REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO - SEZIONE III
composto dai signori
Stefano Baccarini PRESIDENTE, relatore
Vito Carella COMPONENTE
Maria Luisa De Leoni COMPONENTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 4984/04 Reg. Gen., proposto dalla società ELCA s.p.a., - Società di Costruzioni Generali, Restauri, Servizi Industriali in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Antonio Carullo, Beatrice Belli e prof. Angelo Clarizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio del terzo in Roma, Via Principessa Clotilde n. 2;
contro
l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e per legge domiciliata presso la medesima in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
il Comune di Milano in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano, Maria Teresa Maffey e Raffaele Izzo e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, Via Cicerone, n. 28;
e nei confronti
dell’Impresa Troiani e Ciarrocchi s.n.c., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici di iscrizione della ricorrente nel casellario informatico con l’annotazione che la stessa era stata esclusa da gara d’appalto del Comune di Milano per collegamento sostanziale;
- della determinazione del Comune di Milano del 4.3.2004, prot. n. 248853/2004;
- del provvedimento di esclusione della ricorrente, per collegamento sostanziale con altra impresa concorrente, dalla gara indetta dal Comune di Milano per l’affidamento dei lavori per la costruzione del nuovo canile municipale sito in località Cascina Mulino Codovero;
- del provvedimento di approvazione delle risultanze di gara;
- del bando di gara quanto alle clausole: punto 1 lett. j) del paragrafo “documentazione” e punto n) del paragrafo “altre informazioni” e del patto di integrità allegato, nelle parti in cui si prevede l’esclusione delle imprese concorrenti dalla gara per collegamento sostanziale;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici e del Comune di Milano;
Vista l’ordinanza cautelare 6 aprile 2005, n. 1815 con cui è stata accolta la domanda di sospensione dell’efficacia del provvedimento di annotazione nel casellario informatico;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 4 maggio 2005, relatore il presidente Baccarini, l’avv. Zoppolato in sostituzione dell’avv. prof. Clarizia per la ricorrente, l’avv. dello Stato Tortora per l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici e l’avv. Izzo per il Comune di Milano;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in data 3-4 maggio 2004 la società ICOP s.p.a. impugna gli atti di gara del Comune di Milano (bando di concorso e patto di integrità allegato, nonché esclusione dalla gara e approvazione delle risultanze di gara) per l’affidamento dei lavori per la costruzione del nuovo canile municipale sito in località Cascina Mulino Codovero in seguito ai quali è stata esclusa per collegamento sostanziale ad altra impresa partecipante e il provvedimento dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici con cui è stata disposta l’iscrizione nel casellario informatico di annotazione relativa alla predetta esclusione.
Deduce quattro motivi di ricorso.
Resistono al ricorso l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici e il Comune di Milano.
Con l’ordinanza cautelare 6 aprile 2005, n. 1815 è stata accolta la domanda di sospensione dell’efficacia del provvedimento di annotazione nel casellario informatico.
All’odierna udienza, uditi i difensori della ricorrente, dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici e del Comune di Milano, il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta di essere stata esclusa dalla commissione di gara nella seduta del 1° marzo 2004 per collegamento sostanziale con l’Impresa ICOP quantunque quest’ultima fosse stata già esclusa nella seduta precedente del 12 febbraio, con provvedimento non impugnato, per non aver presentato per la categoria scorporabile OS18, per la quale non era qualificata, la dichiarazione di subappalto prescritta dal bando di gara.
Il motivo è infondato.
Nei procedimenti amministrativi le autorità decidenti hanno il potere-dovere di individuare e di esternare tutti i motivi di esclusione o di difetto di legittimazione al procedimento dei privati partecipanti.
Né era di ostacolo alla esclusione per collegamento sostanziale il fatto che per l’impresa collegata fosse stata già disposta l’esclusione per altro motivo.
Alla data del secondo provvedimento, infatti, erano ancora pendenti i termini di impugnazione del primo provvedimento: nell’eventualità che questo fosse impugnato ed annullato in sede giurisdizionale, persisteva il potere-dovere della stazione appaltante di pronunciare tutti i motivi di esclusione.
2.0. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce che il bando di gara e gli atti consequenzialmente adottati erano illegittimi nella parte in cui davano rilevanza a situazioni di collegamento sostanziale diverse dalla situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c. e comunque stabilivano l’esclusione automatica per tali situazioni.
Il motivo è fondato.
Va premesso che l’impugnato bando di gara del Comune di Milano prescriveva a pena di esclusione che nella domanda di partecipazione le imprese concorrenti dichiarassero, tra l’altro, “l’inesistenza di forme di controllo con altre imprese concorrenti ai sensi dell’art. 2359 c.c. nonché l’inesistenza di situazioni di collegamento e/o di collegamento sostanziale con altre imprese concorrenti, quali ad esempio la non (sic) comunanza con altre imprese concorrenti del legale rappresentante/ titolare / amministratori / soci / direttori tecnici / procuratori con poteri di rappresentanza” (paragrafo “dichiarazione”, p. 1 lett. j) e stabiliva l’esclusione delle imprese che si trovassero nelle predette situazioni (paragrafo “altre informazioni”, lett. n); che l’allegato patto di integrità, che le imprese concorrenti dovevano sottoscrivere, conteneva la dichiarazione “di non trovarsi in situazioni di controllo o di collegamento (formale e/o sostanziale) con altri concorrenti e che non si è accordata e non si accorderà con altri partecipanti alla gara”.
In applicazione di tali clausole, la commissione di gara ha disposto l’esclusione della società ricorrente per collegamento sostanziale con la società ELCA, partecipante alla stessa gara, desumibile, ad avviso della commissione, da identità o somiglianze delle modalità di preparazione delle buste contenenti i plichi, dell’apposizione delle marche da bollo, delle dichiarazioni di partecipare alla gara come imprese singole, dell’autenticazione delle certificazioni SOA e ISO, delle modalità di rilascio delle polizze fideiussorie e della misura del relativo importo arrotondato, del fabbricato ove insistono le sedi legali delle società, del numero di telefono risultante dalla carta intestata, nonché da intrecci tra soci, amministratori e direttori tecnici.
2.1. Ciò posto, le società in questione, come non è controverso, non si trovano tra di loro nella situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c., cui rinvia con norma interdittiva il comma 1 bis dell’art. 10 della legge n. 109/94, introdotto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 415/98: “Non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino tra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile”.
Situazioni che, previste in una norma di ordine pubblico diretta a prevenire, mediante divieto di incroci azionari, l’annacquamento del capitale sociale delle società, consistono: nella disponibilità da parte di una società di capitali: 1) della maggioranza dei voti esercitabili (controllo di diritto) o 2) di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria dell’altra (controllo di fatto) ovvero 3) nel fatto che una società sia sotto l’influenza dominante di un’altra in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa (controllo esterno).
2.2. La genuinità del confronto concorrenziale può essere verificata con diverse tecniche di tutela.
La tutela ordinaria richiede un accertamento empirico – concomitante o successivo alla gara – circa l’esistenza di un eventuale concreto accordo clandestino sul contenuto delle offerte, in violazione del principio della segretezza delle medesime, diretto a influire sul normale svolgimento della gara.
La tutela preventiva anticipa il fronte della protezione dall’ambito oggettivo delle offerte, da cui in tal modo si prescinde, a quello soggettivo della legittimazione negoziale alla gara, mediante norme che quella legittimazione escludono per imprese concorrenti appartenenti a gruppi di imprese collegate in senso giuridico e perciò considerate, secondo massime di esperienza, inidonee ad assicurare la genuinità del confronto concorrenziale.
Tali le norme che vietano la partecipazione alla stessa gara: di imprese partecipanti a più di un’associazione temporanea di imprese o di un consorzio di concorrenti ovvero partecipanti in forma individuale oltre che come componente di un’associazione temporanea di imprese o di un consorzio (art. 13, comma 4, l. n. 109/94); di un consorzio stabile e dei consorziati (art. 12, comma 5, l. n. 109/94).
Nella disposizione che ne occupa, il riferimento, tra le situazioni di cui all’art. 2359 c.c., alla sola situazione di controllo (e non anche a quella di collegamento) va inteso in senso tecnico, come volontà di includere l’una e di escludere l’altra: il legislatore della c.d. legge Merloni in altre disposizioni - in relazione ai concessionari di lavori pubblici (art. 2, comma 3) e agli affidatari di incarichi di progettazione (art. 17, comma 9) – enuncia distintamente, infatti, controllo e collegamento.
2.3. Al quesito se il comma 1-bis dell’art. 10 della legge Merloni possa applicarsi analogicamente a situazioni diverse da quelle di controllo va data risposta negativa.
In primo luogo, l’argomento - fondato, come si è visto, sul confronto con la diversa formulazione di altre disposizioni della stessa legge – della consapevole esclusione dall’ambito oggettivo della norma delle situazioni di collegamento tra imprese esclude che sussista il presupposto – una lacuna dell’ordinamento – per procedere all’analogia.
In secondo luogo, una norma che fa divieto di partecipare alla medesima gara a imprese in situazione di controllo è una norma che introduce un’eccezione ai princìpi costituzionali della libertà di iniziativa economica e di uguaglianza: essa, pertanto, non è suscettibile di applicazione estensiva o analogica (per l’assimilazione tra le due specie di interpretazione nel caso di norme eccezionali, cfr. Cass., 9 novembre 2004, n. 21317; 27 agosto 2004, n. 17162; 23 luglio 2004, n. 13810).
In una vicenda in qualche modo analoga, la giurisprudenza ha segnalato: “In riferimento all’attività di agenzia, essendo previste sanzioni penali e amministrative per chi eserciti attività di agente senza essere iscritto all’albo, le limitazioni che tali sanzioni comportano alla libertà di contrarre debbono comunque essere interpretate restrittivamente ai sensi dell’art. 14 preleggi; ne consegue che la normativa che sancisce la nullità dei contratti di agenzia stipulati con persone non iscritte nello speciale ruolo previsto dalla legge 3 maggio 1985 n. 204 non può ritenersi estesa ai subagenti, e comunque la stessa va disapplicata dal giudice nazionale in considerazione del contrasto con la direttiva comunitaria 86/653/Cee” (Cass., 19 maggio 2003, n. 7844; 20 settembre 1996, n. 8368).
2.4. Il collegio non ignora che la giurisprudenza del Consiglio di Stato segue da alcuni anni un diverso percorso argomentativo, ma ritiene che tale orientamento meriti un ripensamento.
L’introduzione ad opera della legge Merloni ter del comma 1-bis dell’art. 10 della l. n. 109/94 è intervenuta dopo una prima pronuncia del Consiglio di Stato (sez. IV, 18 aprile 1994, n. 344), a giudizio della quale sarebbe stata legittima l’esclusione di imprese concorrenti alla medesima gara e in situazione di intreccio tra organi amministrativi o di rappresentanza o tecnici.
Orbene, il fatto che a tale indirizzo giurisprudenziale la norma abbia dato una risposta restrittiva, recependo l’efficacia interdittiva ma limitandola alle sole imprese in situazione giuridica di controllo, è un primo elemento esegetico non marginale.
La questione dell’interpretazione del comma 1-bis dell’art. 10 della l. n. 109/94 veniva affrontata ex professo da sez. IV, 27 dicembre 2001, n. 6424, secondo cui: “Poiché il divieto normativo contenuto nell’art. 10, 1º comma bis, l. 11 febbraio 1994 n. 109 si basa, attraverso il richiamo dell’art. 2359 c.c., su di una presunzione, non può escludersi che possano esistere altre ipotesi di collegamento o controllo societario atte ad alterare una gara di appalto, il che rende legittimo che l’amministrazione appaltante possa introdurre clausole di esclusione dalla gara in presenza di tali ulteriori ipotesi di fatto, con il limite della loro ragionevolezza e logicità rispetto alla tutela che intende perseguire e cioè la corretta individuazione del «giusto» contraente”.
Conforme la giurisprudenza successiva (sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 923; sez. V, 1 luglio 2002, n. 3601; sez. V, 22 aprile 2004, n. 2317; sez. V, 4 maggio 2004, n. 2721; sez. V, 4 maggio 2004, n. 2729; sez. V, 11 maggio 2004, n. 4789; sez. V, 28 giugno 2004, n. 4789; sez. IV, 19 luglio 2004, n. 5196; sez. VI, 5 agosto 2004, n. 5464; sez. IV, 1 ottobre 2004, n. 6367).
2.5. Il punto centrale del percorso argomentativo in esame è il seguente: la previsione dell’art. 2359 c.c. si basa su una presunzione assoluta e quindi non esclude che possano esistere altre ipotesi di collegamento o controllo societario atte ad alterare le gare di appalto: è quindi legittimo che la stazione appaltante introduca clausole di esclusione dalla gara in presenza di tali ulteriori ipotesi di fatto.
Tale percorso argomentativo suscita perplessità perché è fondato su un presupposto interpretativo opinabile: quello secondo cui la norma in esame sarebbe fondata su una presunzione legale assoluta.
Per presunzione legale assoluta si intende l’equivalenza, ai fini della produzione degli effetti, al fatto che li dovrebbe produrre, di un fatto diverso (così, l’equivalenza della nascita, nel periodo previsto dalla legge, al concepimento in matrimonio: art. 232 c.c.).
L’art. 2359 comma 1 c.c. non ha la struttura delle fattispecie fondate su una presunzione legale assoluta.
La disposizione, che ha contenuto qualificatorio, non definisce la nozione di società controllata - il fatto produttivo degli effetti - per poi presumerla integrata nelle ipotesi tipiche descritte – i fatti diversi equivalenti - ciò che legittimerebbe, secondo il percorso argomentativo in esame, la rilevanza di altre ipotesi di fatto riconducibili alla fattispecie tipica.
Essa invece si limita, senza usare il vocabolo presumere o sue flessioni, a disporre che sono considerate società controllate quelle oggetto: di un controllo di diritto (n. 1), di un controllo di fatto (n. 2), di un controllo esterno (n. 3).
In tal modo essa fornisce non altro che la definizione normativa della nozione qualificatoria di società controllate, vale a dire degli elementi alternativamente necessari e sufficienti perché una società possa essere considerata controllata.
Definizione, dunque, tassativa perché non fondata su una tecnica normativa di presunzione legale.
Definizione, inoltre, di stretta interpretazione in quanto preordinata a disporre a carico delle società di capitali limitazioni nella facoltà di acquistare azioni e dunque alla libertà di contrarre.
Al di fuori delle tre fattispecie descritte dalla norma non ne esistono altre che possano integrare gli estremi della società controllata; nonostante la natura di ordine pubblico - in diritto privato non meno che in diritto amministrativo - della norma, invano si cercherebbero sentenze civili che riconoscano l’esistenza di società controllate in fattispecie diverse da quelle legali.
2.6. Il rilievo che precede trova conferma nella differente strutturazione del terzo comma, concernente le società collegate.
Qui la disposizione, a differenza di quella di cui al 1° comma - essa sola richiamata dalla norma amministrativa sulle gare di appalto – designa una nozione definitoria, stabilendo, specularmente all’enunciato di cui al comma 1, che sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. Su questa fattispecie qualificatoria si innesta l’ulteriore enunciato – questo sì introduttivo di una presunzione legale - secondo cui l’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.
Qui sì che la struttura è quella della presunzione legale assoluta: l’equivalenza al fatto (“influenza notevole”), che dovrebbe produrre gli effetti di qualificazione giuridica, di un fatto diverso (disponibilità di una determinata percentuale di voti in assemblea).
2.7. Se poi con il riferimento alla presunzione legale assoluta si intende alludere al “ragionamento presuntivo” del legislatore, alla massima di esperienza - l’id quod plerumque accidit - sottesa alla fattispecie legale, si tratta allora della ratio, del fondamento esterno della norma, non del contenuto e degli effetti giuridici che ne derivano.
In tal caso, l’argomento diretto a desumere dal “ragionamento presuntivo” del legislatore il carattere esemplificativo della fattispecie “prova troppo”, perché, se ciò fosse vero, essendo ogni norma, a ben vedere, fondata su una massima di esperienza, non esisterebbero fattispecie tassative.
La questione allora, spostandosi dalle implicazioni della pretesa presunzione legale alla ratio legis, si trasferisce dalla struttura della fattispecie alla interpretazione della norma.
E allora, per le considerazioni prima esposte (esclusione dal rinvio normativo delle società collegate e definizione qualificatoria che deroga alla libertà di contrarre), la norma in esame deve comunque essere qualificata come tassativa ed insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica.
2.8. A ciò va aggiunto che il criterio soggettivo individuato dall’indirizzo giurisprudenziale in esame come alternativo a quello del controllo (c.d. collegamento sostanziale), che, va ricordato, determina una penetrante limitazione della legittimazione negoziale delle imprese, non sembra inserirsi coerentemente nel sistema.
a) In mancanza di una base di legge tale collegamento, nell’ipotesi di unione personale determinata dalla quasi totale identità dei titolari dei pacchetti azionari e dalla comunanza degli organi direttivi, è un collegamento in senso economico e direttivo ma non in senso giuridico (Cass., 13 febbraio 1992, n. 1759).
Una limitazione “da collegamento” alla legittimazione negoziale di società commerciali costituisce una deroga ai princìpi privatistici della personalità giuridica e dell’autonomia patrimoniale delle società medesime: per la sua configurazione è necessario dunque un criterio giuridico di diritto privato, come quello fondato sulla influenza della società controllante sull’assemblea della società controllata, non essendo sufficiente un criterio di “diritto giudiziario” fondato su elementi estrinseci.
b) La configurazione di un’attività di “holding individuale”, cioè di un gruppo di società caratterizzato dalla presenza di un socio dominante di tutte le società del gruppo, non annulla l’autonomia patrimoniale di cui ciascuna società è munita (cfr., in materia di stato di insolvenza ai fini della dichiarazione di fallimento, Cass., 7 luglio 1992, n. 8271).
c) Anche l’estensione dell’imputazione formale del rapporto di lavoro a società dello stesso gruppo diversa da quella che appare come datrice di lavoro, ai quali fini la giurisprudenza tradizionale esclude che il collegamento economico-funzionale tra società comporti l’insorgere di un autonomo soggetto di diritto o di un centro di imputazione diverso dalle singole società collegate (Cass., 16 maggio 2000, n. 6361), richiede pur sempre, secondo le ultime acquisizioni della giurisprudenza, l’accertamento della simulazione o della preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività tra i vari soggetti del collegamento economico-funzionale (Cass., 1 aprile 1999, n. 3136).
d) L’accertamento del c.d. collegamento sostanziale, attinente alla soggettività delle società dalle quali insorgerebbe un unico centro di interesse, viene affidato a una serie indeterminata di indizi eterogenei, per natura e per efficacia probatoria, nessuno dei quali è considerato indefettibile.
Di questi indizi alcuni (unioni personali di titolari di pacchetti azionari, di amministratori, di dirigenti, comunanza o contiguità della sede o delle utenze telefoniche, analogie soggettive e/o cronologiche degli attestati di qualificazione) attengono all’organizzazione societaria e operativa, altri (analogie nella formazione o nella spedizioni dei plichi, nelle modalità di rilascio delle fideiussioni) attengono alla singola offerta.
La conseguenza è che, pur essendo l’indagine indiziaria strumentale ad un evento non di danno ma di pericolo alla genuinità del confronto concorrenziale (il contenuto delle offerte non ne costituisce oggetto), vengono attratti nella fattispecie di pericolo, strutturata su forme di collegamento soggettivo economico-funzionale, elementi attinenti alla singola offerta piuttosto che all’organizzazione ed all’attività delle imprese.
e) L’indeterminatezza del concetto di collegamento sostanziale e degli elementi sintomatici mediante i quali è accertabile delle stazioni appaltanti ha un ulteriore punto di criticità, in quanto l’inesistenza di un collegamento sostanziale deve essere dichiarata dalle imprese concorrenti, come tutti gli altri requisiti di affidabilità.
E’ problematico configurare un onere dichiarativo avente ad oggetto l’inesistenza di una situazione riconducibile ad un concetto – quello del collegamento sostanziale – indeterminato, la cui ricorrenza, dipendendo la sua definizione dalla ricorrenza di elementi imprecisati nel numero e nella qualità e da apprezzamenti discrezionali sintomatici della stazione appaltante, può ingenerare non implausibili incertezze qualificatorie nelle imprese concorrenti. .
A maggior ragione ove si abbia riguardo al fatto che la ritenuta falsità di tale dichiarazione, una volta annotata nel casellario informatico, comporta la grave sanzione dell’esclusione dell’impresa dalle gare d’appalto per la durata di un anno (art. 75, comma 1, lett. h) dpr. n. 554/99).
Qui appare problematica la compatibilità con il principio di stretta legalità, di cui quello della tassatività della fattispecie è un corollario, vigente per le violazioni amministrative: punibili con sanzioni pecuniarie (artt. 1 e 12 della legge 24 novembre 1981, n. 689), valutarie (art. 23-bis dpr 31 marzo 1988 n. 148) e tributarie (art. 3 del d. lgs. 18 dicembre 1997, n. 472) e che sta acquisendo la capacità espansiva di un principio generale.
2.9. Se, per quanto fin qui detto, il c.d. collegamento sostanziale non ha base di legge, nemmeno le stazioni appaltanti possono introdurre discrezionalmente nei bandi di gara clausole di esclusione dalle gare delle imprese in situazione di collegamento sostanziale.
In materia di requisiti di partecipazione alle gare, un potere discrezionale delle amministrazioni aggiudicatrici è riconosciuto in ordine:
ai requisiti di capacità economico-finanziaria, quanto alla scelta tra le referenze comunitarie e l’indicazione di altre referenze diverse dalle precedenti (art. 26 par. 2 dir. 93/37/CE sui lavori; art. 22 par. 2 dir. 93/36/CE sulle forniture; art. 31 par. 2 dir. 92/50/CE sui servizi);
ai requisiti di capacità tecnica, quanto alla sola scelta tra le referenze comunitarie (art. 27 par. 2 dir. 93/37/CE sui lavori; art. 23 par. 2 dir. 93/36/CE sulle forniture; art. 32 par. 3 dir. 92/50/CE sui servizi).
Nel diritto comunitario nessun potere discrezionale è attribuito alle amministrazioni aggiudicatrici in ordine alla determinazione dei requisiti generali di affidabilità (o di onorabilità) (art. 24 dir. 93/37/CE sui lavori; art. 20 dir. 93/36/CE sulle forniture; art. 29 dir. 92/50/CE sui servizi).
L’esigenza di disciplina uniforme su quest’ultimo punto appare coerente alla natura di tali requisiti primari, da cui dipende l’idoneità delle imprese allo stesso contatto sociale con l’amministrazione e che pertanto sono insensibili alla specificità delle prestazioni che formano oggetto dei bandi di gara.
Anche nel diritto interno non è previsto un potere discrezionale delle stazioni appaltanti in ordine alla determinazione dei requisiti generali (all. L, M e N al d.p.r. n. 554/99 sul contenuto dei bandi di gara negli appalti di lavori; art. 11 d. lgs. 24 luglio 1992, n. 358 in materia di forniture; art. 12 d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157 in materia di servizi).
Il requisito dell’inesistenza di situazioni di controllo con altre imprese partecipanti alla medesima gara è assimilabile ai requisiti generali: anch’esso, infatti, incide sulla affidabilità delle imprese ai fini della genuinità del confronto concorrenziale.
3. Per quanto esposto, il bando di concorso e il patto di integrità impugnati sono illegittimi nelle clausole in cui prevedono il divieto di partecipare alla gara a carico di imprese che si trovino tra di loro in collegamento diverso dalla situazione di controllo di cui all’art. 2359 c.c. e ne stabiliscono l’esclusione.
Sono conseguentemente illegittimi i provvedimenti di esclusione e di aggiudicazione adottati dal Comune di Milano e quello dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici di iscrizione della relativa annotazione nel casellario dei lavori pubblici.
Restano assorbiti il terzo e il quarto motivo, relativi all’applicazione dei criteri del bando ed alla iscrizione nel casellario dei lavori pubblici.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla per quanto di ragione i provvedimenti impugnati.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 maggio 2005.
Stefano Baccarini PRESIDENTE ESTENSORE
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