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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA LIGURIA SECONDA SEZIONE
Nelle persone dei Signori:
Mario AROSIO Presidente
Paolo PERUGGIA Primo Referendario
Angelo VITALI Referendario, rel. ed est.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 7/05 R.G.R. proposto da ANCE Genova - Associazione dei Costruttori Edili della Provincia di Genova, ANIEM Liguria - Associazione Nazionale Imprese Edili Piccole e Medie della Regione Liguria, ASSINDUSTRIA Genova – Associazione degli Industriali della Provincia di Genova, ASSISTAL Liguria – Sezione Ligure dell’Associazione degli Installatori di Impianti, A.I.E. Attività Impianti Elettrici di Merlo Luisa & C. s.n.c., BETTINI TINO E FIGLIO S.N.C. DI ENNIO BETTINI & C., BORCHI COSTRUZIONI s.r.l., CALDERONI s.r.l., CARENA s.p.a., CAT BONIFICHE AMBIENTALI SOC. CONS. A R.L., CEI s.p.a., CEMEDILE s.r.l., COMASE s.r.l., COMES TIGULLIO s.r.l., Ditta CONGIUPAINTINGS di Congiu Pietro, COSMO COSTRUZIONI MODERNE s.r.l., EDIL.CATO s.r.l., EDILGE COSTRUZIONI s.r.l., EDILPIEMME s.r.l., ELCI s.r.l., ERRECOSTRUZIONI s.r.l., FENU COSTRUZIONI s.r.l., GAMBINO EMILIO COSTRUZIONI s.r.l., GARAVENTA s.p.a., GENNARO COSTRUZIONI s.r.l., Ditta GEOM. GIUSEPPE OLIVERI, GEOM. SERGIO INVERNIZZI COSTRUZIONI EDILI s.r.l., GIORGIO SILVIO s.r.l., I.L.S.E.T. s.r.l., IMPRESA GEOM. STEFANO CRESTA s.r.l., ITALPALI s.r.l., MA.IM s.r.l., MANTELLI 1948 s.r.l., OPUS s.r.l., PDR DE REGE s.p.a., PRIMAVERA s.a.s. di Noberini Enrico & C., PROGETTI E COSTRUZIONI S.R.L., SIE SOLARI s.p.a., SOILTEC GENOVA s.r.l., STICES s.r.l., TECH.COS s.r.l., TECNOCONSUL s.a.s., TECNOEDILE s.r.l., TEKNIKA s.r.l., ZANONE GEOM. GIAN PIETRO s.a.s., MILICI s.r.l. e C.P.C. COSTRUZIONI s.r.l., tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Prof. Giuseppe Franco Ferrari,
- ricorrenti –
contro
il Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Graziella de Nitto e Edda Odone,
- resistente -
e nei confronti di
- A.S.TER. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Piera Sommovigo e Giulio Bertone;
- A.M.G.A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Lorenzo Acquarone e dall’Avv. Daniela Anselmi,
- controinteressate -
per l’annullamento
a) della deliberazione di C.C. del Comune di Genova n. 139 del 19.10.2004, pubblicata all’Albo Pretorio dal 21.10.2004 al 4.11.2004, recante “Trasformazione dell’Azienda speciale denominata ‘A.S.TER.’ nella società per azioni ‘A.S.TER. s.p.a. ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000”; b) della deliberazione di C.C. del Comune di Genova n. 140 del 19.10.2004, pubblicata all’Albo Pretorio dal 21.10.2004 al 4.11.2004, recante “Cessione di una quota del capitale sociale di ‘Azienda Servizi Territorali Genova s.p.a. – (A.S.TER. s.p.a.) fino alla percentuale massima del 40% alla partecipata Azienda Mediterranea Gas e Acqua s.p.a. (AMGA s.p.a.)”; c) di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, consequenziale e/o connesso, nonché per l’accertamento e la declaratoria della nullità dei contratti di servizio e/o delle convenzioni stipulati e/o stipulandi tra il Comune di Genova e A.S.TER. s.p.a. per l’affidamento dei servizi di cui alla deliberazione di C.C. n. 139/2004 impugnata sub a).
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione del Comune di Genova e delle società A.S.TER. s.p.a. ed A.M.G.A. s.p.a.;
Viste le memorie illustrative prodotte da tutte le parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 14 aprile 2005, relatore il referendario Avv. Angelo Vitali, l’Avv. Giuseppe Franco Ferrari per i ricorrenti, l’Avv. Edda Odone per il Comune di Genova, l’Avv. Giulio Bertone per A.S.TER. s.p.a. e l’Avv. Daniela Anselmi per A.M.G.A. s.p.a.;
Ritenuto e considerato quanto segue:
ESPOSIZIONE DEL FATTO
Con ricorso notificato il 23 dicembre 2004 e tempestivamente depositato il successivo 5 gennaio 2005 i ricorrenti, in parte associazioni rappresentative delle imprese operanti sul territorio genovese nei settori industriale, edile, impiantistico ed agricolo ed in parte singole imprese locali appartenenti a ciascuno dei settori nominati, hanno impugnato le due deliberazioni comunali indicate in epigrafe, con le quali il comune di Genova ha, rispettivamente: 1) operato la trasformazione dell’Azienda speciale denominata A.S.TER. nella società per azioni A.S.TER. s.p.a. ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 (deliberazione di C.C. del Comune di Genova n. 139 del 19.10.2004, pubblicata all’Albo Pretorio dal 21.10.2004 al 4.11.2004), contestualmente affidandole, per una durata trentennale, la gestione dei servizi relativi alle attività di manutenzione strade ed opere connesse, illuminazione pubblica e impianti elettrici e tecnologici comunali e manutenzione del verde pubblico; 2) disposto la cessione di una quota del capitale sociale di A.S.TER. s.p.a., fino alla percentuale massima del 40%, alla partecipata Azienda Mediterranea Gas e Acqua - AMGA s.p.a. (deliberazione di C.C. del Comune di Genova n. 140 del 19.10.2004, pubblicata all’Albo Pretorio dal 21.10.2004 al 4.11.2004).
A sostegno del gravame i ricorrenti deducono tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo (rubricato: violazione e falsa applicazione delle direttive 92/50/CEE e 93/37/CEE, della l. 109/1994, del d.lgs. 157/1995, dei fondamentali principi di concorrenza. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 45, 46, 49 e 86 Trattato CE. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 113 d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Eccesso di potere per sviamento, manifeste illogicità ed irragionevolezza, ingiustizia grave e manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei presupposti) i ricorrenti si dolgono che le attività affidate dal comune di Genova ad A.S.TER. s.p.a. non sarebbero definibili come servizi pubblici locali ai sensi degli artt. 112 e seguenti del d.lgs. 18.8.2000, n. 267 (d’ora innanzi, T.U.E.L.), bensì come attività imprenditoriali lato sensu intese, le quali, se rese in favore dell’amministrazione pubblica nell’ambito di un rapporto bilaterale, costituirebbero oggetto di altrettanti contratti di appalto di servizi e/o di lavori pubblici, da aggiudicarsi previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica ai sensi della normativa comunitaria (trattato CE e direttive nn. 92/50 e 37/93) e di quella interna di recepimento (d.lgs. n. 157/1995 e l. n. 109/1994).
L’affidamento diretto ad A.S.TER. s.p.a. di una serie di appalti di servizi e di lavori senza il previo, necessario confronto concorrenziale sarebbe pertanto illegittimo.
Con il secondo motivo (rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 113 d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 45, 46, 49 e 86 Trattato CE e dei fondamentali principi di concorrenza. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per sviamento, manifeste illogicità ed irragionevolezza, ingiustizia grave e manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei presupposti), dedotto in via subordinata, i ricorrenti lamentano che, quand’anche le attività in questione fossero da ricondursi nell’ambito dei servizi pubblici locali, si tratterebbe pur sempre - a differenza di quanto erroneamente ritenuto dall’amministrazione comunale – di servizi di sicura rilevanza economica.
Donde la violazione dell’art. 113 T.U.E.L., che, a determinate condizioni, consente l’affidamento diretto dei servizi di rilevanza economica soltanto a società a capitale interamente pubblico.
Difatti, a seguito della contestuale cessione del 40% del capitale sociale della neo costituita A.S.TER. s.p.a. ad A.M.G.A. s.p.a., operata con l’impugnata deliberazione c.c. n. 140/04, in realtà ci troveremmo di fronte – secondo i ricorrenti - all’affidamento diretto di servizi pubblici di rilevanza economica ad una società a capitale misto pubblico privato, possibile soltanto laddove il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenze pubblica (ex art. 113 comma 5 lett. b T.U.E.L.), ciò che nella specie non è avvenuto.
In ogni caso, risulterebbe violato l’art. 113 comma 12 T.U.E.L., che, per la cessione totale o parziale della partecipazione dell’ente locale nelle società di capitali erogatrici di servizi (quale sarebbe A.S.TER. s.p.a., a seguito della sua trasformazione) impone comunque l’utilizzo di procedure ad evidenza pubblica.
Il terzo motivo (rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 113 d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 45, 46, 49 e 86 Trattato CE e dei fondamentali principi di concorrenza. Violazione e falsa applicazione delle direttive 92/50/CEE e 93/37/CEE, della l. 109/1994, del d. lgs. 157/1995. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.) è dedotto in via ulteriormente subordinata, per l’ipotesi in cui A.S.TER. fosse qualificabile, in virtù della particolare composizione del capitale sociale (detenuto per il 60% dal comune di Genova e per il 40% da A.M.G.A. s.p.a., società a prevalente capitale pubblico costituita dallo stesso comune), come società a capitale interamente pubblico, nei confronti delle quali l’art. 113 comma 5 lett. c) T.U.E.L. ammette l’affidamento diretto, così detto in house, di servizi pubblici locali a rilevanza economica “a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”.
I ricorrenti contestano che l’esercizio, secondo le norme del diritto societario, dei poteri propri del possessore della maggioranza delle azioni equivalga a quella situazione di dipendenza organica che si realizza nell’organizzazione burocratica di una pubblica amministrazione e richiamano, sul punto, la recente ordinanza n. 2316 del 22.4.2004, con la quale la Sezione V del Consiglio di Stato ha rimesso la relativa questione interpretativa alla Corte di giustizia delle Comunità europee.
Si sono costituiti in giudizio il comune di Genova e le due società controinteressate A.S.TER. s.p.a. ed A.M.G.A. s.p.a., i quali hanno preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nonché l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e carenza di interesse a ricorrere.
Secondo l’amministrazione intimata e le società controinteressate, con le deliberazioni impugnate il comune di Genova non avrebbe operato alcun nuovo affidamento di servizi pubblici, essendosi limitato ad utilizzare un differente modulo organizzativo per la gestione di servizi già affidati all’azienda speciale A.S.TER. fin dal 1999, anno della sua costituzione.
Ferma la perfetta coincidenza tra i servizi originariamente affidati all’azienda speciale A.S.T.ER. e quelli confermati in capo ad A.S.TER. s.p.a. con la deliberazione n. 139/04, la scelta del regime organizzativo di un servizio pubblico sarebbe insindacabile, in quanto riservata in via esclusiva all’autonomia dell’ente locale.
Inoltre i ricorrenti, quali operatori del settore, non sarebbero comunque legittimati al ricorso, non avendo ciascuno di essi dimostrato di possedere i requisiti necessari per l’esercizio di tutte le complesse attività oggetto dei servizi affidati ad A.S.TER. s.p.a..
Nel merito, le parti intimate hanno controdedotto ai singoli motivi di ricorso, chiedendone la reiezione
Tutte le parti hanno illustrato le proprie tesi con ampie memorie illustrative.
Alla pubblica udienza del 14 aprile 2005 il ricorso è stato trattenuto dal Collegio per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente affrontare la questione di giurisdizione.
L’art. 33 comma 1° del d. lgs. 31.3.1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7 lett. a) della legge 21.7.2000, n. 205 ed a seguito dell’intervento manipolativo della Corte costituzionale (sentenza 6 luglio 2004, n. 204), prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla Pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla L. 7 agosto 1990 n. 241, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481”.
La controversia in esame rientra nell’alveo della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sotto un duplice, concorrente profilo.
Da un lato, infatti, essa concerne l’affidamento ad A.S.TER. s.p.a. di una serie di pubblici servizi (manutenzione strade ed opere connesse, illuminazione pubblica e impianti elettrici e tecnologici comunali, manutenzione del verde pubblico).
Dall’altro - e soprattutto - ha ad oggetto la legittimità di due provvedimenti adottati dal comune di Genova in un procedimento amministrativo disciplinato dalla L. 7 agosto 1990 n. 241, giacché le due deliberazioni de quibus sono manifestazione concreta della funzione amministrativa di indirizzo e controllo politico amministrativo del consiglio comunale in materia di organizzazione dei servizi pubblici (art. 42 comma 2 lett. e T.U.E.L.).
D’altra parte, come evidenziato dalla difesa dei ricorrenti nel corso della discussione orale, quand’anche non sussistesse la giurisdizione esclusiva ex art. 33 comma 1° d. lgs. n. 80/1998, si resterebbe pur sempre nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità, che della prima costituisce il necessario presupposto (cfr. C. Cost. n. 204/2004 cit.).
Priva di fondamento è anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione, sollevata sul presupposto che, con le deliberazioni impugnate, il comune di Genova non avrebbe operato alcun nuovo affidamento di servizi pubblici, essendosi limitato ad utilizzare un differente modulo organizzativo per la gestione di servizi già affidati all’azienda speciale A.S.TER. fin dal 1999, anno della sua costituzione.
In realtà, la deliberazione del consiglio comunale n. 139/04 (doc. 1 delle produzioni di parte ricorrente), ancorché intitolata “Trasformazione dell’Azienda speciale denominata ‘A.S.TER.’ nella società per azioni ‘A.S.TER. s.p.a. ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000”, contiene un ulteriore, rilevante elemento di novità, costituito proprio dall’affidamento ad A.S.TER. s.p.a., per una durata trentennale, della gestione dei servizi relativi alle attività di manutenzione strade ed opere connesse, illuminazione pubblica e impianti elettrici e tecnologici comunali, nonché manutenzione del verde pubblico (punto n. 10 della parte dispositiva).
La stessa deliberazione, nella parte motiva, dà atto che i precedenti contratti di servizio per la gestione delle strade comunali e dell’illuminazione pubblica avevano una durata quindicennale con decorrenza dal 1999, sicché la portata novativa – e, dunque, immediatamente lesiva - del provvedimento non può seriamente porsi in dubbio.
Né, al fine di escludere la legittimazione degli operatori del settore a contestare le scelte organizzative del comune in merito alla organizzazione dei servizi pubblici, si rivela pertinente il richiamo a Cons. di St., V, 30.8.2004, n. 5643 (cfr. p. 14 della memoria delle società controinteressate).
La pronuncia – secondo la quale le valutazioni circa l’assetto organizzativo dei servizi pubblici agiscono sul piano del merito dell’azione amministrativa, nei cui confronti non sono configurabili posizioni giuridiche soggettive tutelabili dei privati, anche se titolari di imprese potenzialmente idonee a svolgere detti servizi - concerne infatti una fattispecie risalente al 1998, quando non esisteva (ciò di cui la sentenza dà specificamente atto) una norma che riservasse l’esercizio dei servizi pubblici al mercato e, pertanto, alle imprese private.
Sennonché, oggi il quadro legislativo è sostanzialmente mutato e, in presenza dell’attuale formulazione dell’art. 113 comma 5 T.U.E.L., non può disconoscersi l’interesse strumentale a ricorrere in capo a qualsiasi imprenditore del settore e potenziale concorrente, che contesti il modulo organizzativo di affidamento diretto di un servizio pubblico o di individuazione di un partner in società miste, in assenza di gara (così T.A.R. Lazio Roma, II, 19.4.2004, n. 3377; T.A.R. Umbria, 24.10.2003, n. 821).
Sotto un secondo profilo viene dedotta l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, per non avere i ricorrenti dimostrato di possedere i requisiti necessari per l’esercizio di tutte le complesse attività oggetto dei servizi affidati ad A.S.TER. s.p.a..
L’eccezione non coglie nel segno e si avvita in una petizione di principio, posto che, anche a prescindere dalla considerazione che non esiste un bando di gara cui fare riferimento per la verifica del possesso dei requisiti e dalla possibilità di partecipare alle gare pubbliche in associazione temporanea di imprese, l’interesse che anima i ricorrenti non è l’interesse all’affidamento diretto dei servizi de quibus, bensì un interesse di natura strumentale, volto, più in generale, a rimettere in discussione il modulo organizzativo prescelto dal comune per la gestione di una serie di servizi pubblici.
Proprio recentemente la Corte di giustizia CE (Sez. I, 11 gennaio 2005, n. 2603, C-26/03, Stadt Halle), del resto, ha affermato la immediata giustiziabilità, ex art. 1 n. 1 della direttiva del Consiglio 21.12.1989, 89/665/CEE, della decisione preliminare di una amministrazione aggiudicatrice di affidare un appalto senza pubblica gara, al di fuori di una formale procedura di appalto e prima di un atto formale di messa in concorrenza (“qualora un’amministrazione aggiudicatrice decida di non avviare una procedura di aggiudicazione per il fatto che, a suo avviso, l’appalto in questione non ricade nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie pertinenti, una decisione siffatta costituisce in assoluto la prima decisione suscettibile di controllo giurisdizionale”).
Priva di fondamento è anche l’ultima eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata sul presupposto che non sarebbe possibile, nel caso di specie, addivenire alla richiesta pronuncia di nullità, ex art. 2332 cod. civ., della società per azioni neo costituita.
La relativa domanda non è stata infatti formulata dai ricorrenti, che si sono limitati a chiedere, oltre all’annullamento delle due deliberazioni impugnate, l’accertamento e la dichiarazione di nullità dei contratti di servizio e delle convenzioni eventualmente stipulati tra il comune di Genova ed A.S.TER. s.p.a. per l’affidamento dei servizi di cui alla deliberazione n. 139/04.
Venendo al merito del ricorso, con il primo motivo i ricorrenti si dolgono che le attività affidate dal comune di Genova ad A.S.TER. s.p.a. non sarebbero definibili come servizi pubblici locali ai sensi degli artt. 112 e seguenti del d.lgs. 18.8.2000, n. 267 (d’ora innanzi, T.U.E.L.), bensì come attività imprenditoriali lato sensu intese, le quali, se rese in favore dell’amministrazione pubblica nell’ambito di un rapporto bilaterale, costituirebbero oggetto di altrettanti contratti di appalto di servizi e/o di lavori pubblici, da aggiudicarsi previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica ai sensi della normativa comunitaria (trattato CE e direttive nn. 92/50 e 37/93) e di quella interna di recepimento (d.lgs. n. 157/1995 e l. n. 109/1994).
I ricorrenti richiamano, in proposito, la dottrina e la giurisprudenza dominanti, secondo le quali l’elemento differenziale tra concessione o affidamento di pubblico servizio e appalto di servizi regolato dal d. lgs. n. 157/1995 andrebbe individuato nei rispettivi oggetti, nel senso che l’appalto di servizi concerne prestazioni rese in favore della pubblica amministrazione e dà luogo ad un rapporto bilaterale, mentre la concessione configura un rapporto trilaterale tra amministrazione, concessionario e utenti, con prestazioni destinate e rivolte in via diretta ed immediata a terzi, vale a dire al pubblico, a carico dei quali è posto il corrispettivo.
Nè la qualità di ente pubblico territoriale dell’utente principale (il comune di Genova) e la destinazione a pubblico servizio dei beni considerati (le reti stradali e di illuminazione pubblica, i giardini pubblici, etc.) varrebbero di per sé soli a qualificare per via indiretta come servizi pubblici locali quelli che sarebbero, in realtà, meri appalti di servizi e di lavori.
In questa prospettiva, sarebbero stati esclusi dal novero dei servizi pubblici locali, ad esempio, la manutenzione degli impianti di riscaldamento degli edifici comunali (T.A.R. Emilia Romagna Parma, 18.9.1995, n. 317), la pulizia degli immobili comunali (T.A.R. Puglia Bari, 22.4.1998, n. 367) e la manutenzione dei locali adibiti ad uffici giudiziari (T.A.R. Piemonte, II, 23.6.2001, n. 1354).
L’affidamento diretto ad A.S.TER. s.p.a. di una serie di appalti di servizi e di lavori senza il previo, necessario confronto concorrenziale sarebbe pertanto illegittimo per violazione della normativa comunitaria (trattato CE e direttive nn. 92/50 e 37/93) e di quella interna di recepimento (d.lgs. n. 157/1995 e l. n. 109/1994).
Il motivo è infondato.
Come è noto, non esiste una definizione legislativa generale di servizio pubblico, sicché sulla questione si sono a lungo affaticate dottrina e giurisprudenza, che hanno elaborato due teorie che, sostanzialmente, si contendono il campo: quella soggettiva e quella oggettiva, oggi prevalente.
Nella materia specifica dei servizi pubblici locali soccorre però l’art. 112 T.U.E.L., secondo il quale “gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.
La genericità della norma si spiega agevolmente con la circostanza che gli enti locali, ed il comune in particolare, sono enti a fini generali dotati di autonomia organizzativa, amministrativa e finanziaria (art. 3 T.U.E.L.), nel senso che essi hanno la facoltà di determinare da sé i propri scopi e, in particolare, di decidere quali attività di produzione di beni ed attività, purché genericamente rivolte a realizzare fini sociali ed a promuovere lo sviluppo economico e civile della comunità locale di riferimento (art. 112 T.U.E.L.), assumere come doverose.
Quel che conta è dunque la scelta politico amministrativa dell’ente locale di assumere il servizio pubblico, al fine di soddisfare in modo continuativo obiettive esigenze della collettività.
Ciò è quanto è avvenuto nel comune di Genova, che, dal 1999 in poi, con riferimento alle attività di manutenzione delle strade, degli impianti di illuminazione pubblica e (da ultimo) del verde pubblico, ha inteso superare una gestione frammentaria e disomogenea degli interventi, assumendoli come altrettanti servizi pubblici al dichiarato fine di garantirne l’assolvimento in maniera coordinata e continuativa.
Né la circostanza che tali attività, astrattamente considerate, siano di rilevanza economica e possano pertanto formare oggetto di contratti a titolo oneroso di lavori e/o di servizi ai sensi della l. 109/94 e del d.lgs. 157/95 concreta una violazione dei fondamentali principi di concorrenza di cui all’art. 86 del trattato CE, posto che, salva l’ipotesi eccezionale dell’affidamento così detto in house (che peraltro costituisce oggetto del terzo motivo di ricorso), per il conferimento della titolarità del servizio pubblico a società di capitali o per la scelta del socio privato nelle società a capitale misto l’art. 113 comma 5 T.U.E.L. impone di regola l’espletamento di gare con procedura ad evidenza pubblica, sicché il confronto concorrenziale è comunque garantito a monte.
Proprio con specifico riferimento al servizio di illuminazione pubblica – che costituisce uno degli oggetti dell’affidamento ad A.S.TER. s.p.a. - il Consiglio di Stato ha recentemente affermato che “sono indifferentemente servizi pubblici locali, ai sensi dell’art. 112 T.U.E.L. n. 267/2000, quelli di cui i cittadini usufruiscano uti singuli e come componenti la collettività, purché rivolti alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali. Correttamente l’appellante afferma che essere o no subordinato al pagamento di un corrispettivo dipende dalle caratteristiche tecniche del servizio [id est, dalla sua divisibilità o suscettibilità di essere erogato a richiesta dei singoli utenti, n.d.e.] e dalla volontà ‘politica’ dell’ente [di farne gravare il costo sul bilancio comunale, n.d.e.], ma non incide sulla sua qualifica di servizio pubblico locale. Relativamente ai servizi pubblici locali, l’art. 117 T.U.E.L. n. 267/2000 precisa che la tariffa ne costituisce il corrispettivo ma non ne definisce il contenuto, determinato dalla possibilità concreta dell’ente di dividere sui singoli l’onere della gestione ed erogazione della prestazione. Che lo stesso titolo V del T.U.E.L. n. 267/2000 disciplini anche i criteri per la determinazione e la riscossione delle tariffe non esclude dall’ambito dei servizi pubblici locali quelli erogati senza un corrispettivo, sempre che le prestazioni siano strumentali all’assolvimento delle finalità sociali dell’ente, come avviene per il servizio di pubblica illuminazione” (Cons. di St., V, 16.12.2004, n. 8090).
Dunque, muovendo dal dato di diritto positivo fornito dall’art. 112 T.U.E.L., deve ritenersi che la qualificazione di servizio pubblico locale sia circoscritta a quelle attività caratterizzate, sul piano oggettivo, dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile selezionati in base a scelte di carattere eminentemente politico quanto alla destinazione delle risorse economiche disponibili ed all’ambito di intervento, e, su quello soggettivo, dalla riconduzione diretta o indiretta (per effetto di rapporti concessori o di partecipazione all’assetto organizzativo dell’ente) ad una figura soggettiva di rilievo pubblico (T.A.R. Lazio Roma, I bis, 6.11.2002, n. 9725).
Nel caso di specie il comune di Genova ha assunto come servizi pubblici locali quelli di manutenzione delle strade, degli impianti di illuminazione pubblica e del verde pubblico, per la gestione dei quali ha, a suo tempo, appositamente costituito l’azienda speciale A.S.TER.
Tanto basta ad affermare che si tratta senz’altro di servizi pubblici locali ricadenti nel campo di applicazione del titolo V del T.U.E.L. e ad escludere, pertanto, la fondatezza del primo motivo di ricorso.
E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso, dedotto in via subordinata, con il quale i ricorrenti lamentano che, quand’anche le attività in questione fossero da ricondursi nell’ambito dei servizi pubblici locali, si tratterebbe pur sempre - a differenza di quanto erroneamente ritenuto dall’amministrazione comunale – di servizi di sicura rilevanza economica.
Donde la violazione dell’art. 113 T.U.E.L., che consente l’affidamento diretto della titolarità dei servizi di rilevanza economica senza previo confronto concorrenziale soltanto a società a capitale interamente pubblico (così detto affidamento in house).
Secondo i ricorrenti, a seguito della contestuale cessione del 40% del capitale sociale della neo costituita A.S.TER. s.p.a. ad A.M.G.A. s.p.a., operata con l’impugnata deliberazione c.c. n. 140/04, in realtà ci troveremmo di fronte all’affidamento diretto di servizi pubblici di rilevanza economica ad una società a capitale misto pubblico privato, possibile soltanto laddove il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica (ex art. 113 comma 5 lett. b T.U.E.L.), ciò che nella specie non è avvenuto.
In ogni caso, risulterebbe violato l’art. 113 comma 12 T.U.E.L., che, per la cessione totale o parziale della partecipazione dell’ente locale nelle società di capitali erogatrici di servizi (quale sarebbe A.S.TER. s.p.a., a seguito della sua trasformazione) impone comunque l’utilizzo di procedure ad evidenza pubblica.
Preliminare all’esame del motivo è la definizione di servizio pubblico di rilevanza economica (ovvero industriale, secondo la precedente formulazione dell’art. 113 T.U.E.L.), posto che le attività ed i servizi affidati ad A.S.TER. s.p.a. con la deliberazione n. 139/04 sono stati espressamente definiti dal comune “privi di rilevanza economica” nella deliberazione n. 140/04, che, proprio su tale presupposto, ha ritenuto di poter procedere direttamente alla scelta del socio di A.STER., in forza della sentenza della Corte Costituzionale 27.7.2004, n. 272, che ha abrogato l’art. 113-bis del T.U.E.L..
Del tutto estranea al thema decidendum del presente giudizio è invece, a ben vedere, la problematica del così detto affidamento diretto in house, nuovamente affrontata dalla Corte di giustizia CE (Sez. I, 11 gennaio 2005, n. 2603, C-26/03, Stadt Halle) ed ampiamente richiamata negli scritti difensivi di tutte le parti, al fine, rispettivamente, di contestare o di sostenere che, nel caso di specie, ricorrerebbero i due presupposti per l’affidamento diretto a società a capitale interamente pubblico originariamente individuati dalla sentenza Teckal (Corte di giustizia CEE, Sez. V, 18.11.1999, C-107/98) e successivamente trasfusi nell’art. 113 comma 5 lett. c) T.U.E.L. dall’art. 14 del D.L. 30.9.2003, n. 269, convertito in legge 24.11.2003, n. 326 (1. esercizio sulla società erogatrice del servizio, da parte dell’ente o degli enti pubblici titolari del capitale sociale, di un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; 2. realizzazione, da parte della società, della parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti che la controllano).
Come detto, infatti, l’affidamento diretto dei servizi de quibus ad A.S.TER. s.p.a. è stato motivato dai provvedimenti impugnati (segnatamente, dalla deliberazione n. 140/04) unicamente con la circostanza che si tratterebbe di servizi privi di rilevanza economica.
Sarebbe vano infatti ricercare, nei due provvedimenti impugnati, una motivazione che faccia riferimento al ricorrere dei presupposti per l’affidamento diretto dei servizi pubblici locali a società a capitale interamente pubblico (art. 113 comma 5 lett. c T.U.E.L.): nulla è detto in merito alla natura ed alla misura del controllo del comune sugli organi direttivi di A.M.G.A. s.p.a., alla composizione del capitale azionario di A.M.G.A. s.p.a. od alla destinazione dell’attività di A.S.TER. s.p.a. e di A.M.G.A. s.p.a..
Come è noto, tuttavia, i provvedimenti amministrativi non possono ricevere integrazione della loro motivazione attraverso le giustificazioni fornite in sede giurisdizionale dal difensore dell'amministrazione (né, a fortiori, dal difensore dei controinteressati), quando esse non trovano alcun addentellato logico nell'esposizione motiva dell'atto stesso, atteso che la base motivazionale delle determinazioni assunte dall'amministrazione deve essere fornita dalle affermazioni che provengono direttamente dall'autorità emanante (cfr., tra le tante: T.A.R. Campania Salerno, 2 febbraio 2004, n. 76; T.A.R. Liguria, I, 19 marzo 2003, n. 354; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, 22 luglio 2002, n. 956).
Tornando alla questione della rilevanza economica o meno dei servizi affidati ad A.S.TER. s.p.a. – che costituisce, come detto, il fulcro della motivazione posta a base degli atti impugnati – va detto che, anche in questo caso, difetta una disposizione normativa che ne fornisca la definizione, non essendo mai stato emanato il regolamento previsto dall’art. 35 comma 16 della legge 28.12.2001, n. 448 al fine dell’individuazione dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale (ora economica).
La perdurante mancanza del regolamento previsto dall’art. 35 comma 16 della legge 28.12.2001, n. 448 non impedisce tuttavia che l’art. 113 T.U.E.L. (l’art. 113bis è stato infatti dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza C. Cost. n. 272/2004) sia immediatamente applicabile e mantenga intera la sua efficacia dirimente (Cons. di St., V, 6.5.2003, n. 2380; T.A.R. Umbria, 24.10.2003, n. 821; T.A.R. Lombardia Milano, III, 14.4.2003, n. 994).
La nozione di servizio pubblico locale di rilevanza economica dev’essere dunque ricostruita in via interpretativa.
Ritiene il Collegio che gli indici rivelatori della rilevanza economica del servizio debbano desumersi, in particolare, dai principi comunitari che informano la materia, giacché è noto che la disciplina della gestione dei servizi pubblici locali è stata più volte modificata, negli ultimi anni, proprio a causa delle procedure di infrazione avviate dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia per violazione degli artt. 43, 49 e 86 del Trattato.
Secondo l’art. 86 comma 2 del Trattato CE, infatti, “le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”.
Secondo l’ordinamento comunitario i servizi di interesse economico generale si distinguono dai servizi ordinari per il fatto che le autorità pubbliche ritengono che debbano essere garantiti con carattere di continuità, mediante l’imposizione di obblighi di servizio pubblico, anche quando essi non siano economicamente remunerativi e, pertanto, il mercato non sia sufficientemente incentivato a provvedervi da solo.
Ciò non toglie che il mercato e la concorrenza siano, di regola, il miglior meccanismo per gestire anche tali servizi (tant’è che, ai sensi del citato art. 86 comma 2 del Trattato CE, le imprese che ne sono incaricate sono senz’altro sottoposte alle regole di concorrenza), salvo soltanto il caso che, per il fatto di non essere remunerativi, il mercato non possa concretamente assolvere alla loro specifica missione (l’obbligo di servizio pubblico assunto dall’autorità), e si renda pertanto indispensabile il riconoscimento di diritti speciali o esclusivi.
Dunque, “sembra di poter affermare che la distinzione in questione è legata all’impatto che il servizio può avere sull’assetto della concorrenza ed ai suoi caratteri di redditività; pertanto, deve ritenersi a rilevanza industriale (economica) il servizio che si innesta in un settore per il quale esiste una redditività (almeno potenziale) e quindi una competizione sul mercato; può invece ritenersi privo di rilevanza quello che, per sua natura o per i vincoli ai quali è sottoposta la relativa gestione, non dà luogo ad alcuna competizione (per il mercato, ovvero sul mercato) e quindi appare irrilevante ai fini della concorrenza. In altri termini, laddove il settore di attività è economicamente competitivo (e la libertà di iniziativa economica appare in grado di conseguire anche gli obiettivi di interesse pubblico sottesi alla disciplina del settore) i servizi sono ‘servizi a rilevanza industriale, ai sensi dell’art. 113 cit., ed il comune ha potestà di disciplina regolamentare, indirizzo e vigilanza, ma la gestione deve essere affidata ad un soggetto esterno, avente natura di società di capitali. [...] Può aggiungersi, sempre in considerazione delle esigenze sottese alla distinzione e degli effetti che ne discendono, che la qualificazione di un servizio come privo di rilevanza economica deve operarsi in via residuale, una volta che sia stata verificata l’insussistenza dei caratteri che connotano l’altra categoria” (T.A.R. Umbria, 24.10.2003, n. 821; nello stesso senso cfr. T.A.R. Campania Napoli, 7.11.2003, n. 13382, che, ai fini della ricostruzione della categoria dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale, ha valorizzato le acquisizioni giurisprudenziali formatesi intorno al concetto di organismo di diritto pubblico, con specifico riferimento al requisito del soddisfacimento dei bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale).
Applicando tali concetti alla fattispecie in esame, deve concludersi che i servizi pubblici affidati ad A.S.TER. rivestono sicuramente rilevanza economica, poiché si tratta di attività suscettibili, in astratto, di essere gestite in forma remunerativa e per le quali esiste certamente un mercato concorrenziale.
D’altra parte, poiché anche le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale sono sottoposte, ex art. 86 comma 2 del Trattato CE, alle regole della concorrenza, la categoria dei servizi di rilevanza non economica riveste sicuramente carattere residuale (così T.A.R. Umbria, n. 821/03 cit.), sicché la qualificazione in tal senso di un servizio pubblico locale al fine di sottrarlo al confronto concorrenziale necessita di specifica e congrua motivazione, che dia conto dell’insussistenza, nel caso concreto, della rilevanza economica.
Sennonché, la deliberazione n. 139/04 difetta, sul punto, di qualsiasi motivazione, mentre la deliberazione n. 140/04 si limita ad affermare, in maniera apodittica, che “la scelta del socio di A.S.TER. s.p.a. può avvenire direttamente, sulla base di motivate argomentazioni, in quanto le attività ed i servizi affidati alla stessa Società sono ‘privi di rilevanza economica, per cui, in forza della sentenza della Corte Costituzionale n. 272 del 27 luglio, cha ha abrogato l’art. 113bis del D. Lgs. 267/2000, la loro organizzazione e gestione rientrano nell’autonomia riconosciuta agli Enti Locali affidanti”.
Anzi, i provvedimenti impugnati contengono numerosi elementi che militano per una diversa qualificazione dei servizi in questione.
Così è a dire, per esempio, di quella parte della deliberazione n. 139/04 che fa riferimento alla predisposizione di un contratto di servizio quadro che definisca, tra l’altro, il corrispettivo per la manutenzione ordinaria, il prezziario degli interventi di manutenzione straordinaria, i parametri tecnici ed economici per la valutazione delle prestazioni rese, i corrispettivi economici per il primo triennio di validità del contratto, tutti elementi che depongono univocamente per la (astratta) remuneratività dei servizi affidati ad A.S.TER. s.p.a.
Così è a dire, ancora, della deliberazione n. 140/04, laddove parla, nel delineare le caratteristiche del partner di A.S.TER. s.p.a., di “socio industriale”, in grado di fornire “contributi qualificati sul piano imprenditoriale”.
Posto dunque che i servizi affidati ad A.S.TER. s.p.a. hanno rilevanza economica e che, quantomeno, la conclusione opposta è del tutto sfornita di motivazione, la deliberazione del consiglio comunale di Genova n. 139/04 dev’essere annullata per contrasto con la disposizione dell’art. 86 comma 2 del Trattato CE e dell’art. 113 comma 5 T.U.E.L., nella parte (punto n. 10 del dispositivo) in cui ha disposto l’affidamento diretto ad A.S.TER. s.p.a. - e pertanto ad una società di capitali - della gestione trentennale dei servizi relativi alle attività di manutenzione strade ed opere connesse, illuminazione pubblica e impianti elettrici e tecnologici comunali, manutenzione del verde pubblico, senza l’espletamento di una previa gara con procedura ad evidenza pubblica per l’individuazione del gestore (art. 113 comma 5 lett. a T.U.E.L.) o del socio privato (art. 113 comma 5 lett. b T.U.E.L.) e senza dar conto in motivazione del ricorrere delle eccezionali circostanze che legittimano l’affidamento in house (art. 113 comma 5 lett. c T.U.E.L.).
Resta salva la trasformazione dell’azienda speciale A.S.TER. nella società per azioni A.S.TER. s.p.a., che non è stata fatta oggetto di specifiche censure e che è stata posta in atto in esecuzione di una facoltà espressamente prevista dall’art. 115 T.U.E.L.
Medesima sorte tocca alla deliberazione del consiglio comunale di Genova n. 140/04, che dev’essere annullata per contrasto con la disposizione dell’art. 113 comma 5 lettera b) e comma 12 T.U.E.L., per aver individuato il socio privato di A.S.TER. s.p.a. ed aver comunque ceduto parte della partecipazione del comune in una società erogatrice di servizi pubblici di rilevanza economica senza ricorrere a procedure ad evidenza pubblica.
Resta assorbito il terzo motivo di ricorso, che peraltro è stato dedotto in via di estremo subordine.
Non vi è luogo a provvedere sulla domanda di accertamento e dichiarazione della nullità dei contratti di servizio e delle convenzioni eventualmente stipulati tra il comune di Genova ed A.S.TER. s.p.a. ed aventi ad oggetto l’affidamento dei servizi di cui alla deliberazione n. 139/04.
La genericità della domanda, che si appunta su atti la cui esistenza è stata dedotta in via meramente eventuale, la rende infatti inammissibile.
Sussistono comunque giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie in parte e, per l’effetto: annulla la deliberazione del consiglio comunale del Comune di Genova n. 139 del 19.10.2004, nella parte (punto n. 10 del dispositivo) in cui determina l’affidamento ad A.S.TER. s.p.a., per una durata trentennale, della gestione dei servizi relativi alle attività di manutenzione strade ed opere connesse, illuminazione pubblica e impianti elettrici e tecnologici comunali, manutenzione del verde pubblico; annulla la deliberazione del consiglio comunale del Comune di Genova n. 140 del 19.10.2004.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del 14 aprile 2005.
Mario AROSIO Presidente
Angelo VITALI Referendario, estensore.
Depositato in Segreteria il 28 APR. 2005
Il Direttore di Segreteria
(Dott.ssa C. Savino) |