REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 5525 del 2004 proposto da Gestline s.r.l., con sede in Napoli, Centro Direzionale, isola B/3, in persona dell’amministratore unico ing. Salvatore Paliotto, nonché in proprio dall’ing. Salvatore Paliotto, quale titolare dell’omonimo gruppo di società, rappresentati e difesi dagli avv. Andrea Abbamonte e Stefano Crisci, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via Parigi n. 11;
CONTRO
il Comune di Pompei, in persona della commissione straordinaria, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Ciancio, Vincenzo Giuffrè e Valerio Barone, con domicilio eletto presso l'avvocato Giorgio Recchia in Roma, corso Trieste n. 88 (appellante incidentale);
il Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Campania, in persona del Presidente della giunta regionale, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via Portoghesi n. 12;
la Castellammare di Stabia Multiservizi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gennaro Torrese e dall'avvocato Luigi Torrese, con domicilio eletto presso l'avvocato Roberto Scetti in Roma, via Ottorino Gentiloni n. 73;
il Ministero dell'interno, non costituito in giudizio;
la Interservizi s.p.a., non costituita in giudizio;
e con l'intervento
del signor Sandro Staiano, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Nitrato Izzo, con domicilio eletto presso l'avvocato Anna Rita Patriarca in Roma, viale Giulio Cesare n. 7;
per la riforma
della sentenza del TAR della Campania, Napoli sezione prima, 29 gennaio 2004, n. 918 ;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 8 febbraio 2005 il Consigliere Aldo Fera;
Uditi per le parti gli avv.ti Soprano su delega di Abbamonte, Crisci, Ciancio, Barone, Nitrato, Izzo e Vantaggiato su delega di Torrese come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La Gestline s.r.l., socio privato di minoranza con il Comune di Pompei nella società mista Interservizi s.p.a. costituita nel 1996 ex articolo 22 della legge 142 del 1990 per l’espletamento del servizio comunale di nettezza urbana, ha impugnato davanti al Tar della Campania gli atti, con i quali la Commissione straordinaria del Comune di Pompei, facendo uso dei poteri di cui all’articolo 145 del t.u.e.l. (d.lg. 267 del 2000), ha disposto la revoca delle delibere che avevano condotto alla costituzione della predetta società mista e all’affidamento alla stessa del servizio di nettezza urbana, nonché la rescissione dei conseguenti contratti di servizio, e quindi l’affidamento dello stesso alla Castellammare Multiservizi s.p.a.. ( deliberazioni n. 57 e 58 del 24.3.2003, nota di avvio del procedimento del 10.9.2002 prot. n. 27600, nota del 27.3.2003 n. 10282 e successive note del 2.4.2003 prot. n. 1196 del 10.4.2003 prot. 12008 e del 15.4.2003 prot. 12627).
A sostegno dell’azione la parte ricorrente aveva addotto numerosi motivi di illegittimità, sotto il profilo della violazione di legge e dell’eccesso di potere, sostenendo in particolare che la Commissione straordinaria avrebbe fondato le sue determinazioni su una insieme disomogeneo e inconcludente di presupposti fattuali (sovente insussistenti) nel quadro di un’interpretazione errata ed estensiva dell’articolo 145 del testo unico degli enti locali (d.l. 18 agosto 2000 n.267), usato come una forma speciale e particolarmente ampia di autotutela idonea a sanzionare generiche ed eterogenee irregolarità e/o illegittimità riscontrate nella gestione della Interservizi, o inadempienze nel servizio, o esteso a sanzionare atti risalenti a una gestione amministrativa anteriore a quella oggetto di scioglimento ex articolo 143 stesso decreto per infiltrazioni malavitose (peraltro con riferimento prevalente a fatti risalenti al periodo anteriore al mutamento della compagine sociale del socio di minoranza Gestline, con l’ingresso del gruppo Paliotto, che data al febbraio 1998). L’istituto previsto dal predetto articolo 145 andrebbe letto e interpretato – pena la sua incostituzionalità - rigorosamente all’interno del sistema della prevenzione antimafia, di cui al d.lgs. 490 del 1994, donde la sua inapplicabilità al caso in esame nel quale la stessa amministrazione avrebbe espressamente escluso la sussistenza di tentativi attuali di infiltrazione o di condizionamento malavitoso nella Gestline (salvo il richiamo a una generica “permeabilità” di tale società). Secondo parte ricorrente il potere rescissorio previsto dall’articolo 145 dovrebbe riguardare i soli contratti risultati influenzati dai condizionamenti mafiosi conosciuti dalla commissione d’accesso e posti a base del provvedimento ministeriale di scioglimento del consiglio comunale (circostanza asseritamente non ricorrente nel caso di specie del Comune di Pompei, il cui consiglio comunale è stato sciolto con d.p.r. 11 settembre 2001, nel quale la vicenda Interservizi sarebbe stata solo marginalmente considerata). La Commissione straordinaria avrebbe invece inteso l’articolo 145 come strumento idoneo a procedere all’annullamento e alla revoca in autotutela di tutti gli atti e i contratti, anche anteriori a quelli posti in essere dall’amministrazione sciolta ex articolo 143 stesso teso unico.
