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Consiglio di Stato, Sez. V, 6/3/2006 n. 1052
Sulla legittimità del provvedimento con cui il Presidente della Provincia revoca dall'incarico un assessore per fatti che hanno fatto venir meno il rapporto fiduciario.

A norma dell'art. 46 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, il Presidente della Provincia provvede alla nomina degli assessori sulla base di un rapporto fiduciario verso i prescelti (comma 2) e può provvedere alla loro revoca quando tale rapporto fiduciario sia venuto meno (comma 4). La permanenza di un rapporto fiduciario, deve risultare da tutto un insieme di elementi attinenti alle varie attività svolte, alle relative modalità di svolgimento e alla complessiva condotta tenuta.
Pertanto, è legittimo il provvedimento con cui il Presidente della Provincia revoca, con effetto immediato, dall'incarico l'assessore provinciale a causa di alcuni fatti che hanno fatto venir meno il rapporto fiduciario.

Materia: enti locali / attività

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,  Sezione Quinta          

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 9876 del 2003, proposto dal dr. Raffaele FLORIO, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Politano, presso il cui studio, in Roma, viale G. Mazzini, n. 134, è elettivamente domiciliato, giusta procura a margine del ricorso;

 

contro

l’Amministrazione provinciale di Vibo Valentia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Romano, con il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via Tazzoli, n. 6, presso lo studio dell’avv. Luigi Condemi Morabito, giusta procura in calce alla copia notificata dall’avversario ricorso;

 

nonché contro

il sig. Alfredo Silvaggi, assessore della Giunta provinciale di Vibo Valentia, non costituitosi in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Calabria – Catanzaro - Sez. II n. 2063 del 2003;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione provinciale di Vibo Valentia con la contestuale memoria difensiva ed i relativi allegati;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 13 luglio 2004, relatrice cons. Rosalia Maria Pietronilla Bellavia e uditi gli avv.ti Politano e Romano.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO  e  DIRITTO

I°- Il Presidente dell’Amministrazione provinciale di Vibo Valentia, con determinazione 10 aprile 2000, n. 9, revocò, con effetto immediato, il proprio precedente provvedimento 3 luglio 1999, n. 2, con il quale aveva nominato assessore provinciale il dr. Raffaele Florio.

Contro la detta determinazione 10 aprile 2000, n. 9, il dr. Florio propose ricorso al T.A.R. Calabria – Catanzaro, che venne incardinato nella Sez. II^, con il n. 934/2000.

La domanda cautelare avanzata dal dr. Florio nel contesto di tale ricorso venne respinta dal T.A.R., con ordinanza n. 558/2000.

Avendo l’interessato interposto appello contro tale ordinanza, questa Sezione, con l’ordinanza, n. 498/2001, accolse il relativo ricorso e, per l’effetto, in riforma dell’appellata ordinanza, accolse l’istanza cautelare avanzata in primo grado.

A seguito della menzionata ordinanza di questa Sezione, il Presidente della prefata Amministrazione provinciale, con il provvedimento 9 febbraio 2001, n. 2160, annullò, in sede di autotutela, con effetto “ex tunc”, la propria precedente determinazione 10 aprile 2000, n. 9, di revoca del dr. Florio dalla carica di assessore provinciale e, nel contempo, dispose nuovamente la revoca del dr. Florio, con effetto immediato, dalla carica di assessore, sulla scorta di una più articolata motivazione.

Contro quest’ultimo provvedimento il dr. Florio propose altro ricorso al T.A.R. Calabria–Catanzaro, incardinato nella stessa Sezione II^ con il n. 719/2001. La Sezione II dell’adito T.A.R., con la sentenza n. 2063/2003, riuniti i due succitati ricorsi, dichiarò improcedibile il primo, atteso che il provvedimento impugnato era già stato annullato, in sede di autotutela, da parte dell’Amministrazione e respinse il secondo, avendo ravvisato infondate le relative censure.

Contro la detta sentenza è rivolto il presente ricorso in appello, proposto dal dr. Raffaele Florio.

II°- L’appellante sostiene, anzitutto, che il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere che l’annullamento d’ufficio del primo provvedimento di revoca dell’incarico di assessore provinciale avrebbe fatto venir meno il suo interesse alla relativa impugnativa, con conseguente improcedibilità del suo primo ricorso.

Secondo l’appellante, esso conserverebbe l’interesse all’accoglimento di tale suo primo ricorso e all’annullamento in sede giurisdizionale del detto primo provvedimento di revoca, con il quale è stato privato dell’incarico di assessore, con conseguenti danni al suo patrimonio giuridico, che intenderebbe elidere, chiedendone il risarcimento.

L’assunto è infondato

Il T.A.R. ha esaminato contestualmente sia l’impugnativa dell’originario provvediemto di revoca sia l’impugnativa del successivo provvedimento di annullamento dell’iniziale revoca con la coeva reiterazione della revoca annullata, sulla base di una dettagliata motivazione.

In presenza di un atto annullato in sede di autotutela e sostituito contemporaneamente con altro atto di revoca, però, a differenza dal primo, assistito da valida motivazione e, come tale, pienamente legittimo, correttamente il T.A.R. ha rilevato che la lesione lamentata dal ricorrente promanava soltanto dall’atto impugnato con il secondo ricorso.

Ove il secondo provvedimento impugnato fosse stato ravvisato illegittimo e conseguentemente annullato, il ricorrente avrebbe, infatti, potuto ottenere il riconoscimento del proprio titolo a permanere nell’incarico di assessore fin dalla decorrenza del primo provvedimento di revoca, visto che l’operatività di tale primo provvedimento, dalla data della sua adozione alla data di decorrenza del secondo provvedimento di revoca, era venuta meno, a seguito del suo annullamento in sede di autotutela.

Parimenti, la legittimità del secondo provvedimento di revoca, contestualmente ravvisata dal primo giudice, ha comportato il venir meno dell’interesse del ricorrente all’impugnativa del primo provvedimento di revoca, atteso che tale primo provvedimento era stato già annullato dall’Amministrazione e sostituito con altro provvedimento, fondato su validi motivi, già sussistenti allorchè il primo provvedimento di revoca era stato emesso, ancorchè nello stesso non esternati.

Nell’uno come nell’altro caso, nessun interesse risulta, invero, in capo al ricorrente ad ottenere l’annullamento in sede giurisdizionale di un atto già annullato d’ufficio e, come tale, insuscettibile di produrre “ex se” effetti negativi a carico del destinatario.

Per altro, essendo stato il primo provvedimento di revoca già eliminato, a seguito del suo annullamento d’ufficio, nella specie era venuto meno l’atto del quale era stato chiesto l’annullamento in sede giurisdizionale, con la conseguente impossibilità per il T.A.R. di pronunciarsi su un provvedimento non più sussistente.

Donde la correttezza dell’impugnata sentenza nella parte concernente la dichiarazione d’improcedibilità del primo ricorso del deducente, per sopravvenuto difetto d’interesse.

Né l’appellante ha ragione nel sostenere che la dichiarata improcedibilità del suo primo ricorso gli avrebbe inibito la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’iniziale revoca dell’incarico di assessore.

Siffatta possibilità è, all’evidenza, collegata alla legittimità, o meno, del successivo provvedimento di revoca emesso dall’Amministrazione.

Una volta che il T.A.R. ha contestualmente ravvisato legittimo il provvedimento impugnato con il secondo ricorso, l’unico rimasto lesivo, è, invero, ovvio che l’appellante non può vantare alcun danno risarcibile in dipendenza del primo provvedimento impugnato.

Per altro, si osserva, in proposito, che, ove un primo provvedimento di revoca di un incarico venga annullato in sede giurisdizionale per difetto di motivazione, l’Amministrazione ben può rinnovarlo, giustificandolo adeguatamente, così come può reiterare il provvedimento annullato emendandolo dagli ulteriori altri vizi che ne avevano determinato l’annullamento.

Ugualmente, laddove-come è avvenuto nel caso in esame-l’Amministrazione si avveda che un primo provvedimento di revoca di un incarico non sia stato adeguatamente motivato e, quindi, risulti illegittimo, essa ben può provvedere ad annullarlo in sede di autotutela e sostituirlo con altro provvedimento adeguatamente motivato.

