delle norme anteriori dello stesso grado, ma anche, come il più comprende il meno, la abrogazione di norme poste da fonti che sono ad esse subordinate nel sistema, come il richiamato regolamento comunale».

La soluzione del T.a.r. non può essere pienamente condivisa: invero, sebbene l’abrogazione “espressa” possa investire anche fonti collocate su differenti gradini della relativa scala gerarchica (di questo fenomeno costituì, del resto, un esempio eclatante lo stesso art. 64, comma 1, lett. a), L. n. 142/1990, che  abrogò, tra le altre disposizioni, l’intero regolamento del 1911, di esecuzione del testo unico della legge comunale e provinciale del 1908), non altrettanto si verifica nel caso dell’abrogazione “per incompatibilità” che, invece, è un effetto (la cui emersione è, peraltro, rimessa alla sapiente opera maieutica dell’interprete) che può esclusivamente rampollare da un contrasto precettivo tra disposizioni di pari grado.

Nonostante la riflessione appena compiuta, deve tuttavia stimarsi corretto quanto opinato dal primo giudice, nel senso della superabilità dell’eccezione preliminare sollevata.

Invero la materia della risoluzione, in una dimensione schiettamente processuale, delle antinomie eventualmente ravvisate tra legge (o, in genere, fonti di rango primario e superiore) e regolamento (e formanti di livello inferiore), costituisce un settore in cui è attualmente assai acceso il dibattito giurisprudenziale e dottrinale.

Per quel che qui interessa va osservato come la soluzione patrocinata dalla difesa sia soltanto una di quelle astrattamente ipotizzabili. Sono state, però, prospettate altre vie di componimento dei conflitti normativi in argomento che non postulano affatto, come requisito imprescindibile, la duplice impugnativa dell’atto regolamentare e di quello attuativo: si pensi alla teorica della disapplicazione normativa in assenza di domanda (Cons. St., sez. V, n. 154/1992 e n. 2750/2003) o a quella, logicamente contrapposta, della trasmissione per invalidazione del vizio dell’atto presupposto (non impugnato) a quello presupponente (impugnato; Cons. St., sez. IV, 29.2.1996, n. 222) ed, infine, alla tesi, a dire il vero controversa, dell’invalidità sopravvenuta.

Ebbene, è evidente che tutte le riferite teorizzazioni  condurrebbero a superare l’eccezione implicata dal motivo in esame; sennonché, quantunque giustificata facendo ricorso ad improprie categorie giuridiche, è opinione del Collegio che l’intuizione del primo giudice meriti comunque adesione. È invero di immediata percezione, e quasi autoevidente, come non possa restare senza conseguenze giuridiche la circostanza della sopravvenuta abrogazione della fonte legislativa (ovverosia il R.D. n. 2578/1925) che giustificava, all’epoca della sua approvazione, l’art. 1 del regolamento di polizia mortuaria del Comune di San Bartolomeo in Galdo.

Risulterebbe davvero paradossale immaginare come tuttora pienamente vigente un diritto di privativa comunale, pur cancellato dall’ordinamento, soltanto in forza della mancata adozione, da parte dell’ente civico interessato, di un’aggiornata regolamentazione locale della materia.

L’antinomia sopra evidenziata appare, dunque, facilmente risolvibile facendo riferimento alla categoria giuridica dell’inefficacia sopravvenuta (pressoché equivalente ad una caducazione e concepibile, dunque, nei sensi di un’ulteriore conseguenza, rilevante agli inferiori livelli normativi, del superiore prodursi dell’evento abrogativo) di un atto regolamentare che disciplini un oggetto - nella fattispecie, consistente nella privativa pubblica sul servizio di trasporto funebre - non più contemplato, fin dall’epoca di entrata in vigore della L. n. 142/1990, dalla preminente fonte di rango primario, rispetto alla quale quella subordinata è sempre recessiva.

Riguardata da questa differente prospettiva, la perdurante vigenza in parte qua del regolamento a suo tempo emanato dall’ente civico appellante si deve apprezzare in termini esclusivamente formali, ma non certamente sul piano sostanziale, difettando il regolamento locale della capacità di resistere ad una norma di legge, cronologicamente successiva e di segno radicalmente contrario.

Detto altrimenti, non si è in presenza di un’illegittimità del regolamento ed, a ben vedere, nemmeno di un vizio patologico dello stesso, piuttosto di un fenomeno qualitativamente differente, automaticamente promanante dagli assetti relazionali tra formanti dotati di diversa forza, che, appunto, è meglio descrivibile in termini di inefficacia o di inapplicabilità (voce, quest’ultima, che evoca il rapporto, tendenzialmente isomorfico, che lega le norme dell’ordinamento interno a quelle sopranazionali, anche di matrice pretoria).

5.7. Le considerazioni appena svolte valgono, mutatis mutandis, anche con riferimento all’art. 19 D.P.R. n. 285/1990, qualora si intenda ravvisare (come, per vero, rammostra di aver opinato il Comune appellante nella motivazione del diniego gravato in prime cure) in siffatta disposizione la base normativa della privativa comunale sui trasporti funebri.

In effetti sull’esattezza di tale argomentare è consentito nutrire più di una perplessità: innnanzitutto, perché erroneamente il Comune (seguito dal T.a.r. campano) ha immaginato di ricondurre ratione materiae il regolamento statale di polizia mortuaria al T.U. n. 2578/1925, che invece è uno dei regolamenti di esecuzione del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27.7.1934, n. 1265; inoltre l’espressione «Il trasporto dei cadaveri … si esegue a cura del comune», più che istituire la riserva in questione, sembra alludere al distinto aspetto dell’obbligatorietà del servizio (su cui, infra, il successivo §. 6.2.), altrimenti non vi sarebbe modo di coordinare la previsione con quella del comma successivo che  non postula affatto come indefettibile la privativa comunale.

5.8. Le superiori considerazioni consentono di ritenere superati, quantunque prima facie infondati, il terzo ed il quarto motivo dedotti nell’atto di appello di Euro Flora 90 (rispettivamente attinenti alla pretesa indicazione meramente conformativa della richiamata pronuncia interpretativa dell’A.G.C.M. e della ritenuta inammissibilità di una disapplicazione normativa disposta d’ufficio dal Giudice amministrativo).

5.9. Con il quinto mezzo di gravame la Euro Flora eccepisce il difetto di interesse del signor Lollo all’impugnativa del diniego comunale: si deduce che, non avendo egli a suo tempo presentato istanza di partecipazione alla gara de qua, non avrebbe alcun interesse a dolersi dell’aggiudicazione del servizio, posto che, in ogni caso, non potrebbe ritrarre alcuna utilità pratica da un ipotetico annullamento.

Il motivo è inficiato alla radice dal rilievo che il signor Lollo non aveva necessità di presentare veruna domanda di partecipazione ad una gara avente a dichiarato oggetto un servizio già liberalizzato e soggetto a regime autorizzatorio, né il contratto stipulato tra i due appellanti può spiegare alcuna efficacia vincolante nei confronti dell’appellato (per il noto principio della relatività soggettiva degli effetti del contratto).

5.10. Infine di nessuno spessore è l’argomento poggiante sul contenuto della visura effettuata presso la CCIAA di Benevento, che, nel censire l’impresa individuale del signor Lollo, non avrebbe incluso nel relativo oggetto sociale i servizi di trasporto funebre.

Oltre a rilevare che la doglianza non è pertinente rispetto alla motivazione del diniego impugnato in prime cure dall’appellato (poiché il rifiuto comunale è stato esclusivamente giustificato con il richiamo all’esistenza di una privativa), è comunque a dirsi che le risultanze dell’archivio pubblico sunnominato, del cui tempestivo aggiornamento può tuttavia seriamente dubitarsi (v. l’attestato, di diverso tenore, rilasciato in data 11.9.2003, dal Sindaco del Comune di Montefalcone di Val Fortore), non ostacolano (né impedivano) l’intrapresa, da parte del signor Lollo, di una nuova attività nel settore funerario.

6. Dell’appello proposto dal Comune di San Bartolomeo in Galdo meritano separato scrutinio le sole censure non riproduttive di quelle formulate dalla Euro Flora 90.

6.1. Orbene, una volta compiuta tale opera di selezione sinottica delle lagnanze contenute nei due appelli, emerge che gli unici motivi proposti dall’ente civico, non riconducibili a profili già esaminati, riguardano l’individuazione, da un lato, negli artt. 344 e 355 del R.D. n. 1265/1934 e nell’art. 149 T.U.E.L. delle norme assertivamente fondanti la privativa comunale e, dall’altro, nell’art. 29 L. n. 448/2001 della previsione nella quale rinvenire una generalizzata autorizzazione legislativa ad attribuire a soggetti privati, anche in deroga alle disposizioni vigenti, lo svolgimento di servizi pubblici comunali.

6.2. Anche siffatte lagnanze rivelano un errore di parallasse consistito nella confusoria sovrapposizione di piani che sono, e devono rimanere, nettamente distinti. Gli artt. 355 T.U. n. 1265/1034 (l’art. 344 semplicemente contempla una potestà regolamentare comunale in materia di polizia mortuaria e, dunque, sulla non pertinenza del richiamo si rinvia alle precedenti considerazioni) e 149 del T.U.E.L. si limitano, rispettivamente, a dichiarare obbligatorie le spese affrontate dai Comuni e dalle Province per l’erogazione di taluni servizi pubblici, nonché a prevedere la necessità di una copertura finanziaria integrale di quelle sostenute a fronte dello svolgimento di servizi, definiti “indispensabili” in ragione della loro obiettiva finalizzazione allo sviluppo della comunità territoriali.

L’appellante tuttavia non si avvede che l’«obbligatorietà», e finanche l’«indispensabilità», di un servizio pubblico locale, nei sensi appena precisati, ancorché sancite a livello legislativo, non equivalgono affatto al riconoscimento di un privilegio monopolistico a favore dell’ente pubblico titolare.

Gli aggettivi “indispensabile” ed “obbligatorio” significano soltanto che lo specifico servizio, del quale sono predicati, non può non essere svolto nell’ambito della circoscrizione territoriale del soggetto pubblico di riferimento, con conseguente accollo a quest’ultimo delle relative spese, ma non sottendono in alcun modo l’esistenza di una parallela privativa.

6.3. Analogamente è frutto del medesimo travisamento prospettico segnalato al precedente §. 5.4., l’opinione che l’art. 29 della L. n. 448/2001 costituisca una sorta di generale “autorizzazione” legislativa, idonea a consentire agli enti locali che lo desiderino di istituire ex novo riserve monopolistiche su determinate attività, anche in deroga alle disposizione vigenti.

È manifesta l’erroneità di tale ricostruzione. Ed invero, senza alcuna necessità di scomodare il diritto sovranazionale, primario e derivato (alla cui stregua tuttavia una previsione del genere risulterebbe sicuramente “disapplicabile” e comunque foriera di conseguenze sanzionatorie per la Repubblica Italiana), è d’uopo brevemente evidenziare come sia tutt’altro il senso fatto palese dal primo comma del summenzionato art. 29 (che, nella parte di interesse, recita: «1. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, anche in deroga alle vigenti disposizioni, a: … b) costituire, nel rispetto delle condizioni di economicità di cui alla lettera a), soggetti di diritto privato ai quali affidare lo svolgimento di servizi, svolti in precedenza; c) attribuire a soggetti di diritto privato già esistenti, attraverso gara pubblica, ovvero con adesione alle convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e dell'articolo 59 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, lo svolgimento dei servizi di cui alla lettera b)»).

Anche in questo caso infatti la “deroga” va letta nel senso della “liberalizzazione” delle forme di gestione dei servizi e non in quella, restrittiva, del “monopolio pubblico” sugli stessi: detto altrimenti, l’art. 29 permette alle pubbliche amministrazioni, anche in deroga alle disposizioni vigenti, di affidare, direttamente o previa gara, lo svolgimento di determinati servizi, ma non certamente consente un affidamento del genere “in deroga” al divieto di privativa pubblica, come invece sembrerebbe voler sostenere il Comune appellante, chiaramente equivocando in punto all’intimo finalismo della disposizione.

7. In conclusione gli appelli vanno respinti perché infondati e, per l’effetto, la sentenza impugnata merita conferma, seppure con motivazione parzialmente differente.

8. Alla luce della complessità delle questioni trattate appare giustificata l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del secondo grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, riuniti i ricorsi in epigrafe, respinge gli appelli.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del grado.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 19.10.2004, con l'intervento dei Signori:

Raffaele Iannotta     - Presidente

Raffaele Carboni     - Consigliere

Chiarenza Millemaggi Cogliani  - Consigliere

Paolo Buonvino     - Consigliere

Gabriele Carlotti     - Consigliere rel. est.

 

L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE

f.to Gabriele Carlotti   f.to Raffaele Iannotta

 

IL SEGRETARIO

f.to Rosi Graziano

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 9 dicembre 2004

(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL  DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

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