REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 11075/2000 proposto dalla ASM PAVIA s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio LORENZONI e Martino COLUCCI e presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, via del Viminale 43,
CONTRO
PIZZAMIGLIO A. & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco ADAVASTRO ed Eugenio MERLINO e presso il secondo elettivamente domiciliata in Roma, via Antonio Genovesi 3,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, Sezione terza, 3 ottobre 2000, n. 5806;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio della società appellata;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
relatore, alla pubblica udienza del 19 ottobre 2004, il Consigliere Paolo BUONVINO; uditi, per le parti, gli avv.ti Fabio LORENZONI e LENTINI per delega dell’avv.to Francesco ADAVASTRO;
visto il dispositivo 26 ottobre 2004, n. 435.
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue:
FATTO
1) - Con l’appello in epigrafe la A.S.M. s.p.a. di Pavia impugna la sentenza con cui il TAR ha accolto il ricorso proposto in primo grado dalla Società qui appellata per l’annullamento della delibera consiliare 6 giugno 1997, n. 23, del comune anzidetto, avente ad oggetto: “approvazione convenzione con il Comune di Pavia ai sensi dell’art. 24 L. 142/90 per la gestione del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento R.S.U. e dei servizi attinenti l’igiene ambientale, a mezzo A.S.M. di Pavia”.
La sentenza appellata ha ritenuto che non sussistessero quelle condizioni di integrazione funzionale nello svolgimento del servizio che possono consentire la deroga alle norme che, nel rispetto della concorrenza, impongono procedure concorsuali per l’affidamento dei servizi da parte degli Enti pubblici e che, pertanto, dovesse, nella specie, essere configurata un’ipotesi non consentita di affidamento a trattativa privata.
Con la stessa sentenza sono state respinte le richieste di risarcimento dei danni avanzate in primo grado dalla Società qui appellata.
2) – L’appellante contesta la tesi del primo giudice e chiede la riforma della sentenza appellata.
3) - La società Pizzamiglio s.n.c., ritualmente costituitasi in appello, insiste per il rigetto dello stesso e la conferma della sentenza appellata.
DIRITTO
1) - Con il ricorso di primo grado l’odierna appellata ha impugnato la delibera consiliare 6 giugno 1997, n. 23, del comune di Marcignago, avente ad oggetto: “approvazione convenzione con il Comune di Pavia ai sensi dell’art. 24 L. 142/90 per la gestione del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento R.S.U. e dei servizi attinenti l’igiene ambientale, a mezzo A.S.M. di Pavia”.
Ha dedotto, con i due primi motivi dell’originario ricorso, la violazione degli articoli 22, 23 e 24 della legge n. 142 dell’8 giugno 1990, non consentendo dette norme che la gestione del servizio pubblico potesse essere effettuata a mezzo dell’azienda speciale di un altro comune; né in contrario avrebbe potuto essere invocato l’art. 5 del DPR n. 902 del 4 ottobre 1986, dal momento che tale norma sarebbe stata abrogata.
Con il secondo motivo dell’originario ricorso ha, poi, posto in luce “la particolare situazione dell’Azienda Servizi Municipalizzati di Pavia, che sarebbe stata del tutto irregolare, non avendo il Comune di Pavia ancora provveduto ad adeguarne l’ordinamento alle disposizioni di cui all’art. 23 della legge 142/90, e ciò in aperta violazione dell’art. 4, punto 3, del D.L. 31.1.95 n. 26, convertito in Legge 29.3.95, n. 95”; situazione che avrebbe inibito la stipula della contestata convenzione .
Con il terzo motivo di ricorso ha dedotto l’originaria ricorrente che il modello della convenzione – privo della istituzione consortile prescritta dall’art. 25 della legge n. 142/1990 – non sarebbe stato legittimamente utilizzabile per la gestione associata tra più comuni di una medesima azienda speciale di servizi.
