HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. IV, 27/4/2005 n. 1948
Sulla tardiva trasmissione della certificazione attestante il rispetto della copertura minima obbligatoria dei costi di gestione di servizi pubblici.

L'art. 9 del D.L. n. 6 del 1991 è inequivoca nello stabilire che entro il termine del 31 marzo 1992, espressamente definito perentorio, andava inviata la certificazione attestante il rispetto per l'anno 1991 della percentuale stabilita dei costi di gestione, per cui la documentazione inviata dopo tale data - in quanto quella tempestivamente inviata attestava una copertura inferiore - non poteva essere presa in considerazione.
Pertanto, un Comune qualora non ottemperi all'obbligo di adeguare le tariffe del servizio di acquedotto ai fini della copertura minima di legge nel termine perentorio ivi stabilito, legittimamente incorre nella sanzione della decurtazione del fondo perequativo a sua disposizione.

Materia: servizi pubblici / disciplina

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 2141 del 1995 NRG, proposto dal COMUNE DI VENEGONO INFERIORE, in persona del legale Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Locati ed elettivamente domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13

 

contro

il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura  Generale dello Stato, presso i cui Uffici, ope legis, domicilia, in Roma, via dei Portoghesi n. 12

 

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Milano (Sezione I), 25 novembre 1994, n. 858, resa inter partes e non notificata.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Vista la memoria prodotta dall’appellante;

Visti gli atti tutti della causa.

Relatore alla pubblica udienza del 24 giugno 2004 il consigliere Nicola Russo;

Uditi altresì per le parti l’avv. Raffaele Ferola in sostituzione dell’avv. Marco Locati e l’Avv. dello Stato Vittorio Cesaroni;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso ritualmente notificato e depositato il Comune di Venegono Inferiore impugnava dinanzi al T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, il decreto del Ministro dell’Interno del 5 agosto 1993, con cui era stata applicata al Comune stesso la sanzione della perdita della quota del fondo perequativo per l’anno 1991, in quanto i costi del servizio di acquedotto non sarebbero stati coperti nella misura minima dell’80%, così come previsto dagli artt. 3, comma III° e 4, comma III°, del D.L. n. 6/1991, convertito nella legge n. 80/1991.

Avverso tale provvedimento deduceva le seguenti censure:

1) “Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto della sanzione, eccesso di potere per violazione e travisamento della ratio della legge n. 80/1991”, in quanto il Comune solo in sede di conto consuntivo 1991, e cioè nel 1992, avrebbe verificato che il costo della gestione del servizio di acquedotto era stato coperto per il 1991 di una percentuale pari all’83,82%, superiore a quella prevista dalla legge, così da consentire allo stesso di accedere al fondo perequativo; né vi sarebbe stata alcuna violazione di legge, dato che le gestioni degli enti locali sarebbero rette dal principio di continuità tra i vari periodi in cui le stesse si articolano.

2) “Eccesso di potere per travisamento di fatto e della ratio legis, per carenza di motivazione ed indagine istruttoria”, in quanto il Comune avrebbe ottemperato alle disposizioni riguardanti la copertura minima dei costi, e la sanzione non potrebbe essere applicata per inosservanze formali.

Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata, rilevando l’infondatezza del ricorso nel merito e chiedendone il rigetto.

Con sentenza n. 858 del 25 novembre 1994 il T.A.R. adito respingeva il ricorso proposto dal Comune, compensando le spese di giudizio.

Con ricorso notificato l’11 marzo 1995 e depositato il 23 marzo successivo il Comune di Venegono Inferiore ha appellato la predetta sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone la riforma, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato e, ove occorra, accertamento e declaratoria dell’insussistenza del presupposto di fatto per l’irrogazione della sanzione della perdita della parte del fondo perequativo per l’anno 1991, il tutto con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio.

Si è costituito per resistere all’appello il Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato.

Nell’imminenza dell’udienza di discussione parte appellante ha depositato una memoria illustrativa, insistendo nelle conclusioni assunte.

Alla pubblica udienza del 24 giugno 2004 la causa è stata spedita in decisione.

 

DIRITTO

Il Comune di Venegono Inferiore impugna la sentenza del T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, n. 858 del 1994, meglio indicata in epigrafe, che ha respinto il ricorso dal medesimo proposto avverso il decreto ministeriale del 5 agosto 1993, con cui gli è stata applicata la sanzione della perdita del fondo perequativo per l’anno 1991, in quanto i costi del servizio di acquedotto non sarebbero stati coperti nella misura minima dell’80%, così come previsto per i Comuni dall’art. 4, comma 3°, del D.L. 12 gennaio 1991, n. 6, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 80 (“Disposizioni urgenti in favore degli enti locali per l’anno 1991”).

Dispone, infatti, l’art. 4, comma 3°, del D.L. n. 6/1991, convertito nella legge n. 80/1991, che <<La quota del fondo perequativo spettante ai comuni … è corrisposta nel 1991 a titolo provvisorio in attesa che l’ente abbia dimostrato di aver ottemperato alle disposizioni riguardanti la copertura minima obbligatoria dei costi dei servizi, di cui all’articolo 9. In caso di mancata osservanza l’ente è tenuto alla restituzione delle somme relative all’anno 1991, mediante trattenuta sui fondi perequativi degli anni successivi>>.

Ai sensi dell’art. 9 del D.L. n. 6/1991, convertito nella legge cit., poi, i Comuni <<sono tenuti a trasmettere entro il termine perentorio del 31 marzo 1992 apposita certificazione … che attesti il rispetto per l’anno 1991 delle disposizioni di cui all’art. 14, commi 1, 2, 3 e 4 del … decreto-legge n. 415 del 1989>>, convertito con legge n. 38 del 1990, certificazione le cui modalità sono state stabilite, come previsto dalla medesima norma, con decreto del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro del Tesoro.

L’art. 14 del D.L. n. 415/1989, al 3° comma, stabilisce, infine, che, dall’anno 1990, le tariffe per il servizio di acquedotto sono determinate in misura non inferiore all’80% del costo complessivo di gestione, e al 4° comma precisa, tra l’altro, che <<Ai fini della copertura dei costi di gestione si fa riferimento ai dati della competenza, comprovati da documentazione ufficiale>>.

Nella specie i primi giudici hanno respinto il ricorso sulla base del rilievo, ritenuto risolutivo della controversia, che era incontestato che la certificazione inviata il 30 marzo 1992, e, cioè, entro il termine di legge del 31 marzo 1992, attestava una copertura dei costi di gestione del servizio di acquedotto del 72,88%, inferiore, quindi, all’80% stabilito dalla legge, e che la documentazione comprovante il superamento di tale minimo era stata, invece, inviata successivamente alla scadenza di tale termine.

Il Comune appellante, tuttavia, contesta l’esistenza del presupposto di fatto per l’applicazione della sanzione da parte del Ministero, affermando di aver inviato la prima comunicazione entro il termine del 31 marzo 1992 sulla base dei dati contabili in quel momento disponibili, precisando, altresì, che solo in un secondo momento, in sede di conto consuntivo per l’anno 1991, sarebbe stato possibile fornire i dati definitivi, visto che era in attesa dei dati necessari dalla ditta appaltatrice; ne consegue, secondo l’appellante, che il termine del 31 marzo 1992 fissato dalla normativa era, dunque, impossibile da rispettare, o, meglio, poteva essere salvaguardato solo con la comunicazione di un dato provvisorio, con riserva di integrazione, e che, quindi, il termine del 31 marzo 1992 non era da considerarsi perentorio.

L’appello è infondato.

Come, infatti, correttamente ritenuto dal giudice di prime cure, ove la lettera delle legge sia chiara, essa è insuperabile e preclude il ricorso a criteri ermeneutici suppletivi. Ora, la formulazione letterale dell’art. 9 del D.L. n. 6 del 1991 è inequivoca nello stabilire che entro il suddetto termine (31 marzo 1992), espressamente definito perentorio, andava inviata la certificazione attestante il rispetto per l’anno 1991 della percentuale stabilita dei costi di gestione, per cui la documentazione inviata dopo tale data - in quanto quella tempestivamente inviata attestava una copertura inferiore -  non poteva essere presa in considerazione.

Quanto all’affermazione secondo cui l’attestazione finale dei costi può essere fornita solo quando vi siano tutti gli elementi necessari a consuntivo, mentre il riferimento ai semplici dati di competenza non sarebbe richiesto dalla legge, si osserva che, come pure fondatamente sottolineato dai primi giudici, gli ulteriori accertamenti deliberati nel 1992, dai quali risulta la copertura di un’ulteriore percentuale dei costi del servizio, non possono essere ritenuti rilevanti, giacché, ai sensi dell’art. 14, comma 4°, del D.L. n. 415 del 1989, sopra richiamato, ai fini della copertura dei costi di gestione si deve fare riferimento ai dati della competenza, e cioè agli accertamenti di entrata e agli impegni di spesa per il 1991 deliberati in tale anno.

Da quanto fin qui detto consegue, dunque, che, ove, come nel caso di specie, il Comune non ottemperi all’obbligo di adeguare le tariffe del servizio di acquedotto ai fini della copertura minima di legge nel termine perentorio ivi stabilito, legittimamente incorre nella sanzione della decurtazione del fondo perequativo a sua disposizione.

 L’appello deve, pertanto, essere respinto in quanto infondato nel merito e, per l’effetto, deve essere confermata l’impugnata sentenza.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello n. 2141/95, meglio descritto in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la impugnata sentenza.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese, competenze ed onorari in favore del Ministero appellato, liquidandole in complessive €. 3.000,00 (euro tremila).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso a Roma addì 24 giugno 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di Consiglio con l’intervento dei signori:

Stenio RICCIO                                               Presidente

Anna LEONI                                                  Consigliere

Bruno MOLLICA                                           Consigliere

Nicola RUSSO                                               Consigliere rel. est.

Salvatore CACACE                                        Consigliere

           

L’ESTENSORE                                             IL PRESIDENTE

Nicola Russo                                                  Stenio Riccio

IL SEGRETARIO

Maria Grazia Nusca

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

27 aprile 2005

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

 

Il Dirigente

Antonio Serrao

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici