REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA NAPOLI SECONDA SEZIONE
nelle persone dei Signori Magistrati:
dr. ANTONIO ONORATO Presidente
dr. ANDREA PANNONE Cons.
dr. UMBERTO MAIELLO Primo Ref rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
A) sul ricorso n° 446/2006 proposto da COOPROGETTI s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro - tempore, in proprio e nella qualità di partecipante e rappresentante speciale della capogruppo del costituendo R.T.I. Arch. MANUEL RUISANCHEZ CAPELASTEGUI, D.R.EAM ITALIA Soc. Coop., Arch. VINCENZO DE BIASE, ARCH. ALESSANDRA FORINO, Arch. GUSTAVO MATASSA, Arch. ANTEA ANDRIELLO, Arch. ROSA NAVE, tutti in proprio e nella qualità di partecipanti al costituendo RTI con capogruppo Ruisanchez, rappresentati e difesi dagli Avv. Parziale Patrizio e dall’Avv. Domenico Gentile, con domicilio eletto presso lo studio del primo difensore in Napoli alla via A. De Gasperi, 33;
contro
BAGNOLIFUTURA S.P.A. DI TRASFORMAZIONE URBANA, in persona del legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Prof. Giovanni Verde, Prof. Vinti Stefano, Andrea Abbamonte, Macchia Sonia, Barone Ferruccio, con domicilio eletto in Napoli alla Via Dei Mille, 40 presso lo studio dell’Avv. Corrado Diaco;
e nei confronti di
CORVINO + MULTARI ARCHITETTI ASSOCIATI, n.c.
per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia
- di tutti gli atti del concorso di progettazione con procedura di licitazione privata, relativo ai lavori di realizzazione del parco urbano di Coroglio – ex sito industriale di Bagnoli, indetto con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 25.6.2005 e sulla G.U. n°153 del 4.7.2005, limitatamente alla parte in cui è stata disposta l’esclusione della parte ricorrente;
- ed, in particolare, dell’esclusione comunicata alla ricorrente in data 10.11.2005 a mezzo telegramma;
- del verbale della commissione di gara n°4 del 6.11.2005;
- del verbale del CdA della Bagnolifutura s.p.a. del 12.11.2005;
- dell’art. 17 del disciplinare di gara nella parte in cui impone il vincolo dell’anonimato per la partecipazione alla seconda fase del concorso di progettazione;
- della medesima norma in relazione al punto 5 dell’allegato 17,, interpretate nel senso di richiedere ai partecipanti la produzione degli originali dei documenti informatici;
- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e, comunque, connesso;
e per la condanna
della società resistente al risarcimento del danno;
B) sul ricorso n°1112.2006 proposto dal Prof. Arch. MANUEL RUISANCHEZ CAPELASTEGUI, in proprio e nella qualità di capogruppo dell’omonimo R.T.I., COOPROGETTI s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro – tempore, D.R.EAM ITALIA Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro – tempore, Arch. VINCENZO DE BIASE, ARCH. ALESSANDRA FORINO, Arch. GUSTAVO MATASSA, Arch. ANTEA ANDRIELLO, Arch. ROSA NAVE, tutti in proprio e nella qualità di partecipanti al costituendo RTI con capogruppo Ruisanchez, rappresentati e difesi dagli Avv. Parziale Patrizio e dall’Avv. Domenico Gentile, con domicilio eletto presso lo studio del primo difensore in Napoli alla via A. De Gasperi, 33;
contro
Bagnolifutura s.p.a. di trasformazione urbana, in persona del legale rappresentante pro – tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Prof. Giovanni Verde, Prof. Vinti Stefano, Andrea Abbamonte, con domicilio eletto in Napoli alla Via Dei Mille, 40 presso lo studio dell’Avv. Corrado Diaco;
per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia
del bando di concorso di progettazione internazionale indetto dalla bagnolifutura s.p.a. e pubblicato sulla G.U.C.E. dell’11.1.2006 e sulla G.U. del 23.1.2006;
e per la condanna
della società resistente al risarcimento del danno;
C) sui motivi aggiunti proposti con atto depositato dalla medesima parte ricorrente, come sopra costituita, in data 14.3.2006
contro
Bagnolifutura s.p.a. di trasformazione urbana, in persona del legale rappresentante pro – tempore, come sopra costituita;
per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia
dei medesimi atti già impugnati con i ricorsi sub A) e sub B).
Visti gli atti e i documenti depositati con i ricorsi suindicati, come integrati dai motivi aggiunti;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società resistente;
Udito il relatore Primo Referendario dr. UMBERTO MAIELLO all’udienza camerale del 16.3.2006;
Uditi altresì per le parti gli avvocati come da verbale di udienza;
Visto l'articolo 21 nono comma della legge 6 dicembre 1971, n.1034, nel testo sostituito dall'art. 3, primo comma, della Legge 21 luglio 2000 n. 205, che facoltizza, in sede di decisione della domanda cautelare, il Tribunale Amministrativo Regionale, accertata la completezza del contraddittorio e dell'istruttoria, a definire il giudizio nel merito a norma dell'articolo 26 della legge della legge 6 dicembre 1971, n.1034,.
Rilevato che, nella specie, il presente giudizio può essere definito con decisione in forma semplificata ai sensi dell'articolo 26 della legge della legge 6 dicembre 1971, n.1034, come modificato dall'art. 9 della Legge 21 luglio 2000 n. 205, stante la completezza del contraddittorio e della documentazione di causa, oltre che la manifesta infondatezza dei ricorsi,
Sentiti sul punto i difensori delle parti costituite, come da verbale d'udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto;
FATTO
Con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 25.6.2005 e sulla G.U.R.I. n°153 del 4.7.2005, Bagnolifutura s.p.a., società di trasformazione urbana, ha indetto un concorso di progettazione internazionale avente ad oggetto la progettazione preliminare complessiva e, per il lotto descritto nel documento preliminare alla progettazione, anche la progettazione definitiva dei lavori di realizzazione del parco urbano di Coroglio – ex sito industriale di Bagnoli.
Il bando, al punto VI.3, espressamente giustificava il ricorso alla procedura ristretta ed accelerata in ragione delle scadenze temporali previste per l’accesso ai finanziamenti di cui alla misura 4.6. del P.O.R.
Alla suddetta procedura, strutturata sullo schema della licitazione privata e, pertanto, articolata in due fasi, partecipava anche la ricorrente che, superato lo snodo preliminare della prequalificazione, veniva invitata alla fase di prosecuzione della selezione, retta dal principio dell’anonimato.
La commissione giudicatrice, all’esito dell’esame della documentazione di progetto presentata dalle ditte rimaste in gara, escludeva la ricorrente e gli altri partecipanti, in quanto riscontrava tra la documentazione su supporto digitale, allegata a corredo di ciascun progetto, uno o più files recanti l’indicazione dell’autore (nella specie Cooprogetti) in violazione del principio dell’anonimato espressamente introdotto, quale regola di gara, dall’art. 17 del disciplinare.
A cagione di ciò, la commissione giudicatrice comunicava alla stazione appaltante l’impossibilità di procedere oltre nei lavori, in quanto per tutti i concorrenti risultava disattesa la regola dell’anonimato.
Veniva, pertanto, comunicata a ciascun concorrente, a mezzo telex, l’esclusione dalla procedura selettiva.
Il Consiglio di Amministrazione della Bagnolifutura s.p.a. ratificava, poi, l’operato del Presidente e dell’Amministratore delegato in ordine all’intervenuta spedizione della detta comunicazione telegrafica, prendeva atto dell’impossibilità di procedere alla valutazione ed alla comparazione dei progetti presentati a causa della mancanza di concorrenti e, per l’effetto, deliberava di procedere ad un nuovo concorso di progettazione internazionale.
Con il gravame in epigrafe sub A ( con numero di ruolo n°446/2006), la parte ricorrente impugna tutti gli atti del concorso di progettazione indetto dalla Bagnolifutura s.p.a. con bando pubblicato sulla G.U.C.E. del 25.6.2005 e sulla G.U. n°153 del 4.7.2005, limitatamente alla disposta esclusione.
L’impugnazione, per effetto del gravame sub B (con numero di ruolo n°1112/2006 ), è stata estesa, per invalidità derivata, anche al nuovo bando, avente il medesimo oggetto e pubblicato sulla G.U.C.E. l’11.1.2006 e sulla G.U. il 23.1.2006.
Avverso i medesimi atti sono state poi articolate ulteriori censure con i motivi aggiunti sub C), depositati il 14.3.2006.
All’uopo, la parte ricorrente ha articolato le seguenti censure:
1) il supporto informatico depositato corrisponderebbe alle prescrizioni di gara;
2) tra la documentazione di gara da esaminare non rientravano anche i files sorgente; ove diversamente, interpretata, sarebbe illegittima la stessa disciplina di gara nella parte in cui ha imposto oneri documentali inutili e gravosi;
3) l’individuazione dell’autore dei sudetti files non sarebbe imputabile alla ricorrente, in quanto si tratterebbe di tracce non volutamente prodotte, bensì generate, in automatico, alla creazione del file per effetto dei software di base;
4) la ricerca della paternità di uno o più dei files prodotti sarebbe stata deliberatamente perseguita, in via del tutto irragionevole ed arbitraria, da parte della commissione, attraverso una minuziosa, non dovuta verifica dei files;
5) sarebbe illogica la stessa articolazione della procedura selettiva con la previsione di una fase in forma anonima dopo che il segmento iniziale di prequalifica era avvenuto in forma palese, con conseguente possibilità di riconoscimento dei partecipanti anche nei successivi sviluppi della procedura;
5) il disciplinare di gara sarebbe illegittimo anche perché non esplicitava con chiarezza in quale busta andavano inseriti i files di origine;
6) la stazione appaltante sarebbe incorsa nella violazione dell’art.10 bis della legge 241/1990, non avendo spedito alla ricorrente il cd. preavviso di rigetto;
8) la stazione appaltante non avrebbe dovuto invalidare l’intera procedura attraverso manifestazione di autotutela non in linea con la normativa di settore;
Resiste in giudizio la s.p.a. Bagnolifutura, che ha concluso per la reiezione del ricorso, siccome inammissibile ovvero infondato.
All’udienza camerale del 16.3.2006, in applicazione del combinato disposto degli artt. 21 e 26 della legge 1034/1971, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, va disposta la riunione dei ricorsi sopra epigrafati in ragione di un’evidente connessione, soggettiva ed oggettiva, che ne giustifica la trattazione congiunta.
S’impone, altresì, una declaratoria di improcedibilità dell’impugnazione coltivata con i motivi aggiunti depositati il 14.3.2006 a cagione dell’espressa dichiarazione di rinuncia resa a verbale dal difensore della parte ricorrente nel corso dell’udienza di discussione.
Così perimetrato l’ambito cognitivo del presente procedimento, a giudizio del Collegio, i ricorsi sono infondati e, pertanto, vanno respinti.
Nel procedimento delibativo che questo Tribunale è chiamato a svolgere assume priorità logica l’esame delle censure che investono la legalità estrinseca dell’atto impugnato, vale a dire l’osservanza degli obblighi procedurali, la cui esistenza condiziona, in via pregiudiziale, il corretto approccio – in sede di sindacato giurisdizionale - ai profili di contenuto delle determinazioni assunte dall’Amministrazione.
Orbene, giusta quanto evidenziato in premessa, con una prima censura, la parte ricorrente si duole della elusione degli obblighi posti dall’art. 10 bis della legge 241/1990, introdotto con legge n°15/2005.
La richiamata disposizione, quale mezzo preventivo di soluzione di potenziali conflitti, dovrebbe dar luogo ad una fase pre-decisionale a contraddittorio pieno sulle ragioni ostative all’accoglimento della domanda di parte. Secondo il costrutto giuridico descritto dal legislatore, nell’ipotesi in cui il precitato strumento dialettico non valga a comporre le divisate ragioni ostative, l’Amministrazione è tenuta nel corpo del provvedimento reiettivo ad esplicitare con congrue argomentazioni i motivi in considerazione dei quali ha disatteso le osservazioni di parte.
Va, però, osservato che, in ragione del chiaro disposto dell’ultimo periodo della norma in commento, gli obblighi de quibus non trovano applicazione - in ragione di una preminente esigenza di razionale ed agevole definizione del procedimento, che mal si concilia con l’intreccio delle posizioni dei singoli aspiranti, oggetto di valutazioni di ordine comparativo - nel caso di procedure concorsuali, categoria alla quale è indubbiamente ascrivibile anche il procedimento in esame.
Peraltro, in mancanza di criteri discretivi rinvenibili nella precitata normativa, non può essere condivisa una lettura orientata della norma, nel senso cioè di ritagliare, nell’ambito dell’unitaria categoria indicata dal legislatore, improprie differenziazioni tra diversi tipi di procedimento concorsuale ovvero tra le varie fasi in cui si articola l’iter della singola selezione, restringendo in base a canoni del tutto arbitrari l’ambito operativo della disposizione in argomento.
D’altronde, sotto diverso profilo, l’inconferenza della censura in esame discende dalla ineluttabilità della sanzione espulsiva comminata dalla stazione appaltante in ossequio alle nuove coordinate sulla patologia dell’atto amministrativo tracciate dall’art. 21 octies della legge 241/1990, che impedisce di valorizzare vizi formali ovvero procedimentali ogni qualvolta il contenuto dispositivo dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Nel caso di specie, giusta quanto verrà di seguito evidenziato, l’irregolarità contestata alla ditta ricorrente afferisce alla violazione di specifiche disposizioni della lex specialis poste a presidio del fondamentale principio della garanzia dell’anonimato, sicchè alcuna alternativa sul piano decisionale si poneva all’Amministrazione procedente: questa, espressamente vincolata dal chiaro contenuto precettivo delle prescrizioni autoimposte, giammai avrebbe potuto disapplicarle in ragione della pretesa inutilità dello specifico adempimento richiesto, non essendo notoriamente consentito di modificare le condizioni selettive durante l'espletamento della relativa procedura.
Esaurita la disamina delle contestazioni afferenti allo schema formale delle avversate determinazioni, l’indagine va ora direzionata verso i profili sostanziali della correttezza e della completezza delle valutazioni di ordine tecnico/giuridico poste a presidio delle decisioni della stazione appaltante di estromettere dalla procedura concorsuale tutte le imprese concorrenti e, dunque, di indire un nuovo concorso di progettazione.
A tal uopo s’impone una preliminare ricognizione del quadro disciplinare di riferimento sia per verificarne, in relazione ai corrispondenti motivi di doglianza, la conformità alla normativa di settore, sia per definire, una volta convalidata la disciplina di gara, le specifiche coordinate alla stregua delle quali valutare la correttezza del sindacato svolto dalla commissione giudicatrice.
Orbene, mette conto evidenziare che l’art. 17 del disciplinare di gara espressamente stabiliva che la partecipazione alla seconda fase del concorso di progettazione dovesse avvenire in forma rigorosamente anonima ed, a tale scopo, espressamente ammoniva i concorrenti sulla necessità di omettere qualsivoglia indicazione che potesse violare il principio dell’anonimato.
Coerenti con l’enunciazione di siffatto principio sono le ulteriori disposizioni, parimenti compendiate nell’articolo in commento, che, quali precipitati tecnico – applicativi, disciplinavano le modalità di articolazione della domanda.
Segnatamente, il plico chiuso, anonimo e sigillato, che ciascun partecipante avrebbe dovuto far pervenire alla stazione appaltante nei termini stabiliti doveva contenere:
una busta A), con all’interno la documentazione progettuale ed una distinta busta B) con documentazione relativa ai dati identificativi del concorrente e dei suoi eventuali componenti e consulenti, l’autorizzazione alla diffusione, trattamento e pubblicizzazione degli elaborati progettuali, la certificazione anonima relativa alla partecipazione al sopralluogo obbligatorio ( da inserire in un’ulteriore busta n°1) ovvero la documentazione attestante il possesso dei requisiti richiesti dal bando, nonché delle necessarie abilitazioni professionali ( da inserire in un’ulteriore busta n°2).
Alla stregua di una piana lettura delle richiamate disposizioni, si evince, dunque, che tutti gli elaborati progettuali dovevano essere custoditi in una busta separata ( busta A) e dovevano essere predisposti in modo da non rivelare in alcun modo i dati identificativi del soggetto partecipante ( in tal senso cfr. u.co dell’art. 18 del disciplinare di gara).
Vale precisare che l’art. 18 del disciplinare di gara, tra la documentazione da consegnare, annoverava anche un CD – ROM ovvero un DVD – ROM contenente tutti gli elaborati tecnici e descrittivi in formato digitale pdf o dwf, senza però menzionare ulteriori adempimenti.
Pur tuttavia, le richiamate prescrizioni, per effetto del combinato disposto degli artt. 23 e 12 del disciplinare di gara, dovevano intendersi integrate dalle ulteriori e più dettagliate regole poste dall’allegato n°17 al documento preliminare alla progettazione, che, all’art. 5, rubricato consegna dei files, espressamente stabiliva che…era richiesta ai progettisti anche la consegna di una versione DWG degli elaborati grafici completi oltre alla consegna dei files sorgente di tutti gli altri documenti ( per es: .doc, .xls, .mpp etc.)...
Sullo specifico punto in esame, che vale a perimetrare l’obbligo di documentazione gravante sui concorrenti, vi è stata, poi, una fase preliminare di chiarimento resa possibile dallo stesso art. 17 del disciplinare, che espressamente riconosceva ai concorrenti la facoltà di proporre quesiti sulla disciplina di gara onerando, al contempo, il responsabile del procedimento a trasmettere a tutti i concorrenti una sintesi dei quesiti pervenuti e delle risposte fornite.
All’esito della suddetta fase, il responsabile del procedimento ha ribadito la necessità di esibire tutti i files, quelli di origine e quelli in formato PDF ovvero DWF, spiegando l’apparente discrasia tra i sopra richiamati documenti di gara nel senso che nell’allegato 17 al DPP viene indicata la documentazione completa da esibire, mentre all’art. 18 del disciplinare venivano indicati solo i formati PDF ovvero DWF in quanto rappresentano una stampa su files ricavati dai files di origine.
Orbene, alla stregua di quanto finora evidenziato, non può essere revocato in dubbio che l’intera documentazione, su supporto cartaceo ovvero digitale, afferente ai progetti di gara dovesse essere custodita nella busta sub A) e, dunque, soggetta alle regole dell’anonimato.
Peraltro, le divisate formalità di consegna dei files sorgente erano imposte dallo stesso contenuto dei medesimi documenti, del tutto coincidente con quello degli elaborati tecnici e descrittivi su supporto cartaceo ovvero digitale in formato PDF o DWF, non editabile.
Era, in altri termini, la stessa natura di elaborati progettuali suscettivi di valutazioni tecniche da parte della commissione esaminatrice ad imporre quale soluzione obbligata – in mancanza di prescrizioni di segno contrario – l’adozione anche per i files sorgente delle medesime formalità di allegazione espressamente previste all’art. 18 del disciplinare di gara.
D’altronde, proprio la chiara intelligibilità della corrispondente disciplina di gara, risultante da una lettura coordinata delle richiamate prescrizioni e precisazioni, ha fatto sì che tutti i partecipanti alla selezione in argomento si comportassero coerentemente, predisponendo in modo conforme alle richiamate regole la documentazione offerta.
Senza contare che la soluzione organizzativa prescelta dalla stazione appaltante si rivela aderente alla normativa di settore, atteso che l'art. 26, undicesimo comma, del D.Lgs. n. 157 del 1995 espressamente stabilisce, proprio in riferimento ai concorsi di progettazione, che "la Commissione giudicatrice è autonoma nelle sue decisioni e nei suoi pareri, che sono presi in base a progetti presentati in modo anonimo …".
In tal modo, il legislatore nazionale si è uniformato alle indicazioni vincolanti rinvenienti dall’art. 13 della direttiva comunitaria del 18.6.1992 n. 92/50/CEE.
Il principio è stato, di recente, ribadito anche all’art. 74 della direttiva comunitaria n°18/2004/CE del 31.3.2004, secondo cui la commissione esamina i piani e i progetti presentati dai candidati in forma anonima.. all’uopo precisando che l'anonimato dev'essere rispettato sino al parere o alla decisione della commissione aggiudicatrice.
Tanto, in ragione della finalità perseguita con la selezione in argomento di addivenire alla scelta del miglior progetto, cui si correla la necessità di preservare il giudizio della commissione dai possibili condizionamenti rinvenienti da ogni fattore estraneo al detto ambito ( oggettivo ) di valutazione, quale appunto quelli che ineriscono all’autore ( ovvero agli autori), di per se stessi idonei ad alterare, anche involontariamente, l'obiettività ed imparzialità dei giudizi de quibus.
In definitiva, le opzioni organizzative prescelte dalla stazione appaltante in relazione alla fase selettiva della procedura concorsuale in esame – quella precedente della cd. prequalifica, superata dalla ricorrente, non rientra nel fuoco della decisione - appaiono coerenti con la normativa di settore e, pertanto, immuni rispetto alle corrispondenti censure articolate con il gravame in epigrafe.
Allo stesso modo, prive di pregio appaiono le doglianze che investono la strutturazione della procedura selettiva, articolata in due fasi, cui conseguirebbe una sostanziale alterazione della regola dell’anonimato per la seconda fase: in disparte la correttezza del ricorso alla licitazione privata, espressamente contemplata quale metodo selettivo dall’art. 59 del d.p.r. 554/1999, giova osservare che il diverso materiale documentale vagliato nella fase di prequalifica, consistente in sintetiche relazioni sul metodo d’approccio al tema progettuale, sui criteri relativi alla gestione e manutenzione del parco ovvero sui criteri di controllo della qualità, atti evidentemente non rapportabili agli elaborati progettuali acquisiti nella successiva fase concorsuale, non poteva per la sua genericità vanificare le divisate garanzie che, alla stregua della richiamata normativa di settore, devono reggere la procedura in argomento né condizionare, con la pretesa automaticità, le valutazioni finali svolte dalla commissione giudicatrice.
Sotto diverso profilo, deve poi ritenersi che rientra nella discrezionalità della stazione appaltante definire il tipo di documentazione concretamente esigibile dai partecipanti alla selezione.
Giusta quanto già sopra anticipato, la lex specialis – cui non risulta esteso il proposto gravame – prescriveva la produzione degli elaborati tecnici descrittivi e progettuali su supporto cartaceo e su supporto digitale, riferendosi, in particolare, per quest’ultimo aspetto, sia ai files su stampa in formato non editabile sia ai files cd. sorgente.
A tal riguardo, giova osservare che la stessa ontologica diversità dei documenti su supporto digitale richiesti ( files su stampa ovvero files sorgente) riflette con assoluta evidenza che non si tratta di un’inutile duplicazione di oneri documentali già esaustivamente assolti: alla stregua delle risultanze processuali, è, invero, emerso che i files PDF e DWF sono dei meri files di stampa in formato non editabile, laddove la disponibilità anche dei files di origine, consentendo all’utente di intervenire direttamente sul documento, ben avrebbe potuto agevolare, attraverso l’applicazione delle funzioni proprie del programma con cui erano stati elaborati, la commissione esaminatrice, ampliando le possibilità d’analisi di quest’ultima (segnatamente, in riferimento ai files DWG, per esaminare nel dettaglio i progetti, per separare tra loro gli elementi progettuali, per misurare automaticamente la superficie dell’area prescelta dai ricorrenti per la predisposizione del progetto definitivo etc. cfr. relazione peritale depositata dalla bagnolifutura s.p.a.).
Non trova, viceversa, riscontro la pretesa di precludere alla commissione esaminatrice la possibilità di consultare la predetta documentazione, alla quale, nella richiamata impostazione, dovrebbe essere riservata unicamente la funzione di confermare l’autenticità dei progetti presentati su supporto cartaceo.
La stessa risposta fornita dalla stazione appaltante alla richiesta di chiarimenti non accredita siffatta riduttiva lettura, riflettendo esclusivamente la necessità – peraltro ovvia – della conformità della documentazione in formato digitale con la proposta progettuale presentata su supporto cartaceo.
D’altronde, alla stregua della sopra richiamata disciplina di gara, i files in questione assumevano la stessa valenza di rappresentare la proposta progettuale presentata dal singolo candidato e, pertanto, ben potevano essere consultati, senza limitazione alcuna, dalla commissione esaminatrice.
Proprio in ragione di ciò, andavano consegnati nella busta A), all’interno della quale era giustappunto custodita l’intera documentazione progettuale, con conseguente assoggettamento alle regole dell’anonimato.
Né è possibile pervenire a diversa conclusione in ragione della successiva scelta della stazione appaltante di modificare, in vista del nuovo concorso di progettazione, la disciplina di gara, all’uopo prescrivendo che il CD-ROM debba essere inserito, non più nella busta contenente la proposta progettuale esaminabile dalla commissione esaminatrice, bensì in quella distinta contenente i dati identificativi dei singoli concorrenti.
L’astratta possibilità – consentita dalla normativa di settore – di utilizzare moduli organizzativi diversi rende non dirimente la suddetta circostanza, la cui valenza appare tanto più neutra se si considera il diverso oggetto della nuova commessa, limitata al solo progetto preliminare e non più volta anche all’acquisizione del progetto definitivo.
D’altronde, ove la diversa opzione fosse stata effettivamente indotta anche dall’acquisita consapevolezza delle difficoltà incontrate dalle ditte partecipanti alla pregressa selezione, tanto segnerebbe solo la congruenza della nuova soluzione rispetto alle esigenze di opportunità dell’azione amministrativa, in un’ottica che guarda ai risultati e, dunque, impinge in valutazioni di merito.
D’altro canto, rispetto alle contestazioni mosse avverso le richiamate opzioni organizzative s’impone una preliminare verifica in ordine alla tempestività delle doglianze all’uopo articolate, atteso che le prospettate censure, pur involgendo le prescrizioni di gara, sono state introdotte solo a conclusione della procedura di selezione.
Sotto il profilo in esame, viene in rilievo anche la dedotta impossibilità ovvero illiceità dell’adempimento richiesto, consistente nella manipolazione dei files onde rendere non ostensibili i dati identificativi dell’autore.
Sullo specifico punto, che involge la controversa tematica della scansione temporale del ricorso giurisdizionale amministrativo nelle ipotesi in cui l’agere publicum si sviluppa in più livelli operativi, la giurisprudenza amministrativa si è da tempo assestata intorno al principio secondo cui i bandi di gara, di concorso e le lettere di invito vanno di regola impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell'interessato.
Detto principio, però patisce eccezione allorché la lex specialis contenga clausole impeditive dell'ammissione dell'interessato alla selezione ovvero clausole che impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara e che comportino l'impossibilità, per l'interessato, di accedere alla procedura ( cfr. Consiglio Stato a. plen., 29 gennaio 2003, n. 1).
Orbene, la ricostruzione accreditata dalla parte ricorrente si sostanzia, proprio, nella rappresentazione di una prescrizione assolutamente inutile, imposta in modo oscuro ed indecifrabile, in chiara violazione del principio del clare loqui e, soprattutto, volta ad ottenere un adempimento a carico delle ditte concorrenti impossibile ed illecito e, comunque, sproporzionato ed incoerente rispetto alle finalità perseguite.
Alla stregua di quanto finora evidenziato, non può essere revocata in dubbio, conformemente ai richiamati dicta giurisprudenziali, l’attitudine del regolamento di gara a concretare una lesione diretta ed immediata della sfera giuridica del singolo partecipante, con conseguente onere, per quest’ultimo, di articolare, nel rispetto dei termini di decadenza, un’immediata impugnazione della stessa disciplina di gara.
Ne discende, a giudizio del Collegio, la irricevibilità dei suddetti motivi di gravame, tardivamente proposti solo all’esito della svolta procedura selettiva congiuntamente all’impugnazione del provvedimento di esclusione.
Ad ogni buon conto, in disparte le svolte considerazioni, va revocata in dubbio la stessa premessa di fatto sulla quale si innestano (parte dei ) motivi di doglianza proposti dalla ricorrente, che investono la stessa praticabilità degli accorgimenti tecnici imposti a garanzia dell’anonimato.
In merito, il contraddittorio processuale ha consentito di sgombrare l’indagine cognitiva rimessa al Collegio da un assunto attoreo che si è rivelato del tutto destituito di fondamento.
Invero, alla stregua delle acquisizioni processuali, non sono state riscontrate, in fatto, le deduzioni di parte ricorrente sulla pretesa immodificabilità dei files cd. sorgente, apparendo, al contrario, dimostrato l’opposto postulato difensivo secondo cui rientra nel dominio dell’utente la possibilità di organizzare la loro formazione in modo da renderli compatibili con la regola dell’anonimato.
Se, da un lato, è vero che le informazioni personali vengono automaticamente inserite nella cartella proprietà di ogni file word, può dirsi altrettanto acclarato che i suddetti dati possono essere cancellati dall’utente attraverso un’operazione che si rivela possibile, agevole e lecita.
Seguendo il percorso argomentativo sviluppato nella relazione peritale prodotta in atti dalla società resistente, e direttamente controllato e sperimentato dal Collegio, la stessa società che distribuisce uno dei sistemi operativi più diffusi ( quello cui, peraltro, si riferiscono i files sorgente in argomento) fornisce agli utenti le opportune istruzioni tecniche per rimuovere le informazioni personali dei files.
Sotto diverso profilo, il ripetuto richiamo contenuto nella disciplinare di gara al rispetto della regola dell’anonimato, con espresso ammonimento sulla necessità di predisporre i documenti progettuali senza indicare in ogni loro parte i dati identificativi del partecipante, non lasciava residuare alcun dubbio in ordine alla portata assoluta, generale e vincolante del richiamato precetto, la cui perimetrazione andava, pertanto, intesa come riferita all’intera documentazione custodita nella busta A) e rimessa alla piena disponibilità della commissione esaminatrice per le valutazioni di competenza.
Nella suddetta prospettiva funzionale – volta ad escludere ogni possibilità di interferenza di fattori esterni sul giudizio di merito della commissione - gli obblighi gravanti su ciascun candidato si estendevano naturaliter anche alle cartelle contenenti i files ovvero alla struttura formativa di ciascun documento digitale, senza che occorresse alcuna indicazione suppletiva per orientare la concreta condotta dei candidati: l’adempimento richiesto doveva essere calibrato giustappunto sul risultato da assicurare – il rispetto dell’anonimato – eliminando ogni possibile collegamento, diretto e indiretto, con il singolo candidato.
Né è possibile ritenere che le suddette cautele esorbitassero da quelle ordinariamente esigibili dai potenziali destinatari del bando: la semplicità delle plurime tecniche utilizzabili, in via alternativa, per il conseguimento dello scopo rende del tutto indimostrato l’assunto attoreo secondo cui l’impiego delle suddette soluzioni rientrava, in via esclusiva, nel patrimonio di conoscenze di esperti informatici.
Senza contare che, anche in ragione della rilevanza e della dimensione internazionale del concorso, ben avrebbero potuto i candidati, cui era nota la necessità di predisporre la documentazione di gara anche su supporto informatico, implementare le proprie personali conoscenze ovvero ricorrere all’ausilio di esperti del settore, onde presentare una domanda di partecipazione conforme alla lex specialis.
D’altronde, è di tutta evidenza che, ai fini in questione, non può assurgere a criterio dirimente per sindacare l’esigibilità del comportamento imposto dalla lex specialis il tipo di professionalità richiesta per la cura del servizio posto a base di gara ( nella specie predisposizione di progetti per la realizzazione di opere pubbliche), atteso che, opinando in tal modo, verrebbe ad essere radicalmente esclusa, per ogni procedura concorsuale indirizzata a soggetti diversi da quelli operanti nel settore dell’informatica, la stessa possibilità di ammettere forme di documentazione su supporto digitale.
Privilegiando la suddetta aberrante metodica valutativa, la stessa predisposizione in formato PDF o DWF risulterebbe ultronea rispetto alle conoscenze tecniche strettamente necessarie per l’elaborazione del prodotto offerto.
La miglior riprova dell’infondatezza delle richiamate argomentazioni si rinviene nel fatto che tutti i candidati hanno ampiamente dimostrato di poter agevolmente accedere alle suddette tecniche di linguaggio, corredando le proprie domande di partecipazione anche della necessaria documentazione su supporto digitale.
In definitiva, contrariamente a quanto dedotto, l’osservanza della indefettibile regola dell’anonimato implicava l’adozione di accorgimenti tecnici agevolmente praticabili, la cui cura, ascrivibile a standard di ordinaria diligenza, era pienamente esigibile nei confronti delle ditte partecipanti.
Una volta acclarata l’intangibilità della disciplina di gara, anche per la parte in cui include i files cd. sorgente tra la documentazione progettuale da esibire in forma anonima, vanno esaminate le censure che investono l’operato della commissione esaminatrice, alla quale, nel costrutto giuridico attoreo, dovrebbe essere addebitata, in via esclusiva, la responsabilità della contestata violazione delle regole dell’anonimato.
Invero, nella prospettazione di parte, la ricerca della paternità di uno o più dei files prodotti sarebbe stata deliberatamente perseguita, in via del tutto irragionevole ed arbitraria, dal suddetto organo collegiale attraverso una minuziosa, non dovuta verifica dei files.
Segnatamente, la commissione avrebbe dovuto esaminare la copia cartacea dei progetti presentati, potendo solo in caso di dubbio o perplessità accedere alla documentazione digitale, privilegiando in siffatta ipotesi, comunque, la consultazione dei files non editabili.
La ricostruzione dell’esatta dinamica della vicenda per cui è processo è compendiata nella memoria difensiva della s.p.a. Bagnolifutura, in cui si evidenzia che la commissione esaminatrice, nel sottoporre al doveroso scrutinio di merito la documentazione progettuale prodotta, procedeva all’esame dei files sorgente anche per verificare l’effettivo assolvimento, da parte di tutti i candidati, dell’onere di predisposizione (unitamente al progetto preliminare per l’intero comparto) anche del progetto definitivo per un’area dalle dimensioni fissate nella disciplina di gara.
In tal modo, la consultazione della documentazione digitale, nel formato editabile, avrebbe consentito di misurare il lotto individuato da ciascun candidato in via automatica e precisa.
Nel corso di siffatta operazione, la commissione si è accorta, da subito, della presenza di segni identificativi dell’autore dei files; tanto, non già a seguito di mirate indagini conoscitive, bensì per effetto del semplice passaggio del cursore sull’icona del file, cui notoriamente si correla per determinate tipologie di documenti in formato digitale l’ostensione, in via del tutto automatica, di taluni dati informativi, tra cui quelli relativi alla persona dell’autore.
Il fondato sospetto che in analogo errore fossero incorsi anche altri candidati, che parimenti avevano allegato documenti della stessa natura e tipologia, induceva la commissione esaminatrice ad effettuare una preliminare verifica circa la conformità alle prescrizioni di gara della documentazione progettuale in formato digitale prodotta da tutti i partecipanti e custodita nella busta sub A) che, giova ribadirlo, avrebbe dovuto contenere solo la documentazione progettuale ed in forma rigorosamente anonima.
La mera presa d’atto, per ciascun candidato, della violazione della regola dell’anonimato induceva il predetto organo a disporne l’esclusione dal concorso.
A giudizio del Collegio l’operato della commissione risponde ad una metodica corretta e doverosa: il compito assegnato al precitato organo era, infatti, quello di selezionare il miglior progetto presentato nell’ambito, però, delle regole poste dalla disciplina di gara.
Assumeva, pertanto, rilievo pregiudiziale rispetto all’attività valutativa in senso stretto una preliminare ricognizione della documentazione prodotta da ciascun concorrente di cui la commissione doveva necessariamente verificare la completezza e la conformità alle prescrizioni di gara.
Il fatto stesso, cioè, di aver reso conoscibili elementi di identificazione del singolo candidato rispetto a documentazione che, nella fase in argomento, avrebbe dovuto essere resa in forma assolutamente anonima giustifica l’adottata sanzione espulsiva.
Tanto, a prescindere dalla concreta utilità che, in quel preciso momento storico, poteva arrecare l’apertura del relativo file.
La semplice archiviazione dei suddetti files nella busta A), interamente rimessa alla piena disponibilità della commissione senza alcun tipo di filtro o cautela in quanto destinata a contenere solo atti progettuali in forma rigorosamente anonima, giustificava, di per se stessa, la verifica condotta dal predetto organo in ordine al rispetto delle prescrizioni di gara in tema di anonimato: invero, la mera presenza in una fase retta dalla ferrea garanzia dell’anonimato anche di un solo documento idoneo a disvelare l’autore del progetto avrebbe irrimediabilmente inficiato l’intero giudizio, pregiudicandone l’attitudine ad accreditarsi all’esterno come espressione certa ed indiscussa di obiettività e di imparzialità.
Né appare sostenibile un’applicazione attenuata del principio in argomento, proposta dai ricorrenti sulla falsariga degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza amministrativa in tema di concorsi pubblici.
La soluzione della esclusione delle ditte concorrenti si è resa necessaria per il solo fatto della palese violazione di un’esplicita regola della procedura di gara, cui è conseguita in via diretta ed immediata la chiara identificazione dell’autore del progetto.
D’altronde, nelle gare pubbliche, la tutela giuridica dell'interesse pubblico al corretto svolgimento della selezione, onde assicurarne l'imparzialità e la parità di condizioni tra i concorrenti, va indefettibilmente assicurata.
Opinare diversamente significa compromettere la stessa attitudine funzionale del metodo selettivo.
Nel caso in esame, l’omissione delle cautele imposte dalla lex specialis aveva oramai prodotto un grave vulnus ai principi fondamentali che regolano lo svolgimento delle procedure selettive, che non lasciava, alla Commissione, alcuna alternativa circa i provvedimenti da adottare, nei confronti dei ricorrenti medesimi.
Senza contare che lo stesso assunto, circa la pretesa estraneità della parte ricorrente alla violazione del principio dell’anonimato, appare recisamente smentito dalle univoche risultanze processuali, dovendo addebitarsi – come già sopra evidenziato - alle stesse concorrenti l’adozione di modalità di presentazione dei files inadeguate a garantire il rispetto del richiamato principio.
Alla stregua delle svolte considerazioni, l’ esclusione della ricorrente si rivela, in definitiva, idonea a resistere alle censure avverso la stessa articolate.
Tanto refluisce in negativo sulla predicabilità delle ulteriori doglianze che investono i successivi sviluppi della procedura in argomento.
Vale ribadire che la commissione esaminatrice, riscontrata anche in capo agli altri concorrenti la medesima violazione del principio di anonimato, concludeva i lavori senza procedere alla valutazione di merito dei progetti presentati.
Sulla scorta delle dette risultanze, il consiglio d’amministrazione della s.p.a. Bagnolifutura, preso atto dell’impossibilità di procedere alla valutazione ed alla comparazione dei progetti presentati sino ad individuare il vincitore del concorso, a causa della mancanza di concorrenti, all’unanimità, deliberava di indire un nuovo concorso internazionale di progettazione.
Orbene, nella prospettiva attorea, la stazione appaltante, così facendo, avrebbe violato le regole poste a presidio del corretto esercizio dei poteri di autotutela, nonché ingiustamente annullato l’intera procedura concorsuale.
Di contro, a giudizio del Collegio, va, anzitutto, revocata in dubbio l’ammissibilità delle doglianze in argomento, che non sembrano tener conto del fatto che, a seguito dei provvedimenti impugnati, la parte ricorrente era stata definitivamente e legittimamente estromessa dalla procedura selettiva.
Com’è noto, secondo un diffuso indirizzo giurisprudenziale, l'esclusione legittima conclude per l'aspirante il procedimento di gara e la sua posizione, rispetto al bene della vita su cui verte la procedura, non assume altra configurazione che quella di interesse di mero fatto, del tutto priva di rilevanza e tutela giuridica (Cons. Stato Sez. V, 16.9.2004 n. 6031; Sez. V, 12.8.2004 n. 5558).
Peraltro, in disparte quanto appena osservato, anche nel merito appare dirimente la circostanza che, contrariamente a quanto dedotto, la società resistente non ha sottoposto a riesame il proprio operato, bensì si è limitata a prendere atto dell’intervenuta esclusione di tutti i soggetti originariamente ammessi alla selezione.
L'esclusione di tutti i candidati comporta che la gara stessa debba intendersi andata deserta, sicchè appare del tutto coerente con siffatta sopravvenienza la decisione della società resistente di procedere alla sua integrale rinnovazione.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, i ricorsi in epigrafe in parte vanno dichiarati improcedibili ( limitatamente all’impugnazione coltivata con i motivi aggiunti depositati il 14.3.2006) ed in parte vanno respinti, siccome infondati.
Analoga soluzione reiettiva s’impone, per le medesime ragioni, anche in relazione alla connessa azione risarcitoria.
Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare le spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe:
1) ne dispone la riunione;
2) in parte li dichiara improcedibili ed in parte li respinge, nei sensi indicati in parte motiva;
3) dichiara compensate le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 16.3.2006.
Il Primo Ref. Estensore Il Presidente
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