Con il quarto motivo, infine, l’originaria ricorrente ha lamentato l’assenza di alcun cenno, nell’impugnata delibera, al processo logico-giuridico in base al quale il comune di Marcignago ha scelto l’ASM e non un’altra azienda tra le tante operanti nel settore; in particolare, il costo del servizio assicurato dall’ASM sarebbe stato più elevato rispetto a quello che avrebbe potuto assicurare la deducente, che già in precedenza, in base a regolare rapporto contrattuale, assicurava il servizio in questione.
Il TAR ha accolto il ricorso nel presupposto che, “secondo la prospettazione di parte attrice…..le delibere consiliari impugnate, emanate dal comune resistente ed approvative della convenzione con il comune di Pavia per l’affidamento del servizio di igiene urbana all’azienda municipalizzata di quest’ultimo (peraltro, in seguito trasformatasi in una società per azioni a prevalente capitale pubblico) risulterebbero in contrasto con il sistema delineato dalle vigenti disposizioni in materia di servizi pubblici locali; in particolare, nel caso di specie non sarebbe rintracciabile quell’integrazione funzionale a cui viene generalmente subordinata l’estensione delle attività delle aziende speciali comunali”.
Il TAR, dopo aver ritenuto presente nel ricorso introduttivo (in particolare, nel secondo motivo) la censura afferente alla mancanza del necessario collegamento funzionale, ha rilevato come non fosse dato comprendere quale potesse essere tale collegamento tra l’attività assunta nel comune di Marcignago dall’ASM e le esigenze della collettività stanziata sul territorio del comune che tale azienda ha costituito; inoltre, meri vantaggi economico-aziendali per l’ASM non avrebbero fornito prova sufficiente del collegamento funzionale in questione.
3) - Sennonché – come correttamente dedotto dall’appellante – il vizio posto dal TAR a esclusivo supporto dell’accoglimento dell’originario gravame e, cioè, la mancanza del necessario collegamento funzionale di cui si è detto, non ha costituito oggetto di apposita censura con il ricorso di primo grado.
I primi giudici, disattendendo l’eccezione in proposito sollevata dall’ASM, hanno rinvenuto detta doglianza, come si ripete, nel secondo motivo di ricorso, laddove era stata contestata l’assenza, nella specie, dei presupposti richiesti dall’art. 24 della legge n. 142/1990 per ammettere la legittimità della convenzione in parola.
Al contrario, deve ritenersi che la censura in parola non fosse presente in quel motivo di gravame (né, come si è visto, negli altri tre motivi, i quali pure non recavano doglianza alcuna attinente al difetto del necessario collegamento funzionale).
Con il motivo in questione, infatti, veniva censurata la violazione del citato art. 24 della legge n. 142/1990 non per difetto del collegamento in questione, ma in quanto dal testo della convenzione sarebbe emersa con tutta evidenza “la fattispecie negoziale del contratto d’appalto, concernente la gestione di un servizio pubblico, con interessi contrapposti, e non certo l’intesa tra i due enti stipulanti finalizzata allo svolgimento congiunto, in modo coordinato, di una delle loro funzioni o attività di carattere istituzionale” (unica forma di intesa, questa, secondo l’assunto dell’originaria ricorrente, consentita dalla norma in questione); mentre, nel caso in esame, il servizio avrebbe dovuto fare carico solo all’Azienda facente capo al comune di Pavia, senza alcun apporto da parte di quello di Marcignago.
Con la conseguente fondatezza del motivo d’appello che censura la sentenza appellata per essere andata ultra petita, avendo accolto l’originario ricorso sulla base di un motivo che non era stato ivi sviluppato e che era del tutto estraneo al relativo thema decidendum.
4) - Nella propria memoria conclusionale l’odierna appellata deduce:
a) - dapprima (ribadendo una doglianza presente nell’originario ricorso e assorbita dal TAR), che già nel sistema della legge n. 142/1990 non sarebbe stata contemplata, tra le forme di gestione dei servizi in ambito comunale, quella dell’affidamento dei medesimi ad azienda speciale di altro comune, non potendo neppure essere utilmente invocato, in quanto da ritenersi abrogato, l’art. 5 del DPR n. 902/1986;
b) – poi, in subordine, che, nell’ipotesi in cui dovesse ritenersi ancora operante l’ora citato art. 5, l’estensione delle attività delle aziende speciali comunali fuori del territorio dell’Ente locale che le ha costituite presupporrebbe un collegamento funzionale tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della collettività locale e richiederebbe il rispetto di regole procedimentali e limiti sostanziali posti da norme positive;
c) – si assume, inoltre, che la norma stessa, con specifico riguardo al comune per così dire “minore”, imporrebbe che, ove questo intendesse avvalersi dell’attività extra moenia offerta dall’azienda di altro comune, dovrebbe, comunque, assolvere a tutti gli oneri istruttori e motivazionali richiesti dalla vigente normativa, “con l’individuazione delle obiettive ragioni per le quali l’Amministrazione intenda procedere all’assegnazione diretta del servizio senza il previo espletamento di alcuna pubblica gara”;
d) - infine, ribadisce che, in base all’art. 24 della legge n. 142/1990, non potrebbe il comune “minore” avvalersi semplicemente dei servizi offerti dall’azienda speciale di altro comune, al di fuori di qualsiasi apporto proprio allo svolgimento del servizio.
5) - Sennonché, sotto il primo profilo, basti osservare (cfr. la decisione della Sezione 17 aprile 2002, n. 2012, resa in fattispecie analoga alla presente) che la vigenza dell’art. 5 del D.P.R. n. 902 del 4 ottobre 1986 al momento di adozione degli atti impugnati, ammessa nella sentenza appellata in linea con indirizzi consolidati della Sezione (cfr. anche la decisione n. 475 del 23 aprile 1998), legittima la previsione di attività delle aziende speciali fuori dal territorio comunale in forma associata attraverso le convenzioni previste dall’art. 24 della legge 8 giugno 1990, n. 142; donde l’infondatezza delle censura.
6) - Quanto al n. 4, lettera b) che precede, viene, di fatto, sviluppata, per la prima volta, quella censura (attinente alla carenza di ogni necessario collegamento funzionale tra il servizio eccedente l’ambito locale e le necessità della collettività locale), assente, come si è visto, nell’originario ricorso, che il TAR, andando ultra petita, ha invece posto a fondamento dell’accoglimento del gravame; tale censura appare inammissibile, non potendo, naturalmente, essere svolta per la prima volta in appello, per giunta a mezzo di semplice memoria neppure notificata.
7) - Appare inammissibile anche il profilo di doglianza di cui al n. 4, lettera c), dal momento che, anche in questo caso, si tratta di censura nuova, svolta per la prima volta in appello e con memoria neppure notificata (la censura di difetto di motivazione svolta in primo grado non atteneva alla omessa “individuazione delle obiettive ragioni per le quali l’Amministrazione” intendeva “procedere all’assegnazione diretta del servizio senza il previo espletamento di alcuna pubblica gara”, ma, più semplicemente, alla mancata indicazione delle ragioni che avevano indotto la stessa P.A. a preferire l’ASM anziché “un’altra azienda tra le tante che operano nel settore”; senza riferimento alcuno, quindi, alle ragioni che l’avevano indotta a non dare corso a pubblica gara, ma solo alle ragioni, essenzialmente di utilità economica, che l’avevano spinta a preferire l’affidamento convenzionato del servizio all’ASM di Pavia).
8) - Se, poi, la censura dovesse essere circoscritta nei soli limiti tracciati nel quarto motivo dell’originario ricorso, allora la stessa sarebbe da disattendere in quanto, dal provvedimento impugnato, è dato inferire le ragioni (di convenienza non soltanto economica) che il Comune di Marcignago ha posto a fondamento delle propria scelta mirata all’adozione dello strumento convenzionale con l’ASM.
Giova, comunque, richiamare, in proposito, anche la decisione della Sezione 4 aprile 2002, n. 1874.
Con la stessa, resa in un giudizio pure per molti versi analogo al presente, è stato notato, tra l’altro, che, nell’attuale contesto normativo, ogni amministrazione comunale gode di un’amplissima discrezionalità nella scelta delle modalità di svolgimento dei servizi.
Infatti, l’articolo 22, comma 3, della legge n. 142/1990 (applicabile nella presente vicenda sostanziale e comunque recepito nel testo unico degli enti locali n. 267/2000 – art. 113, testo originario), prevede che “i comuni e le province possono gestire i servizi pubblici nelle seguenti forme:
a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda;
b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale;
c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale”.
Il ricorso all’azienda speciale è quindi sempre consentito, alla sola condizione che il servizio abbia rilevanza economica ed imprenditoriale. Dunque, non sembra affatto necessaria una apposita ed approfondita motivazione di tale scelta, una volta dimostrato che il servizio presenta tali caratteri oggettivi.
Al contrario, una motivazione di maggiore latitudine diventa necessaria quando il comune stabilisce di affidare la gestione del servizio a soggetti terzi. In tali casi, vanno evidenziate le specifiche ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale.
Sempre nella stessa decisione è anche precisato che l’articolo 24 della legge n. 142/1990 regola la gestione convenzionata dei servizi pubblici locali, secondo la seguente disciplina:
“1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, i comuni e le province possono stipulare tra loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.”
La struttura convenzionale non richiede particolari motivazioni ed è anzi incoraggiata dal legislatore.
Pertanto, in presenza di oggettive esigenze di coordinare le attività di comuni vicini, l’affidamento del servizio all’azienda di un altro ente locale, previa stipulazione di un’apposita convenzione, non richiede affatto una motivazione analitica e complessa.
La giurisprudenza amministrativa ha più volte sottolineato la particolarità delle determinazioni in materia di moduli di gestione dei servizi pubblici, anche in rapporto all’ampiezza della motivazione richiesta.
La motivazione dell’opzione compiuta, pertanto, non richiede una analitica individuazione degli aspetti economici delle diverse alternative, ma esige solo una puntuale indicazione dei presupposti sostanziali della scelta.
Nel caso della decisione sin qui riportata, i cui contenuti il Collegio pienamente condivide, così come nel caso di specie, le delibere adottate dall’amministrazione qui appellante danno conto della sostanziale ragionevolezza e congruità della determinazione adottata.
Né è consentito al giudice amministrativo un sindacato sul merito della soluzione indicata dall’amministrazione, sulla sua opportunità e convenienza in termini economici.
9) - Quanto, poi, alle censurate mancate valutazioni in proposito da parte del Comune di Pavia (carenze di motivazione denunciate pure nella memoria conclusionale d’appello), si tratta, anche in questo caso, di doglianze inammissibili in quanto svolte per la prima volta in appello e con memoria non notificata.
10) - Sotto il profilo di cui alla lettera d) del n. 4) che precede è sufficiente osservare, infine, che l’art. 24 della legge n. 142/1990 non costituisce affatto ostacolo alla utilizzazione, da parte di un comune, dei servizi offerti dall’azienda speciale di un comune limitrofo, senza necessità di apporti funzionali da parte dello stesso comune beneficiario del servizio (cfr. le citate decisioni nn. 2012/02 e n. 1874/2002).
11) - Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.
Le spese dei due gradi di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, Sezione quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese dei due gradi compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 19 ottobre 2004 dal Collegio costituito dai Sigg.ri:
RAFFAELE IANNOTTA Presidente
RAFFAELE CARBONI Consigliere
CHIARENZA MILLEMAGGI Consigliere
PAOLO BUONVINO Consigliere est.
GOFFREDO ZACCARDI Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Paolo Buonvino F.to Raffaele Iannotta
IL SEGRETARIO
F.to Rosi Graziano
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
L’8 marzo 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale |