REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.r.g. 3864 del 2005, proposto dalla s.r.l. TISGA , rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Ruta ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Marco Orlando, in Roma, via Otranto, n. 18,
contro
il Comune di Montefalcone del Sannio, rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Neri ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Bruno Sassani, in Roma, via XX settembre, n. 3,
e nei confronti
di CONSCOOP – Cons. Coop. Produzione e Lavoro s.c.r.l., non costituitosi,
della s.p.a. CON Energia, non costituitasi,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Molise, n. 136/05, pubblicata il 4 febbraio 2005.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte suindicata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore, alla pubblica udienza del 20 dicembre 2005, il consigliere Giuseppe Farina ed uditi, altresì, gli avv. M. Orlando, per delega G. Ruta, e C. Neri;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Il ricorso in appello n. 3864 del 2005 è proposto dalla s.r.l. TISGA. È stato notificato in data 28 aprile e 2 e 3 maggio 2005 al Comune di Montefalcone del Sannio ed alle due società indicate in epigrafe. È stato depositato il 10 maggio 2005.
2. Si chiede la riforma della sentenza n. 136/05, pubblicata in data 4 febbraio 2005, con la quale il Tribunale amministrativo regionale del Molise ha respinto tre ricorsi della s.r.l TISGA contro provvedimenti del Comune intimato, riguardanti il servizio di distribuzione del gas.
3. Sono esposte censure di erroneità di fatto e di diritto della sentenza del T.A.R., con riguardo all’interesse della società appellante allo svolgimento di una gara per l’appalto del servizio predetto.
4. In data 31 maggio 2005, si è costituito il Comune intimato. Con memoria depositata il giorno 11 luglio 2005 ha opposto l’infondatezza dell’appello.
5. Nella camera di consiglio del 12 luglio 2005 è stata respinta la domanda di sospensione dell’efficaia della sentenza appellata.
6. All’udienza del 20 dicembre 2005, dopo la chiamata per la discussione, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. I provvedimenti impugnati in prime cure, con tre successivi ricorsi, sono:
con un primo ricorso (n. 305 del 2003):
1.1. la deliberazione del consiglio comunale di Montefalcone del Sannio, n. 5 del 31 marzo 2003, con la quale – vista la sentenza del T.A.R. Molise n. 724 del 5 giugno 2002, di annullamento della delibera consiliare n. 52 del 29 ottobre 1999, che recava approvazione della proposta, avanzata dall’impresa dante causa della società ricorrente, in qualità di “promotore”, per realizzare il progetto del servizio di distribuzione di gas metano a rete in una zona comunale – si è stabilito “di procedere ad un nuovo pubblico appalto del servizio” suddetto. La sentenza è stata, in seguito, confermata con decisione n. 2998 del 25 febbraio – 30 maggio 2003 di questo Consiglio di Stato;
1.2. la previa deliberazione di giunta n. 101 del 4 ottobre 2002, con la quale, in esecuzione della citata sentenza del T.A.R., in pendenza dell’appello, è stata decisa l’assunzione diretta della fornitura del gas da distribuire alle utenze;
con un secondo ricorso (n. 39 del 2004):
1.3. la deliberazione di giunta n. 139/28 novembre 2003, con la quale, “nelle more dell’espletamento della gara d’appalto” suddetta, si dispone la proroga della convenzione stipulata con la “Conscoop” di Forlì, per la manutenzione e gestione tecnico amministrativa degli impianti comunali di distribuzione del gas naturale. Il provvedimento è motivato espressamente con il richiamo alla circostanza che, per la controversia colla società appellante, il Comune “non ha potuto esperire la gara d’appalto per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas metano”;
con un terzo ricorso (n. 322 del 2004):
1.4. la deliberazione di giunta n. 60 del 13 aprile 2004, di approvazione dello schema di contratto, da stipulare con la s.p.a. CON Energia, “per il trasporto di gas naturale nella rete di distribuzione” di proprietà del Comune. Questo contratto modifica quello, annesso alla deliberazione di giunta n. 58 del 31 marzo 2004, pure impugnata, che autorizza la s.p.a. CON Energia “all’accesso alla rete di distribuzione del gas”.
2. Il T.A.R. ha statuito, dopo la riunione dei ricorsi:
2.1. l’infondatezza del primo ricorso, perché i provvedimenti con esso impugnati non sono altro che “atti consequenziali, se non proprio esecutivi”, della precedente pronunzia di annullamento della “convenzione tra l’impresa ricorrente ed il Comune”. Il primo giudice ha osservato che il Comune non poteva che procedere all’assunzione diretta del servizio del gas (sopra § 1.2), nonché bandire una gara per affidare il servizio a terzi (provvedimento sub 1.1). Il primo giudice ha inoltre esplicitato di non avere, per di più, individuato “alcuna precisa censura che colpisca direttamente gli atti medesimi”;
2.2. l’infondatezza del secondo ricorso, contro la proroga (sub 1.3) della convenzione di manutenzione e gestione della rete del gas. Il primo giudice ha posto in rilievo che si tratta di un provvedimento adottato “per ovviare al problema della interruzione della gestione causata dall’annullamento della convenzione tra Comune” e società ora ricorrente, in via temporanea e di urgenza. Il Comune ha riattivato un precedente rapporto convenzionale, perché costretto dall’urgenza di assicurare la continuità nell’erogazione del gas. Le censure dedotte si dolgono del mancato affidamento del servizio mediante gara, ma la gara era stata già bandita. Anzi, essendo stata nel frattempo espletata, il ricorso è divenuto improcedibile;
2.3. l’infondatezza del terzo ricorso, contro la deliberazione di autorizzazione al trasporto del gas nella rete cittadina (sub 1.4). Il T.A.R. ha messo in rilievo che la convenzione con la ditta ricorrente era stata annullata, in sede giurisdizionale. Sicché essa non poteva essere considerata come un “gestore uscente”, né impedire l’utilizzazione della rete cittadina del gas. L’eventuale intenzione di ottenere risarcimento dei danni per la mancata gestione degli impianti, realizzati in “project financing”, deve essere coltivata mediante separata azione. Ma non v’è stata violazione del d. lgs. 23 maggio 2000, n. 164, perché la società ricorrente non è il gestore del servizio.
3. L’esame dell’appello va condotto alla stregua di due precisazioni preventive:
3.1. la società ricorrente in primo grado, ed ora appellante, è subentrata ad una ditta, che, quale “promotore” della proposta diretta a realizzare un impianto di adduzione e distribuzione del gas in una zona del comune di Montefalcone del Sannio, tale impianto ha realizzato ed attivato (pag. 3 dell’appello);
3.2. l’interesse dell’impresa si pone come “strumentale all’espletamento di una procedura di gara per l’appalto del servizio di distribuzione del gas”. Tanto è precisato (pag. 9) nel ricorso in appello.
4.1. Il primo motivo si appunta contro il provvedimento di proroga della convenzione con la CONSCOOP (sopra n. 1.3) per la manutenzione e gestione degli impianti comunali di distribuzione del gas. Riguarda perciò il secondo dei ricorsi proposti dinanzi al T.A.R. (sopra: n. 1.3).
Le doglianze si concretano nella denuncia di violazione dell’art. 14 del d. lgs. 164/2000 e dell’art. 13 del d. lgs. n. 158/1995: perché si è proceduto a trattativa privata; perché l’obbligo di indire una gara deriva dalla decisione del T.A.R., che aveva annullato la convenzione intervenuta con la società ora ricorrente; perché non sussistono circostanze imprevedibili ed è stato violato l’art. 37 del r.d. n. 827 del 1924, che impone lo svolgimento di una gara.
4.2. La censura è manifestamente inammissibile, perché prescinde dal contenuto del provvedimento di proroga e dalla sua motivazione.
Invero, la proroga è disposta in base alla necessità di provvedere nelle more del “riottenimento della disponibilità della rete … e dell’espletamento della gara di appalto”. Non è, perciò, né affermato che la gara sia stata già indetta, né è affatto smentita la necessità di far luogo alla gara. Il Comune si è mosso, nell’ambito della esigenza di non fermare il servizio, in vista proprio del soddisfacimento dello stesso interesse che muove la società ricorrente: quello di far luogo alla scelta del contraente mediante una apposita selezione. Di tanto non tiene conto la censura in esame.
5.1. Anche il secondo motivo non ha pregio.
Vi si lamenta che è mancata la pubblicità prescritta dall’art. 66 del r.d. 827 del 1924.
5.2. La considerazione che si tratta di una proroga data per far luogo alla gara dimostra che la censura è erroneamente avanzata.
6.1. Il terzo motivo dell’appello assume che il primo giudice ha errato, perché “alcuna gara” è stata bandita, e nemmeno “espletata”.
6.2. Si può trascurare il fatto che la censura non è stata proposta in primo grado, giacché, in ordine ad una pronuncia su di essa, è palesemente venuto meno ogni interesse. Infatti, la stessa parte ricorrente ha ammesso, con le note di udienza depositate in occasione della discussione del ricorso in appello, che è stata “reiterata la procedura di gara” e la controparte pubblica aveva, a sua volta, antecedentemente precisato che l’esito di essa è stato contestato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, con il ricorso n. 240 del 2005.
7.1. Altrettanto inammissibile, per difetto di interesse, è la censura, contrassegnata con il numero IV, con la quale si denuncia che è competente il dirigente del servizio (la mancanza di specificazioni costringe a precisare che la censura è rivolta avverso il provvedimento consiliare n. 139 del 20 novembre 2003 – di cui si è riferito al n. 1.3).
7.2. Invero, nessuna lesione ne discende per la società, posto che non viene messo in discussione, come si è detto, il suo interesse alla indizione di una gara.
8.1. Con la prima parte della quinta censura, si asserisce che “la scelta di stralciare parte dell’impianto dal nuovo appalto non costituiva esecuzione del giudicato” e che i motivi dedotti in primo grado erano precisi ed ammissibili: si denunciava contraddizione fra l’autorizzazione, data a terzi, di utilizzare l’impianto, costruito dal ricorrente, e l’aver considerato “legittima la scelta di stralciare tali impianti dalla planimetria, così come approvata con c.c. n. 5/2003 ai fini dell’avvio di una nuova procedura di gara”.
8.2. Anche a questo motivo non si può prestare adesione.
Con il provvedimento impugnato col primo ricorso, il Comune ha inteso semplicemente affermare – ed in tal senso ha deliberato – che intendeva osservare la decisione del Tribunale amministrativo regionale che aveva annullato “tutti gli atti mediante i quali” si era “proceduto all’affidamento all’impresa” della costruzione e gestione dell’impianto di distribuzione del gasmetano”. Ha assunto in gestione diretta, nel frattempo, il servizio.
Non si è deliberato alcunché in tema di nuova gara, se non di fare luogo alla sua indizione. Se, perciò, v’è da porre una lagnanza circa l’illegittimità delle determinazioni concernenti l’estensione della rete di distribuzione da affidare in concessione, le relative critiche sono da proporre avverso il bando che – secondo quanto ambedue le parti hanno separatamente riferito (come si è sopra precisato) – ha dato corso alla gara specifica. Ne segue che va tenuta ferma la statuizione del primo giudice, secondo la quale il citato provvedimento del 31 marzo 2003 si configura come atto consequenziale alla pronuncia di annullamento n. 724 del 2002.
Per altro verso, poiché è stato confermato in questa sede dalla stessa appellante che il suo interesse si concentra sullo svolgimento di un nuovo procedimento di scelta dell’impresa cui affidare la concessione, la censura si mostra anche inammissibile, perché, come si è detto, ciò che assume rilievo non è né la determinazione comunale di far luogo alla gara – impugnata col primo dei ricorsi introduttivi –, né quella di affidare, nelle more del procedimento, in proroga, alla impresa che già curava la prestazione, la manutenzione e la gestione dell’impianto comunale di distribuzione del gas. La censura, inerente alla estensione della rete, doveva essere posta nei confronti del bando o delle altre regole di gara ( concernenti ) il preciso oggetto del servizio, ivi compreso l’impianto che lo consentiva.
9.1. Con la seconda e la terza parte del quinto motivo di appello, si lamenta che “le opere…. e la gestione del servizio, così come attuati (sic) e già espletati (sic) dalla ditta appellante”, non avrebbero subìto “alcuna caducazione retroattiva”, ma sarebbero state fatte salve, pur nell’intervenuto annullamento giurisdizionale. Si aggiunge, ancora, che “sarebbe stato obbligo dell’amministrazione, prima di procedere” ad affidare il servizio ed a consegnare gli impianti “ad un soggetto subentrante, definire i rapporti pendenti con il gestore uscente”. Si invoca, in proposito, il comma 8 dell’art. 14 del d. lgs. 23 maggio 2000, n. 164, che tale onere impone sul “nuovo gestore” del servizio.
9.2. La tesi, anche a trascurare se sia stata in tali termini dedotta in primo grado, è priva di fondamento. La posizione della società ricorrente in primo grado, ed ora appellante, è quella del soggetto nei riguardi del quale è stato dichiarato illegittimo ed annullato il provvedimento di affidamento del servizio. La regola dell’art. 14 del decreto legislativo invocato, invece, disciplina i rapporti del nuovo gestore con quello che precedentemente ha legittimamente svolto il servizio. Non è regola che, di conseguenza, possa essere invocata a tutela di chi illegittimamente ha esercitato quella attività.
10.1. L’ultima doglianza ha per contenuto una domanda di risarcimento dei danni.
10.2. Con riguardo ai provvedimenti impugnati in prime cure ed alle censure riproposte in questo grado, tutte da disattendere, essa non merita accoglimento.
10.3. Con riguardo, invece, alle conseguenze derivanti dalla pronuncia di annullamento dei provvedimenti di affidamento della costruzione e gestione della rete integrativa di distribuzione nel Comune, la domanda va invece dichiarata inammissibile: a) sia perché priva di collegamento giuridico con gli atti del cui contenuto si è riferito sopra (ai numeri da 1.1 ad 1.4) e con l’interesse esplicitamente definito dalla società appellante (sopra: n. 3); b) sia perché derivante da atti dei quali non si è discusso in questo giudizio; c) sia perché priva di elementi probatori circa la sussistenza di colpa del Comune, circa le spese affrontate, circa i costi di gestione sopportati e circa il tempo durante il quale sarebbe stato esercitato il servizio.
11. Alla reiezione del ricorso fa seguito la condanna alle spese, secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte resistente, delle spese del grado, che liquida in cinquemila euro.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella camera di consiglio del 20 dicembre 2005, con l'intervento dei Signori:
Raffaele Iannotta Presidente
Giuseppe Farina rel. est. Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Marzio Branca Consigliere
Gabriele Carlotti Consigliere
L’Estensore Il Presidente
Giuseppe Farina Raffaele Iannotta
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 9 maggio 2006
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Per Il Direttore della Sezione
Livia Patroni Griffi |