Parte ricorrente ha contestato poi analiticamente la consistenza degli elementi in base ai quali la Commissione straordinaria, nei punti 69 e ss. della motivazione dell’atto impugnato, pretenderebbe di sostenere la predetta “permeabilità” della Gestline alle infiltrazioni e ai condizionamenti camorristici tramutando la soggezione a tentativi di estorsione – peraltro puntualmente denunciati - in pericolosità o permeabilità ai suddetti tentativi.
Erano costituiti nel giudizio di primo grado il Comune di Pompei e il Presidente della giunta regionale della Campania nella qualità di commissario straordinario delegato per l’emergenza rifiuti in Campania, che hanno concluso per il rigetto del ricorso.
Il Tar, con la sentenza specificata in rubrica, ha respinto il ricorso.
L'appello principale è proposto dalla Gestline s.r.l., nonché in proprio dall’ing. Salvatore Paliotto, quale titolare dell’omonimo gruppo di società, chi si affida ai seguenti
Motivi di appello:
Error in judicando. Violazione falsa applicazione dell'articolo 145 del decreto legislativo n. 267 del 2000 in connessione con le disposizioni di cui al decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490. Motivazione illogica e perplessa. Contraddittorietà.
Error in judicando. Violazione falsa applicazione dell'articolo 145 del decreto legislativo n. 267 del 2000 in connessione con le disposizioni di cui al decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490, per contrasto con gli articoli tre, 21,41 e 97 della Costituzione. Motivazione illogica e perplessa. Contraddittorietà.
Error in judicando. Violazione falsa applicazione dell'articolo 145 del decreto legislativo n. 267 del 2000 in connessione con le disposizioni di cui al decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490. Motivazione illogica e perplessa. Contraddittorietà. Omessa pronuncia.
L’appellante conclude chiedendo, in riforma della sentenza di cui all’epigrafe, l'accoglimento del ricorso di primo grado e delle domande in esso contenute.
Resiste all’appello il Comune di Pompei, che controbatte le tesi avanzate dall'appellante principale e, a sua volta, propone appello in via incidentale per contestare alcuni passaggi della motivazione contenuta nella sentenza di primo grado.
In particolare denuncia il seguente motivo:
Error in judicando. Motivazione insufficiente. Falso presupposto. Travisamento.
Conclude per il rigetto dell’appello principale e la riforma della sentenza di primo grado.
È costituito in appello il Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Campania, in persona del Presidente della giunta regionale, il quale controbatte le tesi dell'appellante e conclude per il rigetto dell'impugnazione.
È anche costituita in appello la società Castellammare di Stabia Multiservizi, che controbatte le tesi dell'appellante e conclude per la conferma della sentenza di primo grado.
È invece costituito ad adiuvandum il professore Sandro Staiano, all'epoca dei fatti il Sindaco del Comune di Pompei, che critica la sentenza di primo grado e conclude per il suo annullamento.
Le parti hanno ulteriormente scambiato memorie a sostegno delle rispettive tesi difensive.
DIRITTO
1. L’appello proposto dall’ ing. Salvatore Paliotto, in proprio e quale titolare della Gestline s.r.l., è infondato.
Oggetto dell’impugnazione proposta davanti al Tar della Campania sono gli atti, con i quali la Commissione straordinaria del Comune di Pompei, facendo uso dei poteri di cui all’articolo 145 del t.u.e.l. (d.lg. 267 del 2000), ha disposto la revoca delle delibere che avevano condotto alla costituzione della società mista Interservizi s.p.a., costituita nel 1996 con la Gestline, e all’affidamento alla stessa del servizio di nettezza urbana, nonché la rescissione dei conseguenti contratti di servizio, e quindi ha affidato lo stesso alla Castellammare Multiservizi s.p.a.
Il primo giudice, dopo aver effettuato una puntuale ricostruzione delle vicende di fatto e delle ragioni giuridiche che avevano ispirato i provvedimenti impugnati, ha analizzato, alla luce delle censure mosse dal ricorrente, l'articolo 145 del nuovo testo unico sull'ordinamento degli enti locali approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per poi concludere nel senso dell'infondatezza delle censure prospettate dal ricorrente.
Contro tale decisione propongono appello la Gestline s.r.l. e l'ing. Paliotto, il quale agisce, non solo in nome e per conto della società di cui ha la rappresentanza legale, ma anche a tutela della propria immagine incisa in maniera sfavorevole dal provvedimento. La sentenza viene contestata sotto vari profili riconducibili alla falsa applicazione della norma richiamata dall'amministrazione così come interpretata dal giudice.
L'Amministrazione comunale, costituita nel giudizio di appello, a sua volta contesta quelle parti della motivazione della sentenza delle quali il primo giudice ha, per così dire, oggettivato i presupposti per l'applicazione della norma, dando per scontata la buona fede e comunque non entrando nel merito della responsabilità soggettiva del gruppo Paliotto.
Si è anche costituito ad adiuvandum il signor Staiano, che era Sindaco del Comune di Pompei all'epoca in cui fu costituita la società mista, il quale intende sottolineare come l'amministrazione da lui presieduta abbia operato correttamente e che le vicende successive riguardano una diversa amministrazione comunale che è stata colpita dal provvedimento di scioglimento del Presidente Repubblica.
La società Castellammare di Stabia Multiservizi, che ha ottenuto in affidamento i servizi in questione dopo la rescissione dei contratti, ed il presidente della giunta regionale della Campania, si limitano invece a ribadire la correttezza dei provvedimenti impugnati.
2. La breve esposizione dei tratti salienti delle posizioni processuali delle parti si rende necessaria per delimitare il campo dell'indagine affidata al giudice amministrativo. Infatti, alcune di esse tendono ad allargare il sindacato sulla legittimità dell'atto amministrativo qui impugnato ad un riesame generale delle valutazioni poste a base delle decreto del Presidente Repubblica 11 settembre 2001, che ha disposto lo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Pompei per infiltrazioni e condizionamenti camorristici, non tanto al fine dell'annullamento di tale decreto ma per esprimere un nuovo giudizio anche etico circa il comportamento tenuto da singoli attori della complessa vicenda.
Ribadito che non forma oggetto di impugnazione in questa sede il provvedimento presidenziale di scioglimento di cui si è detto, e che, quindi, questo costituisce solo un precedente storico che non può essere posto in discussione, per definire l'ampiezza dell'impugnazione occorre andare al contenuto della norma che ha attribuito all'autorità amministrativa il potere in concreto esercitato nella fattispecie.
L'articolo 145, comma quattro, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, stabilisce che: " nei casi in cui lo scioglimento (degli organi elettivi del comune) è disposto anche con riferimento a situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso, connesse all'aggiudicazione di appalti di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero l'affidamento in concessione di servizi pubblici locali, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144 procede alle necessarie verifiche con i poteri del collegio degli ispettori di cui all'articolo 14 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari e può disporre d'autorità la revoca delle deliberazioni già adottate, in qualunque momento e fase della procedura contrattuale, o la rescissione del contratto già concluso. " La norma non è nuova ma rappresenta la trasposizione nel testo unico del comma 6-quinquies dell'art. 15-bis, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55 (aggiunto dall'art. 4, D.L. 20 dicembre 1993, n. 529, convertito in legge con L. 17 febbraio 1994, n. 108), cioè di una disposizione contenuta in una delle leggi fondamentali di cui lo Stato si è munito" per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale ".
Si tratta, come appare evidente dalle contenuto della norma e dall'essere questa collocata nell'ambito del sistema diretto a contrastare anche sul piano dell'amministrazione pubblica la criminalità organizzata, di un potere “extra ordinem”, nel senso che il suo contenuto non risulta rigidamente definito dall'ordinamento giuridico, anche se quest'ultimo individua rigidamente le autorità ed i presupposti per il suo esercizio. Un potere che, vale la pena di ribadire, è direttamente funzionalizzato al compito di eliminare, con strumenti di tipo amministrativo, le fonti di condizionamento, diretto od indiretto, dell'amministrazione pubblica nei settori di attività concernenti l'affidamento di appalti pubblici e la gestione di pubblici servizi.
2.1 Un primo corollario che nasce dalla ricostruzione del quadro normativo è che i due strumenti ai quali è affidata l'azione di contrasto alla criminalità organizzata cui si è accennato, se pur collegati tra loro, presentano una spiccata autonomia in quanto fondati su presupposti di tipo diverso. Infatti, mentre lo scioglimento degli organi elettivi dell'amministrazione locale implica valutazioni soggettive anche penetranti circa l'esistenza di " elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica" (articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000), gli interventi di ripristino della corretta gestione amministrativa affidati alla competenza della commissione straordinaria sono collocati su di un piano puramente oggettivo ( art. 145 dello stesso decreto). Questi, infatti, muovendo dal presupposto che l'aggiudicazione dell’appalto ovvero l'affidamento in concessione di servizi pubblici locali siano stati già presi in considerazione, nell'ambito dell’istruttoria condotta per l'adozione del provvedimento di scioglimento, quale elementi quantomeno indiziari dell'esistenza di " situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso", non sono il frutto di una valutazione concernenti la responsabilità personale dei soggetti coinvolti ma prendono in considerazione l’idoneità degli strumenti organizzativi e contrattuali posti in essere sotto l'influenza della criminalità organizzata ad assicurare il buon andamento dell’amministrazione ed il regolare funzionamento dei servizi, e, in caso contrario, individuano le misure occorrenti per ripristinare il corretto svolgimento delle funzioni amministrative.
2.2 Un secondo corollario è che il potere "extra ordinem" affidato alla commissione straordinaria non si atteggia come mero riesame della legittimità formale o dell'opportunità dei provvedimenti amministrativi, ma rappresenta momento autonomo di ricostituzione di un tessuto amministrativo, che può portare anche ad avere effetti ablatori su atti amministrativi consolidati nel tempo con sacrificio di situazioni giuridiche soggettive ad essi collegate, ma che trova la sua giustificazione, ed al tempo stesso il suo parametro di legittimità, nella necessità di chiudere radicalmente qualsiasi via che consenta l’infiltrazione della criminalità organizzata.
Ed è proprio questo che è avvenuto nel caso di specie.
Dagli atti acquisiti al giudizio risulta, infatti, che la revoca delle delibere che avevano dato il via alla società mista Interservizi s.p.a., costituita nel 1996 con la Gestline, e all’affidamento alla stessa del servizio di nettezza urbana, nonché la rescissione dei conseguenti contratti di servizio, non nasce da una astratta esigenza di meglio tutelare l’interesse pubblico, ma parte dal presupposto che nella relazione della commissione d'accesso, sulla cui base è stato adottato il decreto presidenziale di scioglimento degli organi elettivi del comune, la vicenda è richiamata come una delle "procedure disinvolte e disinibite in materia di … servizi pubblici", che con il concorso degli altri elementi di giudizio hanno portato a far ritenere esistente l’infiltrazione della criminalità organizzata.
Da qui un’ampia e complessa motivazione, che non si limita ad indicare i passaggi sia sostanziali che procedimentali (ivi incluse le repliche partecipative presentate da Gestline e da Interservizi) della decisione amministrativa di attivazione dei poteri ex articolo 145 t.u.e.l., ma richiama gli atti acquisiti nel corso dell'istruttoria, i quali avevano posto in evidenza un fenomeno caratterizzato dai seguenti elementi essenziali:
a) illegittimità della procedura di scelta della Gestline quale socio privato della costituenda Interservizi s.p.a.; tali illegittimità (addebitabili già all’insufficiente articolazione del bando) sarebbero consistite, in particolare, nella inadeguatezza della comparazione delle offerte conclusasi con la scelta di Gestline, con rinvio della determinazione del corrispettivo del servizio alla successiva fase dell’esecuzione del rapporto, benché la Gestline fosse stata costituita solo il 27 maggio 1996, 26 giorni prima della delibera del consiglio comunale del 22 giugno 1996 volta alla costituzione della società mista, fosse perciò del tutto priva di esperienza professionale nel settore e avesse un capitale del tutto inadeguato (90 milioni di lire);
b) la sopravvalutazione dei prezzi pagati dalla Interservizi per l’acquisito di beni e il contestuale pagamento ingiustificato di provvigioni a favore di imprese collegate a società controindicate ai fini antimafia, i quali sarebbero elementi sintomatici quanto meno della permeabilità dell’attività della Interservizi a condizionamenti di imprese in contatto con la criminalità organizzata;
c) la permeabilità della direzione aziendale della Interservizi a condizionamenti della criminalità organizzata ulteriormente suffragata da talune intercettazioni ambientali acquisite in altre indagini penali (ord. di custodia cautelare g.i.p. n. 6539.99R del 19 aprile 20012 ) tra un esponente del clan camorristico denominato “Cesarano” e un consigliere del disciolto consiglio comunale di Pompei relativa alla riscossione di una somma di danaro erogata dalla Interservizi a favore del locale clan malavitoso;
d) il mancato ricorso, da parte del direttore generale della Interservizi, alle procedure di evidenza pubblica per l’acquisizione di beni e servizi, il che dimostrerebbe l’assenza di idonee garanzie sulla congruità dei prezzi corrisposti ai fornitori;
e) l’inefficiente e onerosissima gestione del servizio (abnorme quantitativo di r.s.u. portati in discarica rispetto alla popolazione residente e fluttuante sul territorio comunale; il fallimento della raccolta differenziata, che avrebbe dovuto condurre alla diminuzione del quantitativo di rifiuti smaltiti);
f) l'inserimento di clausole statutarie del tutto sbilanciate in favore del socio privato (previsione del quorum del 60% per le principali deliberazioni sociali);
g) la sostanziale continuità delle disfunzioni anche dopo l’ingresso in Gestline del gruppo Paliotto (febbraio 1998).
3. Alla luce di quanto esposto, si dimostrano in parte inammissibili e per il resto inconsistenti le argomentazioni svolte dall’appellante.
3.1 Non giova, infatti, richiamare il fatto che la costituzione della Interservizi e la scelta del socio privato di minoranza sia avvenuta nella vigenza del consiglio comunale precedente a quello sciolto dal Presidente la Repubblica o che il gruppo Paliotto è subentrato al gruppo originario di azionisti privati, così come l'estraneità di nuovi soggetti rispetto di tentativi di infiltrazione criminale.
A parte il fatto che tali aspetti della vicenda sono stati valutati all’atto dell'adozione del provvedimento di scioglimento degli organi elettivi del comune, che come è stato detto più avanti non formano oggetto di impugnazione, sta per certo che il provvedimento amministrativo, adottato ai sensi dell'articolo 145 del decreto legislativo n. 267 del 2000, è motivato congruamente con la considerazione che il meccanismo a suo tempo adottato dall'amministrazione, rimasto inalterato nel tempo, si presta, dal punto di vista oggettivo, ad essere lo strumento mediante il quale l'amministrazione pubblica viene ad essere inquinata dalla criminalità organizzata. Quindi non solo e non tanto conta la nascita della Interservizi ma il fatto che essa, per i meccanismi interni di funzionamento che sono rimasti inalterati, continua ad essere una porta aperta a quegli interessi che la legge si è proposta di combattere.
3.2 Tantomeno giova osservare che il sistema cui all'articolo145 del decreto legislativo n. 267 del 2000, ove fosse inteso in senso oggettivo, contrasterebbe con gli articoli 3, 21, 41 e 97 della carta costituzionale, sotto il profilo che il recesso unilaterale dell'amministrazione non sarebbe accompagnato dalla previsione di indennizzo.
L’assunto infatti trascura che, se è vero che il potere di cui all'articolo 145 ha di mira unicamente il risanamento degli strumenti di amministrazione pubblica, è altrettanto vero che esso ha quale presupposto lo scioglimento degli organi elettivi dell'ente locale adottato ai sensi dell'articolo 143, a seguito indagini penetranti tutti i soggetti coinvolti nella vicenda. Ed è altrettanto vero che, una volta accertato che lo strumento contrattuale sia divenuto una via d'ingresso per la penetrazione dell'organizzazione criminale con conseguente trasferimento di cospicue risorse economiche dalla collettività alle organizzazioni medesime, sarebbe assurdo che il potere di intervento dell'amministrazione venga assoggettato ad ulteriori oneri finanziari. Per cui la questione di costituzionalità si dimostra manifestamente infondata.
3.3. Inammissibili sono i profili di censura con i quali si insiste nell'affermare l'esistenza di una posizione processuale autonoma dell'ingegner Salvatore Paliotto il quale, sia pure quale effetto indiretto degli atti amministrativi oggetto dell'impugnazione proposta in primo grado, avrebbe subito un danno diretto e personale all'immagine professionale ed imprenditoriale.
Posta in questi termini, la questione implica un problema concernente i limiti della giurisdizione sul risarcimento del danno attribuita alla competenza del giudice amministrativo. Com'è noto, l'articolo 7 , comma terzo, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, a sua volta novato dall’art.7 l. 21 luglio 2000 n.205, nel testo sostituito dall'articolo 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, stabilisce che "il tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali." La disciplina in questione ha formato di recente oggetto di intervento della Corte Costituzionale (6 luglio 2004, n. 204), che l’ha amputata di alcune significative statuizioni riconducendola nell'ambito del tradizionale criterio di riparto della giurisdizione. In particolare, per quel che qui interesa, la Corte ha affermato che “nel determinare quali siano le particolari materie che, ai sensi dell'art. 103 cost., possono essere devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il legislatore non gode di discrezionalità illimitata, ma è tenuto a rispettare il principio secondo cui le materie di giurisdizione esclusiva debbono essere sempre individuate in base: a) al fatto che in esse la p.a. agisca attraverso l'esercizio di poteri autoritativi; b) al fatto che esse coinvolgano comunque (anche) interessi legittimi” avvertendo però che “ la declaratoria di incostituzionalità dell'art. 33 comma 1 d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, non investe in alcun modo l'art. 7 lett. c) l. 21 luglio 2000 n. 205, nella parte in cui sostituisce l'art. 35 d.lg. 31 marzo 1998 n. 80. Infatti l'attribuzione al giudice amministrativo del compito di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento dei danni non costituisce una nuova "materia", ma uno strumento di tutela superiore rispetto a quello classico demolitorio. “
Ora, stando all'ambito definito dalla Corte costituzionale non appare ipotizzabile una giurisdizione del giudice amministrativo svincolata dalla contestazione di un atto o provvedimento adottato dall'amministrazione nell'esercizio di poteri autoritativi, la cui cognizione è affidata a detto giudice nell'ambito della giurisdizione generale di legittimità o di quella esclusiva. Nel caso di specie, la situazione soggettiva incisa dai provvedimenti impugnati è unicamente quella vantata dalla Gestline, cioè dalla persona giuridica su cui ricade il pregiudizio recato dall’ atto autoritativo. Non certo quella delle suo presidente, che, quale persona fisica, potrà semmai subire gli effetti indiretti di tale pregiudizio. Ma sotto tale profilo, l'azione appare svincolata dal legame: provvedimento amministrativo, situazione soggettiva incisa, annullamento, risarcimento del danno. Tant'è vero che l'appellante lamenta come il giudice di primo grado si sia pronunciato solo sulla domanda di risarcimento del danno della persona giuridica, che è stata respinta attesa “ la non illegittimità dell'atto impugnato", ma nulla abbia detto "per quanto attiene danno subito dell'ingegner Paliotto in proprio". Con ciò lasciando intendere chiaramente come egli aveva inteso proporre un'azione svincolata dall'annullamento dell'atto amministrativo. Un'azione, però, che esorbita dall'ambito della giurisdizione affidata al giudice amministrativo.
Per questi motivi il ricorso in appello deve essere respinto .
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, dichiara in parte inammissibile, e per il resto respinge l’appello. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in € 10.000 ( diecimila) con solidarietà attiva delle parti resistenti ed appellate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 8 febbraio 2005, con l’intervento dei signori:
Raffaele Iannotta Presidente
Raffaele Carboni Consigliere
Aldo Fera Consigliere estensore
Claudio Marchitiello Consigliere
Aniello Cerreto Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Aldo Fera F.to Raffaele Iannotta
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
f.to Luciana Franchini |