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TAR Lombardia, Milano, sez. III, 4/2/2005 n. 227
Sull’annullamento in via di autotutela dell’aggiudicazione definitiva di un appalto: la pubblica amministrazione deve spiegare in modo esaustivo le ragioni di pubblico interesse sottese al provvedimento di annullamento.

In materia di appalti, sebbene l'aggiudicazione, quale atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segni di norma il momento dell'incontro della volontà della pubblica amministrazione di concludere il contratto e della volontà del privato manifestata con l'offerta ritenuta migliore, non è precluso comunque alla prima di procedere, con atto successivo, alla revoca d'ufficio ovvero all'annullamento dell'aggiudicazione stessa purché venga fornita adeguata motivazione con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico.
In particolare, l'indagine sulla sussistenza dell'interesse pubblico deve essere condotta con specifico riferimento alla fattispecie concreta avendo cura di verificare la situazione nella quale va ad incidere il provvedimento di autotutela.

Materia: appalti / autotutela

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA

(Sezione III)

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 3862/2004 proposto da IM.CO.SAV. di Liberatore Savino, in proprio ed in qualità di capogruppo dell’ATI con Greenline Italia s.r.l., nonché dalla stessa Greenline Italia s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Maria Cristina Colombo e Maurizio Galbiati nello studio dei quali sono elettivamente domiciliate in Milano, via Durini n. 24;

 

contro

il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano, Maria Teresa Maffey e Maria Sorrenti dell'Avvocatura comunale e domiciliato presso gli Uffici di quest'ultima in Milano, Via della Guastalla n. 8;

e nei confronti di

Coster – General Contractor s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita;

 

per l'annullamento

- del verbale della seduta del 26.7.2004 della Commissione di Gara per l’appalto relativo all’esecuzione di opere per lavori di risanamento delle coperture in cemento ed amianto di edifici scolastici, con il quale è stato disposto l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva dell’appalto all’ATI IM.CO.SAV./GREENLINE s.r.l., l’esclusione della stessa dalla gara e conseguentemente la nuova aggiudicazione all’impresa COSTER in ATI con M.S. ISOLAMENTI SPA;

- del successivo provvedimento dirigenziale di annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto all’ATI ricorrente;

- di tutti gli atti della procedura amministrativa di secondo grado che hanno comportato il predetto annullamento dell’aggiudicazione;

- di tutti gli atti connessi.

VISTO il ricorso con i relativi allegati;

VISTO l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;

VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

VISTI gli atti tutti della causa;

Nominato relatore alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2005, il Ref. Daniele Dongiovanni;

Uditi, ai preliminari, l'avv. C. Cannavacciuolo, in sostituzione dell’avv. Colombo, per la ricorrente e l’avv. Maffey per il Comune resistente;

Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

 

FATTO

Nell’aprile 2004, l’ATI ricorrente è risultata aggiudicataria dell’appalto indetto dal Comune di Milano relativo alle opere di risanamento delle coperture in amianto di circa quindici edifici scolastici.

Attesa la necessità di concludere i lavori prima dell’inizio dell’anno scolastico 2004/2005, nelle more della stipula del contratto, in data 8 giugno 2004 l’amministrazione comunale ha proceduto alla consegna del cantiere alla ricorrente.

In data 13 luglio 2004, il Comune lombardo ha comunicato all’ATI deducente l’avvio del procedimento di annullamento dell’aggiudicazione avendo la stessa omesso di dichiarare che il legale rappresentante della società Greenline aveva riportato, nel 1987, una condanna per omicidio colposo a causa di un incidente verificatosi in un cantiere (la condanna è stata, poi, confermata in appello nel 1994).

Nonostante la ricorrente abbia rappresentato la buona fede di tale omissione tenendo anche conto del fatto che si trattava di una vicenda verificatasi molti anni prima, l’amministrazione, in data 26 luglio 2004, ha proceduto comunque, in autotutela, ad annullare l’aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI deducente e ciò sebbene i lavori fossero già in uno stadio avanzato di realizzazione (pari a oltre il 50% dell’importo totale).

Avverso tale determinazione, ed ogni altro atto a questa connesso, presupposto e conseguenziale, ha proposto impugnativa l'ATI ricorrente, chiedendone l'annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, e conseguente condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni per i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 75 del DPR n. 554/1999; motivazione perplessa e insufficiente; eccesso di potere per difetto dei presupposti, illogicità, ingiustizia manifesta; contraddittorietà rispetto ai criteri direttivi fissati dal Ministero e dall’Autorità di vigilanza; eccesso di potere per assenza dei presupposti.

Secondo quanto previsto dall’art. 75 DPR n. 554/1999, i partecipanti alle gare devono dichiarare l’eventuale esistenza di reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale.

Ora, sia l’allora Ministero dei Lavori Pubblici che l’Autorità di vigilanza hanno individuato una serie di reati capaci di influire su tale presupposto ma tra questi non è ricompreso quello commesso dal legale rappresentante della società Greenline.

Anche la giurisprudenza amministrativa ha affermato che, per tacciare l’impresa di mancanza di moralità professionale, è necessario che sia stato consumato un reato che manifesti una radicale e sicura contraddizione con i principi della professione.

Nel caso in esame, il legale rappresentante della società Greenline è stato condannato, nel 1987, per omicidio colposo a causa di un incidente avvenuto in un cantiere ma da tale evento non consegue automaticamente la mancanza di moralità professionale dell’impresa interessata.

Né l’esclusione dell’impresa dalla gara di appalto può discendere dal fatto che il legale rappresentante, avendo sottaciuto l’esistenza a suo carico di un precedente penale, abbia reso una dichiarazione mendace.

L’amministrazione avrebbe dovuto in ogni caso valutare l’incidenza di quella vicenda sull’affidabilità dell’impresa con riferimento al tempo trascorso e all’elemento psicologico del reato, cosa che invece non è avvenuta.

2) in relazione al provvedimento di secondo grado, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 per difetto assoluto di motivazione sul pubblico interesse, eccesso di potere per omessa comparazione degli interessi coinvolti, illogicità, sviamento.

L’amministrazione comunale ha disposto l’annullamento quando già era stata disposta l’aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI ricorrente.

Il provvedimento impugnato si dimostra, quindi, illegittimo in quanto il Comune resistente non ha valutato l’interesse pubblico sotteso alla sua emanazione, soprattutto se si considera che:

- i lavori erano già in uno stato di avanzamento pari ad oltre il 50% delle opere appaltate, senza che fino a quel momento fossero state mosse contestazioni da parte della Direzione lavori;

- i tempi di realizzazione delle opere erano molto ristretti (inizio dell’anno scolastico 2004/2005);

- l’ultimazione dei lavori da parte di un altro soggetto provocherà maggiori costi.

Si è costituito in giudizio il Comune di Milano chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.

Con ordinanza n. 2218/04, è stata accolta la domanda di sospensiva.

In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie con le quali, argomentando ulteriormente, hanno insistito nelle rispettive richieste.

Le stesse parti hanno, altresì, fatto presente che, nelle more, l’ATI ricorrente ha ultimato i lavori di cui trattasi, come risulta dal verbale del 15 dicembre 2004 depositato in atti.

Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2005, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

1. Nell’ordine di esame delle censure dedotte, deve riconoscersi priorità logica al secondo motivo di ricorso che appare fondato.

1.1 La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di chiarire che, sebbene l’aggiudicazione, quale atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segni di norma il momento dell’incontro della volontà della pubblica amministrazione di concludere il contratto e della volontà del privato manifestata con l’offerta ritenuta  migliore, non è precluso comunque alla prima di procedere, con atto successivo, alla revoca d’ufficio ovvero all’annullamento dell’aggiudicazione stessa purché venga fornita adeguata motivazione con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico (ex multis, Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6931, 12 settembre 2000, n. 4822; sez. V, 20 settembre 2001, n. 4973; sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244).

In particolare, l’indagine sulla sussistenza dell’interesse pubblico deve essere condotta con specifico riferimento alla fattispecie concreta avendo cura di verificare la situazione nella quale va ad incidere il provvedimento di autotutela.

1.2 Nella specie, a parere del Collegio, il provvedimento impugnato, che dispone l’annullamento in via di autotutela dell’aggiudicazione definitiva disposta in favore della ricorrente, non dà adeguata contezza delle ragioni di pubblico interesse sottese alla sua emanazione atteso il tempo trascorso dalla vicenda (anno 1987) per la quale il legale rappresentante della società Greenline è stato condannato dall’Autorità giudiziaria (condanna di primo grado del 1987 confermata dal giudice di appello nel 1994).

Sebbene corrisponda al vero che la ricorrente non ha dichiarato, in sede di gara, che il legale rappresentante della società Greenline aveva subito una condanna per una vicenda del 1987 e che tale omissione, in base alla lex specialis, era sanzionata con l’esclusione, è anche vero che, prima di rilevare tale mancanza, l’amministrazione ha disposto l’aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI deducente e, nelle more della stipula del contratto, ha consegnato alla stessa i lavori a causa dell’urgenza connessa alla tipologia delle opere appaltate.

Ora, considerata tale situazione di fatto, il Comune, prima di annullare la predetta aggiudicazione, avrebbe dovuto operare un’indagare rigorosa sulle ragioni di pubblico interesse dovendo la P.A., per rispettare il principio costituzionale di buon andamento, adottare atti che siano il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (Cons. St., sez. V, 20 settembre 2001, n. 4973), senza che possa ritenersi sufficiente la mera esigenza di ripristinare la legalità violata.

Invero, nell’adozione dell’atto impugnato, l’amministrazione non avrebbe dovuto prescindere dalle seguenti circostanze:

- dopo l’aggiudicazione definitiva e nelle more della stipula del contratto, in data 8 giugno 2004, la stazione appaltante ha consegnato il cantiere all’ATI ricorrente in ragione dell’urgenza dei lavori da eseguire;

- le opere appaltate (di risanamento delle coperture in amianto di circa quindici edifici scolastici) avrebbero dovuto concludersi entro l’inizio dell’anno scolastico 2004/2005;

- il provvedimento di annullamento in autotutela è stato adottato alla fine del mese di luglio 2004 quando i lavori erano in uno stadio di avanzamento pari ad oltre il 50% dell’importo totale;

- il subentro di un’altra impresa, in questa fase, avrebbe comportato, oltre ad un probabile aggravio dei costi, una dilatazione dei tempi di conclusione dei lavori atteso, peraltro, che l’annullamento in argomento è stato disposto in coincidenza con l’inizio del mese di agosto che, come noto, è caratterizzato da una diminuzione delle capacità operative delle imprese;

- la vicenda per la quale il legale rappresentante dell’impresa era stato condannato è risalente all’anno 1987 (sono già maturi i tempi per un provvedimento giurisdizionale di riabilitazione) onde sarebbe stato necessario operare una accurata valutazione in ordine all’incidenza della condotta sanzionata dalla sentenza penale di condanna sulla mancanza di affidabilità morale e professionale dell’ATI ricorrente (infatti, ultimati i lavori in argomento, non risulta siano state mosse contestazioni al raggruppamento deducente).

Il fatto, poi, che il contratto non fosse stato ancora stipulato, come osservato dalla difesa comunale, non esimeva l’amministrazione dal considerare che la posizione della ricorrente si era nel frattempo consolidata essendo i lavori ormai in fase avanzata di esecuzione e avendo l’amministrazione stessa evidenziato l’urgenza della loro realizzazione.

2. In conclusione, palesandosi fondato il motivo in esame, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati, restando assorbita ogni ulteriore censura dedotta.

Non occorre soffermarsi sulla richiesta di risarcimento dei danni, formulata dall’ATI ricorrente poiché la stessa, con l’ultima memoria depositata, ha ritenuto “superata” tale pretesa avendo ultimato, agli inizi del mese di ottobre 2004, i lavori in argomento e stipulato il relativo contratto con il Comune di Milano.

4. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. III, pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio dell’11 gennaio 2005, con l'intervento dei magistrati:

Italo Riggio  -  Presidente

Gianluca Bellucci – Primo Referendario

Daniele Dongiovanni – Referendario est.

 

Deposita in segreteria

il 4 febbraio 2005

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