HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Lazio, sez. II ter, 2/9/2005 n. 6581
La scelta del concessionario di un pubblico servizio deve essere conseguente ad una procedura competitiva e concorrenziale ispirata ai principi dettati dal Trattato CE.

La giurisprudenza amministrativa, sulla scorta delle osservazioni svolte dalla Commissione europea (comunicazione interpretativa CE del 29 aprile 2000) e considerata "la portata espansiva dei principi comunitari, che, indirettamente, toccano anche il settore dei servizi pubblici" (così la sentenza n. 2294/02), ed in mancanza di un'apposita direttiva, ha chiarito che, nell'affidamento dei servizi pubblici, vanno comunque applicati i principi comunitari di divieto di discriminazione basato sulla nazionalità dei concorrenti, libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento, la libera prestazione di servizi, la parità di trattamento, la trasparenza, la proporzionalità. A prescindere, insomma, dall'applicabilità di specifici regimi, tutte le concessioni ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni degli articoli da 28 a 30 (ex articoli da 30 a 36), da 43 a 55 (ex articoli da 52 a 66) del Trattato CE o dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte con la conseguenza che la scelta del concessionario deve essere conseguente ad una procedura competitiva e concorrenziale ispirata ai principi dettati dal trattato istitutivo, in modo da consentire la possibilità da parte delle imprese interessate di esplicare le proprie chances partecipative.

Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio

Sede di Roma, Sez. II ter

composto dai signori magistrati:

Consigliere Roberto Scognamiglio                               Presidente

Consigliere Paolo Restaino                                          Correlatore

Primo Ref. Silvia Martino                                            Relatore

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 2926/2005 proposto da società “E. Malatesta s.r.l.”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Anna Maria Pitzolu ed elettivamente domiciliata in  Roma presso lo studio del difensore alla via Lucio Coilio n. 19

 

CONTRO

-  Comune di Fabrica di Roma, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Fabrizio Pietrosanti ed elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio del difensore alla Via di Villa Albani n. 8

 

per l’annullamento

del bando di gara per l’affidamento in concessione dei servizi cimiteriali del Comune di Fabrica di Roma datato 16 febbraio 2005 nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e conseguenziali  a quello impugnato, ancorché sconosciuti alla ricorrente.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune resistente;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti di causa;

Data per letta alla pubblica udienza del 20.6.2005 la relazione del dr. Silvia Martino e uditi altresì i procuratori presenti come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

1. Espone la ricorrente che, con delibera di Giunta comunale n. 4 del 7 gennaio 2005, il Comune di Fabrica di Roma procedeva all’esternalizzazione dei servizi cimiteriali e approvava il relativo capitolato d’oneri, nel quale venivano indicate in dettaglio le modalità di gestione del servizio e gli oneri ed obblighi a carico dell’impresa aggiudicataria.

In esecuzione della delibera sopra menzionata, l’Amministrazione procedeva alla pubblicazione del bando oggetto di impugnazione, con il quale indiceva la gara per l’affidamento in concessione dei servizi cimiteriali per la durata di dieci anni, il cui valore complessivo, riferito all’intero periodo di durata, veniva stimato in euro 500.000,00.

Nel bando di gara si prevedeva la possibilità di essere ammesse alla gara per le sole società di capitali e si richiedeva altresì, tra i requisiti per l’ammissione:

- un fatturato globale della società negli  ultimi tre anni di importo pari almeno a euro 500.000,00 per ciascun anno;

- il possesso di una dotazione stabile di attrezzature tecniche comprendente almeno una macchina tagliaerba e tre automezzi di varia capienza;

- l’esistenza di un organico di personale dipendente al 31 gennaio 2005, comprendente almeno un dirigente e otto dipendenti, esclusi i soci d’opera, già occupati dalla ditta in attività amministrative e/o tecniche connesse all’oggetto sociale.

Inoltre, col provvedimento impugnato, disattendendo completamente quanto previsto nel capitolato d’oneri, l’Amministrazione inseriva altresì nel bando l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere una persona scelta dall’Amministrazione, tra quelle segnalate dai servizi sociali, in qualità di custode del cimitero, nonché l’obbligo di impiegare per i servizi cimiteriali tre persone, parimenti scelte dall’Amministrazione, tra quelle segnalate dai servizi sociali.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

1) Violazione degli artt.13 e 14 del d.lgs. n. 157/95 – Violazione degli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione – Violazione degli artt. 27 – 30 – 49 – 86 e s.s. del Trattato CE – Eccesso di potere per disparità di trattamento, manifesta illogicità e incongruità : la facoltà dell’Amministrazione di stabilire requisiti di partecipazione alle pubbliche gare più severi rispetto a quelli indicati negli artt. 13 e 14 del d.lgs. n. 157/95, è pur sempre limitata dalla necessità di rispettare i principi di proporzionalità, logicità, ragionevolezza e concorrenzialità. La Commissione Ce, nella comunicazione interpretativa n. 2000/C121//02 del 29 aprile 2000, ha infatti chiarito che le concessioni di servizi ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni degli artt. da 28 a 30 e da 43 a 45 del Trattato CE, nonché dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia in tema di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità. Nel caso di specie, il Comune di Fabrica, col bando impugnato, ha stabilito requisiti assolutamente incongrui e irrazionali rispetto all’oggetto della concessione, con l’effetto di limitare ingiustificatamente la concorrenza tra le imprese e l’accesso alla gara.

La ricorrente fa in primo luogo rilevare che è stata prevista, a suo dire del tutto illegittimamente, la possibilità di partecipare alla gara per le sole società di capitali, là dove l’affidabilità di un’impresa non può essere ex se desunta dalla sola forma giuridica. Stigmatizza poi la decisione di fissare, quale soglia minima di referenze economiche, il possesso di un fatturato globale relativo all’ultimo triennio pari a 500.000 euro per ciascun anno, e cioè un importo dieci volte superiore al valore presunto dell’intero appalto (stimato in euro 50.000, 00 per 10 anni di durata della concessione).

Altrettanto sproporzionata, prosegue la ricorrente, è la richiesta di un organico comprensivo di un dirigente e almeno otto dipendenti, nonché della disponibilità di un tagliaerba e di almeno tre automezzi di varia capienza. In proposito fa rilevare che il cimitero del Comune di Fabrica ha dimensioni assolutamente modeste e registra un limitato numero di decessi annui (circa 80). A prova di tanto, fa rilevare che, prima dell’esternalizzazione, il Comune impiegava nei servizi cimiteriali, una sola unità di personale operaio, addetto ai servizi di custodia, manutenzione e alle operazioni connesse ai servizi di sepoltura; 2) Violazione dell’art. 2082 c.c. – Eccesso di potere per difetto di motivazione, contrasto con l’art. 21 del capitolato d’oneri e con la delibera della Giunta comunale n. 4 del 7 gennaio 2005 – Manifesta illogicità – Contrarietà ai principi di parità di trattamento e non discriminazione – Sviamento – Violazione dell’art. 3, comma 8, della l. n. 415/98 e dell’art. 19, comma 2, della l. n. 108/94 e s.m.i. – Violazione dell’art. 107 d.lgs. n. 267(2000 (TUEL) – Incompetenza dell’autore del bando: il bando impugnato, all’art. 9, prevede l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere un dipendente indicato dall’Amministrazione tra quelli segnalati dai servizi sociali da adibire alle mansioni di custode e l’obbligo di impiegare nei servizi cimiteriali ulteriori tre unità parimenti scelte dall’Amministrazione tra quelle segnalate dai servizi sociali. La ricorrente reputa detto obbligo palesemente contrastante con il principio della libertà d’impresa, e comunque con lo stesso capitolato d’oneri approvato dalla Giunta comunale con la delibera n. 4/2005 in cui è chiaramente indicato che l’aggiudicatario debba assolvere l’impegno contrattuale esclusivamente con la propria organizzazione, di mezzi e personale, e a proprio rischio. Gli oneri e gli obblighi imposti dal bando, impongono poi all’impresa aggiudicataria costi palesemente superiori al valore della concessione, pregiudicando altresì l’equilibrio economico – finanziario tra investimenti e ricavi. Quanto poi all’esigenza, palesata dall’Amministrazione, di favorire l’inserimento lavorativo di persone disabili o svantaggiate, fa rilevare che l’ordinamento prevede strumenti appositi (quali ad esempio il collocamento obbligatorio o l’affidamento diretto degli appalti sotto – soglia alle cooperative sociali). Nella fattispecie, peraltro, la decisione di perseguire il reinserimento delle categorie svantaggiate non è poi in alcun modo ricavabile dalla delibera di esternalizzazione, ma è frutto di un’autonoma iniziativa del responsabile del II Settore, autore del bando impugnato.

Resiste il Comune intimato. Ha eccepito la carenza di interesse della società ricorrente ad impugnare l’art. 8 del bando in quanto è essa stessa una società di capitali né ha dimostrato di non possedere il fatturato, i mezzi e il personale richiesti. Nel merito, fa osservare che la ragione dell’importo del fatturato imposto quale requisito di ammissione risiede nella necessità dell’Amministrazione di individuare un concessionario di provata esperienza, il quale, deve presumersi, gestisca servizi consimili presso altri Comuni. La consistenza di personale e di mezzi è anch’essa richiesta quale connotato dell’impresa per l’esercizio dell’intera sua attività. Afferma poi che il contratto di servizio può prevedere prestazioni accessorie (come quella relativa agli obblighi di assunzione) che costituiscono oneri conformativi della struttura imprenditoriale del concorrente interessato all’aggiudicazione del servizio. L’obbligo di assunzione di un custode e di tre ulteriori unità (non necessariamente a tempo pieno) è poi coerente con il contenuto delle prestazioni richieste le quali si sovrappongono, deve presumersi, a quelle già sopportate dal concessionario per l’esecuzione degli altri contratti in corso.

Con decreto cautelare 24 marzo 2005, n. 1717 e con successiva ordinanza n. 2123/2005 resa nella camera di consiglio del 18 aprile 2005, è stata accolta l’istanza cautelare, con contestuale fissazione dell’udienza pubblica di discussione. 

La ricorrente ha quindi depositato una memoria conclusiva, precisando e sviluppando le proprie argomentazioni.

Il ricorso è stato infine assunto in decisione alla pubblica udienza del 20.6.2005.

 

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento nei termini che si vanno a precisare.

2. In via preliminare, devono condividersi i rilievi dell’Amministrazione intimata circa la carenza di interesse della società à Malatesta a coltivare il gravame avverso l’art. 8 del bando, limitatamente alla parte in cui detta clausola ammette a partecipare alla gara “ai sensi dell’art. 113 del d.lgs.18.8.2000, n. 267, esclusivamente le società di capitali regolarmente costituite”. La ricorrente è infatti essa stessa una società di capitali, e pertanto, dall’eventuale annullamento del bando in parte qua, non potrebbe ricavare alcuna utilità.  Per completezza, va comunque precisato che la censura è infondata nel merito in quanto il sistema di affidamento dei servizi pubblici locali, così come ridisegnato dagli artt. 113 e ss. del t.u.e.l., prevede che: “L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano” (art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione).

L’Amministrazione non ha invece dato compiuta dimostrazione (pur dando atto dell’avvenuta presentazione della domanda di partecipazione) dell’effettivo possesso da parte della società Malatesta dei requisiti di ammissione, nella misura delineata dal bando. In particolare, circa la distribuzione del relativo onere probatorio, osserva il Collegio che l’interesse a ricorrere della società Malatesta (nella duplice accezione di titolarità di un interesse qualificato e differenziato, oltre che dell’effettiva utilità di un’eventuale decisione di accoglimento) avverso i requisiti di ammissione, è sufficientemente comprovato dalla stessa presentazione della domanda di partecipazione alla gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2004, n. 196).

2. Sempre in via preliminare, circa i rilievi svolti dalla difesa del Comune in ordine alla circostanza che nella fattispecie si verte in ordine ad una concessione di pubblico servizio e non dell’affidamento di un appalto pubblico di servizi (con conseguente inapplicabilità delle norme del d.lgs. n. 157/95 invocate dalla ricorrente), il Collegio osserva quanto segue.

La giurisprudenza amministrativa, sulla scorta delle osservazioni svolte dalla Commissione europea (comunicazione interpretativa CE del 29 aprile 2000, ricordata dalla ricorrente), riprese anche in numerose circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri (ad es. la circolare n. 8756 del 6.6.2002), ha rinvenuto il criterio distintivo più convincente tra concessioni di servizi pubblici e appalti di servizi “nell’oggetto dei due contrapposti istituti, che si riflette anche sulla fisionomia dei rapporti considerati: mentre, infatti, l'appalto di servizi concerne prestazioni rese in favore dell'amministrazione, la concessione di servizi riguarda sempre un articolato rapporto trilaterale che interessa l'amministrazione, il concessionario e gli utenti del servizio” (così Cons. St., Sez. V, n. 2294 del 30.4.2002). Normalmente, nella concessione di pubblici servizi il costo del servizio grava sui privati/utenti, mentre nell'appalto di servizi spetta all'amministrazione l'onere di compensare l'attività svolta dal privato. Tale criterio integrativo, peraltro, assume un rilievo apprezzabile solo quando il servizio pubblico, per le sue caratteristiche oggettive, è divisibile tra gli utenti che, in concreto, ne beneficiano direttamente (per un caso di servizio reso indistintamente nei confronti della collettività cfr. Cons. St., sez.V, 11 settembre 2000, n. 4795, relativa al servizio di illuminazione pubblica). Ora, sebbene la riscontrata distinzione tra l'affidamento del servizio pubblico e l'appalto di servizi comporti anche l'inapplicabilità al primo delle regole specificamente contenute nel decreto legislativo n. 157/1995 (come si ricorderà la direttiva 92/50/CEE, nella versione definitiva, esclude dal proprio ambito di applicazione le concessioni di servizi), non può certo affermarsi che nel nostro ordinamento la scelta del concessionario sia rimessa alla piena discrezionalità dell’Amministrazione.