In entrambi i casi il nuovo provvedimento legittimamente emesso, in sostituzione di quello annullato, esclude la possibilità di far valere danni risarcibili in dipendenza del primo provvedimento annullato.

III°- L’appellante deduce, ulteriormente, che il T.A.R. abbia disatteso la sua censura di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento relativo al provvedimento impugnato con il secondo ricorso, in violazione dell’art. 7 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241.

La censura manca di fondamento.

Il T.A.R. ha respinto la censura in oggetto avendo ritenuto non necessaria la comunicazione dell’avvio del procedimento nel caso di rinnovo dell’atto terminale di un procedimento per il quale l’avvio era stato già comunicato.

Nel contempo, il T.A.R. ha evidenziato l’irrilevanza della censura rivolta a sostenere la mancanza dei requisiti di cui all’art. 8 della citata legge, mossa alla comunicazione dell’avvio del procedimento relativo al primo provvedimento di revoca al ricorrente dell’incarico di assessore, essendo stato il ricorso contro tale primo provvedimento dichiarato improcedibile.

Quanto al primo profilo della censura in esame, si osserva che con il provvedimento impugnato con il secondo ricorso è stato disposto l’annullamento di ufficio del provvedimento di revoca prima emesso a carico del dr. Florio e, nel contempo, è stato emesso un nuovo provvedimento di revoca dell’incarico, sostitutivo di quello precedente, per il cui inizio del relativo procedimento al ricorrente era stata data comunicazione, con la nota del Presidente dell’Amministrazione provinciale 29 marzo 2000, n. 124.

Il nuovo provvedimento di revoca, essendo reiterativo, nel suo contenuto dispositivo, del provvedimento contestualmente annullato in sede di autotutela, non necessitava, quindi, di alcuna nuova comunicazione di avvio del relativo procedimento, così come ritenuto dal T.A.R..

Dell’avvio del procedimento di revoca dell’incarico di assessore l’interessato era stato, infatti, già informato ed esso aveva, anche, provveduto ad avvalersi delle facoltà di partecipazione al procedimento previste dall’ordinamento.

Quanto al secondo profilo di censura dedotto dall’appellante, riguardante la mancanza dei requisiti di cui all’art. 8 della menzionata legge nella comunicazione di avvio del procedimento relativo al primo provvedimento di revoca, la Sezione conviene parimenti con l’avviso del primo giudice.

Tale censura, essendo stata sollevata con il ricorso dichiarato improcedibile, non poteva, invero, essere presa in considerazione in sede di esame del secondo ricorso.

Allorchè una censura non sia stata specificamente dedotta nel ricorso “sub judicio”, essa non può, infatti, essere presa in esame, ancorchè dedotta in altro ricorso unitamente definito, tanto più se-come nella fattispecie- non deciso nel merito, ma definito in base a motivi pregiudiziali.

Inoltre, il Collegio osserva in ordine alla censura in esame che la comunicazione dell’avvio del procedimento ai soggetti interessati è prescritta dall’art. 7 della L. 7 agosto 1990, n. 241, “ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità”.

Nella specie dal contesto del provvedimento impugnato con il secondo ricorso risultano “claris verbis” le ragioni di celerità giustificative della sua immediata adozione (necessità di non mantenere ulteriormente il già prolungato contrasto tra l’assessore Florio e gran parte del Consiglio provinciale ed il Presidente della Provincia, all’evidenza, deleterio per il buon andamento dell’amministrazione).

Anche sotto tale ultimo profilo, ai fini della legittimità del provvedimento impugnato con il secondo ricorso, non occorreva, quindi alcuna comunicazione di avvio del relativo procedimento.

IV°- L’appellante deduce, infine, che il T.A.R. avrebbe erroneamente ravvisato il provvedimento impugnato con il secondo ricorso assistito da valida motivazione e ciò senza prendere in debita considerazione le proprie tesi difensive e la documentazione da esso prodotta e senza esperire alcuna istruttoria.

La censura è infondata, sotto i vari profili prospettati.

Anzitutto, si nota che il provvedimento in oggetto è stato giustificato quanto all’annullamento, in sede di autotutela, del primo provvedimento di revoca dell’incarico di assessore, dal fatto che, a seguito della sospensione di tale provvedimento da parte di questa Sezione e la già avvenuta sostituzione del dr. Florio nella carica con altro assessore, si era creata una duplicazione di uno stesso incarico, con grave nocumento alla funzionalità dell’assessorato.

Da ciò la necessità di annullare di ufficio il primo provvedimento di revoca e di emettere un nuovo provvedimento di revoca dell’incarico, motivato circa i fatti che avevano determinato l’alterazione del rapporto fiduciario e che rendevano impossibile la permanenza del dr. Florio nell’incarico, fatti prima non evidenziati per ragioni di opportunità e di riservatezza personale.

Nello stesso provvedimento in esame sono stati, poi, così specificati i fatti che avevano fatto venir meno il rapporto fiduciario:

a) continuo contrasto tra l’assessore Florio e gran parte dei consiglieri provinciali, dannoso per il buon funzionamento dell’Amministrazione e che aveva determinato le fondate critiche sollevate dai consiglieri, con la conseguente necessità di assumere provvedimenti nei confronti di tale assessore;

b) in particolare, era stata riscontrata fondata la critica relativa alla totale preclusione dell’assessore Florio verso ogni forma di dialogo e di collaborazione, alla sua scarsa disponibilità di tempo e alla sua ridottissima presenza negli uffici dell’Amministrazione;

c) nei rapporti con gli altri assessori ed il personale l’atteggiamento del dr. Florio era risultato deludente e del tutto controproducente per una serie di motivi assolutamente banali e di mero puntiglio.

Dopo tale illustrazione dei fatti, è stato, poi, evidenziato che non risultava ammissibile la determinatasi situazione di prolungato personale contrasto tra un assessore e gran parte del Consiglio provinciale ed il Presidente dell’Amministrazione provinciale, situazione, da ultimo, acuitasi, rendendosi intollerabile.

In tale situazione, la validità della motivazione del provvedimento impugnato con il secondo ricorso è di chiara evidenza.

Correttamente, quindi, il primo giudice ha ravvisato tale provvedimento congruamente motivato, atteso, in particolare, che a norma dell’art. 46 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, il Presidente della Provincia provvede alla nomina degli assessori sulla base di un rapporto fiduciario verso i prescelti (comma 2) e può provvedere alla loro revoca quando tale rapporto fiduciario sia venuto meno (comma 4).

Né l’appellante può sostenere a ragione che il T.A.R., nel rilevare il venir meno, nel caso, del rapporto fiduciario, abbia riconosciuto al Presidente della Provincia un potere esercitabile secondo il proprio libero arbitrio.

Nella specie, infatti, la revoca dell’incarico al dr. Florio è stata disposta-come sopra illustrato- sulla base di esplicitati dati di fatto, necessariamente implicanti il venir meno del rapporto fiduciario e giustificativi dell’adottato provvedimento di revoca.

Parimenti, l’appellante non ha ragione nel sostenere che il T.A.R. abbia errato nel ritenere fondate le giustificazioni poste a fondamento del provvedimento in oggetto, senza effettuare alcuna verifica e senza prendere in considerazione quanto da esso sostenuto, in quella sede, circa l’impegno da lui profuso per assolvere l’incarico conferitogli.

I fatti attestati da una pubblica autorità, quale è il Presidente dell’Amministrazione provinciale fanno, infatti, fede fino a querela di falso, nel caso non esperita dall’interessato, e, quindi, non vi era alcun motivo perché potessero essere ravvisati non veritieri e dovessero essere verificati in sede istruttoria.

Per altro, in proposito, il T.A.R. ha fatto presente che le motivazioni del secondo provvedimento di revoca trovano riscontro nel verbale della seduta della terza Commissione consiliare del 22 dicembre 1999, esibito in giudizio dall’Amministrazione resistente, contenente la vibrata espressione di rincrescimento per la “metodica assenza” dell’assessore Florio.

Quanto, poi, alle attività amministrative promosse dal ricorrente e agli sforzi da esso compiuti per dare attuazione agli indirizzi programmatici dell’Amministrazione provinciale, da esso addottati a contestazione della motivazione del secondo provvedimento di revoca dell’incarico di assessore, il T.A.R. ha correttamente notato che tali elementi non erano idonei a contrastare la “chiusura verso ogni forma di dialogo e di collaborazione” rilevata a suo carico.

Così come notato dal primo giudice, la permanenza di un rapporto fiduciario, quale è quello su cui si controverte, non può essere, infatti, determinata da singole attività ed iniziative del soggetto che abbia ricevuto l’incarico, ma deve risultare da tutto un insieme di elementi attinenti alle varie attività svolte, alle relative modalità di svolgimento e alla complessiva condotta tenuta.

In ordine ai documenti (nove lettere) prodotti dal ricorrente, al fine di contrastare il ridotto impegno nell’espletamento dell’incarico rilevato a suo carico, il primo giudice ne ha, poi, correttamente notato l’inidoneità, visto che il Segretario Generale della Provincia, con atto esibito in giudizio dall’Amministrazione resistente, aveva attestato la presenza del dr. Florio a sole 93 delibere della Giunta provinciale su 439 adottate, nel periodo compreso tra il 3 luglio 1999 ed il 22 marzo 2000.

Infine, si osserva che non può giovare all’appellante il fatto che il T.A.R. non abbia curato di effettuare una esplicita valutazione del documento politico-programmatico sottoscritto dalla “nuova maggioranza” in data 17 febbraio 2000, da esso esibito nel primo grado di giudizio.

In proposito, si osserva che trattasi di un documento politico-programmatico redatto dai rappresentanti di vari partiti politici, concernente le alleanze in occasione di trascorse e di prossime elezioni amministrative, come tale insuscettibile di alcuna correlazione con la revoca dell’incarico di assessore al dr. Florio, disposta esclusivamente per il venir meno del rapporto fiduciario prima sussistente, allorchè l’incarico gli era stato conferito, giuste le ragioni esposte nel provvedimento impugnato con il suo secondo ricorso al T.A.R..

Poiché la revoca dell’incarico al dr. Florio non era stata determinata dalle nuove alleanze politiche cui era addivenuto il suo partito di appartenenza, il fatto che il T.A.R. non abbia effettuato alcuna esplicita valutazione del documento in questione nella motivazione della sentenza, essendosi limitato ad escludere che il provvedimento impugnato fosse stato determinato da ragioni politiche, non costituisce, quindi, elemento inficiante la relativa decisione.

Il primo giudice, invero, avendo fatto riferimento al documento in parola nella esposizione in fatto della sentenza, ha dimostrato di averlo preso in considerazione quale elemento difensivo prospettato dal ricorrente.

La mancanza di riferimento esplicito al documento “de quo” nella parte motiva della sentenza dimostra, pertanto, unicamente che il primo giudice, nel ravvisare il provvedimento di cui trattasi non originato da ragioni politiche, ha ritenuto tale documento inconferente ai fini della decisione, così come lo è, giusto quanto prima osservato.

La dedotta omissione di valutazione puntuale del detto documento politico-programmatico non incide, quindi, sulla correttezza della contestata pronuncia reiettiva del secondo ricorso del dr. Florio.

In tale situazione, va, pertanto, escluso che il provvedimento impugnato con il secondo ricorso non sia assistito da adeguata motivazione, come pure che il T.A.R. abbia respinto tale secondo ricorso immotivatamente, senza effettuare alcuna verifica in sede istruttoria e senza tener conto di atti rilevanti esibiti dal ricorrente.

V°- Conclusivamente, alla stregua di quanto considerato, il ricorso in appello è infondato e va, conseguentemente, respinto.

Quanto alle spese e agli onorari del presente grado di giudizio sussistono giusti motivi perché siano interamente compensati tra le parti.

 

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello specificato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 13 luglio 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti magistrati: 

Emidio Frascione    Presidente

Rosalia Maria Pietronilla Bellavia Consigliere redattrice

Chiarenza Millemaggi Cogliani  Consigliere

Cesare Lamberti    Consigliere

Claudio Marchitiello   Consigliere

 

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

f.to Rosalia Maria Pietronilla Bellavia f.to Emidio Frascione

 

IL SEGRETARIO

f.to Agatina Maria Vilardo

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 6 marzo 2006

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

IL  DIRIGENTE

f.to Antonio Natale

 

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