HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Lazio, sez. II ter, 16/12/2004 n. 16254
Sui presupposti per poter addivenire alla revoca di una gara e alla scelta di gestire i servizi pubblici attraverso la costituzione di una società mista.

L'annullamento di un procedimento di gara mediante esercizio del potere di autotutela deve essere sorretto da adeguata motivazione in ordine alla natura delle anomalie riscontrate, alla gravità delle stesse, alla loro incidenza sul procedimento di gara e, soprattutto, circa la sussistenza di specifici vizi di legittimità che lo rendano necessario (T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 14 novembre 1994 n. 407, richiamata anche da T.a.r. Lazio, sez. I- bis, n. 5991 del 7.7.2003). L'Amministrazione può inoltre disporre la revoca della selezione anche qualora sopraggiungano circostanze che rivelino il mutamento dell'interesse pubblico all'espletamento della gara, ma, di tale sopraggiunto mutamento, deve dare puntuale ed accurata motivazione nell'ambito del provvedimento di revoca (Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 1990 n. 28). In entrambi i casi, a tutela dell'affidamento riposto dai partecipanti nella conclusione della gara, debbono essere osservate le garanzie del procedimento.

Per quanto ampi siano i margini di discrezionalità tecnica attribuiti all'Ente locale al fine dell'esercizio del potere di scelta del modulo gestorio da adottarsi, reputa il Collegio che l'opzione per la società a partecipazione pubblica (totalitaria o "mista") debba pur sempre avvenire con riguardo ad un'ipotesi concreta di gestione del servizio. E' invece piuttosto discutibile una motivazione secondo la quale l'acquisizione da parte di un Comune di una partecipazione in una società mista è sufficientemente giustificata non già dalla necessità di rendere un servizio migliore ai propri cittadini bensì da quella di mettersi al riparo "dalle incertezze del ricorso continuo ai complessi meccanismi delle procedure ad evidenza pubblica".

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio Sede di Roma, Sez. II ter

composto dai signori magistrati:

Consigliere Roberto Scognamiglio   Presidente

Consigliere Antonio Amicuzzi   Correlatore

Primo Ref. Silvia Martino    Relatore

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 1309 del 2004 proposto da Tekneko Sistemi Tecnologici s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Vincenzo Retico ed elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’avv. Biagianti alla via F. Denza n. 27

 

CONTRO

- Comune di Genzano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Robiony ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore alla via Bruxelles n. 59

- Comune di Rocca di Papa, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Xavier Santiapichi, ed elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio del difensore alla via A. Bertoloni n. 44 – 46

 

e nei confronti

- Impresa Volsca Ambiente s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Rosi ed elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio del difensore alla via Lutezia n. 8

 

per l’annullamento

dei seguenti atti:

- deliberazione n. 49 del 5.11.2003, ore 18.10, con cui il Consiglio comunale di Rocca di Papa ha revocato la propria precedente delibera n. 18 del 31.3.2003 avente ad oggetto “approvazione atti di gara dell’appalto dei servizi ambientali e di igiene pubblica”;

- deliberazione n. 44 del 3.12.2003, ore 17.00 (come rettificata dalla deliberazione effettuata dallo stesso Consiglio comunale in data 10.          2003, ore 17) a mezzo della quale il Consiglio del Comune di Genzano di Roma ha revocato la propria precedente delibera n. 4 del 30.1.2003, approvando i nuovi criteri generali, indirizzi e linee guida fondamentali per la gestione dei servizi ambientali e di igiene pubblica;

- deliberazione n. 219 del 3.12.2003, ore 18.30, con cui la Giunta del Comune di Genzano ha revocato la propria precedente delibera n. 50 del 31.3.2003 avente ad oggetto “approvazione atti di gara dell’appalto dei servizi ambientali e di igiene pubblica”:

- deliberazione n. 49 del 10.12.2003, ore 17.00, con cui il Consiglio del Comune di Genzano di Roma ha optato per la gestione associata dei servizi ambientali e di igiene pubblica, aderendo alla società a capitale misto pubblico – privato denominata Volsca Ambiente s.p.a.con sede in Velletri;

- di ogni altro atto ad essi preordinato, presupposto e conseguente o comunque connesso; nonché per il risarcimento del danno.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dei Comuni resistenti e della società Volsca s.p.a.;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 8.11.2004 la relazione del dr. Silvia Martino e uditi altresì l’avv. Retico, l’avv. Rosi e l’avv. Santiapichi per le parti rispettivamente rappresentate;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

1. La ricorrente opera nel settore dello smaltimento dei rifiuti e dei servizi ambientali. Rappresenta che, a fine 2002, essendo da poco scaduto l’appalto per la gestione dei servizi ambientali e di igiene pubblica del Comune di Genzano di Roma, ed essendo prossima la scadenza dell’appalto avente ad oggetto i medesimi servizi del Comune di Rocca di Papa, i due Comuni decidevano di associarsi tra di loro allo scopo di affidare i servizi suddetti ad un unico soggetto ritenendo che l’effettuazione congiunta della gara avrebbe determinato un’economia di costi. All’uopo i Comuni si avvalevano della collaborazione della Confservizi Lazio alla quale delegavano il compito di predisporre e svolgere la gara di appalto per l’affidamento dei servizi di raccolta e smaltimento r.s.u., lavaggio e disinfezione dei cassonetti, spazzamento delle aree pubbliche e delle aree private soggette ad uso pubblico, pulizia aree mercatali etcc.. Il  Comune di Genzano di Roma approvava i criteri generali e le “linee guida” fondamentali per l’affidamento in appalto dei servizi ambientali e di igiene pubblica con delibera di Consiglio n. 4 del 30.1.2003 e, per altro verso, il bando di gara, il capitolato speciale e l’allegato tecnico con delibera di Giunta n. 50 del 31.3.2003. Allo stesso modo il Comune di Rocca di Papa provvedeva ad approvare gli stessi atti con delibera di Consiglio n. 18 del 31.3.2003.

Il bando di gara approvato dai due Comuni veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea in data 11.4.2003, sulla G.U.R.I. n. 86 in data 12.4.2003 ed il 18.4.2003 su tre quotidiani a tiratura nazionale. La Commissione giudicatrice, nominata dalla Confservizi il 21.5.2003, iniziava i lavori il 26.5.2003 e, in data 8.7.2003, formulava la graduatoria provvisoria al vertice della quale si collocava proprio la ricorrente con il massimo del punteggio ottenibile (100/100). Accadeva però che, a seguito di  un decreto e quindi di un’ordinanza cautelare di questo T.a.r., emessi tra l’11 e il 23 luglio 2003, veniva riammessa alla gara l’ATI Ama s.p.a./ASP s.p.a., in precedenza esclusa. La Commissione aggiornava pertanto i propri lavori alla seduta del 22.9.2003, nel corso della quale prendeva tuttavia atto della volontà del Comune di Genzano di revocare l’incarico alla Confservizi. In data 15.10.2003 la ricorrente apprendeva, direttamente dal suddetto ente, che il Comune di Genzano e il Comune di Rocca di Papa avevano effettivamente provveduto a revocare l’incarico relativo all’espletamento della gara. La Tekneko sollecitava perciò i predetti Comuni a sostituire la Commissione e a definire il procedimento di gara. Tuttavia, in data 15.12.2003, il Comune di Genzano le comunicava formalmente che, con le impugnate delibere n. 44 del 3.10.2003 e 49 del 10.12.2003, aveva deciso di abbandonare il procedimento di gara e di aderire alla società mista Volsca Ambiente s.p.a., alla quale avrebbe pertanto affidato la gestione dei servizi ambientali e di igiene pubblica. Analoga comunicazione, relativamente alla revoca dell’indizione della gara, perveniva dal Comune di Rocca di Papa. Con successive istanze di accesso, la ricorrente conseguiva infine copia di tutti gli atti impugnati.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

A) quanto alla deliberazione n. 49 del 5.11.2003, con cui il C.C. di  Rocca di Papa ha revocato la propria precedente delibera n. 18 del 31.3.2003, avente ad oggetto, l’”approvazione atti di gara dell’appalto di servizi ambientali e di igiene pubblica”.

1) Violazione dell’art. 7 della l.n. 241/90:

La ricorrente ha assistito inerme alla revoca di una gara che la vedeva potenziale aggiudicataria, senza poter in alcun modo interloquire in merito agli eventi che, a dire dell’Amministrazione, rendevano inevitabile la revoca;

2)Violazione di legge per carenza di motivazione ed eccesso di potere per falsità ed errore nei presupposti:

Secondo l’Amministrazione, la revoca del mandato conferito dal Comune di Genzano alla Confservizi Lazio, non solo ha oggettivamente travolto il procedimento di gara in essere, ma, soprattutto, trattandosi di un appalto concepito per un servizio da affidarsi congiuntamente da parte dei due Comuni, ha automaticamente costretto il Comune di Rocca di Papa a rivedere le scelte in precedenza concertate per l’affidamento del servizio. Rileva tuttavia la ricorrente che non solo detta revoca non era idonea, di per sè, a caducare l’intero procedimento ma che, soprattutto, il Comune di Genzano ha realmente “abbandonato” la gara solo con una delibera successiva a quella in esame, e, precisamente, con la delibera consiliare n. 219 del 3.12.2003, anch’essa oggetto di impugnazione;

B) Quanto alla deliberazione n. 44 del 3.12.2003, ore 17,00, e successiva rettifica del 10.3.2003,  a mezzo della quale il Consiglio del Comune di Genzano di Roma ha revocato la propria precedente delibera n. 4 del 30.1.2003, approvando i nuovi criteri generali, indirizzi e linee guida fondamentali per la gestione dei servizi ambientali e di igiene pubblica.

1) Violazione di legge per carenza di motivazione:

Con la delibera in rubrica il Consiglio comunale di Genzano ha mutato radicalmente indirizzo relativamente alla gestione dei servizi ambientali, optando per la gestione a mezzo di società miste, società pubbliche ovvero consorzi di Comuni. Ha tuttavia ignorato, o comunque sottovalutato, la circostanza che fosse ancora in piedi un procedimento di gara pressoché definito, e, sotto altro profilo, non ha fornito alcuna argomentazione circa la convenienza, anche solo economica, di tale nuova soluzione organizzativa;

C) Quanto alla deliberazione n. 219 del 3.12.2003, ore 18.30, con cui la Giunta del Comune di Genzano di Roma ha revocato la propria precedente delibera n. 50 del 31.3.2003 avente ad oggetto “approvazione atti di gara dell’appalto dei servizi ambientali e di igiene pubblica”.

1) Violazione dell’art. 7 della l. 7.8.1990, n. 241:

Anche in questo caso la ricorrente è rimasta all’oscuro degli intendimenti del Comune e non ha potuto fornire una diversa prospettazione o comunque valutazione delle circostanze che hanno poi condotto all’abbandono del procedimento di gara.

2) Violazione di legge per carenza di motivazione per eccesso di potere per falsità ed errore nei presupposti:

La Giunta ha evidentemente preso atto del mutamento degli indirizzi del Consiglio in ordine alla gestione dei servizi ambientali, e, ad ulteriore corredo motivazionale, ha addotto le difficoltà incontrate nelle gestione della gara (segnatamente con riferimento alle negligenze o comunque ai ritardi della delegata Confeservizi). La ricorrente fa tuttavia notare che lo svolgimento della gara era stato del tutto regolare e che solo un evento imprevedibile, quale la riammissione in gara, in forza di un’ordinanza cautelare di questo T.a.r,, dell’ATI AMA – ASP, ne aveva ritardato l’ormai prossima conclusione.

D) Quanto alla deliberazione n. 49 del 10.12.2003, ore 17,00 con cui il Consiglio del Comune di Genzano di Roma ha optato per la gestione associata dei servizi ambientali e di igiene pubblica, aderendo alla società a capitale misto pubblico –privato denominata Volsca Ambiente s.p.a., con sede in Velletri, società alla quale ha di fatto affidato i servizi ambientali e di igiene urbana.

1) Violazione di legge in relazione all’affidamento dei servizi ambientali e di igiene urbana del Comune di Genzano di Roma senza l’adozione di procedimenti di evidenza pubblica, anzi dopo la revoca di una gara quasi terminata:

Con la delibera impugnata il Comune di Genzano di Roma ha manifestato la volontà di affidare i servizi in questione ad una società costituita l’11.2.1999 ai sensi dell’art. 22, comma 3, lett. e) della l. 8.6.1990 n. 142 (la Volsca Ambiente s.p.a.) della quale ha contestualmente acquistato un pacchetto azionario pari all’11% del capitale sociale. Si tratta però, a dire della ricorrente, di una quota insufficiente a conferire al Comune di Genzano la maggioranza dei capitale sociale e quindi quel controllo della società che, in quanto assimilabile ad una forma di gestione diretta del servizio, consente di derogare alle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento del servizio.

2) Violazione dell’art. 113 d.lgs. 18.8.2000 n. 267 ed eccesso di potere per falsità ed errore nei presupposti:

Ad ogni buon conto, prosegue la ricorrente, la delibera è impugnata è illegittima anche se riguardata alla luce dell’ultima versione dell’art. 113 del d.gls. n. 267 del 2000 (e cioè quella modificata dall’art. 14 del d.l. n. 269/2003), in quanto la società Volsca Ambiente (inizialmente costituita tra il Comune di Velletri e la S.a.o. s.p.a.) non è assimilabile ad una società mista il cui socio privato sia stato individuato con l’esperimento di procedure di evidenza pubblica. Infatti la società S.a.o., come è facile evincere dall’atto costitutivo e della delibera del C.C. di Velletri n. 137 del 29.10.1998, era semplicemente il precedente affidatario dei servizi ambientali del Comune di Velletri, vincitore della licitazione esperita in data 15.7.1994 al solo scopo di affidare mediante procedure ad evidenza pubblica la gestione degli indicati servizi.

La ricorrente ha infine domandato il risarcimento del danno. In particolare, ha chiesto che la gara revocata di Comuni intimati venga ripresa dal punto in cui è stata illegittimamente interrotta ovvero che, ove ciò non sia possibile, che il danno venga risarcito per equivalente. In particolare ha allegato le seguenti voci di danno: mancato utile derivante dall’esecuzione dell’appalto, mancato abbattimento delle spese generali afferenti i costi della struttura aziendale (10/15% dell’importo dell’appalto), spese per la partecipazione alla gara revocata, quantificabili in misura non inferiore a euro 35.356,00, spese tecniche e di giudizio, danno all’immagine, danno derivante dall’impossibilità di spendere in future gara la maggiore capacità tecnico – economica che le sarebbe derivata dall’esecuzione dell’appalto. In ogni caso ha domandato una somma non inferiore a euro 835. 891, 00 pari al 10% del valore posto a base dell’appalto ex art. 345 della l. 2248/1965, allegato F.

Si sono costituiti, resistendo, il Comune di Genzano, il Comune di Rocca di Papa, e la società Volsca Ambiente s.p.a..

Il Comune di Genzano, in particolare, ha sottolineato che la ricorrente ha omesso di gravarsi contro un atto presupposto, e cioè contro la revoca dell’incarico alla Confservizi. Tale atto, del quale, per sua stessa ammissione, era già venuta a conoscenza quantomeno dal 25.10.2003, è ormai divenuto inoppugnabile. Ha poi sottolineato che la pendenza del ricorso al T.a.r. avverso l’esclusione dell’Ati AMA/ASP, unitamente alla sospensione accordata da questo T.a.r., avevano evidenziato una certa negligenza da parte della Commissione giudicatrice nella conduzione della gara, tale da incrinare il rapporto fiduciario con la Confservizi che detta Commissione aveva nominato. A tale negligenza, non avrebbe potuto porsi rimedio, a suo dire, se non attraverso la rinnovazione dell’intera gara, ivi compresa la redazione di un nuovo disciplinare, con inevitabili ulteriori ritardi tali da pregiudicare il celere e corretto affidamento del servizio servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti che, nel frattempo, è stato comunque espletato dalla ricorrente, il cui contratto per la gestione dei servizi ambientali e di igiene urbana, già in regime di proroga dal maggio 2002, è stato ulteriormente prorogato sino al 31.12.2003.

Evidenzia ancora che la gara curata dalla Confservizi non avrebbe comunque potuto essere portata a termine, atteso che il Comune di Rocca di Papa, anticipando lo stesso Comune di Genzano, aveva ormai manifestato l’intenzione di procedere del tutto autonomamente, essendosi già determinato non solo a revocare l’incarico alla Confservizi, ma anche, per quanto di sua competenza, l’indizione stessa della gara (con l’impugnata delibera n. 49 del 5.11.2003). Ritiene perciò che, del tutto legittimamente, anziché portare a termine una gara ormai compromessa, il Comune si sia orientato verso una diversa soluzione organizzativa per la gestione del servizio in questione, rappresentata dal conferimento ad una società mista secondo il modello che, nel frattempo, aveva ormai ricevuto consacrazione normativa merce l’emanazione del d.l. n. 269/2003.

Il Comune ha anzi invocato l’applicabilità, nella fattispecie, della disciplina transitoria prevista dall’art.113, comma 15 – bis, del d.gls. n. 267/2000, inserito dall’art. 14 del d.l. n. 269/2003, che ha disposto la proroga di tutti gli affidamenti rilasciati con procedure diverse da quelle ad evidenza pubblica, fino alla data del 31.12.2006. Lo stesso articolo consente poi la proroga anche dopo tale termine, degli affidamenti alle società a capitale misto pubblico – privato nelle quali il soci privato sia stato scelto con una procedura ad evidenza pubblica. La nuova definizione della disciplina, prosegue la difesa del Comune, è in definitiva apparsa all’Amministrazione la soluzione ideale per “mettersi al riparo dalle incertezze del ricorso continuo ai complessi meccanismi delle procedure ad evidenza pubblica”.

Infine, l’adesione alla società Volsca Ambiente s.p.a., rientra nel modello di affidamento configurato dall’ art. 113, comma 5, del cit. d.lgs. n. 267/2000, così come modificato dal d.l. n. 269/2003. Si tratta infatti di una società mista nella quale la maggioranza del capitale è in mano pubblica e cioè di Comuni che operano nel medesimo bacino territoriale (Velletri, Lanuvio e Albano, ed oggi lo stesso Comune di Genzano).

Il Comune di Rocca di Papa, dal canto suo, premessa in linea generale la possibilità di esercitare il potere di autotutela non solo in relazione a procedimenti di evidenza pubblica non ancora definiti ma addirittura in un momento successivo alla conclusione della gara, ha evidenziato come la propria decisione di revoca degli atti di gara sia stata indotta dalla revoca dell’incarico alla Confservizi, già autonomamente decisa dal Comune di Genzano, e dal travolgimento dell’intera gara causato, a suo dire, da siffatta decisione. Ciò in quanto sia la delega alla Confservizi che il procedimento e la disciplina di gara, sono stati concepiti e strutturati con riferimento all’effettuazione di un’unica gara d’appalto per i Comuni di Rocca di Papa e di Genzano. Nessuna responsabilità, infine, potrebbe essere addebitata al Comune di Rocca di Papa, il quale ha solo preso atto delle conseguenze derivanti dal comportamento del Comune di Genzano.

Con ulteriore memoria, depositata in vista dell’udienza pubblica di discussione, ha poi sollevato un’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere determinata, a suo dire, dalla circostanza che i servizi oggetto della gara revocata sono stati successivamente affidati al Consorzio Gaia. Sottolinea in particolare come la ricorrente, mentre ha impugnato l’affidamento alla Volsca dei medesimi servizi da parte del Comune di Genzano, non ha ritenuto di doversi gravare anche avverso la delibera di affidamento al suddetto Consorzio. Ha altresì soggiunto che l'obbligo della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo sussiste solo quando, in relazione alle ragioni che giustificano l'adozione del provvedimento, la comunicazione stessa apporti una qualche utilità all'azione amministrativa affinché questa, sul piano del merito e della legittimità, riceva arricchimento dalla partecipazione del destinatario del provvedimento. Nella fattispecie, invece, non era ipotizzabile alcun utile apporto da parte delle imprese partecipanti alla gara, in quanto l’apprezzamento dell’interesse pubblico sotteso all’esercizio del potere di autotutela è rimesso all’esclusiva volontà dell’Amministrazione. Ha infine evidenziato, circa il merito della delibera impugnata, che l’essenziale presupposto legittimante l’esercizio del potere di revoca è sostanzialmente consistito, al pari di quanto fatto rilevare dal Comune di Genzano, nell’alea derivante dal giudizio promosso dalla rti AMA – ASP.

Circa la domanda risarcitoria, relativamente a danno rappresentato dalla c.d. perdita di chanche, il Comune di Rocca di Papa ritiene che la società ricorrente non abbia dato alcuna prova del danno asseritamente subito. In particolare, il conseguimento del bene della vita sperato, rappresentato dall’aggiudicazione, deve costituire non già un’astratta possibilità bensì una concreta probabilità, fondata su presupposti già in essere che, nella fattispecie, non si sono verificati o, comunque, non sono stati adeguatamente documentati. Nè, ancora, sussisterebbe il necessario nesso di causalità atteso che l’evento dannoso non è imputabile  al Comune di Rocca di Papa bensì alla delegata Confservizi.

Sul piano soggettivo, ha sottolineato che, se anche una qualche responsabilità possa ascriversi al Comune, la stessa non riveste quel carattere di gravità che determina la nascita dell’obbligo di risarcimento. Relativamente alla quantificazione, ritiene che il danno eventualmente risarcibile debba comunque essere limitato al solo interesse contrattuale negativo, rappresentato dalle spese sopportate per partecipare alla gara e dalle occasioni favorevoli perdute, queste ultime, in particolare, neppure allegate dalla ricorrente. Infine, anche a voler qualificare la responsabilità dell’Amministrazione non già quale mera responsabilità precontrattuale bensì quale responsabilità extracontrattuale, estesa pertanto anche al risarcimento del lucro cessante, non potrebbe comunque trovare applicazione il principio generale, desumibile dall'art. 345 l. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F e consistente nella determinazione forfettaria dell'utile normalmente ritraibile in misura pari al 10% dell’offerta presentata ovvero dell’importo a base di gara. Ciò in quanto la Tekneko non si è fatta carico di fornire almeno un principio di prova relativamente alle opportunità alternative alle quali ha dovuto rinunciare.

La società Volsca, dal canto suo, ha in primo luogo eccepito un ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso in quanto cumulativamente proposto avverso una serie di delibere che, a suo dire, non sono connesse tra di loro e, soprattutto, sono espressione non già di una volontà comune alle due Amministrazioni evocate in giudizio, bensì di determinazioni del tutto autonome.

Circa la violazione dell’art. 7 della l.n. 241/90, ha fatto osservare, da un lato, che il procedimento di gara non era ancora concluso e che comunque nessun utile apporto avrebbero potuto dare né l’impresa ricorrente né le altre imprese partecipanti alla gara, ormai compromessa dai ritardi e dagli errori nei quali era incorsa la medesima Confservizi.

Relativamente alla delibera con cui il Comune di Genzano ha optato per l’adesione ad una società mista, ha ricordato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il significato della partecipazione dell'ente pubblico a società a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, sta nell'apprestare una formula organizzativa che consente non solo la cooperazione tra l'interesse delle pubbliche amministrazioni o quello dell'impresa privata, ma anche l'esercizio in comune di servizi da parte di enti pubblici aventi interessi omogenei; pertanto la prevalenza del capitale pubblico va riferita all'insieme degli enti e non a ciascuno singolarmente considerato (C.S., V, 30 aprile 2002, n. 2297). In particolare, la società Volsca fa presente di essere partecipata da tre Amministrazioni locali e che le quote di pertinenza di queste ultime sono proporzionali al bacino di utenza interessato qualificato in rapporto al numero degli abitanti. L’ingresso del Comune di Genzano, la cui quota di partecipazione è commisurata all’11% del capitale sociale, è avvenuto secondo gli stessi parametri oggettivi comportando pertanto un’adeguata e proporzionale rappresentanza anche all’interno del Consiglio di Amministrazione. Evidenza infine che il partner privato S.a.o. s.p.a. è stata scelto, a differenza di quanto censurato da Tekneko, mediante procedure di evidenza pubblica. In particolare, fra le disposizioni del capitolato speciale d’appalto del 1994 relativo alla licitazione privata indetta dal  Comune di Velletri per l’affidamento del servizio di raccolta e smaltimento degli r.s.u., risulta inserita anche la facoltà, per la stazione appaltante, di promuovere la costituzione di una società mista con il soggetto aggiudicatario dell’appalto, qualora questi desse sufficienti garanzie economiche – finanziare oltre che di affidabilità nella prestazione del servizio, facoltà poi effettivamente esercitata con la costituzione della società controinteressata.

