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Consiglio di Stato, Sez. V, 7/4/2006 n. 1878
Sulla legittimità dell'esclusione da una gara di una società per mancanza della certificazione dei sistemi di qualità aziendale conforme alle norme UNI EN 9000, richiesta nel bando di gara.

Rientra nella discrezionalità dell'amministrazione di richiedere per la partecipazione alle gare da essa indette i requisiti dimostrativi delle qualità ritenute necessarie per l'esecuzione dei servizi da appaltare, a garanzia del loro corretto espletamento da parte del soggetto aggiudicatario. L'unico limite posto al riguardo alle pubbliche amministrazioni è quello di richiedere certificazioni di qualità basati sulla pertinente serie di norme europee EN 29000, rilasciate da organismi conformi alle serie di norme europee EN 45000.
Pertanto è legittima l'esclusione da una gara di un'impresa per non avere essa dichiarato il possesso di certificazione dei sistemi di qualità aziendale conforme alle norme UNI EN 9000, come espressamente richiesto nel bando di gara.

Materia: appalti / appalti pubblici di servizi

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale   Quinta  Sezione    

ha pronunciato la seguente

 

DECISIONE

Sul ricorso in appello n. 9097 del 2003, proposto dalla Gestor s.p.a., in persona del Presidente del Consiglio di amministrazione p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Pietro di Benedetto, domiciliatario, in Roma Via Conte Verde, n. 15, giusto mandato a margine del ricorso;

 

contro

il Comune di Bitonto, in personale del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giacomo Valla, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via L. Mantegazza, n. 24, presso il sig. Luigi Gardin, giusto mandato a margine dell’atto di costituzione in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Puglia – Sede di Bari – Sez. I n. 3062 del 2003;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato Comune di Bitonto con i relativi allegati;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 9 marzo 2004: nominata relatrice consigliere Rosalia Maria Pietronilla Bellavia e uditi per le parti gli avv.ti Di Benedetto e Valla;

Ritenuto e considerato in fatto  e in diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

I° - La Gestor s.p.a., corrente in Bari, con ricorso al T.A.R. Puglia – Sede di Bari, impugnò il bando di gara pubblicato sulla G.U. 4 luglio 2001, n. 153, con il quale il Comune di Bitonto aveva avviato la procedura per l’affidamento a terzi del servizio di costituzione dell’anagrafe tributaria, del servizio informativo ai contribuenti e della gestione del contenzioso, censurandolo nella parte concernente i prescritti requisiti di ammissione.

Con lo stesso ricorso, la menzionata Società impugnò il provvedimento del Dirigente del Settore Servizi Finanziari del prefato Comune 31 agosto 2001, n. 16469, reiettivo della propria domanda di partecipazione alla procedura concorsuale, per non avere essa dichiarato il possesso di certificazione dei sistemi di qualità aziendale conforme alle norme UNI EN 9000, come espressamente richiesto nel bando di gara.

La Sezione I^ dell’adito T.A.R., con la sentenza n. 3062 del 2003 ha respinto il detto ricorso, avendo ravvisato legittima la contestata prescrizione del bando di gara che aveva determinato l’esclusione della deducente dalla procedura e avendo, conseguentemente, rilevato la carenza di interesse della stessa deducendo  a censurare la mancata prescrizione, tra i requisiti di partecipazione alla gara, dell’iscrizione all’albo di cui al D.M. 11 settembre 2000, n. 289.

Contro tale sentenza è diretto il presente ricorso in appello, proposto dalla Gestor s.p.a., soccobente nel primo grado di giudizio, cui resiste l’appellato Comune di Bitonto.

II° - L’appellante, con il primo mezzo di gravame, censura l’impugnata sentenza nella parte in cui il primo Giudice ha dichiarato inammissibili, per carenza d’interesse, le censure contenute nel primo motivo del suo ricorso, con il quale aveva dedotto l’illegittimità del bando di gara, per non esservi stata prescritta, tra i requisiti per la partecipazione, l’iscrizione all’albo di cui al D.M. 11 settembre 2000, n. 289.

La deducente assume che il T.A.R. avrebbe errato nel ritenere pregiudiziale l’esame del secondo motivo di gravame, con il quale era stato censurato il bando di gara per aver richiesto, quale requisito di partecipazione, il possesso di certificazione dei sistemi di qualità aziendali conforme alle norme UNI EN 9000 e, conseguentemente, ad assorbire il primo motivo, con il quale era stato dedotto un diverso vizio del bando.

Secondo la Gestor s.p.a., il primo motivo di impugnativa, ove esaminato e accolto avrebbe comportato l’annullamento del bando di gara e la conseguente indizione di una nuova gara, cui avrebbe potuto partecipare un minor numero di concorrenti, aumentando la probabilità, per essa ricorrente, di ottenere l’aggiudicazione dell’appalto concorso.

Il gravame non ha fondamento.

Il bando di gara in questione aveva prescritto tra i requisiti per la partecipazione il “possesso di certificazione dei sistemi di qualità aziendali conforme alle norme UNI EN 9000”.

La Gestor s.p.a. è stata esclusa dalla gara per mancanza del detto requisito.

Tale Società, con il ricorso di primo grado, nell’impugnare il bando di gara e il provvedimento della sua esclusione dalla procedura, si è limitata a censurare il bando con due motivi.

Con il primo motivo, la detta ricorrente ha censurato il bando per non essere stata prescritta tra i requisiti di partecipazione alla gara l’iscrizione all’albo istituito con D.M. 11 settembre 2000, n. 289, requisito da essa posseduto.

Con il secondo motivo la medesima ricorrente ha censurato il bando per essere stata compresa tra i requisiti di partecipazione la certificazione di qualità secondo le norme UNI EN 9000, requisito da essa non posseduto.

Tanto precisato, il Collegio osserva che la determinazione del primo Giudice di esaminare per primo il secondo motivo di ricorso va pienamente condivisa, discendendo la lesione attuale e diretta dell’interesse fatto valere dalla ricorrente dalla prescrizione dalla stessa censurata con il secondo motivo.

L’esclusione della Gestor s.p.a. dalla gara è, infatti, avvenuta esclusivamente in applicazione della prescrizione del bando da essa censurata con il secondo motivo di ricorso e logicamente l’esame di tale motivo rivestiva carattere prioritario, investendo la prescrizione che aveva direttamente leso l’interesse della detta ricorrente.

Ciò stante, correttamente il T.A.R. ha esaminato per primo il secondo dei motivi dedotti con il ricorso.

Avendo ravvisato legittima la prescrizione contestata con il secondo motivo di gravame e che aveva determinato l’esclusione della ricorrente dalla gara, altrettanto legittimamente il T.A.R. ha dichiarato inammissibile, per carenza d’interesse, il primo motivo di gravame, con il quale era stata contestata la mancata prescrizione, tra i requisiti di partecipazione alla gara, dell’iscrizione all’albo istituito con il D.M. 11 settembre 2000, n. 289.

Una volta accertata la legittimità della prescrizione del bando in base alla quale la ricorrente era stata esclusa dalla gara, essa non aveva, invero, alcun interesse a far valere eventuali vizi del bando che non avevano in alcun modo inciso sulla sua esclusione.

Né l’odierna appellante ha ragione nel sostenere che essa avrebbe avuto interesse ad ottenere l’annullamento del bando per il vizio denunciato con il suo primo motivo di ricorso, in quanto l’Amministrazione, in sede l’indizione di un nuovo bando, avrebbe dovuto richiedere, quale requisito di partecipazione alla gara, l’iscrizione al detto albo, con la conseguente riduzione del numero dei concorrenti, determinante una maggiore probabilità, per essa, di ottenere l’aggiudicazione dall’appalto – concorso-.

Ciò sarebbe stato, infatti, possibile solo se fosse stata anche annullata la prescrizione impugnata con il secondo motivo di ricorso.

Diversamente da tale ipotesi, nel caso, la prescrizione per la quale la Gestor s.p.a. era stata esclusa dalla gara, essendo stata ravvisata legittima, sarebbe stata, infatti, reiterata anche in sede di rinnovo del bando, ove eventualmente annullato per il vizio denunciato dalla medesima Società nel suo primo motivo del ricorso, precludendole parimenti di partecipare alla procedura.

Donde la legittima dichiarazione d’inammissibilità, per carenza di interesse, del primo motivo di ricorso pronunciata dal primo Giudice.

Né la Società appellante ha ragione nel sostenere che l’impugnata sentenza non sarebbe stata sul punto motivata.

Il primo Giudice, infatti, ha sufficientemente indicate (a pag. 5 della sentenza) le ragioni per le quali procedeva prioritariamente all’esame del secondo motivo del ricorso e poi (a pag. 8 della sentenza) ha specificato come la reiezione del secondo motivo di ricorso implicava l’inammissibilità, per carenza di interesse, delle censure sollevate con il primo motivo di ricorso.

Il primo mezzo di appello va, pertanto, disatteso.

III° - L’appellante, con il secondo mezzo del gravame, censura l’impugnata sentenza nella parte concernente la ravvisata infondatezza del suo secondo mezzo di gravame, con il quale aveva dedotto l’illegittimo inserimento tra i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara della certificazione di qualità di cui  alle norme UNI EN 9000.

Secondo la deducente, il T.A.R. avrebbe errato nel ravvisare tale prescrizione legittima, non rientrando i servizi oggetto dell’appalto – concorso tra quelli indicati nell’art. 14, comma 4, del D.lgs. 17 marzo 1995, n. 157, riproduttivo dell’art. 31 della direttiva C.E. 18 giugno 1992, n. 92, la quale, per altro, disciplina unicamente i contratti di appalto e non le concessioni di servizi, per le quali  è richiesta soltanto l’iscrizione all’albo di cui all’art. 53 del D.lgs 15 dicembre 1997, n. 446.

Il gravame è infondato.

Come evidenziato dal primo Giudice, l’art. 14, comma 4, del D.lgs 17 marzo 1995, n. 157, ha disposto:

“Qualora le amministrazioni aggiudicatici richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti, attestanti che il concorrente osserva determinate norme in materia di garanzia della qualità, esse fanno riferimento ai sistemi di garanzia della qualità basati sulla pertinente serie di norme europee EN 29000, certificati da organismi conformi alle serie di norme europee EN 45000”.

Tale norma ha unicamente prescritto quali certificazioni possono essere chieste dalle amministrazioni a garanzia della qualità, ma non ha, affatto, disposto che tali certificazioni non possono essere richieste al di fuori dei casi in cui la loro presentazione è stata prevista come necessaria.

Le pubbliche amministrazioni sono tenute a richiedere la certificazione in questione ove le gare riguardino l’appalto di particolari servizi (compresi nell’allegato I. A. della direttiva C.E. 18 giugno 1992, n. 92).

La medesima certificazione può, però, essere discrezionalmente richiesta dalle pubbliche amministrazioni anche per la partecipazione alle gare di appalto di servizi non ricompresi fra quelli per i quali la presentazione di detta certificazione sia normativamente obbligatoria.

Rientra, infatti, nella discrezionalità dell’amministrazione di richiedere per la partecipazione alle gare da essa indette i requisiti dimostrativi delle qualità ritenute necessarie per l’esecuzione dei servizi da appaltare, a garanzia del loro corretto espletamento da parte del soggetto aggiudicatario.

L’unico limite posto al riguardo alle pubbliche amministrazioni è quello di richiedere certificazioni di qualità basati sulla pertinente serie di norme europee EN 29000, rilasciate da organismi conformi alle serie di norme europee EN 45000.

Dal che consegue la legittimità della prescrizione in oggetto, contenuta nell’impugnato bando di gara, correttamente ravvisata dal T.A.R. nell’appellata sentenza.

Né l’appellante ha ragione nel sostenere che, nel caso, si verterebbe in tema di concessione di un pubblico servizio e che, pertanto, non sarebbe stato possibile prescrivere per la partecipazione alla gara la certificazione “de qua”, prevista unicamente per gli appalti.

La gara di cui trattasi è stata indetta per l’affidamento dei seguenti servizi: a) costituzione di un’anagrafe tributaria comunale; b) espletamento di servizio informativo ai contribuenti; c) gestione del contenzioso.

Atteso l’oggetto dell’appalto, esso esula, all’evidenza, dall’ambito della concessione dei pubblici servizi, non riguardando l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi, che il Comune ha riservato al proprio diretto esercizio, limitandosi ad indire l’appalto-concorso unicamente per l’affidamento di attività di supporto all’esercizio del proprio potere tributario.

Stante l’oggetto dell’appalto, non rientrante nell’ambito delle concessioni di pubblici servizi, va, quindi, pure escluso che – di contro a quanto assunto dall’appellante – l’Amministrazione appaltante avrebbe dovuto prescrivere, quale unico requisito di partecipazione alla gara, l’iscrizione all’albo di cui all’art. 53 del D.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, essendo tale iscrizione necessaria soltanto per l’affidamento dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi.

Il che comporta, altresì, l’infondatezza del primo motivo del ricorso di primo grado, con il quale la Gestor s.p.a. aveva censurato il bando di gara per non esservi stata ricompresa tra i requisiti di partecipazione l’iscrizione all’albo di cui al D.M. 11 settembre 2000, n. 289, istituito in applicazione dell’art. 53, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.

Ugualmente, non può giovare all’appellante il fatto, dalla stessa evidenziato, che nel centro-sud dell’Italia soltanto la Ditta risultata aggiudicataria dell’appalto sarebbe in possesso della certificazione aziendale UNI EN 9000, dal momento che alla gara potevano partecipare non solo le ditte con sede sull’intero territorio italiano, ma anche quello operanti nell’ambito della Comunità europea.

Anche il secondo mezzo di appello va, quindi, disatteso.

IV° - L’appellante, con il terzo mezzo di gravame, assume, anzitutto, che il T.A.R. avrebbe erroneamente ritenuta legittima la prescrizione, quale requisito di partecipazione alla gara, del possesso della certificazione di qualità aziendale secondo le norme C.E. UNI EN 9000, non considerando che l’art. 14, comma 3, del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157, impone alle amministrazioni di non chiedere informazioni in ordine alla capacità  tecnica che eccedono l’oggetto dell’appalto.

L’assunto manca di fondamento.

La detta certificazione, riguardando la qualità dell’attività svolta, può essere richiesta indipendentemente dall’oggetto dell’appalto.

Correttamente, pertanto, il T.A.R. si è determinato in base al comma 4 del detto art. 14, riguardante l’osservanza delle norme poste a garanzia della qualità, la cui certificazione è richiedibile anche per l’affidamento di servizi di valore limitato, e non in base al comma 3 dello stesso art. 14, riguardante i requisiti di capacità tecnica e finanziaria, esclusivamente per i quali è prescritto che essi debbono essere adeguati all’oggetto dell’appalto.

Con lo stesso terzo mezzo di gravame, l’appellante assume, altresì, che, trattandosi di gara non rientrante nei settori regolamentati dalle direttive comunitarie, la certificazione di qualità non avrebbe potuto essere prescritta quale requisito per la partecipazione.

Anche tale assunto è infondato.

La tesi della deducente che l’amministrazione non avrebbe potuto richiedere il requisito in oggetto per la partecipazione ad una gara di appalto non disciplinata da direttive comunitarie non trova, invero, riscontro in alcun atto normativo.

Di contro, si osserva che è nella discrezionalità dell’amministrazione di prescrivere per la partecipazione alle gare di appalto i requisiti ritenuti più idonei a garantire la corretta esecuzione dei servizi da appaltare, purché non siano illogici o in contrasto con norme di legge, e ciò vale sia per gli appalti regolamentati da direttive comunitarie sia per gli appalti non disciplinati da tali direttive.

Pure il terzo ed ultimo mezzo di appello va, conseguentemente, disatteso.

V° - Conclusivamente, alla stregua di quanto considerato, il ricorso in appello è infondato e va respinto, con la conseguente conferma dell’impugnata sentenza.

Quanto alle spese e agli onorari del presente grado di giudizio sussistono giusti motivi perché siano interamente compensati tra le parti.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello specificato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’appellata sentenza.

Compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 9 marzo 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti magistrati.

Agostino Elefante                                            Presidente

Raffaele Carboni                                             Consigliere

Rosalia Maria Pietronilla Bellavia                     Consigliere redattrice

Goffredo Zaccardi                                           Consigliere

Aniello Cerreto                                               Consigliere

 

L’ESTENSORE                                              IL PRESIDENTE

f.to Rosalia Maria Pietronilla Bellavia   f.to Agostino Elefante

 

IL SEGRETARIO

f.to Antonietta Fancello

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 7 aprile 2006

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

 

PER IL  DIRIGENTE

f.to Livia Patroni Griffi

 

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