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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
composta dagli Ill.mi. sigg.ri. Magistrati
Dott. Giovanni. LOSAVIO - Presidente e Relatore -
Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO - Consigliere -
Dott. Mario ADAMO - Consigliere -
Dott. Giuseppe Maria BERRUTI - Consigliere -
Dott. Vtttorio RAGONESI - Consigliere -
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Associazione Temporanea di Imprese (omissis), in persona del legale, rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZALE DELLE BELLI ARTI 8, presso l’avvocato IGNAZIO ABRIGNANI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIROLAMO CALANDRA, giusta mandato a margine del ricorso
- ricorrente -
contro
ASSESSORATO TERRITORIO E AMBIENTE REGIONE SICILIANA, UFFICIO DEL GENIO CIVILE PER LE OPERE MARITTIME DI PALERMO
- intimati -
e sul 2° ricorso n 11921/02 proposto da:
ASSESSORATO TERRITORIO E AMBIENTE DELLA REGIONE SICILIANA, in persona dell’assessore pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis,
- ricorrente -
contro
Associazione Temporanea di Imprese (omissis)
- intimata -
avverso la sentenza n. 617/01 della Corte d’Appello di PALERMO, depositata il 28/06/01,
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dal 27/01/2005 dal Consigliere Dott. Giovanni LOSAVIO,
udito per il ricorrente, l’Avvocato CALANDRA che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
udito per il resistente, l’avvocato MASSELLA che ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale ed il rigetto del ricorso principale, udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott Aurelio GOLIA che ha concluso per il rigetto di entrambi i. ricorsi.
Svolgimento del processo
La Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza pubblicata il 28 giugno 2001, confermando nel dispositivo la sentenza deI Tribunale di Palermo pubblicata il 25 febbraio 1999 (che aveva rigettato la domanda proposta dalla appaltatrice Associazione Temporanea di Imprese (omissis) nei confronti dell’appaltante Assessorato all’Ambiente della Regione Siciliana), giudicava, da un lato, la stessa A.T.I. non decaduta dalla pretesa di una diversa determinazione del compenso revisionale rispetto al «conto finale” (benché da essa non firmato nel termine assegnato), ma, dall’altro, infondata tale pretesa, poiché il compenso revisionale attinente allo stato finale non deve computarsi con riferimento al termine virtuale dei lavori pattiziamente convenuto, quando, come nella specie, i lavori siano stati dall’appaltatore completati in anticipo. Argomentando la sua decisione, la Corte di merito affermava che il disposto dell’art. 12 della legge regionale n. 22 del 1964 (che riprende la disposizione della norma statale introdotta dall’art. 64 del r.d. n, 350 del 1895) “non commina alcuna decadenza ma solo una presunzione relativa di accettazione del conteggio, destinata a venir meno in presenza di manifestazione di segno opposto, espressa aliunde dall’appaltatore” e che nella specie nell’ “atto aggiuntivo” sottoscritto dall’impresa il 9 novembre 1990 doveva ravvisarsi il comportamento idoneo a vincere quella presunzione (erroneamente invece negato dal Tribunale). La pretesa della A.T.I. appaltatrice doveva però essere rigettata nel merito, perché la norma di cui all’art. 1 della legge n. 741 del 1981 (vigente al tempo del contratto) è posta al fine di escludere che del ritardo nel completamento dell’opera possa giovarsi l’appaltatore inadempiente, mentre nella opposta ipotesi (di anticipata esecuzione dell’opera rispetto al termine finale contrattuale) il rapporto sinallagmatico verrebbe alterato in pregiudizio della stazione appaltante con l’attribuzione di corrispettivi svincolati dal reale andamento dei prezzi, quando la solerzia dell’appaltatore viene altrimenti adeguatamente remunerata mediante l’attribuzione del previsto premio di incentivazione.
Contro questa sentenza l’AT.I. appaltatrice ha proposto ricorso per cassazione argomentando un unico motivo di impugnazione, illustrato poi con memoria. L’Assessorato regionale ha contraddetto mediante controricorso, proponendo con lo stesso atto ricorso incidentale contro la medesima sentenza. I due ricorsi, separatamente iscritti nel ruolo generale, sono stati riuniti preliminarmente nella udienza di discussione, nella quale i difensori delle parti hanno svolto lo rispettive difese e il Pubblico Ministero ha motivatamente concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
Motivi della decisione
1. La difesa dell’ Amministrazione resistente ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso che l’Impresa ha inteso proporre pure nei confronti dell’Ufficio del Genio Civile per le Opere marittime di Palermo. La nullità della citazione in giudizio di quell’ufficio era stata infatti dichiarata dalla sentenza del Tribunale, confermata dalla Corte d’ appello con esplicita pronuncia, non censurata sul punto dalla ricorrente. In accoglimento della eccezione, dove perciò dichiararsi l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti di un ufficio privo di legittimazione processuale e nel difetto per altro di alcuna censura della decisione al riguardo.
2. L’Associazione Temporanea di Imprese (omissis) nell’unico motivo del ricorso, prospettando violazione dell’art. l della legge 10 dicembre 1981, n. 741, censura la decisione per avere la Corte di merito, contro il dettato letterale e la ratio della norma (e cioè quella “di rendere univoca e certa la procedura di revisione, di garantire alle imprese la prevedibilità della evoluzione finanziaria nella esecuzione dei lavori, nonché di eliminare il contenzioso che può considerarsi inversamente proporzionale alla automaticità della operazione”), adottato il criterio di calcolo del conteggio revisionale, nel caso di anticipata ultimazione dei lavori, sostituendo al programma di cui allo stesso art. 1 l’effettivo andamento dei lavori e così violando il principio di certezza nei rapporti giuridici. Quando neppure potrebbe escludersi, adottando tale criterio (che si dice diretto ad assicurare l’effettivo equilibrio delle prestazioni a garanzia della stazione appaltante), che in ragione di un fenomeno “sebbene meno frequente” di andamento di prezzi temporaneamente decrescenti, si giunga in concreto alla determinazione di compensi revisionali di importo superiore rispetto a quello calcolato sulla base del programma dei lavori contrattualmente previsto. Nè può dirsi che la solerzia dell’impresa sia altrimenti remunerata con il premio di incentivazione, essendo la clausola che lo prevede elemento accidentale del contratto, non connaturato al capitolato speciale, mentre in pratica è dato alla Amministrazione un ampio margine di discrezione “circa il merito, della attribuzione di tale premio”.
Con il ricorso incidentale l’Assessorato della Regione Siciliana denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della legge regionale siciliana n. 22/1964. Omessa, carente o contraddittoria motivazione su di un punto rilevante della controversia (art. 360. n. 3 e 5 c.p.c.”, e censura la decisione impugnata per avere la Corte d’appello negato che nella specie l’impresa fosse decaduta dalla facoltà di contestare i conteggi revisionali finali, benché non avesse ottemperato all’invito di sottoscriverli nel termine ad essa assegnato (apponendo eventuali riserve), quando a tale omissione la norma regionale (che è la sostanziale ripresa della previsione di cui all’art. 64 r.d. 350/1895) ricollega l’effetto automatico della presunta definitiva accettazione dei conteggi stessi. Sicché i giudici d’appello attraverso una interpretazione abrogans dell’indicato art. 12 avevano superato la preclusione nella quale era irrimediabilmente caduta l’impresa, quando, secondo il principio affermato da Cass. 10949/1994, soltanto la previa instaurazione di un giudizio nel quale fosse stata azionata una pretesa incompatibile con i risultati del conto finale sarebbe valsa ad evitare la decadenza.
3. Come correttamente ha argomentato il Pubblico Ministero, il motivo del ricorso incidentale pone una questione pregiudiziale, là dove censura la decisione della Corte di merito nel punto in cui ha negato la decadenza dell’impresa appaltatrice dalla pretesa di una diversa determinazione del compenso revisionale rispetto al “conto finale” e, poiché il suo eventuale accoglimento comporterebbe l’assorbimento del ricorso principale (con il quale è posta una questione logicamente dipendente), esso deve essere discusso con priorità rispetto al principale.
Ebbene, la censura argomentata con il ricorso incidentale è in parte inammissibile e in parte infondata. inammissibile è, infatti, là dove prospetta una interpretazione dell’art. 12 della legge Regione Siciliana n. 22 del 1964 in contrasto con quella argomentata nella sentenza del Tribunale, che, disattendendo l’eccezione sollevata sul punto dalla Amministrazione regionale, ha escluso che la norma commini una automatica decadenza nella ipotesi di mancata contestazione nel termine assegnato, dei conteggi predisposti dalla direzione lavori; e ha ritenuto che la stessa norma colleghi a quel comportamento, a valore legale tipico, l’efficacia di una presunzione di accettazione dei conteggi medesimi, che può essere tuttavia contrastata da comportamenti di segno opposto attuati precedentemente dalla impresa appaltatrice (nella specie in concreto non ravvisati per altro dal Tribunale, che perciò ha rigettato la domanda dell’impresa). La premessa in diritto di tale decisione non fu dall’Assessorato regionale fatta oggetto di impugnazione incidentale, sicché sul punto si è formato il giudicato e inammissibile è perciò il motivo nella parte in cui ancora prospetta una ipotesi normativa decadenziale. Infondata è invece la censura nello sviluppo argomentativo secondo cui l’unico comportamento idoneo a contrastare la presunzione posta dall’art. 12 della legge regionale 22/1964 dovrebbe ravvisarsi nell’avere l’impresa fatto valere in giudizio una pretesa incompatibile con quanto l’amministrazione committente abbia poi attribuito all’appaltatore con il conto finale. Se si riconosca, infatti, che fa norma ha introdotto una presunzione relativa, non ha alcun fondamento, cosi normativo come nell’ordine logico, attribuire a quella sola ipotesi l’efficacia di contrastarla essendo invece rimesso all’apprezzamento in concreto del giudice il significato di diverse tipologie di comportamenti cui possa motivatamente riconoscersi la medesima idoneità a superare la presunzione.
E appunto la Corte di merito ha colto nell’ “atto aggiuntivo” sottoscritto dall’impresa il 9 novembre 1990, “neppure un mese prima dell’invito rivoltole ex art. 12 1. r. 22/1964”, la “manifestazione di volontà incompatibile con l’accettazione dei conteggi dall’appaltante operati [….] su base temporale diversa”, e quindi idonea a prevalere sulla presunzione relativa posta da quella norma. Nè la difesa dell’Assessorato regionale mette in discussione l’adeguatezza in concreto della motivazione della decisione al riguardo, limitandosi a richiamare la decisione di questa Corte (n. 10949 del 1994) che ha riconosciuto l’efficacia di contrastare la presunzione alla fattispecie di previo esercizio in giudizio di una pretesa incompatibile (come già Cass, 5862/1993, in analoga vicenda), ma non ha affatto inteso assumere quella ipotesi di comportamento come l’unica in assoluto idonea a vincere la presunzione.
Il ricorso incidentale, affidato a un motivo in parte inammissibile e in parte infondato, deve dunque essere rigettato.
3. Infondato è pure il ricorso principale.
La difesa della società ricorrente non ha prospettato argomenti nuovi che inducano a rimeditare il principio enunciato (in tema di arti della legge 741 del 1981) da questa stessa Corte con la sentenza n. 12129 del 2001 che, in analoga fattispecie di lavori eseguiti in anticipo dall’appaltatore rispetto alla data convenzionalmente stabilita, ha negato il diritto alla revisione rapportata a quella data, dovendo valere al riguardo il diverso riferimento al tempo della effettiva esecuzione dell’opera. Basti ancora ribadire che l’istituto della revisione prezzi fu infatti concepito come lo strumento diretto a limitare l’alea contrattuale legata alla lievitazione dei prezzi dei materiali e della mano d’opera nello sviluppo esecutivo del rapporto e dunque in linea di principio l’adeguamento del compenso deve essere calcolato con riferimento ai mutamenti dei costi intervenuti al momento della esecuzione dei lavori e dovuti perciò sopportare dall’appaltatore. Ma, per evitare che l’impresa si possa avvantaggiare del proprio ritardo nella attuazione dei lavori, la legge 741 del 1981 ha prescritto che i tempi di esecuzione siano stabiliti preventivamente e convenzionalmente, perché, nel caso di lavori eseguiti oltre il termine pattuito, la lievitazione dei costi sia verificata rispetto alla scadenza convenzionale, che costituisce il limite così stabilito della remunerazione dei maggiori oneri. Nel caso invece di esecuzione in anticipo rispetto ai tempi programmati, la finzione dell’istituto che tende a ristabilire il rapporto sinallagmatico - l’equilibrio- tra prestazione dell’appaltatore e controprestazione del committente, adeguando il corrispettivo alle variazioni dei prezzi di mercato quando superino la prevista soglia di alea contrattuale, necessariamente comporta che l’accertamento degli eventuali maggiori oneri sopportati dall’impresa sia attuato con riferimento al momento in cui i lavori siano stati effettivamente eseguiti (mentre contrasterebbe con la finzione dell’istituto l’indennizzo di oneri che in concreto, nella misura giuridicamente rilevante, non siano stati sostenuti dall’appaltatore).
Né infine può valere ad invalidare il principio qui riaffermato la considerazione della ipotesi (astrattamente prospettata dalla ricorrente e in realtà del tutto eccezionale) di riduzione dei prezzi di mercato intervenuta nell’intervallo tra conclusione anticipata dei lavori e termine programmato, a fronte della quale l’applicazione dello stesso principio avrebbe potuto condurre a una liquidazione in revisione più onerosa per l’Amministrazione appaltante, giacché una tale soluzione sarebbe stata tuttavia coerente con la finzione riequilibratrice dell’istituto.
4. Entrambi i ricorsi debbono, in conclusione, essere rigettati.
Tenuto conto che questa decisione registra l’effettiva conclusiva soccombenza dell’A.T.I. ricorrente in via principale (essendo risultato definitivo il rigetto della sua pretesa di merito), la stessa A.T.I. è condannata al rimborso delle spese anche di questa fase del giudizio a favore della Amministrazione resistente.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale proposto nei confronti dell’Ufficio del Genio Civile per le Opere marittime di Palermo; rigetta entrambi i ricorsi e condanna l’Associazione Temporanea di imprese (omissis) al rimborso delle spese a favore del!’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana, liquidate in euro 8000 per onorari, oltre a quelle prenotate a debito.
Roma, 27 gennaio 2005.
Depositata in cancelleria
Il 19 aprile 2005 |