Con ulteriore memoria del 27.10.2004, ha quindi ribadito e sviluppato le argomentazioni appena esposte.

Il ricorso è stato infine trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 8.11.2004.

 

DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 29/30.1.2004 e depositato il 9.2.2004, la società Tekneko, sistemi tecnologici s.r.l., impugna le delibere con cui i Comuni di Genzano e Rocca di Papa hanno revocato la gara in precedenza indetta per l’affidamento, in forma congiunta, dei servizi ambientali e di igiene pubblica. Impugna altresì la delibera con cui il Comune di Genzano ha optato per la “gestione associata” dei servizi ambientali e ha successivamente aderito alla società a capitale misto pubblico –privato Volsca Ambiente s.p.a..

2. Le Amministrazioni resistenti e la controinteressata hanno sollevato alcune eccezioni pregiudiziali che debbono essere preliminarmente esaminate.

2.a Ai fini dell’ammissibilità del ricorso cumulativo, contestata dalla società Volsca, ricorda il Collegio come, per quieto insegnamento giurisprudenziale, sia sufficiente l’esistenza di un collegamento funzionale fra gli atti impugnati, anche se di distinto contenuto ed emanati da diverse autorità. In particolare “L'esigenza di certezza, di semplificazione e di snellimento del processo, cui si correla la preclusione del cumulo in un unico giudizio di controversie tra loro diverse, va considerata <<secondo ragione>> e prescindendo da rigorismi puramente formali e deve essere armonizzata con l'ulteriore esigenza di economicità processuale e con l'opportunità che la legittimità di atti funzionalmente interdipendenti venga verificata alla stregua di un unico procedimento giurisdizionale ”(T.a.r. Lecce, I, n.637 del 14.6.99; C.S., V, 18.12.2003, n. 8341). Nella fattispecie, è innegabile la stretta connessione funzionale esistente fra gli atti impugnati attraverso i quali le Amministrazioni comunali intimate hanno sostanzialmente abbandonato il medesimo procedimento di gara, indetto in maniera congiunta e finalizzato all’affidamento di un servizio, come ammesso da tutte le parti resistenti, concepito e strutturato in maniera unitaria. Appare semmai singolare che a tanto si siano determinate senza previamente consultarsi. Infatti, sebbene dagli atti depositati non emerga la precostituzione di un preciso modulo procedimentale, idoneo ad assicurare efficacemente una forma di coordinamento tra le due Amministrazioni comunali (ad esempio un accordo di programma ovvero una conferenza di servizi), le delibere di conferimento dell’incarico alla Confservizi Lazio, nonché l’approvazione di un unico bando di gara e dei relativi allegati tecnici, denotano chiaramente la volontà di agire in  maniera integrata e coordinata per conseguire un obiettivo di comune interesse.

2.b Priva di pregio è anche l’eccezione di inammissibilità, sollevata dal Comune di Genzano in ordine all’omessa impugnazione della revoca dell’incarico alla Confservizi di cui alla delibere n. 177 del 22.9.2003 (Comune di Genzano) e n. 207 del 2.10.2003 (Comune di Rocca di Papa).

In primo luogo, le delibere di revoca della gara da parte di entrambi i Comuni intimati, sono state impugnate per vizi propri, e non già per vizi di illegittimità derivata rispetto alla revoca dell’incarico dato alla Confservizi Lazio. Quanto al venir meno del “rapporto fiduciario” col suddetto ente, è opportuno a questo punto chiarire quale sia la natura dell’incarico conferito alla Confservizi. Ciò anche al fine di sgombrare il campo dal tentativo, adombrato dalle difese di entrambi i Comuni, di attenuare, o escludere, sotto il profilo soggettivo, la responsabilità derivante dall’eventuale annullamento degli atti impugnati. In particolare con la delibera n. 226 del 11.11.2002 (il Comune di Genzano) e n. 173 del 14.11.2002 (il Comune di Rocca di Papa),

le Amministrazioni resistenti affidavano alla Confservizi Lazio (alla quale sono associate), la “consulenza legale e amministrativa” per tutte le operazioni connesse “all’espletamento e alla gestione” della gara.

Tuttavia, il bando di gara, il capitolato speciale e gli allegati tecnici, predisposti dalla Confservizi, sono stati approvati dalle rispettive Giunte comunali (cfr. delibere della G.C. di Genzano n. 50 del 31.3.2003 e della G.C. di Rocca di Papa n. 18 del 31.3.2003).

Quanto alla natura del suddetto ente, si tratta, a quanto è possibile evincere dagli atti di causa e dal sito Internet istituzionale, dell’articolazione regionale della Confservizi nazionale, “sindacato d'impresa che rappresenta, promuove e tutela le aziende e gli enti che gestiscono i Servizi Pubblici Locali, qualunque sia la proprietà”. Già la sola natura (privatistica) dell’ente in questione fa dunque intuire come nella fattispecie non venga in alcun modo in rilievo né una forma di delegazione interorganica, né di delegazione intersoggettiva, figure peculiari del diritto pubblico attraverso le quali l’organo e ente investito in via originaria della competenza a provvedere in una determinata materia conferisce autoritativamente e unilateralmente ad altro organo o ente una competenza derivata in ordine alla stessa materia. In tale ipotesi, il delegato è legittimato ad esercitare, entro i limiti prefissati nell’atto di conferimento, poteri e funzioni spettanti al delegante, al quale effettivamente si sostituisce agendo in nome proprio ed imputando al delegato i soli risultati dell’attività svolta. Se tali funzioni vengono affidate ad un privato, può invece ricorrere la figura della concessione traslativa, caratterizzata dal trasferimento al concessionario di funzioni oggettivamente pubbliche proprie del concedente e necessarie per la realizzazione dell’opera o del servizio affidato. Anche in tali ipotesi possono verificarsi nei rapporti esterni effetti analoghi a quelli della delegazione amministrativa, in particolare quando il concessionario sia abilitato ad agire in nome proprio, creando l’affidamento dei privati interessati alle opere o ai servizi, e divenendo quindi direttamente responsabile nei confronti dei terzi per le obbligazioni strumentalmente preordinate alla realizzazione dell’oggetto della concessione. Ovviamente, sia la figura della concessione traslativa sia i modelli organizzativi alla stessa assimilabili, caratterizzati dall’esercizio di funzioni oggettivamente pubbliche da parte di soggetti formalmente privati, sono governati dal principio di legalità e quindi l’Amministrazione, nei casi non previsti dalla legge, non ha il potere di trasferire le proprie funzioni istituzionali ad un soggetto privato (Cass. civ., I, 24 giugno 2003, n. 9980).

Nulla di quanto appena descritto si è comunque verificato nella fattispecie in cui in cui la Confservizi Lazio si è limitata ad elaborare gli atti di gara e a compiere le operazioni a questa connesse, in nome e per conto delle Amministrazioni deleganti. Non deve poi trarre in inganno la circostanza che, nel corso del procedimento di gara, la Confeservizi abbia definito sé stessa quale “stazione appaltante” in quanto il governo e il “controllo”dell’intera procedura sono rimaste nella competenza esclusiva dei Comuni intimati, come del resto è dimostrato in maniera lampante dal fatto che la gara è stata indetta e revocata direttamente da questi ultimi.

2.c Neppure, ancora, può condividersi l’eccezione di inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso per carenza di interesse, sollevata dal Comune di Rocca di Papa, per il fatto che il servizio di igiene ambientale è stato nel frattempo affidato dal medesimo Comune al Consorzio Gaia, con atto non impugnato dalla ricorrente, la quale, invece, si è espressamente gravata avverso l’affidamento alla società Volsca da parte del Comune di Genzano. La Tekneko ha infatti proposto anche una domanda di risarcimento del danno per “equivalente” e pertanto l’impossibilità di ottenere soddisfazione in forma specifica attraverso la rinnovazione delle operazioni di gara, non fa venir meno l’interesse alla decisione (cfr., fra le tante, C.S., V, 21.6.2002, n.3404). Vien fatto anzi di osservare che tale comportamento risponda ad una precisa strategia (difensiva e d’impresa) in quanto rivela, da un lato, una chiara opzione per l’eventuale conseguimento del solo ristoro in forma pecuniaria in relazione ad una gara della quale la ricorrente evidentemente considera non più utile ovvero concretamente possibile la prosecuzione e/o rinnovazione, e dall’altro, relativamente all’impugnativa dell’affidamento alla società Volsca da parte del Comune di Genzano, il preminente interesse a conseguire, quantomeno, che almeno uno dei bacini di utenza verso i quali aveva indirizzato il proprio sforzo organizzativo imprenditoriale, non venga sottratto alla concorrenza degli operatori del settore.

2.d Per completezza va affrontata anche un’ulteriore questione, accennata ma non compiutamente sviluppata dalla difesa del Comune di Genzano, relativa all’applicabilità nella fattispecie, della disciplina transitoria di cui all’art. 113, comma 15 – bis (aggiunto dall’art. 14, comma 1 del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, conv. in legge con modificazioni dall’art. 1 della l. 24 novembre 2003, n. 326) del d.lgs. n. 267/2000, alla stregua del quale, per quanto qui interessa “Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.” E’ evidente che la disciplina transitoria delineata dalla disposizioni appena richiamate riguarda le concessioni di servizi pubblici locali vigenti all’entrata in vigore della nuova regolamentazione e non è quindi applicabile ai casi in cui, come nella fattispecie, non vi era alcuna concessione in atto a tale momento. Basti qui ricordare che il d.l. n. 269/2003 è entrato in vigore il 2.10.2003, mentre la delibera di “adesione” alla società Volsca risale al 10.12.2003.

2.e Un breve cenno, infine, alla sussistenza della giurisdizione amministrativa. La presente controversia concerne “l’affidamento di un pubblico servizio” e rientra pertanto tra le materie devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a. ai sensi dell’art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 80 del 20.3.1998, così come sostituito dall’art. 7 della l.n. 205/2000 e quindi riformulato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 204 del 6 luglio 2004.

La giurisdizione sussiste inoltre anche in relazione alla cognizione della domanda di risarcimento del danno. Detta pronuncia ha anzi espressamente salvaguardato l’art. 35 del cit. d. lgs. 80/98 in quanto “il potere riconosciuto al giudice amministrativo di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce sotto alcun profilo una nuova "materia" attribuita alla sua giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione”.

3. Passando al merito delle controversia, sono anzitutto fondate le censure dedotte avverso le delibere con cui i Comuni intimati hanno revocato la gara in precedenza indetta.

Per una migliore comprensione della vicenda è opportuno sintetizzare il contenuto di siffatte delibere.

Richiamata l’iniziale volontà di associarsi al Comune di Genzano per l’effettuazione un’unica gara di appalto per l’affidamento dei servizi ambientali e di igiene pubblica, il Comune di Rocca di Papa prende atto che il Comune di Genzano ha revocato l’incarico alla Conferservizi, dichiara di condividere l’opinione espressa dal Presidente di detto Ente, secondo il quale la determinazione del Comune di Genzano di revocare l’incarico alla Confservizi ha comportato l’interruzione dell’intero procedimento di gara, dispone infine, la revoca delle propria deliberazione n. 18 del 31 marzo 2003 con cui erano stati approvati il capitolato speciale di appalto e il bando di gara (delibera n. 49 del 5.11.2003). La motivazione di siffatta delibera viene poi specularmente riportata anche nella delibera n. 44 del 3.12.2003 del Consiglio comunale di Genzano (“Considerato che sono venuti a mancare i presupposti per il prosieguo della gara, unitamente al Comune di Rocca di Papa, e tramite affidamento alla Confservizi Lazio, e quindi si rende necessario revocare la deliberazione di C.C. n. 4 del 30.1.2003”).

La sola lettura delle delibere appena richiamate permette di cogliere il principale vizio che affligge tutti gli atti impugnati, non specificamente approfondito dalla ricorrente ma comunque ricavabile dalla complessa censura di “eccesso di potere” formulata. I Comuni intimati infatti, dopo avere espresso la volontà di “associarsi” nell’affidamento di un servizio di comune interesse, hanno poi deciso autonomamente di sganciarsi da un procedimento concepito in maniera unitaria, strumentalizzando a tal fine presunti ritardi o errori dell’ente al quale avevano in precedenza delegato la gestione della gara. Le delibere appaiono inoltre contrarie a tutti i principi ai quali, per consolidata giurisprudenza, dovrebbe ispirarsi l’esercizio del potere di revocare o annullare la gara nelle pubbliche selezioni per l’affidamento di lavori o servizi. In particolare, l’annullamento di un procedimento di gara mediante esercizio del potere di autotutela deve essere sorretto da adeguata motivazione in ordine alla natura delle anomalie riscontrate, alla gravità delle stesse, alla loro incidenza sul procedimento di gara e, soprattutto, circa la sussistenza di specifici vizi di legittimità che lo rendano necessario (T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 14 novembre 1994 n. 407, richiamata anche da T.a.r. Lazio, sez. I- bis, n. 5991 del 7.7.2003). L’Amministrazione può inoltre disporre la revoca della selezione anche qualora sopraggiungano circostanze che rivelino il mutamento dell'interesse pubblico all'espletamento della gara, ma, di tale sopraggiunto mutamento,  deve dare puntuale ed accurata motivazione nell'ambito del provvedimento di revoca (Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 1990 n. 28).

In entrambi i casi, a tutela dell’affidamento riposto dai partecipanti nella conclusione della gara, debbono essere osservate le garanzie del procedimento. Nella fattispecie, risulta invece palesemente violato l’art. 7 della l.n. 241/90 non essendo stata allegata alcuna ragione idonea a giustificare l’omessa comunicazione di avvio. Nè può trovare applicazione la giurisprudenza, invocata ex adverso, relativa alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria. Tale atto conclude la procedura concorsuale avviata dagli stessi concorrenti con la domanda di partecipazione mentre la revoca impugnata riguarda gli atti inditivi della gara ed è stata adottata in esito ad un procedimento di secondo grado distinto da quello di aggiudicazione. Neppure è condivisibile l’affermazione secondo cui l’esito di siffatto procedimento non sarebbe stato differente anche se vi fosse stata la partecipazione della società ricorrente. In disparte quanto appresso si dirà circa la carenza motivazionale dei provvedimenti impugnati, un simile argomentare svuota di significato le regole del procedimento e tende a trasferire nel giudizio di legittimità valutazioni che attengono invece alla sfera del risarcimento del danno, il quale presuppone l’accertamento sostanziale della spettanza del bene della vita inciso, anche, ma non solo, dall’inosservanza delle regole del procedimento. Trascura inoltre la valenza, anche ai fini risarcitori, degli stessi interessi <<procedimentali>> e l’esigenza di tutela dell'affidamento ingenerato dal rapporto intercorso tra Amministrazione e privato, (c.d. responsabilità da contatto amministrativo qualificato), a prescindere dall'accertamento dalla spettanza del bene della vita, oggetto di tutela, e indipendentemente dalla sicura acquisizione dello stesso bene (così in termini, T.a.r. Bari, I, n.1761 del 17.5.2001).

La delibere impugnate, come già accennato, sono peraltro illegittime anche sul piano sostanziale, in quanto non solo ne appare inadeguata la motivazione esplicita ma anche quella ricostruita in sede difensiva, dalla cui valutazione, nella prospettiva del giudizio sul rapporto quale richiede una controversia estesa anche ai profili risarcitori dell’azione amministrativa, il giudice amministrativo non può più esimersi (cfr. sul punto T.a.r. Lazio, I, n. 398 del 16.1.2002).

Nei provvedimenti impugnati viene fatto esclusivo riferimento a “ritardi” nella conduzione della gara e al venir meno del rapporto fiduciario con la Confservizi.  Poiché tuttavia non era venuta meno la necessità di provvedere all’affidamento del servizio, l’eventuale negligenza o comunque inidoneità del soggetto delegato alla conduzione della gara non poteva da sola giustificare l’abbandono di un procedimento che non fosse anche radicalmente viziato. Le difese di entrambi i Comuni hanno così soggiunto che il procedimento di gara era stato comunque oggettivamene compromesso dagli “errori” commessi dalla Commissione giudicatrice nella fase di ammissione e nella redazione del disciplinare di gara e, pertanto, non poteva essere condotto a termine con sicurezza e celerità. Di fatto, salvo quanto rilevato nella decisione cautelare di questo T.a.r. (ordinanza n. 3691, resa nella c.c. del 23.7.2003), circa l’illegittima esclusione dell’Ati Ama/Asp, il Collegio non ha riscontrato ulteriori contestazioni o riserve, delle stazioni appaltanti ovvero dei partecipanti alla gara, relative a vizi tali da impedire la conservazione di almeno alcuni tra gli atti già compiuti e quindi la prosecuzione della selezione ad opera della precedente ovvero di una nuova Commissione nominata d’intesa dai due Comuni associati. Nè, in senso contrario, può strumentalizzarsi la surrichiamata decisione cautelare, dalla quale non risulta in alcun modo censurata, a differenza di quanto adombrato dalla difesa del Comune di Genzano, un’ambigua redazione dello stesso disciplinare di gara. Esclusa dunque l’esistenza di ulteriori contestazioni, ovvero riserve circa la validità dell’originario schema di gara, rimane, al fondo, la sola alea derivante dalla definizione nel merito del giudizio relativo all’esclusione dell’Ati Ama/Asp, definizione che, peraltro, i Comuni intimati avrebbero potuto in ogni momento sollecitare, vista la corsia preferenziale che il Legislatore ha riservato alle controversie del tipo in esame (si vedano in particolare i commi 3 e 5 dell’art. 23 – bis della l.n. 1034 del 1971, così come novellata dall’art. 4 della l.n. 205/2000).

Con specifico riguardo alla delibera n.44 del Consiglio comunale di Genzano, va poi fatta un’ulteriore precisazione. Si evince infatti da tale provvedimento che la scelta di affidare il servizio “ad una società mista costituita a maggioranza pubblica” alla quale “conferire successivamente i servizi ambientali e di igiene pubblica”, non risulta compenetrata nel contenuto motivazionale del provvedimento di revoca della gara. Al contrario, proprio tale revoca appare costituire il presupposto della successiva opzione per la società mista. D’altro canto, se l’abbandono della gara fosse stato effettivamente determinato da una diversa e più conveniente soluzione organizzativa per l’affidamento del servizio pubblico in controversia (così come ha tentato di suggerire la difesa del Comune), il corredo motivazionale della revoca avrebbe dovuto arricchirsi di una valutazione comparativa che, invece, è del tutto assente nelle delibere impugnate. La scelta operata con la delibera in esame rappresenta infatti una mera petizione di principio, avulsa da qualsivoglia considerazione delle esigenze del servizio, dei relativi costi, della possibilità di realizzare economie di scala, delle interconnessioni realizzabili tra i bacini di utenza etcc. e cioè di tutti quegli elementi che, secondo la giurisprudenza, l’Amministrazione deve attentamente ponderare al fine di individuare la migliore soluzione organizzativa per l’espletamento di un pubblico servizio. La vicenda per cui è causa sembra invero confermare il diffondersi di un fenomeno che, all’indomani delle modifiche apportate dall’art.14 del d.l. n. 269/2003 all’art. 113 del t.u.e.l., la giurisprudenza amministrativa ha immediatamente colto e cioè il ricorso sempre più massiccio delle Amministrazioni al c.d. affidamento “in house” dei servizi pubblici locali, in virtù della generalizzazione dell’istituto di fatto operato dalla summenzionata disciplina in deroga ai principi comunitari di evidenza pubblica (cfr. C.S., V, ord. 22.4.2004, n. 2316 e T.a.r. Bari, III, ord. 8.9.2004, n. 885 che rimettono alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 234 del Trattato istitutivo, la questione se sia compatibile con i principi desumibili dagli artt. 46, 49 e 86 del Trattato, l’art. 113, comma 5, del d.lgs.  n. 267/2000, come modificato dall’art. 14 del d.l. n. 269/2003, nella parte in cui non pone alcun limite alla libertà di scelta dell’Amministrazione pubblica tra le diverse forme di affidamento del servizio pubblico, ed, in particolare, tra l’affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica e affidamento diretto ad una società per azioni a capitale interamente pubblico). Tuttavia, per quanto ampi siano i margini di discrezionalità tecnica attribuiti all'Ente locale al fine dell'esercizio del potere di scelta del modulo gestorio da adottarsi, reputa il Collegio che l’opzione per la società a partecipazione pubblica (totalitaria o “mista”) debba pur sempre avvenire con riguardo ad un’ipotesi concreta di gestione del servizio. E’ invece piuttosto discutibile una motivazione come quella avanzata nella fattispecie dalla difesa del Comune di Genzano secondo la quale, in definitiva, l’acquisizione da parte di un Comune di una partecipazione in una società mista è sufficientemente giustificata non già dalla necessità di rendere un servizio migliore ai propri cittadini bensì da quella di mettersi al riparo “dalle incertezze del ricorso continuo ai complessi meccanismi delle procedure ad evidenza pubblica”.

Il Collegio osserva ancora che, nemmeno nella successiva delibera n. 49 del 10.12.2003, di adesione alla società Volsca Ambiente, si fa cenno alcuno ad un piano di impresa o quantomeno ad uno specifico progetto. Solo nella delibera n. 227 del 22.12.2003, risulta esaminato e approvato il “piano operativo di gestione” dei servizi di igiene urbana proposto dalla Volsca, con determinazione che è tuttavia meramente conseguenziale ad una scelta già definitivamente operata in ordine al conferimento della titolarità del servizio.

Venendo infine all’appena menzionata delibera n. 49 del 10.12.2003, assume rilievo decisivo ed assorbente, ai fini dell’accoglimento dell’impugnativa, il motivo di censura rubricato al paragrafo D.2. La società Volsca non corrisponde infatti ad alcuno dei modelli societari ai quali, in virtù dell’art.113, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, può essere direttamente conferita la titolarità di un pubblico servizio. In particolare, detta società non corrisponde al modello sub b), relativo alle “società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche”. L’Amministrazione e la controinteressata hanno affermato che il socio privato (S.a.o. s.p.a.) è stato scelto “a seguito” di una procedura ad evidenza pubblica e cioè la licitazione privata indetta nel 1994, dal Comune di Velletri, per l’affidamento del servizio di raccolta e smaltimento degli r.s.u.. In particolare, l’art. 29 del capitolato speciale avrebbe conferito all’Amministrazione la facoltà di costituire una società con il soggetto aggiudicatario in quanto questi desse sufficienti garanzie economiche – finanziare oltre che di affidabilità nella prestazione del servizio.

In primo luogo, l’esame del capitolato speciale in questione, depositato in atti, rivela un contenuto alquanto diverso e, precisamente, sotto la rubrica “Costituzione di società mista”, prescrive “Qualora l’ente appaltante, anche prima della naturale scadenza del contratto, intendesse costituire una società mista per il servizio oggetto del presente disciplinare, ne darà comunicazione all’appaltatore per l’eventuale partecipazione”.

Comunque, indipendentemente dal fatto che il Comune di Velletri abbia debitamente verificato l’idoneità tecnica, economica e finanziaria della società S.a.o. prima di stipulare l’atto costitutivo della Volsca, tali requisiti non hanno comunque formato oggetto di valutazione e comparazione nell’ambito di una specifica procedura competitiva finalizzata proprio alla scelta del partner privato, essendo ovviamente ben diversa l’idoneità richiesta ad un imprenditore che dall’esterno e per un periodo di tempo determinato provvede ad assicurare un servizio, da quella di colui che, in virtù del contratto associativo, ne diviene cogestore insieme all’Amministrazione di riferimento mediante una struttura stabile e destinata a durare nel tempo. Nella fattispecie, come esattamente rilevato dalla ricorrente, il Comune di Velletri si è in realtà semplicemente limitato a cooptare il soggetto privato che, nel 1994, si era aggiudicato il servizio di raccolta e smaltimento degli r.s.u., di talché la società in tal modo costituita non può ascriversi al novero di quelle in cui il socio privato sia stato scelto non già a “a seguito” bensì “attraverso” una procedura di evidenza pubblica.

In definitiva, il ricorso deve essere accolto nella parte impugnatoria, con il conseguente annullamento di tutti gli atti in epigrafe.

4. A questo punto è possibile passare all’esame della domanda risarcitoria.

Osserva in primo luogo il Collegio che, per effetto delle delibere impugnate, la situazione in cui si è venuta a trovare la ricorrente è molto simile a quella del soggetto al quale sia illegittimamente preclusa la partecipazione ad una gara (ad es. a causa dell’affidamento di un contratto a trattativa privata al di fuori dei casi espressamente previsti). Infatti, sebbene al momento in cui il procedimento è stato interrotto la Tekneko figurasse al primo posto della graduatoria provvisoria, è anche vero che, dopo la riammissione dell’Ati Ama/Asp, la società non aveva ancora alcuna certezza di vittoria, essendovi la necessità, quantomeno, di procedere nuovamente alla valutazione comparativa delle offerte, per di più, secondo il metodo del “confronto a coppie”, caratterizzato da un elevato tasso di discrezionalità tecnica (cfr. il bando e le norme di gara versate in atti).

Secondo la più recente e condivisibile elaborazione giurisprudenziale, nei casi in cui ad un soggetto è preclusa in radice la partecipazione ad una gara o concorso, sicché non è possibile dimostrare, ex post, né la certezza della vittoria, né la certezza della non vittoria, la situazione soggettiva tutelabile è la chance, cioè l’astratta possibilità di un esito favorevole. Il risarcimento per perdita di chance può avvenire in forma specifica o per equivalente.

Nel caso di illegittimo affidamento di appalto mediante trattativa privata, il risarcimento in forma specifica consiste nell’indizione di pubblica gara per l’appalto in questione. In tal modo la chance di successo viene tutelata in forma reale, sicché risultano esclusi danni da risarcire per equivalente, a parte il danno emergente legato al ritardo della procedura e alle spese aggiuntiva sofferte  (C.S., VI, 18 dicembre 2001, n. 6281).

L’art. 35 del d.lgs. n. 80/98 - non inciso dalla recente declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 204 del 6 luglio 2004, e anzi, come sopra evidenziato, dalla stessa espressamente salvaguardato - consente al Giudice amministrativo di disporre il risarcimento del danno anche in forma specifica. E’ stato chiarito che la reintegrazione in forma specifica del danno ingiusto deve essere considerata alla stregua di una alternativa risarcitoria, potendo quest’ultima intervenire anche per equivalente e trova applicazione nel diritto amministrativo soprattutto in caso di tutela di interessi di tipo oppositivo.

Relativamente agli interessi pretensivi, secondo una prima linea di pensiero, viene qualificata in forma specifica la domanda di parte volta a conseguire il bene della vita negato.

Secondo altro orientamento, recentemente precisato e sviluppato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 37 del 19 gennaio 2004 della VI Sezione, la reintegrazione in forma specifica non costituisce un mezzo per impartire all’Amministrazione l’ordine di provvedere in un determinato modo (a tutela di interessi pretensivi) perché così opinando si darebbero all’istituto caratteri che non corrispondono in realtà alla vera e propria tutela aquiliana, ma tengono assai di più della tutela ripristinatoria che si ottiene con il giudizio di ottemperanza, il che presupporrebbe un concetto di reintegrazione in forma specifica del tutto diverso da quello affermatosi in sede civilistica sulla base dell’art. 2058 c.c.. Lo strumento risarcitorio si caratterizza infatti per l’imposizione all’Amministrazione di una prestazione diversa e succedanea rispetto a quella originaria. L’adozione di un determinato atto da parte dell’Amministrazione, attiene più ai profili di adempimento che a quelli risarcitori e “riportare anche tale fase nell’ambito della reintegrazione in forma specifica finisce con l’estendere anche a tale fase i limiti propri di tale tutela che sono più rigorosi rispetto a quelli previsti per l’esecuzione. Infatti, mentre la reintegrazione in forma specifica richiede una verifica in termini di onerosità ai sensi dell’art. 2058, comma 2, c.c., tale valutazione non è richiesta in relazione all’esecuzione della prestazione originariamente dovuta per la quale può rilevare solo la sopravvenuta impossibilità e salva la verifica se sia possibile applicare, in sede di giudizio di ottemperanza,  l’art. 2933, comma 2,  c.c., quale principio generale dell’ordinamento “ (ordinanza n. 37/2004 cit.).

Circa i rapporti tra risarcimento per equivalente e risarcimento (o reintegrazione) in forma specifica, la struttura impugnatoria del processo amministrativo comporta che il petitum principale rimane sempre e comunque l’annullamento dell’atto illegittimo al quale consegue la necessità di rinnovo dell’atto nel rispetto delle regole procedurali previste. In base alle precedenti osservazioni circa la reale applicabilità, al processo amministrativo, delle regole civilistiche in tema di risarcimento in forma specifica, l’unico ostacolo a siffatta reintegrazione rimane la possibilità pratica di tale forma di ristoro che, nel caso di illegittima aggiudicazione a trattativa privata, ovvero come nella fattispecie, di illegittima revoca di una procedura di gara in corso, è in genere preclusa dall’ormai intervenuta integrale esecuzione dell’appalto o comunque dall’impossibilità di esecuzione in forma specifica della decisione di annullamento. Va ancora soggiunto che, ove si sia in presenza, come nella fattispecie, di una specifica domanda di risarcimento per equivalente occorre valutare anche se vi sia un effettivo interesse a tale esecuzione, e cioè se, al contrario, non vi sia invece una decisa opzione per la tutela in forma monetaria.

Applicando le surrichiamate coordinate giurisprudenziali alla fattispecie il Collegio osserva quanto segue.

In primo luogo va affermata la responsabilità dei Comuni di Genzano e Rocca di Papa, non essendo ovviamente scusabile la violazione di norme di ordine generale che rappresentano un presidio essenziale posto a garanzia della legittimità dell’azione amministrativa, quali l’obbligo di condurre a termine un procedimento sul quale gli interessati hanno fatto affidamento, e comunque il dovere di instaurare un regolare contraddittorio ove l’Amministrazione intenda determinarsi diversamente per preminenti e motivate ragioni di interesse pubblico. Nella fattispecie, va inoltre censurata anche la mancanza di una efficace forma di coordinamento tra le due Amministrazioni procedenti.

Spetta inoltre alla ricorrente l’intero danno che è conseguenza degli atti illegittimi, non limitato quindi al c.d. interesse negativo (cfr. sul punto C.S., V, 8.7.2002 n. 3796). Alla responsabilità per danno da atto amministrativo illegittimo, tale non solo per vizi formali ma anche sostanziali, si applica infatti l’art. 2043 c.c., con la conseguenza che la valutazione del danno risarcibile va effettuata ai sensi dell'art. 2056 c.c., e deve comprendere sia il danno emergente che il lucro cessante, a norma dell'art. 1223 c.c..

Circa la forma di tutela accordabile ai diritti e interessi lesi dagli atti annullati, rileva il Collegio che la reintegrazione in forma specifica, mediante la prosecuzione della gara illegittimamente interrotta, allo stato non è più possibile, ciò in quanto nel frattempo il Comune di Rocca di Papa ha affidato il servizio in via diretta, ovviamente per la parte di sua competenza, ad altro soggetto (il Consorzio Gaia).

Quanto al Comune di Genzano, con la presente decisione si è provveduto anche all’annullamento dell’affidamento alla società Volsca dei servizi di igiene urbana. Tuttavia, detto Comune rimane libero di procedere nuovamente ad un affidamento diretto, ovviamente in maniera conforme al sopra descritto quadro normativo. Va ancora soggiunto che, anche nell’ipotesi in cui il Comune di Genzano provveda a bandire una nuova gara, quest’ultima non potrebbe che riguardare un servizio diverso, quantomeno per bacino di utenza, da quello che ha formato oggetto del procedimento illegittimamente revocato. Rimane dunque la domanda di risarcimento per equivalente. Di questa occorre rilevare la non perfetta specularità rispetto alla domanda di reintegrazione in forma specifica, che la ricorrente stessa ha individuato nella rinnovazione ovvero prosecuzione della pubblica gara. La maggior parte delle voci di danno richieste (quali ad es. il mancato utile derivante dall’esecuzione dell’appalto, ovvero il danno derivante dall’impossibilità di spendere in future gara la maggiore capacità tecnico – economica che sarebbe derivata all’impresa dall’esecuzione dell’appalto), implicano infatti la certezza ovvero la consistente probabilità di vittoria della Tekneko, delle quali però non è stata data alcuna prova. Sussiste invece, come già accennato, lesione della chance intesa non già quale danno meramente ipotetico o eventuale bensì quale danno concreto e attuale commisurato alle perdita non del risultato utile ma della possibilità di conseguirlo (cfr. da ultimo Cass, III, 4.3.2004, n. 4400).

In considerazione della necessaria correlazione tra le due domande proposte, le voci di danno allegate possono essere convertite o comunque interpretate come riferite, in subordine, non già al mancato raggiungimento del risultato sperato ma alla perdita di chances.

Principiando dal danno emergente, spettano in primo luogo alla Tekneko le spese inutilmente sostenute per partecipare alla gara, con l’avvertenza che dall’allegato conteggio vanno espunte le voci relative a “Dirigenti aziendali impegnati per rilievo dati progettuali, studio del capitolato d’appalto, reperimento cartografie: ore lavorative 96,00; costo orario euro 59,00” e “Impiegati aziendali per predisposizione documentazione: ore lavorative 26, costo orario euro 46”. Ciò in quanto, a parte la mancanza di idonea documentazione, non è stato chiarito se si tratti, ad esempio, di ore di lavoro straordinario prestate proprio ed esclusivamente in ragione delle partecipazione della gara.

La somma di euro 35.356,00, indicata dalla ricorrente quale “totale spese partecipazione” (all. 24 al ricorso), va pertanto ridotta a euro 28.496,00.

Ed ancora, non risulta provato (ad es. attraverso l’esibizione di contabilità e bilanci) il danno da mancato abbattimento delle spese generali afferenti i costi della struttura aziendale (cfr. sul punto C.S., a.p., 14.2.2003 n. 2) a causa di una (presunta) inattività dell’impresa indotta dal comportamento dell’Amministrazione. Vi è anzi, in parte, prova del contrario atteso che fino al 31.12.2003 la Tekneko ha continuato a svolgere in regime di proroga il servizio di igiene ambientale per il Comune di Genzano. Del pari, non è stata data alcuna prova dell’esistenza di una lesione alla reputazione dell’impresa direttamente ricollegabile ai provvedimenti impugnati.

L’unico danno che, allo stato, può dunque essere riconosciuto, oltre al danno emergente costituito dalle spese affrontate per partecipare alla gara, è il danno da perdita di chance.

Il risarcimento per equivalente della perdita di chance deve essere quantificato con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara e dividendo l’utile di impresa (quantificato in via forfettaria in misura pari al 10% del prezzo base dell’appalto) per il numero di partecipanti (T.a.r. Campania, Napoli, I, 20 maggio 2003, n. 5868).

La determinazione forfettaria dell’utile ritraibile dall’appalto rappresenta un criterio di valutazione equitativa cui fa riferimento la giurisprudenza in applicazione analogica dell’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, sulle opere pubbliche, ora sostanzialmente riprodotto dall’art. 122 del regolamento emanato con D.P.R. n. 554/99, che quantifica in tale misura il danno risarcibile a favore dell’appaltatore in caso di recesso della P.A. Nella fattispecie la ricorrente ha fatto riferimento al 10% sull’importo presunto di euro 8.358.901, 52 per i 5 anni di durata del servizio, ma, poiché la gara è stata interrotta dopo l’apertura delle offerte economiche, dovrà più correttamente essere preso in considerazione l’importo dell’offerta così come ribassata dalla ricorrente medesima. Il numero dei partecipanti alla gara sarà invece pari a 5, dovendo ovviamente essere conteggiata anche l’Ati originariamente esclusa e successivamente riammessa per effetto della decisione cautelare di questo T.a.r.. Il quoziente così ottenuto rappresenta il danno subito dalla Tekneko a titolo di lucro cessante per lesione della chance di vittoria derivante dall’illegittima interruzione della gara.

In definitiva, ai fini della liquidazione del danno il Collegio ritiene che si possa utilizzare lo strumento previsto dall’art. 35, comma 2, del d.lgs. n. 80/98, come sostituito dall’art. 7 della l.n. 205/2000, che consente al Giudice amministrativo di stabilire i criteri in base ai quali l’Amministrazione deve proporre a favore dell’avente titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine, prevedendo che, qualora permanga il disaccordo, le parti possano rivolgersi nuovamente al giudice per la determinazione delle somme dovute nelle forme del giudizio di ottemperanza.

Si dispone, pertanto, che le Amministrazioni soccombenti provvedano a liquidare una somma a favore della società Tekneko, secondo i criteri appresso indicati, formulando la relativa proposta entro il termine massimo di sessanta giorni dalla data di comunicazione, o, se anteriore, da quella di notifica, della presente decisione.

In particolare, il risarcimento del danno dovuto alla ricorrente dovrà computarsi come segue:

1) quanto al danno emergente consistente nelle spese sostenute per partecipare alla gara, dovrà essere liquidata una somma pari a euro 28.496,00;

2) quanto al danno da perdita di chance dovrà anzitutto calcolarsi il 10% dell’importo a base di gara così come risultante dal ribasso offerto dalla ricorrente. Detta somma dovrà essere divisa per il numero delle imprese ammesse alla gara (pari a cinque). Tuttavia, sul quoziente così ottenuto, andrà operato un ulteriore abbattimento, in ragione dell’applicazione del principio “compensatio lucri cum damno”. Infatti, in conseguenza dell’interruzione della gara, la ricorrente ha conseguito il vantaggio di una ulteriore proroga del precedente contratto relativo all’affidamento dei servizi di igiene ambientale del Comune di Genzano. Dalla somma come innanzi determinata andrà perciò detratto l’utile conseguito dall’impresa fra l’interruzione delle procedure di gara e lo scambio di consegne con la Volsca ambiente s.p.a..

3) sulle somme liquidate ai sensi dei numeri precedenti, che riguardano tutte il risarcimento del danno e che consistono, perciò, in un debito di valore, deve riconoscersi la rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat, da computarsi dalla data dell’inizio del servizio da parte delle imprese alle quali i Comuni convenuti hanno affidato l’attività di smaltimento dei rifiuti, e fino alla data di deposito della presente decisione (data quest’ultima che costituisce il momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta).

4) Sulle somme progressivamente e via via rivalutate, sono altresì dovuti gli interessi nella misura legale secondo il tasso vigente all’epoca degli affidamenti, a decorrere dalla data degli affidamenti medesimi e fino a quella di deposito della presente decisione; ciò in funzione remunerativa e compensativa della mancata tempestiva disponibilità della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno.

5) Su tutte le somme dovute ai sensi dei precedenti numeri decorrono, altresì, gli interessi legali dalla data di deposito della presente decisione e fino all’effettivo soddisfo.

Le spese di giudizio, infine, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

 

PQM

Il Tribunale Amministrativo Regionale de Lazio – Sezione Seconda Ter – definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa lo ACCOGLIE e, per l’effetto:

1) annulla gli atti impugnati;

2) condanna in solido il Comune di Genzano e il Comune di Rocca di Papa al risarcimento dei danni in favore della società ricorrente, nella misura che sarà liquidata con successivo accordo tra le parti alla stregua dei criteri stabiliti in motivazione. A tal fine le Amministrazioni soccombenti sono tenute a formulare la relativa proposta nel termine di giorni 60 dalla notificazione e/o comunicazione della presente sentenza.

Condanna in solido il Comune di Genzano e il Comune di Rocca di Papa alla rifusione delle spese di giudizio, in favore della società ricorrente, spese che si liquidano in euro 2.500,00 (duemilacinquecentoeuro).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma l'8 novembre 2004 , in camera di consiglio con l’intervento dei magistrati elencati in epigrafe.

Consigliere Roberto SCOGNAMIGLIO   Presidente

- Primo Referendario Silvia MARTINO     estensore

 

Depositata in segreteria il 16.12.2004

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici