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Consiglio di Stato, Sez. V, 16/11/2005 n. 6407
Sulla compatibilità tra la carica di revisore contabile di un comune e quella di componente del collegio sindacale di una società di capitali provinciale.

La nomina a membro del collegio sindacale di una società di capitali provinciale non è incompatibile con quella di revisore contabile del medesimo ente locale in quanto la carica di sindaco di una società di capitali non può essere considerata come evento costitutivo di un rapporto continuativo di prestazione d'opera retribuita e pertanto non sussiste una causa ostativa a tale nomina.

Materia: enti locali / sindaco

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta         

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n.726/2005, proposto da D. M., rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Filippini I. Cacciavillani e L. Manzi, elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via F. Confalonieri n. 5;

 

CONTRO

la Provincia di Verona, rappresentata e difesa dagli avv.ti G. Biamcardi e S. Gattamelata, elettivamente domiciliata   presso il secondo in Roma, via di Monte Fiore n. 22;

 

e nei confronti

di F. F., rappresentato e difeso dagli avv.ti G. Sala, A. Leoni e N. Paoletti elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, Via Tortolini n. 34.

 

per la riforma

del sentenza TAR Veneto, sez. 2°, n. 358 del 20.2.2004, con la quale è stato respinto il ricorso proposto da De Crescenzo Maurizio;

Visto il ricorso in appello e relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Verona e del sig. Franceschini;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 27.5.2005, relatore il consigliere Aniello Cerreto ed uditi altresì per le parti gli avv.ti L. Manzi, C. Cacciavillani per delega di I. Cacciavillani, S. Gattamelata e G. Cosentino per delega di N. Paoleti;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:

 

FATTO

Con l’appello in epigrafe, il sig. D. ha riferito che il Consiglio Provinciale di Verona, con deliberazione n. 58 dd. 10 settembre 2003, aveva provveduto ad eleggere, ai sensi dell’art. 234 T.U. n. 327/2000, i tre revisori e che per la categoria degli iscritti nel registro dei revisori contabili, con funzione di presidente, conseguivano F. voti 14 e De Crescenzo voti 5; che il F. era Presidente del collegio sindacale della società provinciale Azienda trasporti di Verona ed all’indomani dell’elezione rassegnava le dimissioni da tale incarico per restare Presidente del collegio provinciale dei revisori; che, ritenendo ineleggibile il F. per incompatibilità tra le due funzioni, impugnava detta deliberazione davanti al TAR Veneto, che con la sentenza in epigrafe respingeva il ricorso.

Ha quindi dedotto quanto segue:

-ai sensi dell’art. 236 del T.U. 267 del 2000 e dell’art. 2399 cod. civ., non possono essere eletti e, se eletti, decadono dall'ufficio coloro che sono legati alla società da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o prestazione d’opera retribuita”, ipotesi che ricorreva nella specie;

-in via subordinata, questione di costituzionalità dell’art. 234 del T.U. 267 del 2000, nella parte in cui assegna l’elezione del collegio dei revisori al consiglio comunale o provinciale, per violazione dell’art. 97 Cost., atteso che in tal modo l’organo controllato si eleggeva il proprio controllore.

Ha rilevato in particolare che il TAR avrebbe dovuto applicare le disposizioni del diritto societario nella loro organica sistematicità e non correggerle con i principi propri dell’esercizio della funzione pubblica.

Si sono costituiti in giudizio la provincia di Verona ed il controinteressato, chiedendo il rigetto dell’appello.

In particolare l’Amministrazione ha rilevato l’inammissibilità dell’eccezione di costituzionalità in quanto proposta dal ricorrente in primo grado solo con memoria ed inoltre in caso di accoglimento comporterebbe il travolgimento della nomina anche degli altri due  revisori, senza la notifica del ricorso.

Ha poi precisato che oggetto della controversia era la nomina del collegio dei revisori della Provincia di Verona e non la nomina del collegio sindacale di una società per azioni e comunque la disposizione di cui l’appellante lamentava la violazione corrispondeva all’art. 2399 c.c. nel testo in vigore dal 1°.1.2004, mentre nella specie la deliberazione impugnata era del 10.9.2003; che l’art. 236 T.U. n. 267/2000 non configurava alcuna ipotesi di ineleggibilità bensì solo di incompatibilità per cui non poteva essere dichiarata alcuna decadenza a carico del dott. F., il quale il giorno successivo all’elezione si era dimesso dall’incarico di sindaco della società APTV; che comunque l’incarico di sindaco non poteva essere considerato rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita.

Il controinteressato ha svolto dei rilievi analoghi a quelli della Provincia.

Tutte le parti hanno presentato memoria conclusiva.

Alla pubblica udienza del 27.5.2005, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

1. Con sentenza TAR Veneto, sez. 2°, n. 358 del 20.2.2004, è stato respinto il ricorso proposto da D. M. avverso la deliberazione del Consiglio provinciale di Verona n. 58 del 10.9.2003, avente ad oggetto la nomina dei componenti dell’organo di revisione economico-finanziaria della Provincia, nella parte in cui elegge a presidente del collegio dei revisori il dott. F. F..

Avverso detta sentenza ha proposto appello il D., mentre la Provincia ed il F.i resistono all’impugnativa.

2. L’appello è infondato.

2.1. Priva di pregio è la doglianza fondamentale dell’appellante secondo cui il F., essendo Presidente del collegio sindacale della società provinciale Azienda trasporti di Verona, era ineleggibile a componente dell’organo di revisione per incompatibilità tra le due funzioni ai sensi  dell’art. 236 del T.U. 267 del 2000 e dell’art. 2399 c.c. e che le dimissioni rassegnate dal medesimo l’11.9.2003 da presidente dell’organo sindacale dell’Azienda dovevano considerarsi irrilevanti in quanto intervenute dopo l’elezione .

2.2. Il TAR ha ritenuto infondata la censura sul presupposto che la nomina a membro del collegio sindacale di una società di capitali non potrebbe essere riguardata come evento costitutivo di un rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita, con l’insussistenza di una causa ostativa all’elezione del F. a presidente dell’organo dei revisori, ai sensi  dell’art. 2399 cod. civ. nella parte che interessa.

2.2. Tale conclusione del TAR deve essere confermata.

Va innanzitutto precisato che, contrariamente a quanto presupposto dall’appellante,  la disposizione da prendere in considerazione non è l’art. 2399 c.c. nella sua attuale formulazione per effetto dell’art. 1 D.L.vo 17.1.2003 n. 6 (entrato in vigore il 1°.1.2004) ma quella vigente alla data della delibera impugnata (risalente al settembre 2003) e cioè il previgente art. 2399 c.c. come sostituito dall’art. 23 D. L.vo 27.1.1992 n. 88.

Nella specie, il F. non era legato all’epoca dell’elezione da un rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuita con l’Azienda provinciale di trasporti e perciò era insussistente una causa ostativa all’elezione del F. a Presidente dell’organo di revisione economico-finanziaria della Provincia di Verona.

Invero, nel contratto di prestazione d’opera, disciplinato dall’art. 2222 e ss. cod. civ., l’obbligo della prestazione è assunto nei confronti e nell’interesse esclusivo del committente; viceversa, i membri del collegio sindacale assumono, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2397 e ss. cod. civ., obblighi e responsabilità sia nell’interesse della società, sia nel concorrente interesse dei terzi creditori e, più in generale, nell’interesse pubblico al controllo sulla corretta gestione della società medesima (cfr., in particolare, sotto quest’ultimo profilo, l’art. 2403 cod. civ.).

E’ evidente, quindi, che proprio la posizione di terzietà e di indipendenza assunta per fini di pubblico interesse dai componenti del collegio sindacale comporta che il loro rapporto non è sussumibile nel contratto di prestazione d’opera.

Un ulteriore elemento di distinzione si rinviene nella disciplina della retribuzione dei membri del collegio sindacale: l’art. 2402 cod. civ. dispone, infatti, che gli emolumenti dei sindaci, ancorchè corrisposti – per l’appunto - in forma di “retribuzione annuale”, sono fissati nell’atto costitutivo della società, ovvero determinati dall’assemblea dei soci all’atto della nomina e per l’intera durata  del loro ufficio,.

Tali atti di natura unilaterale posti in essere dalla società sottraggono, pertanto, l’entità del compenso all’accordo tra le parti che, viceversa, ai sensi dell’art. 2225 cod. civ. interviene nel contratto di prestazione d’opera.

Né va sottaciuto che, ai sensi dell’art. 2400 cod. civ., la revoca del membro del collegio sindacale può avvenire soltanto per giusta causa e previa approvazione da parte dell’autorità giudiziaria, mentre ai sensi dell’art. 2227 cod. civ. il committente – come è ben noto – può liberamente recedere dal contratto d’opera, salvo il dovuto.

Va anche rilevato, infine  che non possono condividersi gli assunti dell’appellante incentrati, in buona sostanza, a ribadire che la mera presenza di una retribuzione annua fissata dall’assemblea dei soci quale corrispettivo del sindaco comunque introdurrebbe un’ipotesi sostanzialmente riconducibile alla prestazione d’opera. Va ribadito che l’incompatibilità presupposta - per quanto qui segnatamente interessa - dall’art. 2399 cod. civ. per certo non si estende a qualsivoglia ipotesi di percezione di somme di danaro da parte della società, ma soltanto al caso , puntualmente circoscrivibile e – per tutto quanto detto innanzi – nel caso di specie non ricorrente, del “rapporto continuativo di prestazione d'opera retribuita”.

D’altra parte, trattandosi di una disposizione limitativa essa non può essere estesa oltre i casi previsti.

2.3. La questione di costituzionalità dell’art. 234 del T.U. 267 del 2000 è formulata dall’appellante con riferimento sia ad una violazione del principio di imparzialità della funzione amministrativa nel rapporto che nella specie si determina tra soggetto controllore e soggetto controllato, sia ad una  lesione delle prerogative di controllo attribuite dal “sistema” alle minoranze consiliari.

Essa è manifestamente infondata, per cui si può prescindere dall’inammissibilità sollevata dalle parti resistenti.

Come  fatto presente dal TAR, il ricorrente (ora appellante) muove da una concezione dell’organo di revisione economico-finanziaria che erroneamente omologa tout court quest’ultimo agli organi di controllo soppressi per effetto dell’art. 9 della L. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, ovvero alle “commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia”.

L’organo di revisione economico-finanziaria, infatti, non si limita istituzionalmente alla “vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità” (lettera c dell’art. 239 del T.U. 267 del 2000), ovvero a presentare – se del caso – “referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali” (cfr. ivi, lett. e) e a provvedere “alle verifiche di cassa di cui all'art. 223” del medesimo T.U. (cfr. ibidem, lett. f), ma presta pure “attività di collaborazione con l'organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento” (cfr. ibidem, lett. a) e fornisce “pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio” (cfr. ibidem, lett. b).

L’organo in esame risulta, pertanto, contribuire in misura non marginale, mediante importanti contributi consultivi, all’attività di amministrazione attiva, e il suo impianto nel “sistema” degli Enti Locali non traspone – quindi - sic et simpliciter nel relativo contesto pubblicistico gli schemi organizzatori e, soprattutto, funzionali delle società disciplinate dalle norme di diritto comune: tant’è che nell’organo di revisione del soggetto istituzionale pubblico le minoranze consiliari vengono comunque garantite dalla disposizione di legge che riserva ad esse l’elezione di uno dei membri del collegio (cfr. art. 234 T.U. cit., comma 1: “I consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori composto da tre membri”).

Deve dunque concludersi nel senso che per l’organo in questione non sussiste l’esigenza di una nomina dei suoi membri da parte di un’amministrazione diversa in quanto tale tipologia di organi di controllo risulta, comunque, espunta dall’ordinamento in forza di una norma di rango costituzionale, con conseguente legittimità delle leggi che hanno istituito sistemi di controllo di tipo esclusivamente interno alle diverse amministrazioni, e che per il sopradescritto assolvimento di funzioni di tipo consultivo la tutela delle minoranze consiliari risulta già congruamente assicurata dall’istituto del voto limitato.

Né vale rilevare da parte dell’appellante che per le Società quotate in borsa, la revisione è svolta da un soggetto comunque esterno ad esso, ossia le ben note Società di revisione, dal momento che la prospettata equiparazione tra Società quotata in borsa ed Ente locale, al fine di rafforzare il sospetto di incostituzionalità della norma che devolve il controllo economico-finanziario dell’ente pubblico locale ad un organo ad esso interno, tralascia comunque di considerare che il soggetto revisore “esterno” è discrezionalmente scelto, sentito il collegio sindacale, dall’assemblea della stessa Società (ai sensi degli artt. 2409 bis, ter e quater cod. civ.), e non già ad essa imposto da un organo neutrale.

3. Per quanto considerato, l’appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. V), respinge l’appello indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 27.5.2005 con l’intervento dei signori:

Agostino Elefante             Presidente

Giuseppe Farina               Consigliere

Caudio Marchitiello           Consigliere

Marzio Branca                   Consigliere

Aniello Cerreto                  Consigliere Est.

 

L’ESTENSORE                      IL PRESIDENTE

f.to Aniello Cerreto                  f.to Agostino Elefante

 

IL SEGRETARIO

f.to Gaetano Navarra

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16 NOVEMBRE 2005

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL  DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

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