Come ricordato dalla cit. sentenza 2294/2002, già prima delle recenti riforme che hanno investito il settore dei servizi pubblici locali, nell'ambito del diritto interno, esistevano precise indicazioni dirette ad affermare l'applicabilità della regola concorsuale nell'affidamento  dei servizi pubblici. Secondo l'articolo 267 del regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico per la finanza locale), “le concessioni di cui all'art. 265 devono, di regola, essere precedute da asta pubblica. Tuttavia, quando circostanze speciali in rapporto alla natura dei servizi lo consigliano, il Prefetto può consentire che i contratti seguano a licitazione o a trattativa privata”. Va, infine, adeguatamente considerata “la portata espansiva dei principi comunitari, che, indirettamente, toccano anche il  settore dei servizi pubblici” (così la sentenza n. 2294/02). In mancanza di un’apposita direttiva, la giurisprudenza suole fare riferimento alla già cit. comunicazione interpretativa della Commissione europea del 12 aprile 2000, la quale ha chiarito che, nell'affidamento dei servizi pubblici, vanno comunque applicati i principi comunitari di divieto di discriminazione basato sulla nazionalità dei concorrenti, libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento, la libera prestazione di servizi, la parità di trattamento, la trasparenza, la proporzionalità. A prescindere, insomma, dall'applicabilità di specifici regimi, tutte le concessioni ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni degli articoli da 28 a 30 (ex articoli da 30 a 36), da 43 a 55 (ex articoli da 52 a 66) del trattato o dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte con la conseguenza che la  scelta del concessionario deve essere conseguente ad una procedura competitiva e concorrenziale ispirata ai principi dettati dal trattato istitutivo, in modo da consentire la possibilità da parte delle imprese interessate di esplicare le proprie chances partecipative.

2.a Venendo poi al concreto esame della lex specialis impugnata nella fattispecie, condotto alla luce delle coordinate interpretative appena evidenziate, il Collegio reputa palesemente sproporzionato, rispetto all’oggetto del contratto, il requisito di idoneità economico – finanziaria, disciplinato dall’art. 8, comma 1, lett. A) del bando,  rappresentato dal possesso di un fatturato, realizzato nell’ultimo triennio, pari a 500.000, 00 euro per anno, e cioè un importo che, da solo, equivale al valore dell’intera concessione. Pur condividendo le preoccupazioni dell’Amministrazione circa la necessità di individuare un concessionario “in possesso di adeguati requisiti di esperienza, professionalità ed efficienza della struttura operativa” (cfr. le premesse della deliberazione del Consiglio comunale n. 36 del 20.11.2004), rimane il fatto che il cimitero del Comune di Fabrica, così come documentato dalla ricorrente, ha dimensioni assai modeste (1.100 posti e 80 tumulazioni all’anno) e a tali oggettive caratteristiche debbono essere rapportate le pur articolate prestazioni oggetto dell’affidamento (cfr. in particolare l’art. 1 del capitolato d’oneri approvato dalla Giunta comunale). La libertà della stazione appaltante di valutare discrezionalmente le esigenze da porre a base dell'affidamento dell'appalto e i conseguenti requisiti da richiedere ai concorrenti, va contemperata con il rispetto dei surrichiamati principi fondamentali che presidiano le procedure ad evidenza pubblica, quali la garanzia della concorrenza e il favor partecipationis (così, fra le tante, Cons.St., sez. V, 31 dicembre 2003, n. 9305). I requisiti di qualificazione degli aspiranti, debbono dunque essere non solo logici, adeguati e congrui (in rapporto alla specificità del servizio da affidare),  ma anche non suscettibili di precostituire situazioni di assoluto ed evidente privilegio o comunque di determinare una preclusione insormontabile all’accesso al mercato da parte di imprese in possesso di indici di affidabilità operativa. La restrizione della platea di potenziali concorrenti è poi particolarmente evidente nel caso di specie, in cui, così come affermato dalla ricorrente, e non contestato dal Comune, hanno presentato domanda di partecipazione unicamente la ricorrente ed un’altra impresa.

2.b Venendo poi ai requisiti di carattere tecnico – organizzativo, il ricorso coglie nel senso là dove evidenzia la sproporzione esistente tra le esigenze dei servizi cimiteriali (le quali, secondo la stessa difesa dell’Amministrazione, richiedono circa 30 giorni di lavoro nel corso dell’anno), e l’organico di ben otto dipendenti richiesto dal bando, ai quali debbono aggiungersi i quattro dei quali è prevista l’assunzione da parte dell’impresa aggiudicataria su segnalazione dei servizi sociali. Detti rilievi sono rafforzati dal raffronto con la precedente organizzazione del servizio, gestito in economia direttamente dal Comune mediante l’utilizzo di un solo dipendente, coadiuvato da ulteriore personale esclusivamente per interventi straordinari (così la già cit. delibera consiliare n. 36/2004). Nella medesima delibera si da invero atto dell’inadeguatezza delle risorse impiegate rispetto “alle esigenze operative di una ottimale erogazione dell’intero servizio”, ma di fatto la fissazione di requisiti economici e tecnico – organizzativi eccessivamente elevati, ha impedito l’effettiva competizione tra imprese e quel “ricorso al mercato”, auspicato dalla medesima delibera.

2.c Immune da censure appare invece la richiesta relativa alla presenza in organico di una unità di personale con qualifica di livello dirigenziale, figura comune ed essenziale a qualunque seria organizzazione d’impresa, mentre inammissibili, per l’estrema genericità, si appalesano i rilievi concernenti la dotazione di mezzi e attrezzature.

3. La ricorrente ha poi stigmatizzato, sia sul piano formale, sia nel merito, la prescrizione relativa all’obbligo di assunzione di quattro unità lavorative, scelte tra persone svantaggiate segnalate al Comune dai servizi sociali. La previsione in esame integra il capitolato d’oneri approvato dalla Giunta comunale con la delibera n. 4 del 7.1.2005. Con tale delibera la Giunta ha demandato al Responsabile del Settore II, “l’indizione della gara con procedura di evidenza pubblica per l’affidamento dei servizi cimiteriali di cui trattasi, secondo quanto disciplinato con il presente provvedimento e secondo i principi posti con la citata deliberazione del Consiglio comunale n. 36 del 20 novembre 2004”, e ciò conformemente all’art. 107, comma 3, lett. b) del t.u. n. 267/2000, secondo il quale: “Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati” dagli organi di governo dell’Ente, “tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente: ..b) la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso”. 

La legge riserva tuttavia al Consiglio l’attività di indirizzo politico – amministrativo ed in particolare le attribuzioni relative a “organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione” (art. 32, comma 2, lett. e) del d.lgs. . 267/2000)”. L’obbligo di assunzione di quattro unità di personale segnalate dai servizi sociali, imposto dal bando al concessionario, oltre a modificare il sinallagma della convenzione di concessione, altera significativamente l’equilibrio economico –finanziario della concessione medesima, così come risultante dalla delibera consiliare n. 36/2004, ed essenzialmente imperniato sulla durata dell’affidamento, fissata dal Consiglio in dieci anni “al fine di incentivare il concessionario alla realizzazione di adeguate migliorie ed investimenti idonei all’ottimizzazione dei servizi cimiteriali”. La prescrizione persegue inoltre, così come esattamente rilevato dalla ricorrente, una finalità di promozione sociale a sostegno delle persone svantaggiate della comunità, integrando pertanto un obiettivo di natura politico – amministrativa, la cui definizione compete però all’organo consiliare ed esula certamente dalle attribuzioni meramente gestionali dei dirigenti.

Il vizio di incompetenza ha carattere assorbente, in quanto una pronuncia giurisdizionale non solo dichiarativa della incompetenza dell'autorità emanante ma anche estesa al contenuto dell'atto impugnato costituirebbe una sorta di inammissibile giudizio anticipato sul futuro comportamento dell'autorità competente, quindi un vincolo anomalo all'attività di quest’ultima (cfr. fra le tante Cons. di Stato, sez. IV, 1 agosto 2001, n. 4214; sez. V, 6 marzo 2001, n. 1253). E’ dunque precluso al Collegio l’esame delle ulteriori censure, relative al merito della previsione in esame.

4. In definitiva, per quanto argomentato, il ricorso merita accoglimento, con il conseguente annullamento del bando nelle parti sopra evidenziate.

Sussistono infine giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

 

PQM

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. II ter, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati come da motivazione.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20.6.2005.

Roberto Scognamiglio    Presidente

Silvia Martino                 Estensore

 

Depositata in segreteria

il 2 settembre 2005

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici