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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 9905/2004 proposto dal Comune di MONTECATINI, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Roberto RIGHI e presso lo stesso elettivamente domiciliato in Roma, via Carducci 4,
CONTRO
la società Fratelli GLIORI s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni IACOPETTI ed elettivamente domiciliato in Roma, via Monteverdi 20, presso l’avv. Alfredo CODACCI PISANELLI,
per la riforma
della sentenza del TAR della Toscana, Sez. II 30 luglio 2004, n. 2855;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
vista la memoria di costituzione in giudizio dell’appellata;
visti gli atti tutti di causa;
relatore, alla pubblica udienza del 17 maggio 2005, il Cons. Paolo BUONVINO;
uditi l’avv. F:Paoletti, per delega dell’avv. Righi, e l’avv. Codacci Pisanelli, per delega dell’avv. Iacopetti;
visto il dispositivo n. 300 del 18-5-2005.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
1) - Con l’appello in epigrafe è impugnata la sentenza in forma semplificata con cui il TAR ha riunito e accolto i ricorsi proposti dall’odierna appellata avverso i provvedimenti con i quali il Comune di Montecatini ha dapprima sospeso l’aggiudicazione di una gara d’appalto, a favore della medesima appellata, e, quindi, annullato l’aggiudicazione stessa, nel presupposto che erroneamente, e in contrasto con le disposizioni di cui all’art. 23 della legge n. 109/1994 e 77 del d.p.r. n. 554/1999, il Comune stesso aveva dato corso ad una procedura di licitazione privata semplificata, invitando non le prescritte trenta imprese, ma tutte quelle che erano state iscritte tra quelle aventi titolo a partecipare, senza dare neppure corso alla prescritta turnazione.
2) - Per il TAR i provvedimenti di sospensione e di annullamento così impugnati erano da ritenere illegittimi in quanto le norme anzidette non imponevano di limitare a trenta il numero di imprese da invitare.
3) - Per il Comune appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto correttamente l’amministrazione, nel rispetto delle norme anzidette, avrebbe proceduto in via di autotutela ad adottare le impugnate determinazioni.
Resiste l’impresa appellata, che insiste per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.
DIRITTO
1) - Con l’appello in epigrafe è impugnata la sentenza in forma semplificata con cui il TAR ha riunito e accolto i ricorsi proposti dall’odierna appellata avverso i provvedimenti con i quali il Comune ha dapprima sospeso l’aggiudicazione a favore della medesima appellata di una gara d’appalto per l’esecuzione di lavori pubblici (determinazioni dirigenziali 13 febbraio 2004 e 10 marzo 2004) e, quindi, annullato (determinazione dirigenziale 28 maggio 2004, n. 960) l’aggiudicazione stessa ( a suo tempo disposta con determinazione 30 ottobre 2003, n. 748) nel presupposto che erroneamente e in contrasto con le disposizioni di cui all’art. 23 della legge n. 109/1994 e all’art. 77 del d.p.r. n. 554/1999, il Comune stesso aveva dato corso ad una procedura di licitazione privata semplificata, invitando non le prescritte trenta imprese, ma tutte quelle che erano state iscritte tra quelle aventi titolo a partecipare, senza dare neppure corso alla prescritta turnazione.
2) - Per il TAR i provvedimenti impugnati erano da ritenere illegittimi in quanto le norme anzidette non imponevano di limitare a trenta il numero di imprese da invitare, né implicavano necessariamente – in caso di un maggior numero di imprese iscritte nell’elenco di quelle interessate – di procedere con la loro turnazione, con l’esclusione della possibilità di estendere l’invito a tutte; inoltre, ad avviso dei primi giudici, l’amministrazione non aveva proceduto ad una corretta comparazione degli interessi in gioco.
3) – Ad avviso del Comune appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto correttamente l’amministrazione, nel rispetto delle norme anzidette, avrebbe proceduto in via di autotutela ad adottare le impugnate determinazioni, che sarebbero state, peraltro, sufficientemente motivate, anche tenuto conto del fatto che non si sarebbe creata, nella sfera della deducente, alcuna situazione di legittimo affidamento.
L’appello è infondato.
4) - Nella specie trovano applicazione l’art. 23 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e s.m. (licitazione privata e licitazione privata semplificata), e l’art. 77 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 (licitazione privata semplificata).
Con dette norme il legislatore non ha inteso limitare necessariamente a trenta il numero delle imprese da invitare tutte le volte in cui quelle iscritte negli elenchi tenuti dalle amministrazioni vengono a superare tale numero, imponendo, in tal caso, la turnazione degli inviti.
Il normale criterio di invito alle gare a licitazione privata è, infatti, in base alla disciplina comunitaria, quello di invitare tutte le imprese che vi abbiano dimostrato interesse avanzando apposita domanda.
Il legislatore, peraltro, tenuto conto delle intrinseche caratteristiche delle procedure di licitazione privata per importi inferiori alla soglia comunitaria e non eccedenti i 750.000 euro più IVA, ha ritenuto di consentire alle stazioni appaltanti di avvalersi, per tali appalti, di appositi elenchi, annualmente formati sulla base delle domande avanzate dalle imprese interessate in considerazione della programmazione annuale degli appalti dalle stesse predisposta.
In tal caso, l’amministrazione aggiudicatrice può astenersi dalla pubblicazione dei bandi di gara e invitare alle gare stesse, di volta in volta, almeno 30 concorrenti; e, nell’ipotesi di un numero di imprese inserite in elenco eccedenti le trenta, è prevista, dal legislatore, la turnazione delle concorrenti da invitare (art. 23 cit., comma 1-bis: “per i lavori di importo inferiore a 750.000 ECU, IVA esclusa, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere a) e b), hanno la facoltà di invitare a presentare offerta almeno trenta concorrenti scelti a rotazione fra quelli di cui al comma 1-ter del presente articolo se sussistono in tale numero soggetti che siano qualificati in rapporto ai lavori oggetto dell'appalto”).
L’art. 77 del D.P.R. n. 554/1999 prevede, a sua volta, l’invito di trenta concorrenti (comma 2: “l'invito a presentare offerte è inoltrato a trenta concorrenti nel rispetto dell'ordine in cui sono inserite nell'elenco, e sempre che siano in possesso dei requisiti di qualificazione necessari per l'affidamento dei lavori”).
Tali disposizioni rivestono, invero, carattere sostanzialmente derogatorio rispetto alla disciplina ordinaria, che è quella dell’invito esteso a tutte le candidate che abbiano espresso interesse alla partecipazione alla gara regolarmente bandita; in base a dette norme, infatti, le amministrazioni appaltanti possono sottrarsi all’onere della pubblicazione del bando e invitare soltanto le imprese che, una volta per tutte, a inizio anno, e sulla base della programmazione dalla stessa P.A. predisposta, hanno manifestato il proprio interesse alla partecipazione alle gare programmate e siano state, perciò, inserite in appositi elenchi.
Lo stesso legislatore ha ritenuto, peraltro, di consentire alle stesse stazioni appaltanti – “hanno la facoltà” - in presenza di un numero di imprese, inserite in elenco, eccedente le trenta, di limitarsi ad invitare un numero di concorrenti non inferiore a tale stesso numero; con l’espressione “almeno trenta” contenuta nel citato art. 23, comma 1bis, invero, il legislatore ha inteso fornire manifestamente un limite minimo di concorrenti da invitare e non – come ritenuto dal Comune appellante – prescrivere un numero massimo oltre il quale non sia legittimo andare.
E, in tal senso, va letto anche il citato art. 77 del D.P.R. n. 554/1999, che parla genericamente di invito di trenta imprese; trattandosi di disposizione attuativa di quella primaria di cui al ripetuto art. 23, comma 1bis della legge n. 109/1994, ne discende, infatti, che essa va interpretata in senso conforme alla norma primaria stessa; con la conseguenza che anche l’art. 77 implica l’invito di almeno trenta imprese, ma non esclude che ne possa essere invitato un numero maggiore o che possano essere tutte indistintamente invitate.
E se quello di trenta costituisce un minimo e non un massimo nel numero di imprese da invitare, ne discende che legittimamente poteva il Comune invitare tutte le imprese in elenco, senza procedere necessariamente alla turnazione delle stesse.
Estendendo oltre le trenta il numero delle concorrenti da invitare, del resto, la procedura semplificata viene resa più concorrenziale e questo costituisce un vantaggio per l’amministrazione, un più vasto ventaglio di concorrenti agevolando, normalmente, la formulazione di più consistenti ribassi.
Né si dica che così operando si sarebbe resa possibile quella manipolazione delle offerte che avrebbe consentito (secondo quanto, all’epoca, ipotizzato dal giudice penale) ad un limitato gruppo di imprese partecipanti di condizionare l’esito delle procedure concorsuali con non consentiti accordi preventivi tra le stesse; ciò in quanto più viene allargato il ventaglio delle concorrenti, più eventuali accordi abusivi sono destinati e vedere diminuita la propria efficacia e capacità di riuscita.
Si aggiunga, in proposito, che, pur a fronte di un invito esteso, nella specie, a più di sessanta imprese, risulta che abbiano chiesto di partecipare alla gara in esame solo 16 di esse; con la conseguenza che, se si fosse dato corso alla turnazione, il numero delle concorrenti avrebbe potuto essere, tendenzialmente, dimezzato; ciò che avrebbe consentito, a maggior ragione e certamente in modo più agevole, ad imprese ipoteticamente legate da accordi occulti, di condizionare gli esiti della gara, incidendo più facilmente sulla determinazione della media dei ribassi.
E, comunque, non consta – come fatto rilevare dall’originaria ricorrente al Comune - che gli accertamenti penali nei suoi riguardi abbiano assunto consistenza alcuna, con la conseguenza che, per ciò che attiene alla gara di cui si discute, l’esistenza di accordi occulti non poteva neppure desumersi aliunde e, in particolare, dagli accertamenti penali in corso.
Né appare significativa la notazione del Comune secondo cui l’interessata avrebbe dovuto essere esclusa perché, in base alla turnazione, se correttamente operata, la stessa non avrebbe potuto partecipare alla gara in parola.
E, invero, poiché, come detto, il numero di trenta imprese è letteralmente indicato dal legislatore come numero minimo delle imprese da invitare (“almeno trenta”), è evidente che l’asserito mancato invito dell’appellata avrebbe potuto ricollegarsi – secondo il criterio di turnazione elaborato dal Comune - all’ipotesi di inviti sempre limitati a non più di trenta imprese; ma poiché il numero di imprese da invitare poteva, in base al ripetuto art. 23, comma 1bis, della legge n. 109/1994, eccedere tale numero, ne consegue che l’impresa non poteva essere esclusa sulla base di un criterio discretivo (tra l’altro, elaborato solo allorché la gara di cui si tratta era stata ultimata) non vincolante, dal momento che se la turnazione avesse riguardato un differente, superiore numero di imprese (così come consentito dalla legge), nulla esclude che la stessa appellata avrebbe potuto essere regolarmente invitata.
Sembra non conferente, inoltre, la notazione del Comune appellante, secondo cui gli ipotizzati accordi occulti tra imprese, che avrebbero favorito l’aggiudicazione per importi di ribasso minimi, si sarebbero verificati solo per gli appalti relativi ad opere stradali, laddove, peraltro, nella specie non si versa in una siffatta tipologia di appalto; con la conseguenza che la notazione in parola non può estendersi alla gara d’appalto di cui è causa, rispetto alla quale non può logicamente assumere rilevanza alcuna.
Anche per ciò che attiene, infine, alla motivazione sull’interesse pubblico i provvedimenti impugnati, come ritenuto dal TAR, appaiono carenti, in quanto la semplice pendenza di accertamenti penali che, tra l’altro, nei confronti degli amministratori dell’interessata, non hanno portato alla contestazione di ipotesi di reato, non giustifica l’annullamento della gara in parola, della quale non sono stati rilevati altri elementi potenzialmente invalidanti oltre quelli – illegittimamente fatti valere – di cui sopra si è detto e che, comunque, attengono al mero ripristino della legalità, in una situazione, peraltro, che, come si è visto, appare connotata da ampia discrezionalità per ciò che attiene alle scelte della P.A. in merito al numero di imprese da invitare.
5) - Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto.
Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Condanna il Comune di Montecatini al pagamento delle spese del grado che liquida in complessivi € 2.000,00 (duemila).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 17 maggio 2005 dal Collegio costituito dai sigg.ri:
SERGIO SANTORO - Presidente
PAOLO BUONVINO – Consigliere est.
ALDO FERA - Consigliere
MARZIO BRANCA - Consigliere
ANIELLO CERRETO - Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Paolo Buonvino f.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
f.to Agatina Maria Vilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 3 ottobre 2005
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale |