REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – 2^ Sezione –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1578/2005, depositato in data 14 dicembre 2005, proposto dall’associazione sportiva denominata Società Sportiva Tennis Club Pino Torinese, in persona del Presidente pro tempore, Mario Novarino, rappresentata e difesa dall’avv. Michele Scola ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi in Torino, via Vassalli Eandi n. 5,
contro
il Comune di Pino Torinese, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Piacentini ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Torino, corso Duca degli Abruzzi n. 15, giusta determinazione n. 611 del 14 dicembre 2005,
per l’annullamento previa sospensione e
misura cautelare provvisoria
- dell’avviso di pubblico incanto e pedissequo disciplinare con i relativi allegati del 23 novembre 2005, nonché
- di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso tra cui, in particolare, della delibera del Consiglio Comunale di Pino Torinese n. 51 del 5 luglio 2005 avente ad oggetto la “Alienazione complesso sportivo comunale “Tennis Club” in Via Valle Miglioretti. Approvazione perizia di stima” e di tutti i suoi allegati, tra cui la perizia di stima; della delibera della Giunta Comunale di Pino Torinese n. 89 del 22 settembre 2005, avente ad oggetto “Alienazione complesso sportivo comunale Tennis. Prezzo e condizioni generali di vendita”; della delibera di Giunta Comunale del Comune di Pino Torinese n. 96 del 14 ottobre 2005, avente ad oggetto “Alienazione complesso sportivo comunale Tennis, Rettifica condizioni generali di vendita” e della Determina Dirigenziale n. 572 del 23 novembre 2005 di indizione della procedura di alienazione di cui non si conosce il contenuto specifico e rispetto alla quale ci si riserva sin d’ora la possibilità di formulare motivi aggiunti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pino Torinese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla udienza pubblica del 22 febbraio 2006 il referendario Giorgio Manca e uditi per la soc. ricorrente l’avv. Scola e per l’amministrazione resistente l’avv. Piacentini;
Dato atto che è stato pubblicato, in data 25 febbraio 2006, con il n. 13, il dispositivo della presente sentenza, ai sensi dell’art. 23 bis, comma 6, della legge 6 dicembre 1971, introdotto dall’art. 4, comma 1, della legge 21 luglio 2000;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. – Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 51 del 5 luglio 2005, il Comune di Pino Torinese ha deliberato “di autorizzare l’alienazione del complesso sportivo “Tennis Club” in Via Valle Miglioretti, quale patrimonio disponibile del Comune”. Con determinazione del Responsabile del Servizio tecnico comunale n. 572 del 23 novembre 2005 è stata indetta “la procedura di vendita del complesso sportivo comunale con il sistema del pubblico incanto mediante il metodo delle offerte segrete in aumento rispetto all’importo di € 1.700.000,00”, è stato approvato l’avviso pubblico, lo schema del contratto di compravendita e sono state individuate le forme di pubblicità della gara. L’avviso di pubblico incanto, tra i “Soggetti ammessi a partecipare” alla procedura di gara, prevedeva “Persone fisiche non interdette, inabilitate o fallite e non sottoposte alle misure interdittive della capacità a contrattare con la pubblica amministrazione. Persone giuridiche iscritte nel Registro delle imprese o equivalente in paesi UE, con soci non interdetti, inabilitati o falliti e non sottoposti alle misure interdittive della capacità a contrattare con la pubblica amministrazione”.
2. - La società sportiva ricorrente, attuale affittuaria del complesso immobiliare in forza della convenzione 19 luglio 1974 stipulata con il Comune di Pino Torinese, impugna la deliberazione e gli altri atti della gara, meglio indicati in epigrafe, adottati per l’alienazione dell’immobile, deducendo i seguenti motivi di ricorso:
1° Violazione di legge in relazione all’art. 3 della Costituzione nonché violazione del principio di massima concorrenzialità.
Muovendo dalla premessa che la previsione dell’avviso pubblico, sopra richiamata, escluda le associazioni non riconosciute, come la società sportiva ricorrente, dall’ambito dei soggetti che possono partecipare alla gara, si deduce la irragionevolezza della restrizione alle sole persone giuridiche, la disparità di trattamento nei confronti delle associazioni non riconosciute e la violazione del principio del favor alla massima partecipazione nelle gare pubbliche, conseguente a tale limitazione soggettiva.
2° Eccesso di potere per contraddittorietà dei documenti della procedura ed assoluta incertezza in ordine all’identità del bene oggetto di procedura di alienazione.
La ricorrente lamenta l’impossibilità di predisporre un’offerta economica per l‘assoluta incertezza dell’oggetto della gara, in specie in ordine all’entità della superficie oggetto di alienazione. Sulla base dei dati catastali vi sarebbe una contraddizione tra quanto indicato nell’avviso di gara e quanto risulterebbe dalla planimetria allegata all’avviso medesimo.
3° Eccesso di potere per manifesta erroneità dei presupposti di fatto relativamente alla quantificazione della base d’asta, in quanto la perizia di stima sarebbe macroscopicamente erronea.
La stima del valore degli immobili oggetto dell’alienazione sarebbe errata. Ciò sarebbe dimostrato da una perizia di stima asseverata, a firma di un libero professionista, prodotta dalla ricorrente. La differenza di valore rispetto a quanto indicato nell’avviso pubblico quale base d’asta, deriverebbe presumibilmente dalla omessa considerazione nella relazione di stima effettuata dall’amministrazione comunale dei terreni accatastati alle particelle nn. 148, 149 e 273, che tuttavia sarebbero tra le aree oggetto di vendita. Aree che, inoltre, sarebbero dotate di un indice di edificabilità che attribuirebbe loro un notevole valore commerciale.
Tale erronea determinazione del prezzo posto a base di gara precluderebbe la possibilità di formulare un’offerta economica congrua e ponderata.
4° Violazione di legge e falsa interpretazione dell’articolo 3, comma 1bis, del D.L. 31 ottobre 1990, n. 310, come coordinato con la legge di conversione 22 dicembre 1990, n. 403.
Nella lex specialis di gara non sarebbe rispettato il diritto di prelazione previsto, nella norma richiamata in rubrica, a favore dei legittimi occupanti di unità abitative appartenenti al patrimonio disponibile delle Pubbliche Amministrazioni, in base a contratto d’affitto, di concessione o comodato. Ciò in quanto nel complesso immobiliare posto in vendita sarebbero presenti due abitazioni detenute da affittuari.
5° Violazione dell’art. 66 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, in ordine alle modalità di pubblicazione del bando di gara.
Si sostiene che l’amministrazione procedente non avrebbe dato adeguata pubblicità alla gara, in quanto si sarebbe limitata a pubblicare l’avviso dell’incanto all’albo pretorio del Comune e, per estratto, sul Bollettino Regionale ma non sulla Gazzetta Ufficiale come, secondo la ricorrente, sarebbe stato necessario ai sensi dell’art. 66 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827.
3. – Si è costituito in giudizio il Comune di Pino Torinese, chiedendo che il ricorso sia preliminarmente dichiarato inammissibile per la carenza di interesse a ricorrere della società sportiva. Infatti, sulla base dello Statuto lo scopo dell’associazione sportiva “Tennis Club Pino Torinese” sarebbe quello “di promuovere ed incrementare l’attività tennistica con carattere dilettantistico (…) senza scopo di lucro. A tal fine potrà istituire ogni altra attività atta a contribuire allo sviluppo dello sport del tennis”. La società sportiva non potrebbe rendersi acquirente di immobili; non avrebbe, pertanto, la capacità di presentare offerta e non avrebbe conseguentemente alcun interesse a ricorrere contro gli atti della gara in oggetto. L’inammissibilità del ricorso, ad avviso della difesa dell’amministrazione resistente, deriverebbe, dal fatto che la società sportiva non avrebbe dimostrato il possesso di quel requisito minimo di partecipazione costituito dalla capacità di divenire acquirente dell’immobile oggetto della gara. Pertanto l’eventuale annullamento degli atti di gara non determinerebbe alcun vantaggio concreto per la ricorrente, la quale non potrebbe comunque partecipare ad una nuova procedura.
Nella memoria del 9 gennaio 2006, si solleva inoltre la questione dell’inammissibilità del ricorso anche sulla base della circostanza della mancata presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara da parte della ricorrente.
Quanto al merito, la difesa del Comune ritiene infondata la censura relativa al mancato rispetto del diritto di prelazione di cui all’art. 3, comma 1-bis, del decreto-legge n. 310 del 1990, posto che l’avviso del pubblico incanto prevederebbe che “l’aggiudicazione definitiva sarà subordinata all’esercizio di eventuale diritto di prelazione esercitato nei modi di legge da soggetti che eventualmente dovessero arrogarne il diritto” (memoria del 9 gennaio 2006). In ordine ai motivi relativi alla individuazione delle aree e degli immobili oggetto della vendita e alla determinazione del prezzo posto a base d’asta, la difesa dell’amministrazione fa osservare – sul primo profilo – che “la ricorrente confonde le maggiori particelle di cui il Comune è proprietario, menzionate nelle deliberazioni prodotte, con quelle oggetto della procedura” (memoria del 9 gennaio 2006) e che l’avviso di pubblico incanto regola tale aspetto ponendo a carico dell’acquirente gli oneri di frazionamento e di accatastamento conseguenti. Non sussisterebbero, pertanto, incertezze nell’identificazione dell’immobile. Sul secondo profilo, premesso che la stima del prezzo minimo posto a base di gara sarebbe stata correttamente determinata attraverso le perizie effettuate dall’ufficio tecnico del comune e dall’Agenzia del Territorio in data 28 giugno 2005, rileva che le differenze di valore indicate dalla ricorrente sono inesistenti, posto che la vigente regolamentazione urbanistica del Comune non attribuirebbe alcun indice di edificabilità alle aree in oggetto.
Anche l’ultima doglianza sarebbe infondata, poiché sarebbe documentato che il bando è stato pubblicato anche sulla Gazzetta Ufficiale.
4. – Con ordinanza n. 21 del 12 gennaio 2006 questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati ed ha fissato per la trattazione del merito l’udienza del 22 febbraio 2006.
5. - Alla pubblica udienza del 22 febbraio 2006 il ricorso è stato trattenuto per la decisione e in data 25 febbraio 2006 è stato depositato il dispositivo della presente sentenza.
DIRITTO
1. – Le parti controvertono sulla legittimità della clausola, dettata nella disciplina del pubblico incanto indetto per la vendita del complesso immobiliare, che esclude dalla partecipazione le associazioni non riconosciute.
1.1. – Preliminarmente occorre esaminare le questioni di rito, sollevate dalla difesa dell’amministrazione comunale resistente, con le quali si chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile per carenza di interesse a ricorrere.
Dei due profili di inammissibilità prospettati, precede in ordine logico quello relativo alla asserita incapacità giuridica della associazione sportiva ricorrente ad essere acquirente di immobili.
1.2. - La questione non è fondata.
Anche le associazioni non riconosciute possono essere titolari di diritti reali immobiliari e quindi rendersi acquirenti di immobili. L’art. 37 del codice civile, che disciplina il fondo comune delle associazioni non riconosciute, prevede che il fondo sia composto dai contributi degli associati e dai “beni acquistati con questi contributi” e non distingue, a tal fine, tra beni mobili e beni immobili. Pertanto, come d’altronde confermato da orientamenti ormai consolidati, consente anche agli enti collettivi privi di personalità giuridica l’acquisto di beni immobili. La soluzione già affermata sulla base dell’art. 37 c.c. ha poi trovato definitiva conferma con la legge 27 febbraio 1985, n. 52, che ha modificato l’art. 2659 c.c., sul contenuto della nota di trascrizione, prevedendo che anche gli acquisti immobiliari delle associazioni non riconosciute siano trascrivibili.
Le argomentazioni proposte dalla difesa del Comune non sono condivisibili neanche nel punto in cui ritengono che l’incapacità ad acquistare immobili dell’associazione sportiva ricorrente derivi dalla mancanza nello statuto di una norma che autorizzi o preveda tali acquisti. Per stabilire se l’atto in questione rientri, o non, tra quelli consentiti dall’oggetto sociale dell’associazione non è necessario che sia espressamente indicato dagli accordi statutari. L’oggetto sociale indica infatti lo scopo dell’attività dell’associazione e per valutare se gli atti compiuti dai rappresentanti dell’associazione siano congruenti allo scopo perseguito l’unico criterio valido è quello della strumentalità tra l’atto e lo scopo sociale (si veda in tal senso Cass. civ., sez. I, 21 novembre 2002, n. 16416, che soggiunge: “L'elencazione statutaria di atti tipici (più o meno genericamente definiti) non può sostituire tale criterio, giacché, da un lato, essa non potrebbe mai essere completa, data la serie infinita di atti, di vario tipo, che possono essere funzionali all'esercizio di una determinata attività, e, dall'altro, anche la espressa previsione statutaria di un atto tipico non assicura che lo stesso sia, in concreto, rivolto allo svolgimento di quella attività.”).
Nel caso di specie, l’acquisto del complesso sportivo posto in vendita dal Comune di Pino Torinese, e attualmente gestito dalla società ricorrente (in forza della convenzione stipulata fin dal 20 marzo 1970), contempla le caratteristiche di atto strumentale rispetto allo scopo statutario “di promuovere ed incrementare l’attività tennistica con carattere dilettantistico (…) senza scopo di lucro”.
1.3. - Per quanto concerne la mancata presentazione della domanda di partecipazione all’incanto da parte della società sportiva ricorrente, occorre premettere che l’interesse fatto valere con il ricorso in esame è un interesse strumentale cioè la possibilità di partecipare alla procedura di gara. La ricorrente mira cioè ad ottenere l’annullamento degli atti di gara, e in specie dell’avviso pubblico contenente la disciplina della gara, in modo tale che in sede di rinnovazione della stessa sia consentita la sua partecipazione. Tale interesse, strumentale rispetto a quello dell’aggiudicazione del contratto di vendita degli immobili, è certamente giuridicamente tutelato proprio per la concreta circostanza che la società ricorrente svolge nel complesso sportivo oggetto dell’incanto la sua principale attività sociale.
Rispetto a tale situazione giuridica della ricorrente, la previsione di una clausola che esclude la sua partecipazione è immediatamente lesiva e radica il bisogno di tutela fatto valere con il ricorso in esame. La clausola escludente è, infatti, sufficientemente esplicita nel senso di non consentire la partecipazione alle associazioni non riconosciute, come la ricorrente. In tali casi richiedere la presentazione della domanda di partecipazione alla gara non avrebbe alcuna funzione, in particolare non avrebbe quella funzione di atto che puntualizza la legittimazione a ricorrere che tradizionalmente le viene assegnata (cioè di “elemento che diversifica e qualifica la posizione di un soggetto rispetto a quella di tutti gli altri soggetti potenzialmente lesi e dei quali non è dato sapere se abbiano o meno un concreto interesse a partecipare alla procedura”, come si esprime Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2804, che conclude nel senso della legittimazione a ricorrere contro il bando di gara che contenga clausole escludenti immediatamente lesive, da parte dell’impresa che non ha presentato domanda di partecipazione alla gara; nello stesso senso di recente anche TAR Campania, Napoli, sez. V, 19 luglio 2005, n. 10035).
Anche tale profilo di inammissibilità del ricorso deve, pertanto, essere respinto.
2. - Passando all’esame del merito, con il primo motivo si deduce - con riferimento alla previsione del bando che esclude le associazioni non riconosciute dall’ambito dei soggetti ammessi a partecipare alla gara - la violazione del principio di ragionevolezza, la disparità di trattamento e la violazione del principio della massima concorrenzialità nelle gare pubbliche.
2.1. - Il motivo è fondato.
La clausola del bando non appare in effetti sostenuta da ragioni che giustifichino la scelta di escludere le associazioni non riconosciute dalla possibilità di presentare offerte per l’acquisto del complesso immobiliare oggetto del pubblico incanto.
Da un lato, in relazione agli interessi pubblici implicati nella procedura di aggiudicazione del contratto di vendita del centro sportivo, si deve rilevare che, nelle premesse dell’impugnata deliberazione del Consiglio Comunale di Pino Torinese n. 51 in data 5 luglio 2005, così, si afferma: “Premesso che - con deliberazione n. 3 del 26/01/2005 la Giunta Comunale, quale atto di indirizzo, ha affidato all’arch. Sergio Ciccarelli del Servizio Tecnico l’incarico di redazione della perizia di stima del complesso sportivo in oggetto al fine di valutare la vendita a terzi del meesimo, con l’impegno di mantenere la destinazione d’uso delle strutture, anche comprendendo altre discipline sportive e servizi relativi, e condizioni vantaggiose per i cittadini pinesi;” Si tratta di obiettivi che possono essere perseguiti con opportune previsioni contenute nel regolamento contrattuale, come d’altronde prefigurato nello stesso avviso di pubblico incanto nel punto rubricato “vincoli contrattuali”, ma che non giustificano in alcun modo la restrizione dell’ambito dei soggetti che possono partecipare alla procedura di alienazione.
Ne deriva pertanto anche la fondatezza della censura di violazione del principio generale del favor verso la più larga partecipazione, che ispira la legislazione nazionale e comunitaria in materia di procedure di aggiudicazione di contratti ad evidenza pubblica.
3. – Con il secondo motivo si deduce l’erronea identificazione del complesso immobiliare oggetto della vendita e, conseguentemente, la impossibilità di formulare una offerta economica congrua.
Il motivo è infondato.
Dalla lettura dell’avviso di pubblico incanto nel punto in cui individua l’oggetto della vendita si ricava una descrizione dettagliata degli immobili che costituiscono il centro sportivo, con indicazione delle particelle catastali e delle superfici dei fabbricati. Inoltre, come esattamente rilevato dalla difesa del Comune, l’avviso prevede le necessarie operazioni catastali di frazionamento, collocandole in un momento successivo all’aggiudicazione (e, si deve ritenere, prima della stipula del contratto di vendita) e ponendole a carico dell’aggiudicatario.
Non è pertanto rilevabile alcuna incertezza in ordine all’individuazione degli immobili da alienare.
4. – Con il terzo motivo, la società ricorrente contesta la determinazione del prezzo di vendita del complesso sportivo.
La censura non può essere accolta.
Sul punto è sufficiente richiamare quanto osservato dalla difesa dell’amministrazione comunale, e cioè che il prezzo posto a base d’asta, pari a € 1.700.00,00=, risulta dalla valutazione di congruità tecnico-economica effettuata dall’Agenzia del Territorio-Ufficio Provinciale di Torino nella relazione del 28 giugno 2005, prot. 18684, depositata agli atti del presente giudizio.
I rilievi formulati dalla società ricorrente si ricollegano per un verso alla asserita erroneità nella identificazione degli immobili in vendita. Si è già visto peraltro, esaminando il secondo motivo di ricorso, che tale erroneità non sussiste.
Per altro verso, i rilievi si fondano sul presupposto che le aree del complesso sportivo siano dotate di un indice di edificabilità, previsto dal PRG vigente nel Comune di Pino Torinese, pari a 0,25 mc/mq, indice che non sarebbe stato preso in considerazione nella determinazione del valore di mercato dei terreni. Tuttavia anche queste osservazioni appaiono infondate, posto che tale destinazione urbanistica è solo programmata, cioè sarà oggetto di una futura variante al piano urbanistico, come risulta dallo stesso avviso pubblico, mentre l’attuale destinazione d’uso è quella di “area vincolata a servizi pubblici e di pubblica utilità localizzati” (cfr. certificato di destinazione urbanistica allegato alla relazione di stima dell’ufficio tecnico comunale).
4. – Con il quarto motivo si deduce la violazione dell’art. 3, comma 1-bis, del decreto legge 31 ottobre 1990, n. 310, convertito nella legge 22 dicembre 1990, n. 403, che in materia di “Alienazione del patrimonio disponibile degli enti locali” prescrive che “La cessione delle unità immobiliari deve avvenire con priorità assoluta per coloro che ne fanno uso legittimo, in base a contratto di affitto, di concessione o comodato”.
Il motivo è infondato.
Come esattamente rilevato dalla difesa dell’amministrazione comunale, l’avviso di pubblico incanto prevede, alla lettera “B) CONDIZIONI GENERALI” “Aggiudicazione” che “L’aggiudicazione definitiva sarà subordinata all’esercizio di eventuale diritto di prelazione esercitato nei modi di legge da soggetti che eventualmente dovessero arrogarne il diritto”. Pertanto rientrano in tale ipotesi anche i diritti di prelazione dei soggetti di cui al citato art. 3, comma 1-bis, della legge 22 dicembre 1990, n. 403.
5. – Infine anche il quinto motivo di ricorso è palesemente infondato, in punto di fatto. Dalla documentazione versata in atti dall’amministrazione comunale risulta, infatti, che l’estratto dell’ ”Avviso di pubblico incanto per la vendita del complesso sportivo comunale “Tennis” è stato pubblicato sulla Gazzetta Uffciale del 1° dicembre 2005.
6. – Il ricorso, in definitiva, è fondato quanto al primo motivo. Conseguentemente devono essere annullati l’avviso di pubblico incanto, nella parte in cui non prevede, tra i soggetti ammessi a partecipare alla procedura di alienazione del complesso sportivo comunale “Tennis”, le associazioni non riconosciute; e la determinazione del Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Pino Torinese, n. 572 del 23 novembre 2005, nella parte in cui approva l’avviso di pubblico incanto.
Si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.
PER QUESTI MOTIVI
Il Tribunale Amministrativo per il Piemonte, Seconda Sezione, pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte e, per l’effetto, annulla:
- la determinazione del Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Pino Torinese n. 572 del 23 novembre 2005 e l’avviso di pubblico incanto, relativamente alla clausola concernente i “soggetti ammessi a partecipare”;
compensa tra le parti le spese del giudizio;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del 22 febbraio 2006, con l'intervento dei magistrati:
- Giuseppe CALVO - Presidente
- Antonio PLAISANT - Referendario
- Giorgio MANCA - Referendario, estensore
Il Presidente L’Estensore
Il Direttore Segreteria II Sezione
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