REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.2750 del 2005, proposto dalla Regione Veneto, in persona del Presidente in carica della Giunta regionale, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Romano Morra dell’Avvocatura regionale ed Andrea Manzi del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, Via F. Gonfalonieri n. 5
contro
la società STONE ITALIANA s.p.a., con sede legale in Verona, in persona del legale rappresentante in carica, non costituita;
e nei confronti
delle società VENETO SVILUPPO s.p.a. e CO.GE.PA. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, non costituite;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto n. 812/05 del 2 marzo 2005;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Non costituiti gli appellati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 16 dicembre 2005, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; udito, altresì, l’avv. Andrea Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. La Stone Italiana s.p.a. ha chiesto di partecipare alla concessione ed erogazione degli aiuti alle imprese previsti dalla legge regionale del Veneto n. 11 del 13 aprile 2001, sulla base del bando approvato, per l’anno 2002, con D.G.R. n. 3429 del 29 novembre 2002, ma ne è stata esclusa in quanto “la dichiarazione-domanda non risulta accompagnata dalle fotocopie dei documenti di identità dei sottoscrittori (Allegato 1 SUB B alla DRG 29 novembre 2002 n. 3429, punto 4.3 e 4.6 D”.
Il decreto di esclusione (dirigenziale 22 luglio 2993 n. 226), il provvedimento di impegno di spese in favore delle 774 aziende ammesse al beneficio, la comunicazione e tutti gli atti della procedura, sono stati impugnati dall’interessata con ricorso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto che, con la sentenza in epigrafe, ha lo ha accolto sulla considerazione che la mancata allegazione della fotocopia del documento di identità alla domanda-dichiarazione – nella specie da rendere nelle forme della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, secondo quanto prescritto dall’art. 47 del D.P.R. n. 445 del 2000 ed in concreto presentata con sottoscrizione non autenticata – costituirebbe una mera irregolarità di cui sarebbe ammessa la regolarizzazione postuma, a norma dell’art. 6, lett. b) della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 71, comma 3, del D.P.R. n. 445 del 2000.
Su tale base sono stati annullati, per quanto di ragione, l’atto di esclusione ed i punti 4.3 e 4.6 lett. d) dell’allegato “1 SUB B” alla deliberazione della giunta regionale n. 3429/2002 nella parte in cui prevedono l’esclusione insanabile della richiesta non accompagnata da fotocopia di valido documento di identità.
2. Avverso l’anzidetta sentenza ha proposto appello la Regione Veneto difendendo il proprio operato ed al contrario imputando, alla sentenza impugnata, violazione e falsa applicazione sia delle norme richiamate nella deliberazione regionale che ha indetto il concorso ai benefici in questione, sia della legge n. 241 del 1990, sia, infine dei principi giurisprudenziali in materia.
E’ chiesta, pertanto, la riforma della sentenza appellata, nel senso della reiezione del ricorso di primo grado.
3. La Sezione, accordata dapprima la misura cautelare richiesta dalla Regione, ha, successivamente, chiamato la causa alla pubblica udienza del 16 dicembre 2005, trattenendola, quindi, in decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato.
Giova premettere che il bando approvato con decreto della Giunta Regionale 29 novembre 2002 n. 3429 ha stabilito al punto 4.3. dell’allegato 1 sub B, che la dichiarazione per l’assegnazione del contributo di cui è causa “deve essere sottoscritta, nella forma della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi dell’art. 47 del D.P.R., dal legale rappresentante ovvero procuratore speciale dell’impresa e dal presidente del collegio sindacale…” e “deve essere accompagnata, a pena di esclusione, dalla fotocopia di un valido documento d’identità dei sottoscrittori”. Coerentemente a tale disposizione, il successivo punto 4.6., individua tra i motivi di esclusione dalla procedura, “la mancanza di copia dei documenti d’identità personale di tutti i firmatari”.
La controversia si incentra sulla legittimità delle anzidette prescrizioni, e sulla operatività dell’art. 6 della legge n. 241 del 1990, in ipotesi di dichiarazione non accompagnata, come prescritto dalla copia del documento di identità della generalità dei firmatari (o anche di uno soltanto di essi), sul presupposto (affermato nella sentenza appellata in adesione alla tesi della ricorrente in primo grado) che la mancata allegazione, alla stregua di quanto stabilito dal D.P.R. n. 445 del 2000, debba considerarsi una mera irregolarità suscettibile di sanatoria, su invito dell’Amministrazione.
La Sezione, invero, si è già espressa sul punto, negando che l’omessa allegazione del documento integri una mera irregolarità della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà come tale suscettibile di emenda ( per tutte, nella materia dei pubblici appalti, Cons. St., sez. V, 1 ottobre 2003, n. 5677), al contrario ritenendo che la dichiarazione formalmente difforme dal modello tipico delineato dagli artt. 38 e 47 D.P.R. n. 445/2000 non può mai tener luogo dell’atto alternativo pubblicistico poiché, in tal caso, la mancata instaurazione di un nesso biunivocamente rilevante tra dichiarazione e responsabilità personale del sottoscrittore, comporta la radicale improduttività di qualunque effetto giuridico di “certezza”.
Tale orientamento, più volte confermato dalla Sezione (sia pure discostandosi consapevolmente da un certo filone giurisprudenziale di segno contrario), non é suscettibile di essere riconsiderato alla luce degli argomenti contenuti nella sentenza appellata, stante, fra l’altro, la limpida ricostruzione ermeneutica contenuta nella più recente decisione nella Sezione n. 7140 del 4 novembre 2004, che in questa sede deve essere confermata.
Con detta decisione è stato infatti sufficientemente chiarito che l’allegazione al testo della dichiarazione sostitutiva di volta in volta rilasciata di un valido documento di identità, lungi dal costituire un vuoto formalismo, costituisce piuttosto un fondamentale onere del sottoscrittore, configurandosi – nella previsione dell’art. 38, 3° co., del D.P.R. n. 445/2000 - come l’elemento della fattispecie normativa teleologicamente diretto a comprovare, non tanto (o meglio, non soltanto) le generalità del dichiarante, ma ancor prima l’imprescindibile nesso di imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica.
In altri termini, soltanto se formata a norma artt. 38 e 47 del D.P.R. citato, la dichiarazione sostitutiva é un documento con lo stesso valore giuridico di un atto di notorietà.
A tale conclusione deve pervenirsi sulla base di quanto stabilito dal successivo art. 76 dello stesso D.P.R., che annette alle dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli artt. 46 e 47 il valore di dichiarazioni fatte a pubblico ufficiale, e sanziona le dichiarazioni mendaci “ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia”, sulla considerazione che l’effetto di “certificazione” di quanto affermato dal privato può scaturire da una dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio nei soli casi in cui essa, laddove mendace, sia astrattamente suscettibile di condurre alla punizione del dichiarante a norma dell’art. 483 c.p., ovverosia sia idonea a garantire, attraverso quel minimo ineludibile di formalità rappresentato dalla produzione della copia del documento di identità, la provenienza soggettiva.
In definitiva, deve ritenersi che nelle dichiarazioni sostitutive, il collegamento esistente tra il profilo dell’efficacia amministrativa dell’attestazione proveniente dal cittadino e quello della responsabilità penale del dichiarante si presenta come assolutamente inscindibile, giacché l’impegno consapevolmente assunto dal privato a “dire il vero” costituisce l’architrave che regge l’intera costruzione giuridica degli specifici istituti di semplificazione: è evidente infatti che, in questa parte, il sistema amministrativo collasserebbe laddove l’ordinamento non presidiasse il rispetto di tale “patto” di reciproca e leale collaborazione tra cittadini e p.a. con adeguate sanzioni (anche di natura penale).
In forza delle superiori considerazioni deve, dunque affermarsi che la mancata allegazione della copia del documento di identità del sottoscrittore rende l’atto non in grado di spiegare gli effetti certificativi previsti dalla corrispondente fattispecie normativa, in quanto nullo per difetto di una forma essenziale stabilita dalla legge, non sanabile per effetto di successiva produzione.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, riformata nel senso della reiezione del ricorso di primo grado.
Ritiene tuttavia la Sezione che ricorrano giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese dei due gradi del giudizio
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in totale riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado;
Compensa interamente fra le parti le spese dei due gradi del giudizio;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 16 dicembre 2005, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Sergio SANTORO PRESIDENTE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Est. CONSIGLIERE
Goffredo ZACCARDI CONSIGLIERE
Aldo FERA CONSIGLIERE
Claudio MARCHITIELLO CONSIGLIERE
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani F.to Sergio Santoro
IL SEGRETARIO
F.to Francesco Cutrupi
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 4 maggio 2006
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale |