HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Lazio, sez. II, 17/11/2005 n. 11741
Sulla legittimità dell'affidamento diretto ad una società mista dei servizi e delle attività di valorizzazione di beni culturali.

E' legittima l'operazione del Comune di Roma di acquisire il 75% del capitale sociale di una società, e l'affidamento alla stessa, ai sensi del combinato disposto degli artt. 6, 115, c. 6, e 117 del Codice dei beni Culturali, dei servizi e delle attività di valorizzazione del "Sistema dei Musei Civici di Roma".
L'art. 115 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, Codice dei Beni Culturali qualificabile come lex specialis rispetto al T.U. sull'ordinamento degli enti locali, al c. 3 (forme di gestione indiretta), lett. a), prevede l'"affidamento diretto a istituzioni, fondazioni, associazioni, consorzi, società di capitali o altri soggetti, costituiti o partecipati, in misura prevalente, dall'amministrazione pubblica cui i beni pertengono". La suddetta disposizione contiene una clausola aperta circa la tipologia organizzativa utilizzabile, ponendo l'unica condizione della partecipazione in misura prevalente da parte dell'amministrazione cui i beni appartengono.
Pertanto, nel menzionare le società o gli altri soggetti essa non impone la selezione del socio di minoranza mediante procedure ad evidenza pubblica, considerando invece quale criterio rilevante quello della pertinenza dei beni e quello della partecipazione prevalente da parte dell'amministrazioni interessate garantendo in tal modo il controllo sull'uso del bene connotato da una certa rilevanza culturale ed artistica.
La circostanza che la disposizione non impone l'osservanza di procedure di evidenza pubblica con riferimento alle modalità di gestione indicate nella predetta lettera a) implica la precisa volontà del legislatore di consentire un affidamento diretto ad una società mista in cui il socio di minoranza non viene scelto mediante procedure predeterminate.

Materia: beni culturali / disciplina

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO Sezione Seconda

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 4144/2005 proposto dalla Ticketeria S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Recchia, Silvio Bozzi e Ugo Timoteo Casolino e presso di loro elettivamente domiciliata in Roma, Corso Trieste n. 88;

 

CONTRO

il Comune di Roma, rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Lesti ed elettivamente domiciliato presso le sede legale dell’Ente in Roma Via del Tempio di Giove n. 21;

 

e nei confronti

della Zetema Progetti Cultura S.r.l., non costituita in giudizio;

 

per l'annullamento

della delibera del Consiglio Comunale di Roma del 23 febbraio 2005 n. 46, nella parte in cui vengono affidati alla Società Zetema Progetto Cultura S.r.l. i servizi di valorizzazione del “Sistema dei Musei Civici di Roma” e le attività di supporto a sostegno tecnico scientifico agli interventi di conservazione del patrimonio culturale di competenza della sovrintendenza comunale; nonché nella parte in cui viene deciso di acquisire una quota di maggioranza di Zetema Progetto Cultura S.r.l. pari al 75% del capitale sociale tramite acquisto della partecipazione ACEA S.p.a. con un aumento di capitale sociale riservato al Comune di Roma per un importo pari ad € 1.505.882,35;

Visto il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 12 ottobre 2005 il consigliere Francesco RICCIO;

Uditi, altresì, gli avvocati U.T. Casolino e G. Lesti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

FATTO

Con il ricorso, notificato il 22 aprile 2005 e depositato il successivo 5 maggio, l’interessata Società, in qualità di impresa che opera nel campo della gestione dei servizi di supporto alle attività museali, in particolare che gestisce un sistema di biglietteria computerizzata per i più importanti Musei nazionali, ha impugnato l’atto meglio specificato in epigrafe perché lesivo del proprio interesse connesso allo svolgimento del servizio di biglietteria in stretta correlazione con l’attività museale del Comune di Roma affidata in toto alla Società controinteressata, previa acquisizione al patrimonio pubblico del 75% del capitale sociale di quest’ultima società.

Al riguardo, la medesima ha prospettato come motivi di impugnazione la violazione dell’art. 113, comma 5, del D.Lgs. n. 267 del 2000 e dell’art. 115 del D.Lgs. n. 42 del 2004, nonché dei principi comunitari in materia di libera concorrenza, e l’eccesso di potere per sviamento.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, il quale ha eccepito, in rito, l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ad agire della società ricorrente e, nel merito, l’infondatezza delle doglianze prospettate.

Dopo la discussione orale svoltasi all’udienza del 12 ottobre 2005 la causa è stata posta in decisione.

 

DIRITTO

In base alla legge n. 468 del 1997, la Giunta Comunale di Roma con delibera n. 1164 del 2000 ha affidato alla Zétema Progetto Cultura S.r.l. le attività di supporto nei settori della didattica e documentazione, della progettazione e restauro fino a tutto il 15 novembre 2005. Contestualmente la stessa amministrazione comunale ha, altresì, affidato all’Associazione Temporanea di Imprese, costituita da Zétema Progetto Cultura S.r.l., Consorzio Nazionale Servizi S.c. a r.l., Sistemi Informativi S.p.a., Ticketone S.p.a. e Ro.Mo.Tur S.c. a r.l., la fornitura del servizio di promozione turistica sino al 30 giugno 2005.

Tali affidamenti rientravano nel più ampio programma di adeguamento degli assetti della gestione dei beni culturali del Comune di Roma.

A ragione dei risultati positivi derivanti dall’affidamento in global service per tutti i musei Civici di Roma della gestione dei servizi e della valorizzazione del complesso denominato “Sistemi Musei Capitolini”, ai sensi dell’art. 115 del D.Lgs. n. 42 del 2004 , lo stesso Comune di Roma, ricorrendo al sistema previsto per legge della gestione in forma indiretta dei beni culturali appartenenti al patrimonio indisponibile del Comune di Roma, ha deliberato con atto del Consiglio Comunale n. 46 del 23 febbraio 2005 l’acquisizione del 75% del capitale sociale della Zétema Progetto Cultura S.r.l. e l’affidamento alla stessa, ai sensi del combinato disposto degli artt. 6, 115, comma 6, e 117 del Codice dei beni Culturali, dei servizi e delle attività di valorizzazione del “Sistema dei Musei Civici di Roma”.

Premesso in fatto quanto sopra esposto, il Collegio ritiene che il ricorso prospettato sia del tutto infondato per le ragioni che seguono e, pertanto, si prescinde totalmente dall’esame delle eccezioni sollevate in rito dalla difesa del Comune resistente.

Con il primo motivo di doglianza la parte istante sostiene che l’operazione di acquisizione della citata quota societaria della Zétema avrebbe dovuto rispettare la procedura ad evidenza pubblica per la scelta del socio di minoranza per una società cui venga affidato un servizio di gestione dei beni culturali, previa individuazione della normativa applicabile in tal caso.

La ricorrente, infatti, deduce l’illegittimità dell’affidamento ritenendo la necessità del rispetto di tali procedure in base all’art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e in base ai principi comunitari, mentre secondo il Comune la fattispecie va inquadrata nel diverso regime dell’affidamento dei servizi di rilevanza non economica, concernenti beni culturali, contenuto in via esclusiva nel D.Lgs. n. 42 del 2004 di introduzione del Codice dei Beni Culturali che si qualificherebbe come lex specialis rispetto al T.U. sull’ordinamento degli enti locali. 

 Per risolvere adeguatamente la vexata quaestio è necessario porre una particolare attenzione in merito all’oggetto del servizio dato in affidamento attraverso il sistema della gestione indiretta prevista dalla legge.

Il contenuto del servizio è descritto al punto 9 della delibera, che rinvia in parte alle premesse, cosicché esso riguarda:

1) le attività di valorizzazione del “Sistema dei musei civici di Roma”, consistenti in accoglienza e biglietteria, assistenza al pubblico, libreria, riproduzioni d’arte e di oggettistica, attività editoriali, ristoro ed attività di catering, visite guidate ed assistenza didattica, promozione e comunicazione, organizzazione eventi, pulizia e pronto intervento, custodia, attività di supporto e sostegno tecnico scientifico agli interventi di conservazione del patrimonio culturale di competenza della Sovrintendenza comunale;

2) la valorizzazione del patrimonio archeologico, storico, artistico della città di Roma.

Ad avviso del Collegio la fattispecie de quo è soggetta, diversamente dalla tesi difensiva prospettata dalla ricorrente, alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”, non tanto per la consequenzialità delle norme nel tempo, ma per la specialità della materia disciplinata rispetto a quella certamente più generale oggetto del richiamato T.U. degli enti locali.

Infatti, la suddetta descrizione dei servizi è perfettamente compatibile con il disposto degli artt. 6 e 117 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, dove da un lato si definisce il concetto di valorizzazione del patrimonio culturale e, dall’altro, si indicano i servizi aggiuntivi compatibili con il fine pubblico, indicato nel predetto art. 6, della realizzazione delle migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio culturale.

Per ciò che concerne, in particolare la disciplina delle forme di gestione, essa è inserita nell’art. 115, il quale al comma 3 (forme di gestione indiretta), lett. a), prevede l’“affidamento diretto a istituzioni, fondazioni, associazioni, consorzi, società di capitali o altri soggetti, costituiti o partecipati, in misura prevalente, dall'amministrazione pubblica cui i beni pertengono”.

La disposizione contiene una clausola aperta circa la tipologia organizzativa utilizzabile, ponendo l’unica condizione della partecipazione in misura prevalente da parte dell’amministrazione cui i beni appartengono.

Pertanto, nel menzionare le società o gli altri soggetti essa non impone la selezione del socio di minoranza mediante procedure ad evidenza pubblica, considerando invece quale criterio rilevante quello della pertinenza dei beni e quello della partecipazione prevalente da parte dell’amministrazioni interessate garantendo in tal modo il controllo sull’uso del bene connotato da una certa rilevanza culturale ed artistica.

A parere del Collegio, la circostanza che la disposizione non impone l’osservanza di procedure di evidenza pubblica con riferimento alle modalità di gestione indicate nella predetta lettera a) implica la precisa volontà del legislatore di consentire un affidamento diretto ad una società mista in cui il socio di minoranza non viene scelto mediante procedure predeterminate.

Giova, altresì, rilevare che è in ogni caso escluso il rinvio all’art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000, che riguarda invece la disciplina generale – e non speciale – della gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nel rispetto delle norme interne e comunitarie preposte alla tutela della concorrenza, prevedendo in esso norme dichiarate espressamente “inderogabili”.

Invece, l’art. 115 del Codice dei beni culturali summenzionato contiene in sè una disciplina conclusa e compiuta che non è affatto integrativa rispetto a quella dettata dal citato art. 113 del D.Lgs. n. 267, ma alternativa proprio per effetto del suo chiaro carattere di specialità.

Tanto impone di ritenere che il richiamo all’art. 113 bis, nella formulazione risultante dal D.Lgs. 269 del 2003, non sia di per sé risolutivo poiché la norma invocata dalla stessa difesa del Comune di Roma va interpretata in stretta correlazione con il precedente art. 113 per essere poi collocata in quel determinato quadro normativo.

L’unica utilità specifica che può interessare il caso di cui è merito si desume dalla circostanza che il predetto articolo inserisce, al comma 3, tra i servizi privi di rilevanza economica quelli culturali o del tempo libero.

Il che avrebbe potuto indurre a ritenere, in un’ipotetica assenza di una disciplina ad hoc per i beni culturali ed artistici, che in certi casi il Comune o l’Ente Locale interessato avrebbe potuto derogare alla disciplina imposta per la tutela della concorrenza.

Va poi notato che il legislatore nell’emanazione del Codice dei beni culturali ha previsto che, ove l’amministrazione ritenga più conveniente far ricorso alla concessione a terzi, questi debbono essere scelti secondo procedure ad evidenza pubblica, mentre nulla si specifica circa la necessità di applicare procedure ad evidenza pubblica per la scelta del socio di minoranza nel caso di affidamento diretto a favore di altri organismi: il legislatore si è quindi posto il problema del rispetto delle procedure ad evidenza pubblica e la prescrizione è stata fatta soltanto per il caso dell’affidamento con concessione; da ciò ne discende che non è stato preteso il rispetto di tali procedure per le forme di gestione di cui alla lettera a).  

Con il secondo motivo di gravame la parte prospetta il palese contrasto con i principi comunitari.

Ad avviso del Collegio, anche questo motivo non merita apprezzamento.

Come si desume dal chiaro tenore della disposizione, la disciplina contenuta nell’articolo 113 del d.lgs. n. 267 del 2000, nella sua attuale formulazione, ha la finalità di tutelare anche la concorrenza ed è inserita in quadro normativo più ampio che è legittimamente derogato da una specifica disciplina di settore quale è quella del più volte menzionato Codice dei beni culturali.

La stessa Corte costituzionale nella recente sentenza n. 272 del 2004 ha evidenziato che la classificazione e l’individuazione dei servizi privi di rilevanza economica è stata adottata in conformità a tendenze emerse in sede di Commissione europea a decorrere dal settembre 2000; che inoltre la tutela della concorrenza non è ivi applicabile “proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale.

A questo proposito la Commissione europea, nel «Libro verde sui servizi di interesse generale» (COM-2003-270) del 21 maggio 2003, ha affermato che le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle attività economiche, dopo aver precisato che la distinzione tra attività economiche e non economiche ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non sarebbe possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura «non economica».”.

Il Giudice delle leggi ha inoltre precisato che “secondo la costante giurisprudenza comunitaria spetta (…) al giudice nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell'assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei rischi connessi a tale attività ed anche dell'eventuale finanziamento pubblico dell'attività in questione (Corte di giustizia C.E., sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001).”.

In tale contesto, il legislatore nazionale ha emanato l’art. 113 bis del T.U. degli enti locali che avrebbe potuto avere una sua rilevanza rispetto al caso di specie soltanto in assenza di una disciplina speciale di settore.

Tale evenienza invece si desume, come precisato in precedenza, proprio dall’emanazione del citato D.Lgs. n. 42 del 2004 che ha assegnato alle attività di valorizzazione del patrimonio culturale di cui all’art. 6 ed alle attività connesse di cui all’art. 117 una valenza essenzialmente pubblica, più che economica e concorrenziale.

Per tutte le ragioni espresse, il Collegio respinge il ricorso perché infondato.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda,

definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dalla dalla Ticketeria S.r.l., come in epigrafe, lo respinge.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Roma dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione seconda - nella Camera di Consiglio del 12 ottobre 2005 con l’intervento dei Signori Magistrati:

Domenico LA MEDICA         Presidente

Roberto CAPUZZI                  Consigliere

Francesco RICCIO                 Consigliere rel. ed est.

Il Presidente                             Il Consigliere est.

 

Depositata in segreteria

il 17 novembre 2005

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici