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TAR Sicilia, sez. III, 17/3/2006 n. 594
Sui presupposti dell'azione risarcitoria proposta a seguito dell'annullamento degli atti di una gara.

L'aggiudicazione della gara può conseguire quale effetto della pronuncia annullatoria (forma di tutela riparatoria di regola connaturale alla tutela risarcitoria dell'interesse legittimo in rapporto simbiotico con l'interesse pubblico portato dall'amministrazione), ma non come forma di risarcimento del danno in forma specifica, non potendo la statuizione risarcitoria del giudice sostituirsi all'esercizio della funzione amministrativa da parte dell'amministrazione.
Pertanto, delle due l'una: o l'aggiudicazione della gara consegue, in quanto possibile, quale effetto del giudicato di annullamento (il che si pone al di fuori di una fattispecie risarcitoria propriamente intesa); oppure tale risultato è divenuto materialmente o giuridicamente impossibile nelle more del giudizio (del che va data adeguata prova a cura della parte che ha un interesse in tal senso), con la conseguenza che l'unica forma di tutela risarcitoria possibile che residua è quella per equivalente.

L'accesso alla tutela per equivalente presuppone la dimostrazione, ad opera della parte che vi ha interesse, della definitiva impossibilità di soddisfare il proprio interesse a conseguire il bene della vita rivendicato quale effetto della statuizione demolitoria (ad esempio, perché nel frattempo il contratto è stato eseguito da altra impresa).

Nei confronti della pubblica amministrazione la proposizione della domanda risarcitoria rimane preclusa, in linea di principio, dal carattere della pronuncia di accoglimento della domanda - di annullamento dell'atto - tendente a far dichiarare detta illegittimità, tutte le volte che una simile pronuncia implichi un nuovo esercizio del potere da parte dell'amministrazione, all'esito del quale, e solo all'esito del quale, può essere valutata la fondatezza o meno della domanda risarcitoria (Consiglio di Stato, sez. VI, decisione n. 4435 del 4 settembre 2002).

Materia: appalti / tutela giurisdizionale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Terza, con l'intervento dei signori magistrati:

- Nicolò Monteleone, Presidente;

- Giovanni Tulumello, Referendario, estensore;

- Mara Bertagnolli, Referendario;

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 3169/2005, proposto dalla s.r.l. DIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo Barberis e Fabio Valguarnera, ed elettivamente domiciliato in Palermo, via G.P. Bertolino n. 2, presso lo studio dell’avvocato Valguarnera

contro

il Comune di Ribera, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio

e nei confronti:

- dell’impresa Di Nica Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

- della s.r.l. IPSALE Costruzioni, e della s.r.l. EDEL BAU, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Raimondo Alaimo, ed elettivamente domiciliato in Palermo, via A. Telesino n. 26, presso lo studio dell’avvocato. Michele Roccella;

per l'annullamento, previa sospensione

- della determinazione del Presidente di gara del Comune di Ribera n. 147 del 24.10.2005 con cui è stata revocata l’aggiudicazione alla DIVA s.r.l. del pubblico incanto per l’affidamento dell’appalto dei lavori di manutenzione straordinaria della ex Regia Trazzera S. Leonardo;

- della determinazione del Presidente di gara del Comune di Ribera n. 147 del 24.10.2005 con cui è stata riaperta la gara ai fini della riammissione delle imprese Ipsale Costruzioni ed Edel Bau;

- del provvedimento di cui al verbale di gara del 7.11.2005, con cui la gara è stata provvisoriamente aggiudicata all’Impresa Di Nica Costruzioni s.r.l.;

- del provvedimento di ammissione alla gara delle imprese Ipsale Costruzioni ed Edel Bau;

- del provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto;

- di ogni altro provvedimento preliminare, consequenziale e comunque connesso a quello oggetto di impugnazione.

e per la condanna

al risarcimento dei danni.

Visti il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle imprese controinteressate Ipsale Costruzioni ed Edel Bau;

Vista l’ordinanza cautelare n. 124 del 2006;

Letti ed esaminati gli scritti difensivi ed i documenti prodotti dalle parti;

Relatore alla pubblica udienza del 14 marzo 2006 il Referendario Giovanni Tulumello;

Uditi i procuratori delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato il 16 dicembre 2005, e depositato il successivo 28 dicembre, la società ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità.

In particolare, il ricorso risulta affidato alle seguenti censure: “Violazione dei princìpi generali in materia di controllo e collegamento formale o sostanziale tra imprese concorrenti agli appalti di lavori pubblici. Illegittimità del procedimento e della successiva aggiudicazione per assoluta carenza dei presupposti in fatto e in diritto. Eccesso di potere per violazione dei princìpi della segretezza delle offerte e della par condicio dei concorrenti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 legge 109/94”.

Le imprese controinteressate Ipsale Costruzioni ed Edel Bau si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso.

Con ordinanza n. 124 del 2006, è stata accolta la domanda cautelare di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.

Il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 14 marzo 2006.

DIRITTO

1. Preliminarmente, in relazione all’eccezione sollevata dalla difesa delle società Ipsale ed Edel Bau in sede di udienza di discussione, il collegio osserva che il ricorso il esame è stato tempestivamente notificato a tutte le parti controinteressate, compresa la s.r.l. Di Nica Costruzioni (come risulta dalla relata di notifica, con relativi avvisi di ricevimento versati in atti dalla parte ricorrente).

2. Nel merito, la società ricorrente, aggiudicataria provvisoria dell’appalto per cui è causa, si è vista revocata l’aggiudicazione provvisoria, con emissione dei provvedimenti consequenziali pure impugnati, in conseguenza della riammissione alla gara delle imprese Ipsale Costruzioni ed Edel Bau, in precedenza escluse in quanto partecipanti al medesimo consorzio stabile denominato “Tekton”.

Ad avviso della ricorrente, sarebbe illegittimo il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria, ed i provvedimenti consequenziali relativi alla riapertura della gara, in quanto fra le predette imprese originariamente escluse sussisterebbe un collegamento che va al di là della partecipazione allo stesso consorzio stabile, investendo il profilo delle partecipazioni sociali delle due società.

Il ricorso è fondato.

3. Le coordinate ermeneutiche della fattispecie dedotta sono state tracciate da un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato.

Il Consiglio di Stato, sez. V, nella decisione 3362/2001 ha affermato che “Nelle procedure ad evidenza pubblica nelle quali la media delle offerte rileva ai fini dell'aggiudicazione, attraverso detta media s’intende, com’è noto, ricreare le condizioni del mercato relativo alla prestazione in gara, e ciò allo scopo d’individuare l'ambito entro il quale le offerte formulate possono considerarsi serie e, in conseguenza - previa, ove prevista, l’esclusione dei concorrenti che hanno proposto ribassi non compatibili con la situazione del mercato così evidenziata - al fine di prescegliere l'offerta più vantaggiosa tra quelle che nel suddetto ambito rientrano. E’ evidente, pertanto, che l'esistenza di una situazione di collegamento fra alcuni partecipanti, siccome incompatibile con un’effettiva concorrenza fra di loro ed idonea a favorire la produzione di offerte concordate in modo da influenzare la media, incide sulla parità di condizione tra i concorrenti e vizia il risultato al quale il sistema è preordinato, rendendo illegittimo ogni ulteriore atto della procedura e, in particolare, quello conclusivo costituito dall’aggiudicazione. Poiché, per altro, sul corretto svolgimento della gara può incidere anche il collegamento indiretto fra imprese, rappresentando questo uno strumento di facile elusione del divieto di partecipazione in argomento, è privo di consistenza il rilievo dato, nella specie, a tale carattere del rapporto intercorrente tra le imprese sopra menzionate”.

Se, dunque, anche il collegamento indiretto fra imprese legittima l’esercizio del potere di esclusione de quo, va ulteriormente precisato che il richiamo - contenuto nel citato art. 10, comma 1-bis, l. 109/1994 – all’art. 2359 cod. civ., ha la funzione di individuare una presunzione, senza che possa escludersi che possano esistere altre forme di collegamento o controllo, societario od imprenditoriale, atti ad alterare il corretto svolgimento – secondo logiche puramente concorrenziali – di una gara d’appalto (in questo senso Consiglio di Stato, sez. IV, decisione 6424/2001, che si segnala per la precisazione secondo la quale anche prescindendo dai rigidi criteri previsti dall’art. 2359 cod. civ., le offerte provenienti da più imprese giuridicamente diverse vanno comunque considerate lesive della concorrenza quando, nella sostanza, siano riconducibili allo stesso centro di interessi, e per l’affermazione della non necessarietà della indicazione, nel bando di gara, dell’elenco dei casi specifici di presunto collegamento fra imprese, giacché l’art. 10, comma 1-bis, della citata l. 109/1994 è norma di ordine pubblico, applicabile indipendentemente da un espresso richiamo nella lex specialis).

Conseguentemente, oltre all’ipotesi di controllo societario ex art. 2359 cod. civ., rilevante ex se ai sensi dell’art. 10, comma 1-bis, della legge 109/1994, legittimamente l’amministrazione commina l’esclusione anche nei riguardi di altri fenomeni (comunanza di soci od amministratori) che, le appaiano tali da vulnerare la par condicio, purché con il limite della ragionevolezza e della logicità (in questo senso Consiglio di Stato, sez. IV, decisione 949/2002).

Del resto, se si interpretasse diversamente il rinvio all’art. 2359 cod. civ., contenuto nel citato art. 10, comma 1-bis, quest’ultima disposizione opererebbe solo in presenza di un controllo societario diretto fra imprese partecipanti alla gara, laddove invece “Il riferimento alle imprese, anziché alle sole società che la norma del codice contempla, consente di ritenere che si deve aver riguardo agli effetti delle situazioni che la stessa disposizione definisce per individuare i rapporti di controllo. La possibilità di applicare a qualsiasi impresa la verifica di una situazione di controllo, e perciò anche ad altre società di capitali, alle società di persone o agli imprenditori individuali, non già alle sole società cui specificamente ha riguardo l’art. 2359, fa giustificatamente concludere che quel che la legge n. 109/1994 prende in considerazione è il fatto che, in virtù degli incroci di partecipazione e di interessi sussistenti, si rilevi l’esistenza di un unico centro decisionale, corrispondente a quello, che con la maggioranza dei voti, con l’influenza dominante o con particolari vincoli contrattuali, si avvera nelle predette società. Le forme e le misure di possesso di azioni, di quote o di partecipazioni in genere, l’esistenza di patti parasociali, la collocazione di soggetti negli organi di amministrazione possono essere le più varie. Quel che assume rilievo, ai fini della partecipazione alle suddette procedure, è che non vi sia riferibilità ad una medesima persona, ad un medesimo gruppo di persone o ad una medesima società delle decisioni formalmente attribuibili ad entità diverse” (Consiglio di Stato, sez. V, decisione 3601/2002).

4. Date le superiori premesse relative all’esegesi della disposizione attributiva del potere-dovere di cui si discute (il citato art. 10, comma 1-bis), va rilevato che, in punto di fatto, la censura posta a fondamento del ricorso si basa sul rilievo della coincidenza della composizione societaria delle due imprese (Ipsale Costruzioni ed Edel Bau), non solo quanto alla corrispondenza fra le persone fisiche che risultano come soci in entrambe le società (Rosano Giuseppe, Ipsale Giuseppe, Ipsale Antonino, Ipsale Rosa, Ipsale Fortunato e Ipsale Salvatore), ma altresì quanto alla esatta corrispondenza delle quote di capitale di pertinenza di ciascuno dei predetti soci (identiche, per ciascuno, in entrambe le società: € 12.825,00).

5. Oltre a tale elemento, già di per sé altamente sintomatico della unicità di un centro di imputazione di interessi imprenditoriali pur in presenza di due soggetti formalmente diversi, la censura in esame si fonda su ulteriori fattori, ritenuti rilevanti nell’ottica della prospettazione posta a fondamento del ricorso: la contiguità dei ribassi offerti (24,52% in un caso, 24,56% nell’altro); le polizze per la partecipazione alla gara emesse dalla stessa compagnia assicurativa, nello stesso giorno, e con identico arrotondamento dell’importo; la certificazione di qualità è stata rilasciata ad entrambe le imprese dalla stessa società di attestazione; le offerte sono state presentate nello stesso giorno.

Inoltre, il collegamento fra le due imprese risulta già annotato nell’apposito casellario a cura dell’Autorità di Vigilanza sui LL.PP.

Questi elementi, unitariamente valutati in chiave di inferenza logica, consentono di ritenere che, alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale, sia configurabile un collegamento fra le imprese Ipsale Costruzioni e Edel Bau, rilevante ai sensi dell’art. 10 della legge n. 109 del 1994.

6. Le contrarie difese delle due imprese controinteressate si articolano su tre livelli.

In primo luogo si allega che l’unica forma di collegamento sarebbe data da rapporti di parentela (essendo fratelli i due amministratori): che non si tratti di mero vincolo di parentela lo dimostra la documentazione allegata dalla ricorrente circa il già esaminato profilo della composizione societaria (visure camerali con indicazione dei nominativi e dei codici fiscali dei singoli soci: ciò che esclude la possibilità di omonimie), peraltro sostanzialmente incontestato dalla difesa delle due controinteressate.

In secondo luogo, si contesta la partecipazione delle due imprese allo stesso consorzio stabile: ma si è già precisato che il ricorso in esame poggia su elementi diversi ed autonomi rispetto a quello che causò l’originaria esclusione dalla gara delle odierne controinteressate.

In terzo luogo, la difesa delle controinteressate assume che l’annotazione del collegamento nel casellario è attualmente oggetto di impugnazione: tuttavia, la ricorrente ha prodotto in proposito le ordinanze con cui questo Tribunale ha respinto le domande cautelari di sospensione degli effetti di tali annotazioni, ritenendo i relativi ricorsi, ad una cognizione sommaria, sprovvisti di fumus boni iuris.

7. La difesa delle odierne controinteressate, inoltre, conduce una contestazione analitica della rilevanza, quale fatto sintomatico del collegamento, di ciascuno dei riferiti elementi dedotti nel ricorso, afferenti la polizza fideiussoria, la data di presentazione delle domande, etc.

Così condotta l’analisi, non può non convenirsi con la difesa delle odierne controinteressate sulla portata neutra, in assoluto, di alcuni di tali elementi: così, potrebbe essere di per sé irrilevante la partecipazione alla gara di due imprese riconducibili a soggetti portanti lo stesso cognome, o comunque aventi rapporti di parentela; ovvero la presentazione dell’offerta con le stesse modalità e nello stesso giorno.

Il vizio di fondo delle contestazioni in esame risiede però nel fatto che la valutazione da operare in proposito non deve essere analitica, ma unitaria.

Le argomentazioni in esame, basate sulla individuazione di un tertium comparationis non idoneo a supportare il riferito giudizio relazionale, sono dunque infondate.

8. Neppure la difesa controinteressata individua correttamente la causa del potere amministrativo in contestazione, allorché (a pag. 8 della memoria di costituzione) afferma che “Ciò che conta, infatti, ai fini della segretezza dell’offerta è che la stessa provenga – caso di specie - dal soggetto legittimato ad esprimerla”.

La fattispecie in esame non ha riguardo ai profili di segretezza dell’offerta, tutelati e regolati da altre disposizioni, ma all’esigenza di evitare che venga alterato il meccanismo concorrenziale della gara mediante competizione fra imprese solo apparentemente diverse, ma in realtà riconducibile ad un unico centro di interesse.

9. Quanto all’affermazione (pag. 15 della memoria delle parti controinteressate) secondo la quale, accogliendo la prospettazione posta a fondamento del ricorso, “verrebbe compromesso il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica privata, e della autonomia delle persone giuridiche”, è sufficiente osservare che una corretta percezione della libertà d’impresa, costituzionalmente tutelata, non si identifica con la fittizia creazione di una pluralità di soggetti imprenditoriali al fine di concorrere sul mercato delle commesse pubbliche aggirando le rigorose regole che la norma primaria, proprio a tutela del valore della concorrenza (anch’esso oggetto di tutela costituzionale: art. 117 Cost, sul cui significato si veda la sentenza n. 14/2004 della Corte costituzionale), impone al fine di assicurare una competizione effettiva fra i vari imprenditori.

Il ricorso avverso i provvedimenti impugnati è pertanto fondato e, come tale, va accolto.

10. La domanda risarcitoria è formulata, in via principale, nel senso di chiedere, come forma di risarcimento del danno in forma specifica, l’aggiudicazione della gara; e, in subordine, il risarcimento dei danni per equivalente monetario.

11. La domanda risarcitoria proposta in via principale è inammissibile.

L’aggiudicazione della gara può infatti conseguire quale effetto della pronuncia annullatoria (forma di tutela riparatoria di regola connaturale alla tutela risarcitoria dell’interesse legittimo in rapporto simbiotico con l’interesse pubblico portato dall’amministrazione), ma non come forma di risarcimento del danno in forma specifica, non potendo la statuizione risarcitoria del giudice sostituirsi all’esercizio della funzione amministrativa da parte dell’amministrazione.

Pertanto, delle due l’una: o l’aggiudicazione della gara consegue, in quanto possibile, quale effetto del giudicato di annullamento (il che si pone al di fuori di una fattispecie risarcitoria propriamente intesa); oppure tale risultato è divenuto materialmente o giuridicamente impossibile nelle more del giudizio (del che va data adeguata prova a cura della parte che ha un interesse in tal senso), con la conseguenza che l’unica forma di tutela risarcitoria possibile che residua è quella per equivalente.

12. Anche la domanda risarcitoria proposta in via subordinata è inammissibile.

Non è stata infatti fornita dalla parte ricorrente la dimostrazione della impossibilità che il soddisfacimento dell’interesse della stessa, rispetto al bene della vita rivendicato, consegua direttamente come effetto della pronuncia annullatoria, anche per effetto della concessione della cautela processuale: senza tale dimostrazione non è dato al collegio accedere al successivo stadio dell’esame della domanda risarcitoria, rivolta alla quantificazione dell’equivalente monetario del pregiudizio subìto.

Se non si seguisse tale rigoroso schema logico, si consentirebbero infatti possibili duplicazioni del risarcimento, nel senso che all’effetto direttamente conseguente all’annullamento degli atti di gara, vale a dire all’aggiudicazione della gara stessa ad opera della ricorrente (ove ne ricorrano le condizioni), si aggiungerebbe l’attribuzione di un equivalente monetario pari all’utilità asseritamente non conseguita.

L’accesso alla tutela per equivalente presuppone dunque la dimostrazione, ad opera della parte che vi ha interesse, della definitiva impossibilità di soddisfare il proprio interesse a conseguire il bene della vita rivendicato quale effetto della statuizione demolitoria (ad esempio, perché nel frattempo il contratto è stato eseguito da altra impresa).

13. Quanto poi all’entità del risarcimento domandato, va rilevato che è stata fornita dalla parte ricorrente una mera allegazione, e non una - pur parziale – dimostrazione, della sussistenza dei presupposti della stessa, ed in particolare dell’esistenza di un danno giuridicamente rilevante.

In proposito va rilevato che l’azione risarcitoria, pur se proposta davanti al giudice amministrativo in virtù del principio di concentrazione della tutela sancito dalla disposizione attributiva della giurisdizione esclusiva in materia, sul piano probatorio è comunque soggetta non già alla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì al principio dell’onere della prova ex artt. 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., applicabili anche al processo amministrativo avente ad oggetto diritti soggettivi, come quello al risarcimento del danno ingiusto (Consiglio di Stato, sez. IV, decisione n. 6666 del 2003, peraltro citata dalla ricorrente).

Irrilevante appare in proposito il richiamo al rito della c.d. ottemperanza anomala, in base al quale il giudice amministrativo indica i criteri per la liquidazione del danno risarcibile, lasciando alle parti la determinazione (in base a tali criteri) del suo concreto ammontare.

L’art. 35 del d. lgs. n. 80 del 1998, come novellato dalla legge n. 205 del 2000, non ha infatti introdotto nel processo amministrativo una forma di condanna generica, ex art. 278 cod. proc. civ., limitata all’accertamento dell’an debeatur, ma ha previsto un meccanismo di liquidazione del quantum debeatur il cui presupposto è la valida proposizione di un’azione risarcitoria, assistita da tutti gli elementi di fondatezza (e di prova della stessa), accertata come tale dal giudice, in punto di sussistenza dei presupposti legittimanti l’affermazione della responsabilità (in questo senso Consiglio Stato, sez. IV, 2 marzo 2004, n. 942).

Ciò che tuttavia appare dirimente nell’esame della domanda di risarcimento del danno, è che nei confronti della pubblica amministrazione la proposizione della domanda risarcitoria, che presuppone l’accertamento dell’illegittimità dell’agire funzionale, rimane preclusa, in linea di principio, dal carattere della pronuncia di accoglimento della domanda – di annullamento dell’atto - tendente a far dichiarare detta illegittimità, tutte le volte che una simile pronuncia implichi un nuovo esercizio del potere da parte dell’amministrazione, all’esito del quale, e solo all’esito del quale, può essere valutata la fondatezza o meno della domanda risarcitoria (Consiglio di Stato, sez. VI, decisione n. 4435 del 4 settembre 2002).

 Per tutte le superiori ragioni, la domanda risarcitoria proposta con il ricorso in esame va dichiarata inammissibile.

14.  Sussistono giusti motivi, in relazione alla parziale soccombenza, per la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione terza, definitivamente pronunciando, accoglie in parte il ricorso in epigrafe, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Dichiara inammissibile la domanda di risarcimento del danno.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 14 marzo 2006.

Il Presidente

L’estensore

Il Segretario

 

Depositata in Segreteria 17 marzo 2006

Il Segretario

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