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Consiglio di Stato, Sez. V, 19/7/2005 n. 3815
La facoltà attribuita all'ente locale di incrementare la durata di una concessione traslativa è esercizio di discrezionalità amministrativa.

Riforma TAR Brescia, 9.3.05, n. 142.

Il comma 7 dell'art. 15 del D.Lgs. n. 164/2000, lungi dal contemplare una facoltà (rectius, un diritto potestativo) liberamente esercitabile dall'ente locale, configura una vera e propria potestà amministrativa incidente sulla durata di una concessione traslativa, condizionata, da un lato, alla preventiva verifica tecnico-discrezionale in ordine al ricorrere delle condizioni legittimanti ivi previste ed avente ad oggetto, dall'altro, una determinazione, tipicamente discrezionale, implicante una scelta ponderata circa la concessione degli incrementi di durata del periodo transitorio.
Pertanto, lo svolgimento della funzione connessa a detta potestà è assoggettato al rispetto di tutti i principi regolanti i procedimenti amministrativi e, tra questi, in primo luogo quello di partecipazione, nei quali il soggetto gestore riveste la manifesta posizione di controinteressato (e, quindi, di necessario destinatario della comunicazione ex art. 7 della L. n. 241/1990).
La norma de qua pone, dunque, carico del Comune procedente un chiaro obbligo di pronunciarsi, al ricorrere delle condizioni indicate dalla norma, sulla possibilità di derogare ad una disposizione di carattere generale (sulla durata cioè del periodo transitorio) altrimenti tassativa.

Materia: gas / estinzione rapporto di concessione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione

ha pronunciato la seguente

 

decisione

sul ricorso in appello n. 3932 del 2005 proposto dalla ITALGAS – SOCIETÀ ITALIANA PER IL GAS S.P.A., costituitasi in persona del Vice Presidente ed Amministratore delegato l.r. p.t., ing. Giacomo Vitali, rappresentata e difesa dagli avv.ti. M. Alberto Quaglia e Stefano D’Ercole, elettivamente domiciliata in Roma, Largo del Teatro Valle n. 6;

 

contro

il COMUNE DI VILLIMPENTA, costituitosi in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Arrigo Gianolio ed Orlando Sivieri, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Libertà n. 13, presso lo studio del secondo difensore;

 

con l’intervento ad adiuvandum

dell’ANIGAS – ASSOCIAZIONE NAZIONALE INDUSTRIALI DEL GAS, costituitasi in persona del Presidente l.r. p.t., dott. Franco Castagnola, rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio Zoppolato, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, via del Mascherino n. 72;

 

per la riforma

della sentenza n. 142 dell’11.2.2005-2.3.2005/9.3.2005 pronunciata dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia;

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ente civico intimato;

Vista l’atto d’intervento dell’Anigas;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il consigliere Gabriele Carlotti;

Uditi alla pubblica udienza del 24.6.2005 l’avv. M.A. Quaglia per l’Italgas, l’avv. A.A. Gianolio per il Comune di Villimpenta e l’avv. M. Zoppolato per l’Anigas;

Premesso che l’appello si presta ad essere deciso con sentenza succintamente motivata ai sensi dell’art. 26 della L. 6.12.1971, n. 1034;

 

Ritenuto in fatto che l’Italgas impugna la sentenza, specificata in epigrafe, con cui il T.a.r. della Lombardia, sedente in Brescia, ha respinto il ricorso, promosso in primo grado dall’odierna appellante, avverso la delibera di Consiglio comunale di Villimpenta n. 29 del 28.6.2004;

che con tale delibera, avente per oggetto l’«Acquisizione reti di distribuzione gas metano», l’ente civico appellato deliberò di «porre definitivamente termine alla concessione in favore dell’Italgas ai sensi del D.Lgs. n. 164 del 23.05.2000, con effetto dal 31.12.2005, del servizio pubblico di distribuzione del gas nel territorio comunale, e dei relativi impianti, di cui all’atto n. 21172, rep. Del 24.07.1985», nonché «di individuare come modalità per il riaffidamento del servizio … la licitazione privata ad evidenza comunitaria, ex D.Lgs. n. 157 del 17.03.1995…»;

che il T.a.r., dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento (individuato negli artt. 15 del D.Lgs. 23.5.2000, n. 164  e nell’art. 1, comma 69, della L. 23.8.2004, n. 239), stimò il provvedimento in discorso immune da tutti i vizi denunciati dalla società appellante;

che il primo giudice – con riguardo alla principale questione di diritto investita dalla controversia – ha negato l’automaticità degli incrementi del periodo transitorio previsti dall’art. 15, comma 7, del D.Lgs. n. 164 del 2000;

che, più in particolare, il T.a.r. ha sostanzialmente ritenuto – con interpretazione prevalentemente imperniata sulla valorizzazione esegetica della parola «può» utilizzata nel comma sunnominato – che il legislatore delegato abbia attribuito all’ente locale concedente un vero e proprio diritto potestativo (seppur funzionale a scelte di natura organizzativa) in ordine al riconoscimento, o meno, di siffatti incrementi (da concordare comunque con il gestore del servizio);

che, muovendo da tale assunto, il Tribunale bresciano è giunto alla conclusione della non applicabilità alla fattispecie dei principi fondamentali in tema di partecipazione procedimentale e di motivazione dei provvedimenti amministrativi, stante il difetto in capo al concessionario di alcun interesse giuridicamente tutelabile ad pretendere l’incremento previsto dalla normativa;

 

Considerato in diritto che, ad avviso del Collegio, la premessa interpretativa del ragionamento decisorio seguito dal primo giudice non può essere condivisa;

che, invero, il comma 7 dell’art. 15 sunnominato (non direttamente interessato dall’art. 1 della L. n. 239/2004, peraltro entrato in vigore successivamente alla delibera impugnata e, dunque, irrilevante nello specifico, almeno con riferimento ai suoi contenuti innovativi) individua tre condizioni legittimanti gli incrementi di durata differenziata (concepiti alla stregua di “misure premiali”) in favore delle imprese, affidatarie o concessionarie, che abbiano rispettivamente aumentato la propria clientela (mediante accorpamenti societari o attraverso estensioni territoriali del servizio offerto o tramite aumento dei volumi di gas distribuito; lett. A) e b)) o che abbiano accresciuto – qualora  a partecipazione maggioritaria pubblica – la presenza privata nel capitale sociale;

che, alla luce di queste premesse, deve opinarsi che la normativa in esame contempli un interesse differenziato e qualificato del gestore uscente acché l’ente locale si pronunci sulla ricorrenza, o meno, delle ridette condizioni legittimanti e, quindi, sulla concedibilità, o no, degli incrementi in parola;

che, d’altronde, l’interesse del gestore del servizio può essere di natura pretensiva (è questa indubbiamente l’ipotesi che ricorre più frequentemente), ma anche talora oppositiva (laddove, per ipotesi, l’affidatario o il concessionario ritengano conveniente non protrarre un rapporto prossimo alla scadenza, ad esempio perché non redditizio);

che le precedenti considerazioni inducono il Collegio a preferire un’interpretazione del termine «può» affatto difforme da quella proposta dal T.a.r.;

che, invero, il primo giudice, fondando le proprie argomentazioni sulla tesi del libero esercizio della facoltà comunale di incrementare il periodo transitorio “individuale”, è pervenuto alla conclusione, indubbiamente coerente con l’approccio “civilistico” prescelto, che all’Italgas non spettasse alcuna preventiva comunicazione di avvio del procedimento, attesa la cessazione ope legis, ossia automaticamente alla scadenza del periodo transitorio “generale”, dell’efficacia del rapporto concessorio in essere;

che il T.a.r. ha pure espressamente escluso la natura provvedimentale della deliberazione consiliare contestata nella parte in cui essa si limiterebbe a prendere atto dell’estinzione del rapporto alla data del 31.12.2005;

che, in aggiunta, il Tribunale ha affermato che l’invio dell’avviso prescritto dall’art. 7 della legge n. 241/1990 sarebbe stato necessario soltanto qualora il Comune di Villimpenta avesse deciso di incrementare il periodo transitorio (ma non nell’ipotesi inversa);

che, di converso, il Collegio è dell’opinione che il comma 7 dell’art. 15 del D.Lgs. n. 164/2000, lungi dal contemplare una facoltà (rectius, un diritto potestativo) liberamente esercitabile dall’ente locale, configuri piuttosto una vera e propria potestà amministrativa incidente sulla durata di una concessione traslativa, condizionata, da un lato, alla preventiva verifica tecnico-discrezionale in ordine al ricorrere delle condizioni legittimanti ivi previste ed avente ad oggetto, dall’altro, una determinazione, tipicamente discrezionale, implicante una scelta ponderata circa la concessione degli incrementi in parola;

che, in quanto tale, lo svolgimento della funzione connessa a detta potestà sia pienamente assoggettato al rispetto di tutti i principi regolanti i procedimenti amministrativi e, tra questi, in primo luogo quello di partecipazione;

che non può sussistere, infatti, alcun dubbio circa la manifesta posizione di controinteressato (e, quindi, di necessario destinatario della comunicazione ex art. 7 della L. n. 241/1990) rivestita dal gestore rispetto alla decisione della p.a. di incrementare, o meno, la durata del periodo transitorio;

che, invece, l’esegesi suggerita dal T.a.r. oblitera l’esistenza di un preciso interesse pretensivo del gestore all’incremento in presenza di taluna delle condizioni legittimanti sopra menzionate (ed, a ben vedere, il Collegio bresciano finanche nega – alle pagg. 17 e 18 della sentenza – che dalla delibera consiliare impugnata discenda alcun pregiudizio giuridico per l’appellante);

che, sebbene tale situazione soggettiva possa ovviamente recedere nel confronto comparativo con interessi pubblici di segno eventualmente contrario, nondimeno l’ente locale non può impedire al concessionario di prendere attivamente parte alla formazione, sul punto, della volontà amministrativa, considerati gli evidenti riverberi di una determinazione del genere sul bilancio e sulla programmazione imprenditoriale del gestore;

che, dunque, la locuzione «può essere incrementato» che compare nel comma in esame, pur ponendo l’accento sulla variegata discrezionalità sottesa alla decisione in argomento, tuttavia non colloca l’oggetto della relativa deliberazione consiliare nell’ambito esclusivamente civilistico, ponendo invece a carico del Comune procedente un chiaro obbligo di pronunciarsi, al ricorrere delle condizioni indicate dalla norma, sulla possibilità di derogare (consentita, appunto dal comma in esame) ad una disposizione di carattere generale (sulla durata cioè del periodo transitorio) altrimenti tassativa; 

che, diversamente opinando, verrebbe ingiustamente annichilita la legittima aspettativa delle imprese gerenti alla valutazione da parte dell’amministrazione locale, nella prospettiva di un possibile incremento “individuale” della durata del periodo transitorio, degli sforzi da esse ipoteticamente compiuti per avviare in pregresso operazioni di fusione o di privatizzazione o, alternativamente, per la realizzazione di opere infrastrutturali miranti al potenziamento, tecnico o territoriale, del servizio offerto;

che, inoltre, al di là di ogni altro rilievo, non può dimenticarsi, allargando diacronicamente il campo della prospettiva esegetica, che l’effetto dell’entrata in vigore dell’art. 15 del  D.Lgs. n. 164/2000 sia stato comunque quello di abbreviare sensibilmente la durata, di regola originariamente fissata ben oltre la scadenza del periodo transitorio ora stabilita in via legislativa, di concessioni (o di affidamenti) già assegnate;

che, quindi, la circostanza del mutato assetto degli equilibri convenzionali a sfavore dei gestori uscenti, mercé il succitato jus superveniens, condiziona inevitabilmente l’interpretazione della norma nel senso indicato dal Collegio;

che, pertanto, la delibera impugnata in prime cure, in disparte l’esame di ogni altro motivo di censura devoluto alla cognizione del Collegio, si presenta illegittima per violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990;

che, a maggior ragione, la soluzione sopra illustrata s’imporrebbe come obbligata anche nell’ipotesi in cui l’atto comunale gravato fosse da interpretarsi come esercizio del potere di riscatto anticipato (ed, in questo senso, potrebbe astrattamente deporre il riferimento all’accollo da parte dell’amministrazione resistente del pagamento delle somme di eventuale spettanza del gestore uscente);

che la natura del motivo accolto (il quinto del primitivo ricorso) comporta l’assorbimento di tutte le altre doglianze e determina l’irrilevanza, ai fini del decidere, della q.l.c. sollevata;

che l’accoglimento in questi termini del ricorso di prime cure nella sua parte cassatoria impone al Comune di Villimpenta di rinnovare il procedimento tenendo conto delle superiori statuizioni;

che, nella rinnovata sede procedimentale, l’amministrazione locale appellata dovrà altresì esaminare l’incidenza ratione temporis sulla fattispecie di quanto disposto dall’art. 1 della L. n. 239/2004;

che, conseguendo alla rinnovazione in parola l’effetto di reintegrare pienamente la società appellante nelle sue posizioni giuridiche, va esclusa la sussistenza di alcun danno risarcibile, apparendo così ristorata in forma specifica anche l’eventuale lesione del contatto amministrativo qualificato;

che sussistono giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio;

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello indicato in epigrafe nei sensi precisati in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso promosso in primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 24.6.2005, con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro             - Presidente

Raffaele Carboni                      - Consigliere

Cesare Lamberti                      - Consigliere

Nicola Russo                           - Consigliere

Gabriele Carlotti                      - Consigliere estensore

L’ESTENSORE                                 IL PRESIDENTE

f.to Gabriele Carlotti                            f.to Sergio Santoro

 

IL SEGRETARIO

f.to Antonietta Fancello

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19 luglio 2005

(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)

IL DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

Note: Nota alle sentenze del Consiglio di Stato, sez. V, del 19 luglio 2005, nn. 3815 e 3816.
di La Redazione

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