REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 507 del 2004 proposto dal ITALGAS - soc. Italiana per il gas s.p.a., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avv. Felice Besostri, con domicilio eletto in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46, presso Gian Marco Grez,
contro
il Comune di Lonato, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Ramadori e Bertuzzi ed elettivamente domiciliato in Roma, Via M. Prestinari n. 13, presso lo studio del primo;
con l’intervento
della S.I.Me. Società Impianti Metano s.p.a., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Manzi, Lanzalone e Mazzarelli ed elettivamente domiciliata in Roma, Via Confalonieri n. 5, presso lo studio del primo;
per l’annullamento
della sentenza n. 1169 in data 14 agosto 2003 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. staccata di Brescia;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato;
Visto l’atto di intervento in giudizio della S.I.Me. s.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Viste le ordinanze n. 2073 del 4 maggio 2004, con la quale è stata respinta una prima domanda di sospensione della sentenza appellata, e n. 1345 del 15 marzo 2005, con cui una seconda domanda cautelare è stata dichiarata inammissibile;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 29 aprile 2005 gli avv.ti Besostri, Mazzarelli e l’avv. A. Manzi, su delega dell’avv. L. Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
A seguito dell’atto consiliare n. 88 in data 8 novembre 1999, con cui il Comune di Lonato deliberava di procedere al riscatto del servizio pubblico di distribuzione del gas nel territorio comunale, gestito in concessione dalla Italgas s.p.a., questa proponeva ricorso (iscritto al n. 115 del 2000) innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, per l’accertamento del suo diritto alla proroga della concessione o, in alternativa, del diritto di fornire gas agli utenti del Comune non in regime di esclusiva; per l’accertamento del diritto di escludere dagli impianti da consegnare al Comune la cabina di riduzione e misura e il feeder di alimentazione siti nel medesimo Comune, nonché per l’annullamento o la disapplicazione della citata deliberazione.
Il Comune di Lonato, peraltro, con successivo provvedimento C.C. n. 48 del 17 maggio 2001 confermava la sua volontà di riscattare il servizio, con la sola modificazione della data di decorrenza. Ciò induceva la società Italgas s.p.a. ad avanzare nuovo ricorso (iscritto al n. 823 del 2001), con il quale rinnovava le domande di accertamento proposte con il precedente, impugnando, altresì, il nuovo atto deliberativo insieme agli atti connessi specificamente indicati.
Con sentenza n. 1169 in data 14 agosto 2003, pronunciando su entrambi i ricorsi, il T.A.R., ritenuta la validità della clausola compromissoria di cui all’art. 14 della convenzione regolatrice del rapporto concessorio, ha dichiarato la propria incompetenza a statuire sulle domande proposte dalla ricorrente, con l’eccezione della domanda di accertamento del diritto soggettivo all’esercizio dell’attività di distribuzione del gas naturale in assenza di affidamento da parte della pubblica Amministrazione, che ha rigettato.
Contro la sentenza l’Italgas ha proposto l’appello in esame, contestando le ragioni sulle quali si fonda e chiedendo, in conclusione, che essa sia annullata con rinvio della causa al giudice di primo grado, nella parte in cui questo ha dichiarato la propria incompetenza; e sia riformata nella parte in cui ha respinto la domanda di accertamento del diritto all’esercizio dell’attività di distribuzione del gas naturale non in regime di esclusiva. Con ogni conseguente determinazione sulle spese e competenze del doppio grado di giudizio.
Per resistere si è costituito in giudizio il Comune di Lonato, il quale ha controdedotto, concludendo per la reiezione del gravame perché infondato; vinte le spese di giudizio.
Ha, inoltre, proposto atto d’intervento in giudizio, ad opponendum delle ragioni dell’appellante, la S.I.Me. Società Impianti Metano s.p.a., che, nel frattempo, all’esito di apposita gara, ha assunto la gestione del servizio di cui si tratta.
La domanda di sospensione della sentenza appellata, una prima volta, è stata respinta con ordinanza n. 2073 del 4 maggio 2004 e, una seconda volta, dichiarata inammissibile con ordinanza n. 1345 del 15 marzo 2005.
La causa è stata, infine, trattata nel merito all’udienza pubblica del 29 aprile 2005, nella quale, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato.
Costituisce, invero, orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, da quale non si ha motivo di dissentire, quello secondo cui la clausola con la quale, nel corpo della convenzione di concessione di un servizio pubblico (nella specie, di distribuzione del gas), il Comune e la società concessionaria hanno convenuto di rimettere ad un collegio arbitrale tutte le questioni che potessero insorgere durante la concessione o successivamente sulla interpretazione ed esecuzione della convenzione, è invalida ed inefficace ove introdotta in vigenza della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 e prima dell’entrata in vigore della legge 21 luglio 2000 n. 205 (Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2004 n. 2726; id. 14 giugno 2004 n. 3823). Anteriormente a quest’ultima legge, invero, non era data alle parti la facoltà di compromettere in arbitri le materie affidate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Cass, sez. un., 2 maggio 1979 n. 25229); mentre, d’altra parte, all’art. 6, comma 2, L. n. 205 del 2000, che introduce anche in tali materie la facoltà di avvalersi di un arbitrato rituale di diritto, non può riconoscersi l’effetto di rendere valide le clausole compromissorie stipulate anteriormente, perché la norma non ha efficacia retroattiva (Cons. Stato, Sez. V, 31 gennaio 2003 n. 472).
Va, pertanto, accolto il primo motivo di censura, col quale sulla base dell’orientamento ora riferito la società appellante contesta il capo della sentenza gravata in cui il giudice di primo grado ha dichiarato la propria incompetenza a conoscere della maggior parte delle domande avanzate con i ricorsi originari, ritenuta la validità della clausola compromissoria di cui all’art. 14 della convenzione regolatrice del rapporto concessorio.
La nullità di detta clausola, contrariamente a quanto si sostiene dal Comune resistente, non può ritenersi sanata neppure dal comportamento processuale tenuto dai difensori nel corso del procedimento arbitrale parallelamente attivato, suscettibile di essere inteso come rinnovazione della clausola compromissoria. Si tratta, invero, di attività defensionale imputabile ai soli procuratori, in mancanza della dimostrazione del conferimento, a mezzo di mandato speciale, di specifici poteri di gestione della vicenda contenziosa abilitanti alla modificazione della convenzione vigente tra le parti.
La controversia, peraltro, vertendo in ordine alla legittimità dell’esercizio da parte dell’Amministrazione del potere di riscatto del pubblico servizio in argomento, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, di cui all’art. 33 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, nel testo risultante dalla sentenza n. 204 del 6 luglio 2004 della Corte Costituzionale.
Ne consegue che, per questa parte, la sentenza impugnata dev’essere annullata, con rinvio della causa al giudice di primo grado.
Quanto alla domanda di accertamento del diritto della società appellante di svolgere il servizio di distribuzione del gas non in regime di concessione, che il T.A.R. ha respinto con il secondo capo della sentenza, considera il Collegio che essa corrisponde ad un interesse, in ogni caso, subordinato alla soluzione che riceverà la domanda principale relativa alla legittimità dell’esercitato riscatto. Per questa parte, quindi, l’appello deve considerarsi improcedibile.
In conclusione, per le ragioni fin qui esposte, l’appello va accolto nei limiti di cui sopra.
Spese al definitivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie nei limiti di cui in motivazione l’appello in epigrafe ed annulla la sentenza appellata, con rinvio della causa al giudice di primo grado.
Spese al definitivo.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 29 aprile 2005 con l'intervento dei Signori:
Sergio Santoro - Presidente
Giuseppe Farina - Consigliere
Corrado Allegretta - Consigliere rel. est.
Cesare Lamberti - Consigliere
Marzio Branca - Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Corrado Allegretta f.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
f.to Luciana Franchini |