REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4766/2004 del 20.5.2004, proposto dalla Soc. Lamone Moreda s.r.l rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Lauricella con domicilio eletto in Roma Viale Giulio Cesare n. 14 presso l’avv. Maria Teresa Barbantini
CONTRO
l’Azienda Casa Emilia-Romagna della Provincia di Ravenna rappresentata e difesa dagli avv.ti Isotta Farina, Riccardo Sabadini e Stefano Vinti con domicilio eletto in Roma via Emilia n. 88 presso l’avv. Stefano Vinti e l’Impresa individuale Rullo Antonio non costituitisi;
per la riforma
della sentenza del TAR Emilia-Romagna- Bologna sezione II n. 420/2004, resa tra le parti, concernente esclusione da gara per appalto di lavori di recupero edilizio;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati,
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Casa Emilia-Romagna della Provincia di Ravenna,
Viste le memorie difensive,
Visti gli atti tutti della causa;
Visto l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;
Alla pubblica udienza del 1^ marzo, relatore il Consigliere Adolfo Metro ed uditi, altresì, gli avvocati Barbantini su delega dell’avv. Lauricella e l’avv. Chirulli su delega dell’avv. Vinti;
FATTO
La società appellante ha impugnato, in primo grado, il provvedimento di esclusione da una gara di appalto per lavori di recupero edilizio, indetta dall’A.C.E.R. di Ravenna.
L’esclusione è stata disposta per avere la società presentato una documentazione carente di varie dichiarazioni richieste dal bando di gara; in particolare, come si rileva dal verbale di aggiudicazione, nell’utilizzare il già predisposto modello di domanda di ammissione alla gara, la società “non ha depennato le dichiarazioni che non la riguardavano sub lettere o), u 1), aa), ee), ff), gg), con ciò lasciando incertezza assoluta sul possesso dei requisiti o sulle circostanze indicati nei punti specifici.”
Avverso la sentenza di I grado che ha respinto il ricorso, si sostengono i vizi di eccesso di potere per travisamento, violazione dei principi generali in materia di pubblici appalti in relazione al principio di concorrenzialità, difetto di istruttoria, illogicità ed ingiustizia.
In particolare, si afferma che il modello della domanda di partecipazione non sarebbe stato di chiara intelligibilità e che, comunque, lo stesso non prevedeva l’esclusione dalla gara per la mancata scelta fra le più alternative previste, non potendo queste considerarsi fra loro incompatibili.
Si afferma anche il vizio di ultrapetizone della sentenza appellata, in quanto quest’ultima ha focalizzato la motivazione, ai fini della reiezione del ricorso, sulla inosservanza di una soltanto delle alternative previste nel modello di domanda.
La controparte, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza dei motivi di appello.
DIRITTO
L’appello è palesemente infondato.
Il modello di domanda di ammissione alla gara, predisposto dalla stazione appaltante, oltre alle dichiarazioni di rito, prevedeva affermazioni, tra loro alternative, in ordine al possesso di determinati requisiti, lasciando alla ditta sottoscrittrice della domanda l’onere di evidenziare, in modo congruo, quale delle dichiarazioni fosse quella prescelta.
Le modalità di tale scelta erano, dunque, lasciate al compilatore, che poteva ricopiare il modello, eliminando l’alternativa che non lo riguardava, oppure, poteva evidenziare sullo stampato, con idonei segni grafici, l’alternativa prescelta o quella non prescelta.
Tale modello di domanda, finalizzato a favorire i partecipanti alla gara e ad evitare dimenticanze nelle dichiarazioni risulta di facile ed intuitiva interpretazione.
Per tali ragioni deve essere respinto il motivo con cui si sostiene che il disciplinare di gara non richiamerebbe le modalità di compilazione della domanda e che lo stampato non sarebbe chiaro ed univoco.
Con ulteriore censura, l’appellante sostiene che sarebbe stata prevista come necessaria, a pena di esclusione, solo la dichiarazione di cui al punto aa) del modello (in caso di subappalto di lavori) e che questa è stata resa dall’appellante, mentre le altre prevederebbero delle alternative fra loro non incompatibili e che comunque, attraverso la sottoscrizione del modello, sarebbero state tutte rese dall’appellante; pertanto, lo stesso afferma che sarebbe “da escludersi che le dichiarazioni manchino; a ben vedere, difatti -del tutto all’opposto- se mai ve ne sono di più”, per cui, deve ritenersi “assolto l’obbligo imposto al concorrente sotto pena di esclusione, ogniqualvolta il permanere di entrambe le dichiarazioni prestampate non avesse suscitato problemi di contraddizione tra le medesime ”.
Tali affermazioni sono palesemente prive di fondamento in quanto le dichiarazioni previste dal disciplinare hanno un contenuto tra loro incompatibile, nel senso che la ditta concorrente deve comunque prescegliere la dichiarazione relativa ad una delle alternative previste dal modello.
Pertanto, la sottoscrizione di un modello nel quale, tranne che in un caso, non è stata operata alcuna scelta sul possesso dei requisiti di cui alle varie alternative determina, come già rilevato dal verbale di esclusione “incertezza assoluta sul possesso dei requisiti o sulle circostanze indicati nei punti specifici,” con conseguente necessaria esclusione dalla gara della società che non ha fatto tali dichiarazioni, come previsto, del resto, dallo stesso disciplinare che, a pag. 7, dispone espressamente che la domanda, le dichiarazioni e le documentazioni di cui ai punti 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8) e 9), a pena di esclusione, devono contenere quanto previsto nei predetti punti.
Né sussiste il lamentato vizio di ultrapetizione della sentenza appellata la quale, al fine di motivare la legittimità dell’esclusione delle società ricorrente, si è limitata a richiamare un solo punto del modello di domanda (contrassegnato con le lettere ee) ed ff) per il quale il disciplinare (lett. v) ha ulteriormente ribadito, a pena di esclusione, la necessità di operare la scelta tra le due dichiarazioni previste.
Infatti la società appellante, non solo in quest’ultimo caso, in cui è stata ulteriormente precisata l’esclusione in caso di inottemperanza, ma anche in tutti gli altri casi previsti nel disciplinare e nel modello di domanda, a pena di esclusione, non ha assolto agli obblighi imposti e, pertanto, è incorsa nell’inosservanza di prescrizioni per le quali non può ritenersi ammissibile la regolarizzazione; correttamente, quindi, è stata disposta la sua esclusione dalla gara.
Per i suesposti motivi l’appello deve essere respinto.
Appare equo, compensare, tra le parti, le spese e gli onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello; compensa tra le parti le spese del giudizio
ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 1^ marzo 2005 con l’intervento dei sigg.ri:
Sergio Santoro Presidente
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Adolfo Metro Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Adolfo Metro f.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
f.to Francesco Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
f.to Luciana Franchini
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