REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania – Sezione Seconda - nelle persone dei magistrati
Dr. Italo Vitellio - Presidente
Dr. Francesco Bruno – Referendario, Rel. Est.
Dr. Giuseppa Leggio – Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso n. 842/2005, e sui motivi aggiunti, proposti dalla ditta Luce Perpetua s.n.c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Guido Ottaviano, elettivamente domiciliata in Catania, Viale Libertà n. 160, presso lo studio dell’Avv. Basilio Iuculano;
CONTRO IL
Comune di Catania, in persona del Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall’Avv. Vincenzo Martines, elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura comunale, in Catania, Via Oberdan n. 141;
E NEI CONFRONTI DI
Catania Multiservizi s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv. Vito Branca e Maria C. Puglisi, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima, in Catania, C.so Italia, n. 137;
Italia Lavoro s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., non costituitasi in giudizio;
controinteressate
Feder.Co.F.It (Federazione del Comparto Funerario Italiano), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Fichera, elettivamente domiciliata presso lo studio di questi in Catania, Via Vecchia Ognina, 142/B;
Interveniente ad adiuvandum
PER L’ANNULLAMENTO
Ricorso introduttivo
- Di tutti gli atti con i quali il Comune di Catania ha deciso di affidare alla Multiservizi s.p.a. la gestione del servizio di illuminazione votiva nei cimiteri cittadini;
- degli atti di costituzione della Multiservizi s.p.a., nella parte in cui è stato previsto anche l’affidamento del servizio in questione;
- della deliberazione della G.M. dell’8.02.2005 n. 153 con la quale è stato revocato il bando di gara per l’affidamento a terzi del servizio di illuminazione votiva, e deciso di procedere all’affidamento in house providing alla Multiservizi s.p.a.;
- della determinazione dirigenziale n. 5/124/Dir del 4.03.2005 che ha revocato il bando di gara;
- degli atti antecedenti, conseguenti e comunque collegati compresi, ove necessari, convenzioni statuti e loro approvazione;
Motivi aggiunti
- delle delibere del Consiglio comunale di Catania n. 14 del 26.02.97 e n. 14 del 20.03.98;
- della determinazione n. 5/256/Dir del 10.05.2005 del Direttore dei Servizi Cimiteriali;
- del capitolato d’oneri, delle condizioni generali di abbonamento nonché delle norme transitorie;
Visto il ricorso con i relativi allegati ed i successivi motivi aggiunti;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Catania e della controinteressata Catania Multiservizi s.p.a.;
Visto l’atto di intervento ad adiuvandum della Feder.Co.F.It.;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il Referendario dott. Francesco Bruno;
Uditi, alla pubblica udienza del 10 Novembre 2005, i difensori delle parti, come da verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto ed in diritto, quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo, la società Luce Perpetua s.n.c. ha impugnato la delibera di G.M. e la conseguente determinazione dirigenziale con le quali è stata: a) revocata la gara, precedentemente bandita (e dalla stessa ricorrente impugnata per impossibilità di presentare un’offerta attendibile), per l’affidamento del servizio di illuminazione votiva dei cimiteri comunali; b) deciso di affidare in house providing il medesimo servizio alla società Catania Multiservizi s.p.a.
La ricorrente contesta, in particolare, i vizi di: 1) incompetenza della giunta Municipale; 2) illegittimità dell’affidamento in house; 3) violazione dell’art. 113 D. Lgs. 267/2000; 4) vizi della motivazione.
Con successivi motivi aggiunti, la ricorrente ha impugnato gli atti di costituzione della Catania Multiservizi s.p.a., di approvazione del relativo contratto di servizio, e di affidamento del servizio in esame, deducendone l’invalidità derivata e congiunta.
Si è costituito in giudizio il Comune di Catania che, nel difendere la legittimità degli atti adottati, ha anche eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardività, per carenza di legittimazione ed interesse, per l’insindacabilità degli atti di indirizzo politico.
Analoghe eccezioni preliminari sono state sollevate nella memoria di costituzione della Multiservizi s.p.a., con la quale si contesta anche il merito delle censure.
Le ragioni della ricorrente sono state sostenute anche dalla Feder.Co.Fit. (Federazione del comparto funerario italiano), intervenuta in giudizio con atto di intervento ad adiuvandum.
Con ordinanza cautelare n. 948/2005, ravvisati alcuni aspetti di possibile fondatezza del ricorso, questa Sezione ha fissato l’udienza di trattazione del merito, ai sensi dell’art. 23 bis L. 1034/1971.
Alla pubblica udienza del 10 Novembre 2005 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1) In via preliminare vanno analizzate le eccezioni processuali sollevate dal Comune resistente e dalla controinteressata, aventi ad oggetto l’asserita inammissibilità del ricorso per:
a) tardività dell’impugnazione degli atti di costituzione della Multiservizi s.p.a. e di affidamento del servizio in questione, posto che la creazione della società mista risale ad una delibera consiliare del 1997;
b) difetto di legittimazione ed interesse a ricorrere, per non avere la ricorrente presentato domanda di partecipazione alla gara poi revocata;
c) insindacabilità delle scelte di indirizzo politico di cui sarebbero espressione gli atti impugnati.
A parere del Collegio le predette eccezioni sono infondate e vanno rigettate per le seguenti ragioni:
Sub a) L’eccezione di tardività del ricorso non può certamente investire l’impugnazione dei provvedimenti di affidamento diretto alla Multiservizi s.p.a., che risalgono all’8.02.05 ed al 4.03.05 e sono stati impugnati con ricorso notificato il 29.03.05. Al più, essa può rivelarsi fondata solo con riguardo alla impugnazione degli atti di costituzione di detta società mista.
Sub b) La carenza di legittimazione a ricorrere in capo alla Luce Perpetua s.n.c. viene eccepita sulla base dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale “per l’impugnazione immediata delle clausole lesive di un bando è necessaria la presentazione della domanda di partecipazione alla gara”.
La premessa si rivela errata: nel ricorso in esame, infatti, l’oggetto della censura non è la procedura di gara poi revocata, alla quale la ricorrente non avrebbe chiesto di partecipare, bensì la scelta di affidare il servizio al di fuori del sistema della pubblica gara, con il metodo del cd. in house providing.
A fronte di tale decisione, la legittimazione attiva della ricorrente trova fondamento nella sua connotazione di “imprenditore di settore” (cfr. TAR Catania, I, 198/2003)
Sub c) L’asserita insindacabilità giurisdizionale delle scelte di indirizzo politico, ed in particolare dell’impugnata delibera della G.M. muove da un presupposto errato.
Sono definiti atti politici quelli che costituiscono espressione della fondamentale funzione di direzione e di indirizzo politico del Paese e coinvolgono i supremi interessi dello Stato e delle sue istituzioni fondamentali: la delibera di Giunta impugnata non può essere ascritta alla predetta categoria, essendo un provvedimento (ampiamente discrezionale, ma) con finalità e natura decisamente amministrative, in quanto volto alla determinazione delle modalità di gestione di un servizio pubblico locale.
2) Passando al merito del ricorso, il Collegio ritiene utile prendere le mosse dall’esame del 2° e del 3° motivo di ricorso, entrambi rivolti a censurare la scelta del Comune di ricorrere al cd. affidamento in house del servizio di illuminazione votiva, piuttosto che alla normale procedura dell’evidenza pubblica.
Più in particolare, con il 2° motivo di ricorso si evidenzia la natura “eccezionale” dello strumento prescelto, affermata dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale; mentre col 3° motivo viene censurata la violazione dell’art. 113, co. 5, lett. c), del T.U.E.L., nella parte in cui consente l’affidamento diretto dei servizi pubblici locali a “a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano”.
La violazione della citata disposizione discenderebbe, nel caso di specie, secondo quanto denunciato dalla ricorrente, dal fatto che la Catania Multiservizi s.p.a. (società a capitale misto interamente pubblico, partecipata dal Comune di Catania per il 51%, e da Italia Lavoro s.p.a. – già, GEPI s.p.a. - per il restante 49%) non sarebbe soggetta al cd. controllo analogo del Comune, per quanto si evince dallo Statuto, e svolgerebbe una cospicua attività esterna (circa il 40% del fatturato), tanto da rendere non prevalente l’attività svolta a favore dell’Ente controllante.
Il Comune e la controinteressata controdeducono sottolinenando che: 1) Le condizioni per l’affidamento in house citate in ricorso riguardano gli appalti pubblici, e non si applicherebbero al caso di specie che è relativo alla concessione di un pubblico servizio;
2) E’ sussistente il cd. controllo analogo, di cui costituiscono chiaro sintomo sia la posizione di azionista di maggioranza rivestita dal Comune, sia il suo potere di nomina dei consiglieri di amministrazione e del Collegio Sindacale;
3) L’attività svolta dalla Multiservizi s.p.a. a favore del Comune di Catania è prevalente, in quanto incide per una percentuale pari al 62% dell’intero fatturato.
A parere del Collegio il ricorso è fondato e va accolto.
La delicata materia dell’affidamento in house, ossia diretto, dei servizi pubblici da parte di un ente locale ad una società partecipata risulta disciplinato dal citato art. 113, co. 5, lett. c) del T.U.E.L., da integrare con i contributi interpretativi forniti dalla giurisprudenza, specie di matrice comunitaria.
Con la decisione del 18 Novembre 1999 (cd. sentenza Teckal), la C.G.E. ha statuito che “La direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/36/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, è applicabile ove un'amministrazione aggiudicatrice, quale un ente locale, decida di stipulare per iscritto, con un ente distinto da essa sul piano formale e autonomo rispetto ad essa sul piano decisionale, un contratto a titolo oneroso avente ad oggetto la fornitura di prodotti, indipendentemente dal fatto che tale ultimo ente sia a sua volta un'amministrazione aggiudicatrice o meno.”.
Con la successiva decisione C.G.E. dell’11 Gennaio 2005 (cd. sentenza Stadt Halle) è stato stabilito che “Nell'ipotesi in cui un'amministrazione aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso relativo a servizi rientranti nell'ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 92/50/CE, con una società da essa giuridicamente distinta, nella quale la detta amministrazione detiene una partecipazione insieme con una o più imprese private, le procedure di affidamento degli appalti pubblici previste dalla citata direttiva debbono sempre essere applicate.”
Con la recente sentenza C.G.E. del 13 Ottobre 2005 (cd. sentenza Parking Brixen Gmbh) si è precisato che “gli artt. 43 e 49 del Trattato CE, nonché, i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano a che un’autorità pubblica attribuisca, senza svolgimento di pubblica gara, una concessione di pubblici servizi a una società per azioni nata dalla trasformazione di una azienda speciale della detta autorità pubblica, società il cui oggetto sociale è stato esteso a nuovi importanti settori, il cui capitale dev’essere a breve termine obbligatoriamente aperto ad altri capitali, il cui ambito territoriale di attività è stato ampliato a tutto il paese e all’estero, e il cui Consiglio di amministrazione possiede amplissimi poteri di gestione che può esercitare autonomamente”.
Le citate ultime due decisioni minano alla base il rilievo su cui si fonda la difesa del Comune, secondo il quale i limiti dell’affidamento in house codificati dall’art. 113 del T.U.E.L. si applicherebbero solo agli appalti, e non anche alle concessioni di pubblici servizi.
Alla luce di quanto sopra esposto, l’affidamento diretto del servizio (cd. in house) deve essere considerato un metodo di carattere eccezionale, la cui legittimità è subordinata al rigido rispetto delle condizioni dettate dal citato art. 113, co. 5, lett. c). Tra queste, assume particolare rilievo – nel caso in esame quella concernente lo svolgimento della “parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano”, che la giurisprudenza traduce in termini di prevalenza, se non addirittura di percentuale assorbente (così, TAR Napoli, I, 2784/05).
Orbene, nel caso in esame non è contestata la circostanza che la Multiservizi s.p.a. abbia realizzato, nell’anno 2004, solo il 62% del proprio fatturato in servizi resi al Comune di Catania, avendo per contro indirizzato buona parte delle proprie mire imprenditoriali verso ambiti territoriali ed amministrativi diversi da quello locale (come, peraltro, emerge chiaramente dalle frequenti notizie di stampa).
Tutto ciò impedisce di ritenere sussistente il requisito di cui al citato art 113, e spinge a dichiarare illegittimo l’affidamento diretto del servizio per cui è causa alla Catania Multiservizi s.p.a., per mancanza dei parametri previsti dalla legge, la cui sola integrale sussistenza consentirebbe la deroga alla regola generale dell’affidamento degli appalti per mezzo di procedure ad evidenza pubblica.
Per quanto esposto, il ricorso ed i motivi aggiunti vanno accolti, con conseguente annullamento degli atti impugnati, ad eccezione degli atti di costituzione della società Catania Multiservizi s.p.a., rispetto ai quali l’impugnativa si profila tardiva e comunque priva di interesse per la ricorrente.
La complessità e novità della questione trattata consigliano l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (sez. II) – accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 10 Novembre 2005.
L’ESTENSORE
Dr. Francesco Bruno
IL PRESIDENTE
Dr. Italo Vitellio
Depositata in Segreteria
il 13 febbraio 2006 |