REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da VODAFONE OMNITEL N. V. rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Merusi con domicilio eletto in Roma piazza Borghese n. 3;
contro
AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti
della TELECOM ITALIA S.P.A. rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Lattanzi e Filippo Satta con domicilio eletto in Roma via P.L. da Palestrina, presso lo studio del secondo;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Roma Sez. I n. 3148/2004;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI e della TELECOM ITALIA S.P.A.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 5 aprile 2005 relatore il Consigliere Giancarlo Montedoro. Uditi altresì gli avv.ti Merusi, Satta e Lattanzi; ;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in primo grado Omnitel ha gravato un atto fondamentale per l’effettivo avvio della concorrenza sul mercato della telefonia vocale (definitivamente liberalizzato dal 1 gennaio 1998 ai sensi dell’art. 2 comma 3 del d.p.r. n. 318/1997) ossia la delibera 1/CIR/98 del 25 novembre 1998 con cui l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni aveva approvato l’offerta d’interconnessione di riferimento, presentata da Telecom Italia il 24 luglio precedente in applicazione dell’art. 15 del d.m. 23 aprile 1998.
Omnitel (ora Vodafone) aveva contestato unicamente la previsione (punto IV n. 1 lett. B) che aveva fissato una differente decorrenza temporale per la retrodatazione degli effetti giuridici (condizioni economiche e tecniche d’interconnessione imposte dalla delibera) fra operatori nuovi entranti (i primi licenziatari di telefonia fissa) e gli unici organismi attivi all’epoca alternativi a Telecom Italia, e cioè le società titolari delle concessioni per l’erogazione del servizio di telefonia mobile in tecnologia Gsm (ossia Omnitel e Tim).
Per i nuovi entranti, infatti, si stabiliva la data del 1 gennaio 1998, per i secondi quella di presentazione da parte di Telecom Italia dell’offerta d’interconnessione di riferimento, adeguata alle prescrizioni del d.m. 23 aprile 1998 (e cioè il 24 luglio successivo).
Con la sentenza n. 3148/04 il Tar del Lazio ha respinto il ricorso, accogliendo un’interpretazione letterale del disposto del secondo comma dell’art. 15 del d.m. 23 aprile 1988, nella parte in cui, prevedendo che la disciplina fissata dallo stesso decreto (ed applicabile, in via generale, a far data dal 1 gennaio 1998) venisse applicata, in sostituzione a quella convenzionale per l’erogazione del servizio radiomobile Gsm, “a decorrere dall’avvenuto adeguamento dell’offerta d’interconnessione di cui al comma 1”, veniva a porre un’obiettiva deroga al termine previsto dal primo comma.
Il Tar osservava poi che l’art. 15 non era stato impugnato in via giurisdizionale, neanche in via subordinata.
La ragionevolezza e l’obiettiva giustificazione della deroga era costituita dalla preesistenza del regime concessorio, obiettivo impedimento alla retroattività della disciplina, che, pertanto, non poteva che essere efficace dal momento dell’adeguamento dell’offerta di interconnessione.
Vodafone con l’appello avverso tale sentenza ha riproposto i motivi del ricorso di primo grado ed ha integrato gli stessi con una domanda di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 del Trattato alla Corte di Giustizia, sulla questione d’interpretazione della normativa comunitaria rilevante, asseritamente violata dalla diversa decorrenza delle nuove condizioni d’interconnessione prevista per gli operatori mobili rispetto ai nuovi entranti.
Resistono gli appellati.
DIRITTO
L’appello è fondato.
Ritiene il Collegio che l’art. 15 comma 2 del d.m. 23 aprile 1998 vada interpretato esattamente come ritenuto dal Tar del Lazio, ossia come una norma derogatoria al termine generale d’avvio dell’interconnessione (e che tale fosse la volontà dei conditores)
L’interconnessione è un istituto fondamentale delle comunicazioni elettroniche, consistendo ai sensi dell’art. 1 del d.p.r. n. 318/1997 nel collegamento fisico e logico fra reti di telecomunicazioni, necessario per consentire agli utenti di un organismo di telecomunicazioni di comunicare con quelli di un altro operatore di telecomunicazioni ovvero di accedere ai servizi forniti da quest’ultimo; senza un’adeguata regolamentazione dell’interconnessione non aveva dunque senso parlare di concorrenza o di liberalizzazione, dal momento che soltanto attraverso l’interoperabilità fra reti gli operatori nuovi entranti avrebbero potuto avviare effettivamente l’attività di fornitura di servizi di telecomunicazioni, permettendo così ai loro clienti di comunicare con quelli dell’organismo con notevole forza di mercato e con gli operatori mobili già presenti.
Il d.m. 23 aprile 1998 reca “disposizioni in materia d’interconnessione nel settore delle telecomunicazioni”, e contiene la disciplina attuativa per l’operatività dell’interconnessione.
Esso ha dettato a Telecom, organismo con notevole forza di mercato, prescrizioni puntuali fra cui l’obbligo di pubblicare un’offerta d’interconnessione di riferimento, formulata conformandosi a precise norme tecniche nonché a principi di non discriminazione ed orientamento al costo.
La delibera impugnata, delibera 1/98/CIR, approva l’offerta d’interconnessione di Telecom Italia, previa acquisizione dei prescritti pareri favorevoli dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato e della Commissione europea, imponendo a Telecom una serie di condizioni modificative dell’offerta medesima.
Il punto IV lett. b) della delibera impugnata, stabilisce che le condizioni dell’offerta si applicano a far data dal 1 gennaio 1998 precisando poi che, “ai sensi dell’art. 15 comma 2 del D.M. 23 aprile 1998 tali condizioni si applicano, in luogo della disciplina per la definizione delle condizioni economiche per l’accesso e l’utilizzo della rete pubblica fissa, prevista nelle convenzioni stipulate per l’offerta di servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico di cui ai decreti del Presidente della Repubblica del 2 dicembre 1994 e del 22 dicembre 1994 e successive determinazioni ministeriali, a partire dal 25 luglio 1998”.
In sostanza per gli operatori già presenti sul mercato, concessionari del servizio radiomobile Gsm, le nuove condizioni si applicano a partire dall’adempimento dell’obbligazione di adeguamento dell’offerta d’interconnessione da parte di Telecom Italia.
Ritiene il Collegio che tale differente termine non possa trovare alcuna giustificazione nella preesistenza delle concessioni, poiché tale situazione fonda e radica l’interesse alla retroattività della disciplina (retroattività che verrebbe vanamente affermata per i nuovi entranti).
Va, invece, rilevato che tale differenziazione appare contraria al principio di non discriminazione, essendo pacifico che i nuovi entranti (Wind ed Infostrada) hanno stipulato accordi d’interconnessione nel giugno 1998 con decorrenza dal 1 luglio, mentre per gli operatori già presenti sul mercato la decorrenza era stata fissata al 25 luglio 1998 (cfr. pag. 10 e 11 della memoria di Telecom).
Tale differente trattamento non ha alcuna ragione pratica ed evidenzia che il termine generale è rimasto inoperante mentre la decorrenza effettiva del regime è risultata legata per i nuovi entranti all’effettiva data d’ingresso sul mercato e per gli operatori preesistenti al temine dell’adempimento, da parte di Telecom, dell’obbligo d’adeguamento dell’offerta d’interconnessione invece che alla data, fissata dal d.p.r. n. 318 del 1997, di avvio della liberalizzazione del mercato.
La discriminazione rilevata trova la sua inequivoca fonte nell’art. 15 comma 2 del d.m. citato, che chiaramente, nel suo tenore letterale, prevede che, per gli operatori già presenti, la disciplina del decreto si sostituisca a quella convenzionale “a decorrere dall’avvenuto adeguamento dell’offerta d’interconnessione di cui al comma 1”.
Certo la mancata impugnazione in sede giurisdizionale dell’art. 15 citato non rileva a fronte della natura regolamentare della disposizione e del dubbio sulla sua interpretazione in modo comunitariamente compatibile (riferendone la decorrenza all’obbligo di adeguamento di cui al primo comma comprensivo del termine del 1 gennaio 1998 e distinguendo fra sostituzione di una disciplina ad un’altra, prevista dall’art. 15 comma 2 e retroattività, prevista dal comma 1 dello stesso art. 15) e ciò induce il Collegio a ritenere – come è pacifico - non rilevanti nel caso di specie i pacifici principi, della giurisprudenza comunitaria relativi ai poteri degli Stati membri di stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire le situazioni giuridiche soggettive protette dal diritto comunitario e, quindi, non applicabile la preclusione derivante dall’omessa impugnativa della norma regolamentare. Infatti tali principi, invocati dalla difesa di Telecom ed affermati dalla Corte di Giustizia nelle decisioni 27 febbraio 2003 in causa C-327/00 Santex e 14 dicembre 1995 in causa C-312/93 Peter broeck, sono riferibili ad atti amministrativi non regolamentari chiaramente contrastanti con il diritto comunitario, mentre non toccano l’insegnamento del Consiglio relativo alla possibilità di disapplicazione dei regolamenti illegittimi, anche quando tale illegittimità derivi da contrasto con il diritto comunitario.
L’art. 15 del d.m. citato è una norma di diritto interno, come tale disapplicabile dal giudice amministrativo e non un mero atto presupposto.
Ne deriva la disapplicabilità di tale disposto normativo in coerenza al consolidato insegnamento giurisprudenziale comunitario e nazionale, per il quale il contrasto tra la normativa nazionale o regionale ed il diritto comunitario si risolve con la disapplicazione della disciplina interna e la conseguente invalidità degli atti applicativi (Corte di Giustizia CE 9 settembre 2003 causa 198/01; CdS IV 29 ottobre 2001 n. 5630; CdS VI 5 giugno 1998 n. 918; CdS VI 20 giugno 1996 n. 843; Cga 13 giugno 1995 n. 348).
Orbene il servizio delle telecomunicazioni, in virtù della disciplina comunitaria vigente, è un servizio di interesse economico generale (direttiva 98/388/CEE).
La Commissione, nella direttiva 90/388/CEE ha dichiarato l’illegittimità delle restrizioni della concorrenza nel settore delle telecomunicazioni, a meno che ciò non sia necessario per effetto di una esigenza fondamentale e sempre nel rispetto del principio di proporzionalità (considerando 25 della direttiva citata).
Si tratta di deroghe ai principi del Trattato (di parità, non discriminazione ecc.) ammissibili sul fondamento dell’art. 86 co. 2 del Trattato (ex art. 90 co. 2) ossia se necessario al perseguimento della missione di carattere generale affidata al gestore del servizio.
Va quindi creato un assetto disciplinare volto a consentire la concorrenza nel servizio di telecomunicazioni, favorendo nuovi ingressi nel mercato, attraverso una disciplina oggettiva, non discriminatoria e non discrezionale, con eliminazione di quelle che la dottrina ha definito “asimmetrie negative”.
Naturalmente la liberalizzazione richiede, data la tecnicità della materia, un’azione complessa.
La liberalizzazione è poi accompagnata, nello spazio giuridico europeo, da un processo di armonizzazione.
La piena apertura del mercato delle reti e dei servizi alla concorrenza è stata realizzata per fasi progressive, strettamene connesse all’evoluzione delle tecnologie.
La disciplina dell’interconnessione è un importante stadio di tale processo, essa, pur non costituendo una disciplina d’accesso alla rete, è volta a fissare le regole di un’attività tecnica preliminare ed indispensabile per consentire tale accesso.
L’interconnessione – come si è detto – permette alle imprese che si interconnettono di massimizzare l’effetto “club” derivante dalla possibilità di utilizzare l’una i clienti ed i servizi dell’altra.
L’interconnessione appare come un obbligo stabilito da norme, posto sotto il controllo dell’Autorità, oggetto di negoziazione fra le imprese di telecomunicazioni.
L’avvio dell’interconnessione è, dai documenti comunitari, fissato al 1 gennaio 1998 (art. 2 co. 2 della direttiva 90/38 CE che fissa tale data per l’abolizione di diritti speciali od esclusivi; art. 4 bis co. 5 che richiama l’art. 2 co. 2, proprio in tema d’interconnessione; art. 6 lett. a) della dir. 30 giugno 1997 n. 97/33/CE che afferma, in materia d’offerta d’interconnessione la necessità di rispettare il principio di non discriminazione).
In materia rileva anche la raccomandazione 98/195/CE della Commissione che, al fine di agevolare la creazione di un vero e proprio mercato domestico, raccomanda un sistema di prezzi massimi d’interconnessione a partire dal 1 gennaio 1998.
Alla luce degli atti normativi comunitari richiamati appare chiaro che l’art. 15 co. 2 nel prevedere, per gli operatori di telefonia mobile già titolari di concessioni, una operatività del diritto di interconnessione dal 25 luglio 1998 si appalesa contrastante con il diritto comunitario, risolvendosi in un trattamento discriminatorio non giustificato.
L’operatività dell’interconnessione dal 1 gennaio 1998 non può essere stabilito solo in via “formale” o puramente declamatoria, dovendo riguardare, a partire da tale data, proprio gli operatori già in essere e tecnicamente in grado di avvalersi di tale possibilità di collegamento, oltre chiunque fosse da tale data in grado di avvalersi di tale diritto quale operatore del settore autorizzato.
L’art. 22 della direttiva n. 97/13/CE che pone il termine del 1 gennaio del 1999 per l’adeguamento delle preesistenti autorizzazioni non riguarda invece lo specifico tema delle interconnessioni, ma la disciplina comune (armonizzata) in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione.
L’interconnessione è disciplinata dalla direttiva 30 giugno 1997 n. 97/33/CE, in modo compiuto ed esaustivo, mentre la tempistica dell’avvio degli accordi d’interconnessione è fissata dalla disciplina richiamata al 1 gennaio 1998.
Ne consegue l’accoglimento dell’appello, con relativo annullamento parziale nei limiti dell’interesse dell’appellante, della delibera impugnata.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali, attesa la novità della questione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe, e, per l’effetto, previa disapplicazione dell’art. 15 comma 2 del D.P.R. 23 aprile 1998, annulla la deliberazione n. 1/CIR/98 dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni.
Compensa integralmente le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2005 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Claudio VARRONE Presidente
Giuseppe ROMEO Consigliere
Giuseppe MINICONE Consigliere
Francesco D’OTTAVI Consigliere
Giancarlo MONTEDORO Consigliere Est.
Presidente
CLAUDIO VARRONE
Consigliere Segretario
GIANCARLO MONTEDORO GLAUCO SIMONINI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 17/10/2005
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
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