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TAR Lombardia, Sez. Brescia, 2/5/2006 n. 433
Sull'insussistenza del requisito del controllo analogo ai fini di un affidamento in house nel caso cui il Comune non abbia la possibilità di influenzare le decisioni della società affidataria di cui detiene soltanto una minima quota del capitale.

Cfr. nello stesso senso la sent. TAR Lombardia, Sez. Brescia, 16 marzo 2006, n. 301.

Non sussistono i presupposti per un affidamento in house per la mancanza del requisito del controllo analogo a quello svolto sui propri servizi, nel caso in cui il Comune, titolare soltanto di una minima quota del capitale sociale di una società per azioni, non abbia la possibilità di influenzare in modo determinante gli obiettivi e le decisioni gestionali della società affidataria. Il controllo analogo su un ente societario non sussiste ove lo statuto conferisca al consiglio di amministrazione poteri teoricamente illimitati, senza che l'ente affidante possa influirvi, e configuri un ampio oggetto sociale. Per poter configurare il controllo analogo è infatti necessario uno strumento, di carattere sociale ovvero anche parasociale, ma diverso dai normali poteri che un socio, anche totalitario, esercita in assemblea, che in ogni momento possa vincolare l'affidataria agli indirizzi dell'affidante ovvero la possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni più importanti (cfr. il paragrafo 65 della sent. del 13 ottobre 2005 in causa C- 458/03 Parking Brixen GmbH). La giurisprudenza ha individuato la sussistenza di tale forma di controllo ove lo statuto della società preveda poteri speciali in capo all'ente pubblico, quali la nomina del Presidente e di un numero predeterminato di membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale (cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. I, 30 marzo 2005 n. 2784) ovvero quando venga costituito un apposito organo, quale l'Assemblea di coordinamento intercomunale, costituita dai legali rappresentanti o loro delegati di ciascun ente locale, ognuno con responsabilità e diritto di voto pari alla quota di partecipazione, con penetranti poteri di controllo sulla gestione straordinaria ed ordinaria della Società (cfr. Tar Friuli Venezia Giulia 15 luglio 2005 n. 634). Tali elementi a maggior ragione devono ricorrere nei casi in cui l'ente affidante dispone non della totalità delle quote dell'affidataria, ma di una partecipazione di minoranza assolutamente insufficiente ad integrare la forma di controllo in questione (è il principio affermato dalla Corte di Giustizia CE Grande sezione 21 luglio 2005 in causa C-231/03, Coname - Comune di Cingia De'Botti).

Materia: appalti / collegamento tra imprese

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA SEZIONE STACCATA DI BRESCIA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso n. 1146/2005 proposto da:

SIEM S.p.a.

rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Colombo e domiciliata in Brescia, via Malta 12, presso la Segreteria della Sezione;

 

contro

COMUNE DI ACQUANEGRA SUL CHIESE

rappresentato e difeso dall'Avv. Cesare Nicolini domiciliato in Brescia, via Malta 12, presso la Segreteria della Sezione;

 

e nei confronti di

APRICA S.p.a.

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Vito Salvadori ed Alberto Salvadori ed elettivamente domiciliata in Brescia, via XX settembre n. 8, presso il loro studio;

 

e nei confronti di

T.E.A. - TERRITORIO ENERGIA AMBIENTE SPA

non costituitasi in giudizio

 

per l’annullamento

della deliberazione della Giunta comunale 12 maggio 2005 n. 46, con cui è stato approvato il Capitolato speciale di appalto per i servizi di igiene urbana e ambientale, nonché il capitolato speciale medesimo, della determinazione 20 maggio 2005 n. 21, del Responsabile del Servizio tecnico, avente ad oggetto l'affidamento del servizio mediante gara di pubblico incanto, del bando di gara del 30 maggio 2005, del relativo disciplinare di gara e del provvedimento non noti recanti l'approvazione del bando e del disciplinare, di tutti gli atti relativi alla gara di appalto, ivi compresi quelli della Commissione giudicatrice, compresa l'eventuale aggiudicazione provvisoria, l'eventuale provvedimento di approvazione degli atti di gara e del provvedimento di aggiudicazione definitiva.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Acquanegra sul Chiese e della controinteressata;

Vista l'ordinanza della Sezione n. 1221 dell’11 ottobre 2005, e l'ordinanza della V Sezione del Consiglio di Stato n. 483 del 31 gennaio 2006;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato quale relatore, alla pubblica udienza dell’11.4.2006, il dott. Stefano Mielli;

Uditi i difensori delle parti;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO

Il Comune di Acquanegra sul Chiese con deliberazione consiliare n. 65 del 21 novembre 1994, approvava la trasformazione del Consorzio Intercomunale Mantovano per l'Ecologia - CIME, nella società per azioni SIEM S.p.a., la cui compagine sociale è interamente pubblica - ne fanno parte 69 dei 70 comuni della provincia di Mantova nonché la Provincia stessa - manifestando contestualmente la volontà di convenzionare in futuro il servizio pubblico locale di gestione dei rifiuti gestito precedentemente dal Consorzio.

Il Comune di Acquanegra sul Chiese detiene una partecipazione azionaria dello 0,8 per cento nella società.

Successivamente il servizio di gestione rifiuti è stato affidato nel gennaio 1997 ad Aprica Spa, quale aggiudicataria a seguito dell'esperimento di una gara per licitazione privata, sino al 31 dicembre 2001, in seguito prorogato al 31 dicembre 2005.

Con deliberazione della Giunta comunale 12 maggio 2005 n. 46, il Comune disponeva di procedere all'affidamento del servizio mediante procedura ad evidenza pubblica, approvando contestualmente il capitolato speciale di appalto.

Con determinazione n. 21 del 20 maggio 2005 del Responsabile del servizio tecnico, venivano stabilite le modalità dell'appalto avente ad oggetto l'affidamento del servizio mediante gara di pubblico incanto.

Con ricorso notificato a mezzo posta il 15 settembre 2005 e depositato il medesimo giorno, la deliberazione della Giunta comunale e la menzionata determinazione del Responsabile del servizio tecnico, sono impugnati dalla Società Siem Spa, la quale, deducendo la sussistenza dei presupposti per l’affidamento diretto c.d. in house del servizio in suo favore, senza gara, così come individuati dal diritto comunitario e recepiti dall’art. 113, comma 5, lett. c) del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, ovvero il “controllo analogo”, lamenta:

I) la violazione della deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Acquangra sul Chiese n. 65 del 21 novembre 1994, la violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241, l'eccesso di potere per contraddittorietà e difetto assoluto di motivazione;

II) la violazione dell'art. 42 del Dlgs. 18 agosto 2000 n. 267 e l'incompetenza della Giunta comunale a deliberare le modalità di gestione del servizio;

III) la violazione dell'art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, per l'omessa comunicazione di avvio del procedimento volto all'affidamento del Servizio mediante gara.

Si sono costituiti in giudizio il Comune e la controinteressata Aprica Spa, eccependo l'inammissibilità del ricorso e chiedendone la sua reiezione perché infondato.

Con ordinanza n. 1121 dell'11 ottobre 2005, confermata dalla V Sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 483 del 31 gennaio 2006, è stata respinta la domanda cautelare.

Alla pubblica udienza dell'11 aprile 2006, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

1. La censura di violazione della deliberazione del Consiglio comunale n. 65 del 21 novembre 1994, di cui al primo motivo, è infondata.

Nel caso di specie il Comune detiene un'esigua partecipazione dello 0,8 per cento della Società ricorrente e mancano i presupposti per l'affidamento diretto del servizio invocati dalla ricorrente a fondamento delle proprie doglianze.

La citata deliberazione del 1994 è stata adottata in un contesto normativo del tutto differente da quello attuale, nell'ambito del quale le tematiche delle regole applicabili alle concessioni di servizi e agli affidamenti c.d. in house, non erano ancora stati chiariti.

Infatti l'obbligo di rispettare i principi comunitari di divieto di discriminazione basato sulla nazionalità dei concorrenti, la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento, la libera prestazione di servizi, la parità di trattamento, la trasparenza, la proporzionalità anche per le concessioni di pubblici servizi, è stato enunciato dalla comunicazione interpretativa della Commissione europea sulle concessioni del 12 aprile 2000 pubblicata in GUCE C 121 del 29 aprile 2000.

Le condizioni per poter procedere ad un affidamento diretto, sono invece state definite dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee nella fondamentale sentenza Teckal 18 settembre 1999, resa nel procedimento C-107/98, che per la prima volta si è soffermata sui caratteri essenziali dell’affidamento in house.

Con la norma di cui all' art. 113, comma 5, lett. c) del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, così modificata dal comma 1 dell'art. 14, del DL 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della legge 24 novembre 2003, n. 326 (la quale prevede la possibilità di affidamento diretto a società a capitale interamente pubblico, a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano), il legislatore nazionale si è conformato ai principi comunitari in materia, come è dimostrato anche dalla circostanza che la norma menzionata consegue ad una procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana  (cfr. la procedura d’infrazione della Commissione 1999/2184 ex art. 226 del Trattato, avviata con lettera n. SG - 2000 - D/108243 dell'08 novembre 2000, con cui la Commissione ha messo in mora l'Italia, ritenendo che le modalità di affidamento dei servizi pubblici locali, previste dall’ art. 22 della legge 8 giugno 1990 n. 142, in particolare alla lettera e, fossero in contrasto con l’articolo 11 paragrafo 1 della direttiva 92/50 e con l’articolo 20 della direttiva 93/38 nonché con i principi di trasparenza, di parità di trattamento e la successiva nota 26 giugno 2002, diretta al Governo Italiano, per sollecitare ulteriori modificazioni all’art. 113 del Dlgs. 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dall’art. 35 comma 1, della legge 28 dicembre 2001 n. 448, nel quale si riscontravano disposizioni non conformi ai principi di diritto comunitario; cfr. anche l'ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. V, 22 aprile 2004, n. 2316).

Pur lasciando in disparte la considerazione che la Società ricorrente ha prestato acquiscenza a precedenti affidamenti del servizio a soggetti terzi mediante gara, ne consegue che, essendo il contesto normativo di riferimento successivo alla citata deliberazione profondamente mutato, tale delibera non può essere sic et sempliciter fondatamente invocata per pretendere l'affidamento diretto di un servizio che si voglia realizzare oggi entro un diverso quadro normativo di riferimento e con il quale la deliberazione del 1994 è divenuta incompatibile.

Infatti l'esame della sussistenza delle condizioni per poter procedere all'affidamento diretto deve necessariamente essere svolto alla luce della normativa vigente al momento in cui questo viene effettuato (cfr. Tar Lombardia, Brescia, 7 novembre 2005, n. 1123; id. 28 febbraio 2006, n. 238; 16 marzo 2006, n. 301).

1.1 Come chiarito dalla citata sentenza della Corte di Giustizia Teckal, del 18 settembre 1999, resa nel procedimento C-107/98, sono tre gli elementi che cumulativamente devono concorrere per consentire l'affidamento diretto: il capitale interamente pubblico della società; l’esercizio, da parte degli enti locali soci, di un controllo sulla società analogo a quello esercitato sui propri servizi; la realizzazione, da parte della società, della quota più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

In linea generale, come si argomenta anche dalla stessa sentenza Teckal, è ammissibile che, come accadrebbe nel caso all'esame, una pluralità di enti pubblici proceda all’affidamento diretto di un dato servizio prestato nel proprio interesse ad una società di capitali partecipata dai soli enti in questione, per quote commisurate allo stesso interesse al servizio di cui ciascuno è titolare (cfr. Corte di Giustizia delle Comunità Europee sentenza Stadt Halle 11 gennaio 2005 resa nel procedimento C-26/03 nonché Consiglio di Stato, Sez. V, 22 dicembre 2005, n. 7345).

Deve tuttavia sempre ricorrere la condizione del controllo analogo che si riferisce alla capacità di influenzare la gestione della società nel suo complesso e che deve essere accertato caso per caso con riguardo agli elementi che caratterizzano i soggetti interessati.

Il Collegio, chiamato nuovamente ad esprimersi sulla medesima questione già esaminata in recenti pronunce (cfr. Sentenze Tar Lombardia, Brescia, 5 dicembre 2005, n. 1250; 7 novembre 2005, n. 1123; 28 febbraio 2006, n. 238; 16 marzo 2006, n. 301), ritiene nel caso di specie insussistenti le condizioni necessarie a configurare da parte del Comune di Acquanegra sul Chiese, che detiene un'esigua quota dello 0,8 per cento del capitale sociale, una situazione di controllo analogo a quello svolto sui propri servizi, in quanto manca la possibilità di un'influenza determinante sugli obiettivi e sulle decisioni gestionali della società affidataria, da svolgersi anche collettivamente con gli altri soci al di fuori degli ordinari poteri dell'assemblea della società.

Infatti, come affermato anche dalle recenti sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella sentenza del 13 ottobre 2005 in causa C- 458/03 Parking Brixen GmbH, il controllo analogo su un ente societario non sussiste ove lo statuto conferisca al consiglio di amministrazione poteri teoricamente illimitati,  senza che l’ente affidante possa influirvi, e configuri un ampio oggetto sociale.

Per poter configurare il controllo analogo è infatti necessario uno strumento, di carattere sociale ovvero anche parasociale, ma diverso dai normali poteri che un socio, anche totalitario, esercita in assemblea, che in ogni momento possa vincolare l’affidataria agli indirizzi dell’affidante ovvero la possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni più importanti (cfr. il paragrafo 65 della citata sentenza Parking Brixen GmbH).

La giurisprudenza ha individuato la sussistenza di tale forma di controllo ove lo statuto della società preveda poteri speciali in capo all'ente pubblico, quali la nomina del Presidente e di un numero  predeterminato di membri del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale (cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. I, 30 marzo 2005 n. 2784) ovvero quando venga costituito un apposito organo - quale l’Assemblea di coordinamento intercomunale, costituita dai legali rappresentanti o loro delegati di ciascun ente locale, ognuno con responsabilità e diritto di voto pari alla quota di partecipazione - con penetranti poteri di controllo sulla gestione straordinaria ed ordinaria della Società (cfr. Tar Friuli Venezia Giulia 15 luglio 2005 n. 634).

Tali elementi a maggior ragione devono ricorrere nei casi, come quello all'esame, in cui l’ente affidante dispone non della totalità delle quote dell’affidataria, ma di una partecipazione di minoranza assolutamente insufficiente ad integrare la forma di controllo in questione (è il principio affermato dalla Corte di Giustizia CE Grande sezione 21 luglio 2005 in causa C-231/03, Coname - Comune di Cingia De’Botti).

La tesi della ricorrente, secondo cui la possibilità di configurare il requisito del controllo analogo sarebbe nel caso di specie da rinvenire nelle norme della convenzione tipo che attribuiscono al Comune poteri di indirizzo, vigilanza e controllo sulla gestione del singolo servizio, non è condivisibile, in quanto tali poteri sono da ricondurre agli ordinari poteri di verifica dell’esatto adempimento, identici a quelli riconosciuti a qualunque controparte contrattuale, senza consentire l'esercizio di alcuna influenza sulla gestione sociale.

La sussistenza del controllo analogo nel caso all'esame va quindi esclusa, in quanto il Comune è titolare soltanto di una minima quota del capitale sociale, l’art. 3 dello statuto della SIEM Spa le consente di organizzare e gestire servizi di salvaguardia ecologica per conto dei Comuni, Enti in genere e loro consorzi nonché imprese private, con dizione ampia, senza alcuna restrizione territoriale o di altro genere; a norma dell’art. 21 dello stesso statuto il consiglio di amministrazione, nominato dall’assemblea secondo le comuni norme di legge, “è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società, ed ha facoltà di compiere tutti gli atti che ritenga opportuni per l’attuazione ed il raggiungimento degli scopi sociali”, essendo la competenza assembleare limitata a quanto prevede la legge.

I poteri degli amministratori sono pertanto sostanzialmente illimitati, né consta l’esistenza di alcun patto sociale o parasociale che disponga diversamente.

Pertanto la censura di violazione della deliberazione del Consiglio comunale n. 65 del 21 novembre 1994, di cui al primo motivo di ricorso è infondata perché non sussistono i presupposti affinché la ricorrente possa vantare alcuna pretesa in ordine all'affidamento diretto del servizio.

2. Alla stregua di tali considerazioni, le ulteriori censure di difetto di motivazione, incompetenza e mancata comunicazione di avvio del procedimento, debbono essere dichiarate inammissibili per carenza di interesse, atteso che la ricorrente non potrebbe in ogni caso ottenere alcuna utilità dall'eventuale accoglimento delle stesse.

In definitiva il ricorso deve essere respinto.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

 

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo respinge e in parte lo dichiara in parte inammissibile, come precisato in motivazione.

Spese compensate.

Così deciso in Brescia, nella Camera di consiglio del 21 aprile 2006, con l’intervento dei Signori:

Francesco MARIUZZO,         Presidente;

Gianluca Morri,                        Referendario;

Stefano MIELLI,                     Referendario, estensore.

 

DATA PUBBLICAZIONE    

02 maggio 2006

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