REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione 3a ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 112/05 proposto da
AGESP s.p.a.
con sede in Busto Arsizio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Danilo Tassan Mazzocco, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Rossini 8
contro
COMUNE di FAGNANO OLONA
in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Ravizzoli, con domicilio ex lege (art. 35 R.D. n. 1054/24) presso la segreteria del TAR in Milano, via Conservatorio 13
e nei confronti di
GEI - GESTIONE ENERGETICA IMPIANTI s.p.a.
con sede in Crema in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Mazzarelli e Daniela Stella, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, via dell’Unione 7
per l’annullamento
del provvedimento n. 26016 dell’11 novembre 2004 recante invito a formulare offerta per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas metano
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, e in parttcolare della comunicazione datata 22 dicembre 2004 n. 29569;
visto il ricorso principale notificato in data 13/14 gennaio 2004 e depositato in data 17 gennaio 2005;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fagnano Olona e della controinteressata GEI s.p.a.;
viste le memorie difensive delle parti;
uditi alla pubblica udienza del 27 aprile 2005, relatore il cons. Domenico Giordano, l’avv. Danilo Tassan Mazzocco per la ricorrente, l’avv. Angelo Ravizzoli per l’amministrazione comunale e l’avv. Daniela Stella per la società controinteressata;
visti gli atti tutti della causa;
ritenuto quanto segue in:
FATTO e DIRITTO
1) Con bando inviato alla G.U.C.E. in data 13 agosto 2004, e successivo atto di rettifica in data 20 settembre 2004, il Comune di Fagnano Olona ha indetto - ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 164/2000 - una procedura ristretta per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di distribuzione del gas metano per una durata complessiva di dodici anni.
In data 11 novembre 2004, l’amministrazione comunale ha diramato gli inviti a formulare offerta, entro il termine del 15 dicembre 2004, alle imprese che avevano presentato domanda di partecipazione e, tra queste, a GEI s.p.a., precedente gestore del servizio, e ad AGESP s.p.a.
Questa, con nota 14 dicembre 2004 n. 4733, rappresentava all’amministrazione comunale di essere costretta a declinare l’invito, a causa delle gravose e arbitrarie condizioni poste a base d’asta, delle quali auspicava la modifica a mezzo di un intervento in autotutela della stazione appaltante.
Le operazioni di gara avevano invece corso e, nella seduta pubblica del 16 dicembre 2004, GEI s.p.a., risultata unica offerente, veniva dichiarata aggiudicataria del servizio; di seguito, con determinazione n. 81 del 21 dicembre 2004 il dirigente responsabile del settore, avvalendosi della facoltà (prevista dal punto 16 del bando) di procedere all’aggiudicazione anche in presenza di una sola offerta, disponeva l’affidamento del servizio alla stessa GEI con decorrenza dal 1 gennaio 2005, nelle more della sottoscrizione del contratto (successivamente stipulato in data 18 aprile 2005 con atto n. 4084 di repertorio).
2) Con ricorso notificato in data 14 gennaio 2005, AGESP ha impugnato la lettera di invito e l’atto 20 dicembre 2004 di risposta alle richieste formulate con la nota del 14 dicembre 2004, deducendo i motivi seguenti:
a) illegittimità della lettera di invito, in quanto la stessa impone condizioni contrattuali arbitrarie e illogiche, che non consentono di trarre una seppur minima remunerativà dalla commessa e che, come tali comportano la sostanziale impossibilità di accedere alla gara;
b) ulteriori profili di illegittimità della lettera di invito, violazione dell’art. 14, quinto comma, D.Lgs. n. 164/00, per il carattere illogico e fortemente discriminatorio delle condizioni dell’offerta economica, che determinano delle “barriere all’entrata” di nuovi gestori, in quanto prevedono oneri economicamente insostenibili per € 3.487.728 oltre IVA, da riconoscere al gestore uscente a titolo di rimborso del valore degli impianti esistenti, nonché un rimborso spese di € 23.000 a favore della società di consulenza incaricata dal Comune per la predisposizione della documentazione di gara, e che non garantiscono l’economicità e la redditività della gestione;
c) analoghi profili di illegittimità con riguardo alle condizioni dell’offerta tecnico - economica, per le assimetrie informative, a tutto vantaggio dei gestore uscente, risultanti dalla genericità dell’elenco guida degli investimenti necessari all’ammodernamento degli impianti e dalle inefficienti indicazioni relative allo stato di conservazione degli impianti;
d) illegittimità dei documenti contrattuali facenti parte della lettera di invito, per la difformità dello schema di contratto rispetto ai modello tipo predisposto dall’A.E.E.G.;
e) illegittimità della comunicazione del 22 dicembre 2004, per l’omessa valutazione dei profili segnalati e delle osservazioni esposte da AGESP nella nota dal 14 dicembre 2004, che denota difetto di istruttoria e di motivazione.
3) Il Comune dl Fagnano Olona si è costituito in giudizio, deducendo con memoria l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame.
Ha controdedotto anche la società risultata aggiudicataria dei servizio, sostenendo con argomentata memoria l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
Alla camera di consiglio del 20 gennaio 2005, la domanda cautelare presentata con il ricorso veniva rinunciata dalla ricorrente.
Con memorie depositate in prossimità dell’udienza di discussione, le parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni.
All’udienza, dopo la discussione (nel corso della quale la difesa della controinteressata ha anche eccepito l’inammissibilità delle nuove e tardive censure esposte dalla ricorrente nella memoria finale), la controversia è stata affidata alla decisione del Collegio.
4) In via preliminare devono esaminarsi le eccezioni che sono state formulate in rito dalle parti resistenti.
5) E’ stata dedotta l’inammissibilità del ricorso per assenza di una posizione legittimante in capo alla società ricorrente, che - benché invitata alla gara - non ha presentato offerta e ha rinunciato a parteciparvi.
Il Collegio, avuto riguardo alla concreta situazione in esame, ritiene che l’eccezione debba essere disattesa.
L’indirizzo richiamato dai resistenti, e fatto proprio anche da questa Sezione (cfr. 17 maggio 2004 n. 1713), richiede la presentazione dell’offerta, al fini dell’ammissibilità della impugnazione delle clausole del bando ritenute lesive; ciò per il rilievo che, soltanto prendendo parte alla gara, l’impresa possa assumere la titolarità di una situazione giuridica differenziata, rispetto a quella degli altri soggetti operanti nello specifico settore di mercato, che la abilita a sindacare la legittimità delle regole della procedura d’appalto.
Secondo tale orientamento, la presentazione della domanda di partecipazione fa del soggetto che ha provveduto a tale adempimento un destinatario identificato, direttamente inciso dal bando, ed evidenzia, quindi, l’interesse concreto all’impugnazione (cfr. CdS Ad. Pl. 29 gennaio 2003 n. 1; V, 3 gennaio 2002 n. 6).
Il principio costituisce applicazione della regola, costantemente seguita dalla giurisprudenza, secondo cui il generico interesse alla legalità non è sufficiente ad integrare una situazione legittimante al ricorso, rendendosi necessario che il ricorrente qualifichi e differenzi il proprio interesse in termini di attualità e concretezza, ex art. 100 c.p.c., rispetto a quello della generalità del consociati.
A tale riguardo, deve tuttavia ritenersi che la legittimazione dei ricorrente, in termini di qualificazione e differenziazione, non debba necessariamente e soltanto trovare fondamento nella presentazione dell’offerta (adempimento che può risolversi in una pura formalità, carne nel caso dell’offerta condizionata o in aumento, ovvero proveniente da soggetto privo di un requisito di partecipazione), ma possa riconoscersi anche in presenza di comportamenti oggettivamente idonei a palesare la sussistenza di un concreto interesse a prendere parte alla procedura di gara, e quindi a diversificare la situazione del ricorrente rispetto a quella propria della totalità dei possibili aspiranti all’appalto.
Quanto sopra deve essere affermato anche tenuto conto che, come riconosciuto in giurisprudenza (cfr Cass. civ. 10 gennaio 2003, n. 157), nel nuovo modello di azione amministrativa introdotto dalla legge n. 241/90, “la selezione degli interessi giuridicamente rilevanti non può essere effettuata con riguardo al solo bene finale idealmente conseguibile”, ma possono assumere rilevanza autonoma anche situazioni solo procedimentali.
Ciò posto, giova allora considerare che la società ricorrente, che già gestisce altri servizi pubblici nel territorio comunale ed aspira a conseguire economie di scala attraverso l’estensione dell’attività anche al servizio di distribuzione del gas, ha offerto - attraverso ripetute iniziative assunte nell’ambito dei procedimento -dimostrazioni concrete della volontà di partecipare alla gara indetta dall’amministrazione comunale.
La stessa, infatti, dopo la pubblicazione dei bando ha segnalato all’amministrazione comunale il carattere discriminatorio del requisito dl ammissione originariamente previsto il punto 14 lett.c, (gestione di non meno di tre servizi di distribuzione del gas in altrettanti Comuni, con numero complessivo di utenti non inferiore a 10.000), che non le avrebbe consentito la partecipazione alla gara, inducendo l’amministrazione all’esercizio dei potere di modifica dei requisito ostativo.
A seguito della pubblicazione dell’avviso di rettifica del bando, nei termini auspicati, la società ha presentato domanda di ammissione alla gara con la relativa documentazione, qualificandosi per la partecipazione; dopo la ricezione della lettera di invito, che ha introdotto le prescrizioni contestate con il ricorso, ha nuovamente segnalato alla stazione appaltante, con nota del 14 dicembre 2004, i profili della lex specialis che le impedivano dl formulare un’offerta remunerativa, chiedendone la rettifica mediante l’introduzione di opportuni correttivi che potessero consentirle una proficua partecipazione.
Al contempo, ha posto in essere comportamenti inequivocabilmente preordinati alla presentazione dell’offerta, come la partecipazione ai sopralluogo e la costituzione del deposito cauzionale provvisorio (per € 65.000) e della cauzione temporanea (per € 4.185.274) richiesti dal bando di gara.
In tale quadro non sembra dubbia la sussistenza della legittimazione a proporre la domanda giudiziale di annullamento degli atti della procedura concorsuale, alla cui partecipazione la ricorrente ha mostrato di nutrire un concreto interesse quale denotato dal suindicato contegno.
A parere del collegio, quindi, la verifica circa la consistenza dell’interesse all’impugnativa deve trovare esito positivo, avuto riguardo alla concreta fisionomia della procedura in contestazione e all’interesse dedotto in giudizio, che è volto ad impedire lo svolgimento della gara alle condizioni fissate nella lettera di invito, denunciate come gravose e ingiustificatamente discriminatorie, nell’intento di conseguire, in esito all’auspicata pronuncia di annullamento, la riedizione delle procedura in un quadro dl regole che si rivelino idonee non solo a garantire la redditività della gestione, ma che soprattutto non prevedano – a carico dei concorrenti - oneri suscettibili di determinare barriere all’ingresso di nuovi competitori nel mercato contendibile del servizio pubblico di distribuzione del gas.
6) Una successiva eccezione prospetta l’inammissibilità dei ricorso per carenza di interesse; si sostiene, al riguardo, che le clausole contestate non identificano requisiti soggettivi dl partecipazione, ma adempimenti di carattere economico posti a carico dell’aggiudicatario. Non potrebbe quindi ritenersi sussistente l’interesse a contestarne il contenuto da parte dell’impresa che non avendo partecipato alla gara non può vantare un interesse sostanziale all’aggiudicazione. Inoltre, non avendo portata ostativa alla partecipazione, le prescrizioni criticate non sarebbero suscettibili di impugnazione immediata.
L’eccezione, che in parte riproduce profili che hanno formato oggetto di esame al punto precedente, non è fondata.
Come noto, l’esercizio dell’azione giurisdizionale presuppone l’attualità dell’interesse ad agire, di cui è inscindibile componente l’utilità della pronuncia giurisdizionale che si richiede, rispetto all’interesse sostanziale da cui è mosso il ricorrente.
Nel caso in esame, l’esponente ha manifestato l’interesse a conseguire l’affidamento del servizio, ma non alle condizioni imposte dalla stazione appaltante, che ha - tra l’altro - trasferito a carico dell’aggiudicatario gli oneri connessi al rimborso da riconoscere al gestore uscente per l’acquisizione degli impianti di distribuzione; il pregiudizio sofferto consiste quindi nell’impossibilità per la società ricorrente di aderire alla proposta contrattuale comunale e, come tale, attiene alla stessa condizione di partecipante alla gara.
In tale quadro, la lesività delle clausole contestate non si manifesta con l’aggiudicazione, ma nel momento anteriore in cui esse sono assunte come regole della procedura ed acquistino il valore proprio di arresto procedimentale per l’impresa che non intenda affrontare il rischio di rendersi aggiudicataria di un rapporto contrattuale che comporti l’assunzione di oneri impropri.
La presentazione dell’offerta, infatti, implica l’accettazione incondizionata delle prescrizioni che regolano la gara e il successivo svolgimento del rapporto, essa, quindi, determina l’insorgenza di un vincolo che deve essere contestato immediatamente dall’impresa che intenda sottrarsi al relativi oneri.
In casi del genere, il bando manifesta una diretta lesività, dal momento che, attraverso condizioni idonee a determinare barriere all’ingresso, pregiudica di fatto la formulazione di un’offerta che possa costituire frutto di una valutazione attendibile e non aleatoria degli investimenti e degli oneri che l’assunzione dei servizio comporta.
La lesione dell’interesse alla partecipazione non diviene quindi attuale a conclusione della procedura di gara, ma si determina con immediatezza per effetto delle clausole preclusive contenute nella lettera di invito, che sono quindi suscettibili di immediata impugnazione.
7) Infondata si rivela anche l’eccezione di tardività dell’impugnazione per decorso del termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dei bando di gara.
Questo, infatti, contiene prescrizioni affatto generiche ed inidonee a manifestare concreta portata lesiva, non rivestendo tale carattere la generica previsione di una cauzione temporanea priva di indicazioni che consentissero di coglierne con sicurezza la giustificazione causale. Soltanto con la lettera di invito è stato precisato che i concorrenti, con la presentazione dell’offerta economica, avrebbero dovuto assumere l’impegno a corrispondere alla società concessionaria uscente l’importo di € 3.487,728,00 (oltre IVA) a titolo di rimborso per l’acquisizione degli impianti di distribuzione; il che ha posto la ricorrente in condizione (non solo di immaginare, ma) di conoscere con certezza che la finalità dei deposito cauzionale provvisorio era quella di garantire l’obbligo di corresponsione al gestore uscente del suindicato indennizzo.
Deve quindi ritenersi ammissibile l’impugnazione, proposta entro i termini, della lettera di invito, tenuto conto che questa concorre con il bando alla definizione delle regole di gara e, come conferma la fattispecie in esame, condiziona in maniera rilevante la presentazione delle offerte. Il ricorso, che è stato proposto quando la stazione appaltante ha definito completamente l’insieme di regole che compone fa disciplina di gara, deve quindi ritenersi tempestivo.
8) E’ stata infine eccepita l’improcedibilltà del ricorso per la sopravvenuta carenza di interesse derivante dalla mancata impugnazione dell’atto dl aggiudicazione definitiva del servizio in favore della società controinteressata.
L’eccezione non ha fondamento.
In proposito li collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale, a tenore del quale l’omessa impugnazione dell’atto dì aggiudicazione non fa venir meno l’interesse alla decisione del ricorso proposto avverso il bando di gara, giacché l’annullamento giurisdizionale (totale o parziale) di questo riveste efficacia caducante (e non semplicemente viziante) nei confronti del provvedimento conclusivo della gara, ragione per cui il soggetto che ha impugnato gli atti di avvio della procedura concorsuale non ha l’onere di proporre ricorso contro il successivo atto di aggiudicazione (cfr., CdS, V, 3 giugno 2002, n. 3064; questa Sezione 9 febbraio 2004 n. 649).
Ed invero l’annullamento del bando di gara pone nel nulla anche i suoi effetti, e quindi si riverbera, in via conseguenziale e caducante, su tutte le successive fasi delle sequenza procedurale, perché svoltesi illegittimamente. Non occorreva, di conseguenza, l’impugnazione dei susseguenti atti del procedimento.
Deve pertanto concludersi che la mancata impugnazione dell’atto terminale della procedura di gara non comporti il venir meno dell’interesse al ricorso già presentato contro le condizioni di gara definite nella lettera di invito.
9) Nel merito il ricorso à fondato nei termini di seguito illustrati.
10) La lettera di invito ha posto a carico dei partecipanti l’impegno a corrispondere l’importo di € 23.000 alla società di consulenza incaricata dal Comune perla predisposizione della procedura di gara.
Al riguardo, come fondatamente denunciato dalla società ricorrente, non è rinvenibile alcuna fonte positiva che autorizzi l’imposizione di tale onere patrimoniale a carico dei concorrenti.
L’art. 14 D.Lgs. n. 164/2000 fa obbligo agli enti locali di affidare il servizio pubblico di distribuzione del gas mediante procedura ad evidenza pubblica, i cui costi devono quindi gravare interamente sulla stazione appaltante, senza poter essere trasferiti a carico dei soggetti che partecipano alla gara.
In contrario non giova invocare la conformità della previsione ad una prassi amministrativa che si assume ispirata a ragionevolezza e al rispetto del canoni di proporzionalità, dal momento che non vale invocare un potere discrezionale in assenza di una previsione dl legge che ne autorizzi l’esercizio.
Deve quindi riconoscersi l’illegittimità della corrispondente clausola contenuta nella lettera di invito.
11) In altra prescrizione oggetto di contestazione è stabilito “l’impegno a corrispondere alla società concessionaria uscente, all’atto della stipula del contratto, a titolo di rimborso per l’acquisizione dei beni costituenti gli impianti gas, l’importo di € 3.487.728,00 + IVA 20%”.
Su questa clausola della lettera di invito si appuntano in particolare le doglianze esposte nel ricorso; secondo la ricorrente, questo ingente onere di entrata, arbitrariamente imposto dalla stazione appaltante a carico dei nuovi competitori, oltre a determinare una situazione di squilibrio a tutto vantaggio del gestore uscente, che è esonerato dall’obbligo incombente su tutti gli altri concorrenti, determina condizioni di non remuneratività del servizio, come dimostra la circostanza che, nella gara de qua, si è registrata la presentazione di un’unica offerta, non a caso prodotta proprio dal precedente concessionario del servizio.
Per l’esame della censura si rende necessaria l’analisi del dato normativo.
12) Come noto, le norme comuni per il mercato comunitario del gas sono state recepite nell’ordinamento nazionale a mezzo del D.Lgs. 2 maggio 2000 n. 164 (cd. decreto Letta; di seguito anche: il decreto), il quale ha disciplinato l’affidamento e l’esercizio dei servizio di distribuzione del gas naturale, in particolare prevedendo all’art. 14 l’assetto regolamentare definitivo e introducendo, con l’art. 15, il “regime di transizione nell’attività di distribuzione”, al fine di regolare la fase di passaggio dal previgente assetto, caratterizzato da una molteplicità di concessioni rilasciate (e frequentemente rinnovate) all’industria privata a mezzo di affidamenti diretti, al nuovo sistema improntato alla messa in concorrenza dei servizi di distribuzione, da affidare esclusivamente mediante procedure ad evidenza pubblica per periodi non superiori a dodici anni.
Nel porre le condizioni volte a favorire l’ingresso di nuovi soggetti nei mercato reso contendibile, il decreto si è preoccupato di disciplinare l’accesso alle infrastrutture di rete, la disponibilità delle quali è evidentemente essenziale per la gestione e la fornitura dei servizio.
Si tratta, come appare innegabile, di un profilo particolarmente delicato, dal momento che la regolazione delle modalità di conferimento al nuovo gestore della disponibilità degli impianti, attraverso i quali avviene la distribuzione del gas, si rivela idonea a condizionare l’apertura effettiva del mercato, al punto che essa, se non adeguatamente calibrata, potrebbe persino ostacolare l’emergere e lo sviluppo della concorrenza.
A tali finalità rispondono le disposizioni dal decreto dirette a disciplinare il passaggio degli impianti di distribuzione dal gestore uscente a quello subentrante e a definire il meccanismo di rimborso dovuto al primo per acquisire la disponibilità della rete.
Ed invero il decreto, se da un lato è intervenuto a regolare situazioni in cui si rendeva necessario riconoscere ai gestori uscenti un indennizzo per il valore delle reti e degli impianti di distribuzione che, nella pluralità dei casi, sono stati realizzati dall’industria privata (seppure con investimenti remunerati mediante li riconoscimento di un’apposita voce nella tariffa a carico degli utenti), dall’altro è stato chiamato dal principi comunitari a comporre un sistema capace di aprire alla concorrenza reale l’accesso al mercato interno del gas naturale; il che implica l’esigenza di evitare di porre a carico dei nuovi gestori oneri eccessivi e, come tali, insostenibili da parte degli operatori economicamente più deboli.
13) In questa prospettiva si iscrive la disciplina dettata a regime dall’art. 14, che introduce un sistema volto ad impedire il formarsi dl barriere capaci di contrastare l’ingresso di nuovi operatori nel mercato liberalizzato della distribuzione dei gas naturale.
La disposizione prevede, al quarto comma, che “Alla scadenza del periodo di affidamento del servizio, le reti, nonché gli impianti e le dotazioni dichiarati reversibili, rientrano nella piena disponibilità dell’ente locale. Gli stessi beni, se realizzati durante il periodo di affidamento, sono trasferiti all’ente locale alle condizioni stabilite nel bando dl gara e nel contratto di servizio.”
La norma in esame cataloga due diversi regimi per la proprietà degli impianti; in particolare essa considera l’infrastruttura di rete preesistente all’affidamento, separatamente dagli impianti che sono stati installati nel corso dell’affidamento medesimo. La prima è di proprietà dell’ente locale e, conferita in possesso al gestore, “rientra”, al termine della concessione, nella piena disponibilità dell’ente proprietario; invece, la proprietà dei secondi appartiene al gestore che li ha realizzati e, alla scadenza della concessione, viene trasferita all’ente locale alle condizioni stabilite nel bando di gara o nel contratto di servizio.
La stessa norma, con riguardo agli oneri da porre a carico del gestore subentrante stabilisce, all’ottavo comma, che “Il nuovo gestore, con riferimento agli investimenti realizzati secondo il piano degli investimenti oggetto del precedente affidamento o concessione, è tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguere queste ultime e a corrispondere una somma al distributore uscente in misura pari all’eventuale valore residuo degli ammortamenti di detti investimenti risultanti dai bilanci del gestore uscente e corrispondenti ai piani di ammortamento oggetto del precedente affidamento, al netto degli eventuali contributi pubblici a fondo perduto”.
Ai sensi del successivo comma nove, l’entità degli oneri gravanti sul nuovo gestore deve essere indicata nel bando di gara e concorre a definire le condizioni che regolano il confronto competitivo, unitamente alle altre previsioni che compongono la lex specialis di gara in funzione delle esigenze di rilevanza pubblica che l’amministrazione deve perseguire.
La disciplina applicabile “a regime” stabilisce, quindi, che il nuovo gestore, per espletare il servizio di distribuzione, non è tenuto ad acquisire, a titolo oneroso, la proprietà degli impianti preesistenti (che appartiene all’ente locale), ma unicamente a subentrare o a estinguere le obbligazioni assunte dal precedente affidatario per gli investimenti realizzati secondo il programma dl ristrutturazione e potenziamento della rete, oggetto del pregresso affidamento, nonché a riconoscere all’affidatario medesimo il valore residuo dei nuovi investimenti realizzati nel corso dell’affidamento e non ancora interamente ammortizzati.
Il relativo indennizzo grava sul gestore subentrante, che - in base alle previsioni contenute nel comma nove - acquisisce la disponibilità della rete dalla data del pagamento, o di offerta reale, della somma corrispondente agli oneri relativi ai ratei degli investimenti realizzati dal distributore uscente e non ammortizzati.
La regola si giustifica in ragione del fatto che, come precisato nella tabella 15 allegata alla delibera n. 122/02 dell’AEEG, la vita fisica utile degli impianti ha una durata (da 20 a 50 anni, secondo le varie categorie di cespiti) normalmente superiore ai periodo (di 12 anni) di affidamento del servizio; il che fa risultare, a fine rapporto, un valore residuo degli investimenti oggetto del precedente affidamento che il gestore uscente non ha potuto ammortizzare, i cui oneri devono essere assunti dal gestore subentrante quale corrispettivo per la disponibilità di impianti, aventi piena efficienza produttiva e dotati dei residuo valore intrinseco non abbattuto finanziariamente nel corso dell’esercizio precedente.
Nel sistema a regime l’effetto anticoncorrenziale risulta quindi realizzato mediante la tendenziale separazione della gestione del servizio dalla proprietà delle infrastrutture di rete; quest’ultima appartiene alla titolarità dell’ente concedente, che (eventualmente dietro pagamento di un canone d’uso) ne affida la disponibilità al nuovo gestore, sul quale gravano unicamente gli oneri resi necessari dalle esigenze di ammodernamento e sviluppo degli impianti, secondo i piani di investimento oggetto del precedente affidamento (per la parte residua non ammortizzata), ovvero presentati in sede di gara e recepiti nei nuovi contratti di servizio.
14) Come già annotato, la disciplina applicabile alle concessioni rilasciate prima della riforma del settore è invece contenuta nell’art. 15.
Tale disposizione, al quinto comma, prevede che “gli affidamenti e le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché quelli alle società derivate dalla trasformazione delle attuali gestioni, proseguano fino alla scadenza stabilita, se compresa entro i termini previsti dal comma 7 per il periodo transitorio”.
La stessa norma, nella seconda parte del quinto comma, dopo aver stabilito che “Gli affidamenti e le concessioni in essere per i quali non è previsto un termine di scadenza o è previsto un termine che supera il periodo transitorio, proseguono fino al completamento del periodo transitorio stesso”, ha disposto per “quest’ultimo caso” che “ai titolari degli affidamenti e delle concessioni in essere è riconosciuto un rimborso, a carico del nuovo gestore ai sensi del comma 8 dell’articolo 14, calcolato nei rispetto di quanto stabilito nelle convenzioni o nei contratti e, per quanto non desumibile dalla volontà delle parti, con i criteri di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 24 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578”.
Il meccanismo previsto per il rimborso che i nuovi affidatari devono corrispondere ai titolari delle concessioni soggette a scadenza anticipata rinvia, in assenza di un’espressa volontà contrattuale sul punto, al criterio del valore di stima industriale, fissato dall’art. 24 cit. per le ipotesi (assimilabili) di riscatto anticipato delle pregresse concessioni.
Il riconoscimento di un indennizzo determinato in applicazione del parametro del valore industriale degli impianti comporta l’insorgere di un pesante onere di entrata a carico dei nuovi gestori, i quali per il passaggio della rete sono tenuti a versare, in favore del soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni precedenti, un rimborso corrispondente all’insieme dei costi necessari a ricostruire “a nuovo” un impianto equivalente, determinato in applicazione dei metodi di calcolo definiti dall’art. 13 del D.P.R. n. 902/86.
Nel sistema assunto dalla norma in esame, il criterio trova giustificazione nell’esigenza di compensare il gestore uscente dell’abbreviazione d’imperio della durata delle pregresse concessioni e di prevenire l’insorgere del conseguente rischio di alterazione dell’equilibrio economico della gestione (basato sull’aspettativa ad un rapporto di maggiore durata); quanto all’imposizione dei relativi oneri a carico del distributore subentrante, essa sembra poter trovare compensazione nel vantaggio che lo jus superveniens assicura ai nuovi operatori per effetto della possibilità di accesso anticipato al mercato dei servizi di distribuzione del gas.
15) Il criterio del rimborso parametrato al valore industriale degli impianti è espressamente destinato a trovare applicazione soltanto “in quest’ultimo caso”, e cioè con riferimento ai soli rapporti soggetti a scadenza anticipata; il che pone la necessità di stabilire quale sia il regime riferibile alle concessioni a scadenza naturale, come quella intercorsa tra il Comune e il gestore uscente, che ha avuto termine al 31 dicembre 2004 e, quindi, all’interno del periodo transitorio.
Al riguardo il collegio osserva che l’art. 15, quinto comma prima parte, si limita a consentire la conservazione dei rapporti in essere fino alla loro scadenza naturale, senza nulla prevedere in ordine alla sorte degli impianti e agli eventuali oneri da porre a carico del nuovo gestore.
In proposito il decreto, al fine di accelerare i processi di liberalizzazione nel mercato interno del gas naturale, ha modificato la durata delle concessioni in corso, disponendo la cessazione dei rapporti alla scadenza del periodo transitorio, ma non ha inciso sulle condizioni economiche pattuite dalle parti per la devoluzione della rete al termine dell’affidamento.
Deve quindi ritenersi che tale profilo, il quale attiene propriamente ai rapporti tra ente concedente e gestore uscente, resti regolato dalla convenzione che accede alla concessione in scadenza, con la conseguenza che, qualora le pattuizioni intervenute tra le parti prevedano la devoluzione onerosa degli impianti al termine del rapporto, i relativi oneri di riscatto dovranno ricadere sull’ente concedente e dovranno determinarsi secondo i criteri di calcolo stabiliti nelle clausole convenzionali (o, in mancanza dì queste, e qualora non sia desumibile una diversa volontà delle parti, in applicazione dei criteri previsti dall’art. 24 cit.), rimanendo in ogni caso fuori dal rimborso le valutazione del mancato profitto derivante dalla conclusione anticipata dell’affidamento o della concessione.
Nel silenzio della legge, deve invece escludersi la possibilità di trasferire detti obblighi a carico del nuovo distributore. Il che, nell’ottica liberalizzatrice del decreto Letta, non è senza ragione.
Deve infatti considerarsi che la previsione di ingenti costi iniziali (per di più da riconoscere in favore dei precedenti gestori, i quali - a norma dei decimo comma dell’art. 15 - possono partecipare, in concorso con i nuovi operatori, alle gare indette per l’affidamento del servizio) è idonea a determinare effetti distorsivi del confronto concorrenziale, in quanto altera le condizioni di partenza, a vantaggio dei distributori uscenti, con l’effetto di ostruire di fatto l’accesso alla gestione del servizio da parte di nuovi soggetti.
Ne deriva che questi potranno essere obbligati unicamente ad assumere gli oneri che possono legittimamente essere trasfusi nella disciplina della gara indette per l’affidamento dei servizio.
Ciò deve affermarsi in base al disposto dl cui ai comma sesto dell’art. 15 il quale prevede che “Decorso il periodo transitorio, l’ente locale procede all’affidamento del servizio secondo le modalità previste dall’articolo 14”.
La norma rinvia, anche per l’individuazione delle obbligazioni da porre a carico del nuovo gestore del servizio da individuare a mezzo delle prime gare, alla disciplina a regime definita nell’ottavo comma dell’art. 14.
Ne consegue che la lex specialis può obbligare il nuovo affidatario soltanto a corrispondere al distributore uscente una somma pari all’eventuale valore residuo degli ammortamenti degli investimenti realizzati, nella misura risultante dai bilanci del medesimo gestore uscente e corrispondente ai piani di ammortamento pregressi. Il relativo calcolo deve essere effettuato al netto dei contributi pubblici erogati a fondo perduto, con eventuale rivalutazione del valore residuo degli ammortamenti, in relazione all’andamento del prezzi, attraverso appositi provvedimenti dell’AEEG, assunti in coerenza con il sistema tariffario.
In contrario non giova opporre che il rimborso a valori residui di bilancio richiede la previa formulazione di un piano di investimenti e di ammortamenti, ignoto ai rapporti concessori instaurati nel regime precedente alla riforma del settore.
Ed invero, l’eventuale assenza di un piano economico finanziario non esclude la possibilità di liquidare le spettanze del concessionario uscente, ben potendosi pervenire alla valorizzazione finale dei beni mediante l’utilizzo dei dati risultanti dal bilancio del gestore e in applicazione del principi contabili comuni in tema di ammortamento dei cespiti iscritti a bilancio.
Devono quindi giudicarsi illegittime le clausole della lex speciails di gara, nelle parti in cui impongono l’obbligo di corrispondere al concessionario uscente l’importo di € 3.487.728 a titolo dl rimborso per l’acquisizione degli impianti costituenti la rete di distribuzione, nonché l’impegno a versare l’ulteriore importo di € 23.000 in favore della società incaricata della procedura di gara.
16) Per tutte le considerazioni che precedono, il ricorso deve in conclusione essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Come già precisato (al punto n. 8), l’annullamento del bando di gara comporta la caducazione delle operazioni concorsuali e del provvedimento di affidamento del servizio a GEI s.p.a.
Si intendono assorbite le censure non espressamente trattate.
Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, terza Sezione, definitivamente pronunciando sui ricorso n . 112 /05, così dispone:
- accoglie il ricorso e per l’effetto annulla i provvedimenti con esso impugnati;
- compensa per intero le spese tra le parti.
Così deciso in Milano il 27 aprile 2005 in camera di consiglio con l’intervento dei magistrati:
Italo Riggio - presidente
Domenico Giordano - cons. est.
Daniele Dongiovanni - ref.
Depositata in segreteria
il 28.9.2005 |