HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
TAR Toscana, Sez. I, 15/1/2001 n. 24
Sulla gestione del servizio pubblico mediante una società per azioni a prevalente capitale pubblico locale: scelta del socio privato di minoranza. (riformata da CdS 4586/2001)

Sull'operato della Commissione deputata alla selezione.

La scelta della forma di gestione del servizio, come pure l’affidamento del servizio, sono decisioni da assumere nell’ambito di funzioni prettamente programmatorie ed organizzatorie. Pertanto, devono essere gli Enti locali e non l’AATO a predisporre tutte le procedure per la costituzione della forma di gestione, successivamente alla scelta della forma di gestione stabilita dall’AATO medesima, non potendo essere scisso il momento costitutivo della forma di gestione scelta (nella specie la società per azioni) da quello prodromico alla stessa costituzione dato dalla procedura concorsuale da indire per l’individuazione del socio privato di minoranza.

Altresì, il d.p.r. 533 del 1996 riguarda esclusivamente i procedimenti finalizzati alla scelta del socio di maggioranza e non può essere imposto come regola ai procedimenti ad evidenza pubblica concernenti l’individuazione del socio privato di minoranza. Il d.p.r.533 ha la sua ratio nell’esigenza di garantire la massima trasparenza ed imparzialità nell’individuazione del socio o dei soci privati i quali, nell’economia dei rapporti della costituenda società, sono chiamati ad assumere un ruolo gestionale di rilievo e quindi una posizione potiore all’interno dell’organo di amministrazione della società stessa. Lo stesso d.p.r. contiene, in proposito, norme volte ad assicurare all’Ente promotore una partecipazione azionaria minima di almeno un quinto (oltre la previsione di una quota riservata all’azionariato diffuso) e la presenza di almeno un componente negli organi societari, imponendo criteri di salvaguardia a garanzia del corretto svolgimento del servizio. Tali esigenze e garanzie si stemperano nel modello societario a maggioranza pubblica delineato dalla legge 142, la quale nulla stabilisce in proposito avendo gli Enti pubblici interessati dal vincolo societario il controllo della società stessa.

Da ciò si ha la conferma che se il procedimento ad evidenza pubblica delineato dal d.p.r. 533 del 1996 potrebbe anche fungere da modello per l’individuazione del socio di minoranza nelle società a partecipazione pubblica maggioritaria, la sua mancata utilizzazione non può concretare un vizio di legittimità del procedimento di selezione che non se ne fosse avvalso.




Materia: servizi pubblici / affidamento e modalità di gestione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA - I^ SEZIONE -

ha pronunciato la seguente:

 

SENTENZA

sul ricorso n.1459/99 proposto dalla Vivendi, società anonima di diritto francese, in persona del procuratore speciale Jacques Emile Georges Philippe, rappresentata e difesa dagli avv.ti Rino Gracili e Valerio Menaldi ed elettivamente domiciliata in Firenze, via dei Servi 38, presso lo studio degli stessi;

contro

- il Collegio di Vigilanza presso l’AATO n.4, in persona del legale rappresentante pro- tempore, non costituitosi in giudizio;

- gli Enti Comune di Castel S.Niccolo, Comune di Pratovecchio, Provincia di Arezzo, Comune di Bucine, Comune di Arezzo, Comune di Anghiari, Comune di Cortona, Comune di Monterchi, Comune di Foiano, Comune di Bibbiena, Comunità Montana Valtiberina, Comune di Stia, Comune di Lucignano, Comune di Castiglion Fibocchi, Comune di Sansepolcro, Comune di Laterina, Comune di Capolona, Comune di Montepulciano, Comune di Civitella, Comune di Chiusi, Comune di Torrita di Siena, Comune di Sinalunga, Comune di Monte San Savino, Comune di Chitignano, Comune di Sestino, Comune di Castel Focognano, Comune di Pergine Valdarno, Comune di Poppi, Comune di Subbiano, Comune di Chianciano Terme, Comune di Montemignaio, Comune di Badia Tedalda, Comune di Marciano di Chiana, Comune di Talla, Comune di Chiusi della Verna, Comunità Montana Casentino, Comune di Ortignano Raggiolo, Comune di Caprese Michelangelo e Cigaf sottoscrittori dell’accordo di programma del 10.7.1998, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro- tempore; fra essi costituitosi il comune di Arezzo, in persona del sindaco pro- tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Morbidelli, R.Ricciarini, Luca Capecchi e Stefano Pasquini ed elettivamente domiciliato in Firenze, via La Marmora n.14, presso lo studio del primo;

- gli altri Enti non costituitisi in giudizio;

- l’Autorità di Ambito Territoriale Ottimale Toscana 4 Alto Valdarno, in persona del legale rappresentante pro- tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Morbidelli, Luca Capecchi e Stefano Pasquini ed elettivamente domiciliata in Firenze, via La Marmora n.14, presso lo studio del primo;

- i sottoscrittori di una parte del capitale sociale della costituenda società di gestione che non hanno partecipato all’accordo di programma del 10.7.1998 e specificamente:

- Coingas, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;

- la Società Gestione Valdichiana, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;

 

e nei confronti

della Suez- Lyonaise des Eaux, della società AMGA s.p.a., del Consorzio Iride, del Monte dei Paschi di Siena, della  Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro- tempore, rappresentati e difesi dagli avv.ti Mario P. Chiti e A. Sciumè ed elettivamente domiciliati in Firenze, via Zara 7, presso lo studio degli stessi;

dell’Acea SpA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Achille Chiappetti ed elettivamente domiciliata in Firenze, via Masaccio, 172, presso lo studio dell’avv.G.Stancanelli;

 

per l'annullamento

previa sospensione, dell’accordo di programma siglato dagli Enti locali intimati il 10.7.1998; degli atti di gara e della commissione degli esperti incaricata dal collegio di vigilanza per la procedura di selezione di un socio di minoranza per la costituenda società mista di gestione del servizio idrico integrato dell’AATO n.4- Alto Valdarno; della delibera di approvazione, da parte del collegio stesso, della graduatoria finale della procedura di selezione del socio di minoranza per la costituenda società mista redatta dalla commissione degli esperti; della delibera dell’Assemblea degli enti sottoscrittori di approvazione finale della graduatoria e di aggiudicazione della gara; di tutti gli atti, non noti, della trattativa migliorativa svolta ai sensi del punto L del disciplinare di gara per la selezione del socio stesso; dell’atto costitutivo e dello statuto, non noti, della società mista di gestione del servizio di che trattasi; dell’eventuale affidamento della gestione del servizio idrico integrato da parte dell’AATO alla società di gestione; di ogni altro atto presupposto, antecedente, conseguente e comunque connesso.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle parti intimate come sopra indicate;

Viste le memorie presentate dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore alla pubblica udienza del 9 maggio 2000, il cons. Maurizio Nicolosi;

Uditi, altresì, per le parti l’avv. R. Gracili, l’avv. V.Menaldi, l’avv. G.Morbidelli, l’avv. L.Capecchi, l’avv. M.P.Chiti, l’avv. A.Sciummè e l’avv. A.Chiappetti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

FATTO

La regione Toscana, in attuazione della legge 5.1.1994 n.36, promulgava la legge 21.7.1995 n.81, delimitando i previsti ambiti territoriali ottimali- fra i quali quello n.4 dell’Alto Valdarno- per la gestione del servizio idrico integrato, costituito dall’insieme dei servizi di captazione, adduzione e distribuzione dell’acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue.

Ai sensi del disposto dell’art.4, comma due, della legge regionale, gli Enti ricadenti nell’ambito territoriale suddetto costituivano l’Autorità d’Ambito (un consorzio obbligatorio fra i Comuni dell’area ricadente nell’ambito territoriale). Questa, con delibera n.14 del 17.7.1997, in applicazione dell’art.7 della legge sceglieva come forma di gestione del servizio idrico integrato la società per azioni a prevalente capitale pubblico locale. A tal fine veniva sottoscritto il 10.7.1998 un accordo di programma fra i comuni dell’A.A.T.O. n.4 con il quale si stabiliva, tra l’altro, la costituzione di un collegio di vigilanza che si facesse carico dell’esecuzione delle obbligazioni contenute nell’accordo ed in particolare della predisposizione del bando (o disciplinare) di selezione per la scelta del socio privato di minoranza, da approvare successivamente dall’assemblea degli Enti locali sottoscrittori l’accordo in uno agli esiti della gara medesima..

Tale selezione veniva svolta da una commissione di esperti nominata dal collegio di vigilanza e ad essa partecipava, tra l’altro, la società Vivendi in qualità di capofila del raggruppamento costituito con le società Crea, Ismes, CTC, Cooplat, Ciet ed Ecosistema.

La gara veniva aggiudicata al raggruppamento facente capo alla società Suez- Lyonnaise des Eaux (d’ora in avanti Lyonnaisse, comprendente la società Amga, il Monte dei Paschi di Siena, la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio ed il consorzio Iride), che veniva così individuato come socio privato minoritario della società mista di gestione del servizio in questione.

Avverso gli atti del procedimento di selezione e gli altri indicati in epigrafe, la società ricorrente ha proposto il ricorso in esame, notificato tra il  25/26 maggio 1999 e depositato il 7 giugno seguente, chiedendo, previa la sospensione (la relativa istanza è stata respinta con ordinanza 333/99), l’annullamento degli atti impugnati, spese ed onorari vinti, per i seguenti motivi:

-quanto all’operato della Commissione:

1)In ordine all’applicazione dei criteri dalla stessa determinati: Eccesso di potere per difetto e/o insussistenza di motivazione- Violazione del disciplinare di gara- Violazione del giusto procedimento, sviamento di potere, violazione della par condicio, falsa e/o erronea rappresentazione dei fatti, illogicità manifesta, violazione del principio di imparzialità, contraddittorietà manifesta, difetto dei presupposti.

La commissione di esperti nominata dal collegio di vigilanza ha attribuito, in violazione dei criteri prefissati, il doppio del punteggio alla società Lyonnaise nella considerazione che avrebbe offerto di liberare le azioni relative all’aumento di capitale non appena richiesto, non considerando che la liberazione del capitale sociale costituirebbe, a termini di disciplinare, un impegno a carico del socio minoritario da assolvere immediatamente per il 46% del capitale iniziale della costituenda società mista ed entro un anno per il 46% dell’ulteriore sottoscrizione.

La stessa commissione, dimenticando tale valutazione illegittimamente premiale, avrebbe poi contraddittoriamente apprezzato, in riferimento al parametro E8, la proposta della Lyonnaise di distribuire tale versamento nell’arco di cinque anni, modificando “in parte qua” il contenuto della propria offerta, che così sarebbe stata premiata due volte. In realtà la dilazione nell’arco dei cinque anni dell’aumento di capitale rappresenterebbe una violazione del disciplinare di gara e quindi avrebbe dovuto portare all’esclusione dell’offerta della Lyonnaise.

Analogamente per il parametro E2, relativo alle esperienze di gestione dei servizi idrici pregresse, la commissione avrebbe introdotto criteri valutativi non omogenei rispetto a quanto stabilito nel disciplinare e nei criteri dalla stessa predeterminati e questo avrebbe portato all’attribuzione di un punteggio superiore alla Lyonnaise, pur presentando la ricorrente maggiori e più qualificate esperienze.

Per quanto riguarda il parametro E3 (gestione dei progetti di investimento), la commissione, ad offerta conosciuta, avrebbe stravolto il criterio annullandone l’incidenza e favorendo sensibilmente il raggruppamento selezionato.

In riferimento al parametro E5 (altre caratteristiche), vi sarebbe una palese violazione del disciplinare di gara in quanto la commissione ha dato rilievo al possesso di brevetti di cui il disciplinare non farebbe menzione, ponendo invece l’accento sul possesso delle certificazioni di qualità. In ogni caso la commissione avrebbe dato più punti alla Lyonnaise nonostante che la ricorrente possedesse maggiori elementi a suo favore.

Relativamente al parametro E7 (modifiche al piano d’ambito) ed al parametro E8 (migliorie al piano investimenti), la commissione avrebbe illogicamente operato un frazionamento valutativo alterando la par condicio dei concorrenti ed addivenendo alla scelta di un soggetto che potrebbe non avere presentato la migliore offerta.

Per quanto concerne, in particolare, il parametro E7, contrariamente a quanto chiarito in un’apposita riunione nella quale si invitavano i partecipanti a non modificare sensibilmente il piano predisposto dall’Amministrazione, potendo avere ciò un giudizio negativo da parte della commissione, sarebbe stata prescelta l’offerta della Lyonnaise che- contravvenendo all’invito- ha presentato un piano completamente variato, mentre sarebbero stati puniti gli altri partecipanti, come la ricorrente, che hanno lasciato invariato il piano. A ciò è da aggiungere che la commissione avrebbe trascurato l’elemento tariffario.

Con riguardo, poi, al parametro E8, la commissione, dopo la valutazione delle offerte, non avrebbe tenuto conto- contrariamente ai criteri prefissati- delle ripercussioni che le modifiche al piano apporterebbero sotto l’aspetto tariffario in termini di aggravio dei costi.

Inoltre, la partecipazione di istituti di credito nel raggruppamento vincente che avrebbero aperto una linea di finanziamento ai Comuni affinché gli stessi possano provvedere all’aumento di capitale della società, garantirebbe al raggruppamento stesso una posizione privilegiata e determinerebbe un’alterazione del confronto concorrenziale che dovrebbe portare all’esclusione dell’offerta del medesimo.

Anche in termini di ammortamento finanziario la commissione non si sarebbe ricordata che l’ammortamento sarebbe consentito solo per i beni gratuitamente devolvibili a norma dell’art.69 del TUIR. Lo schema di convenzione prevederebbe che i beni gratuitamente devolvibili siano quelli realizzati a spese dell’Autorità d’ambito e che invece le installazioni finanziate dal gestore siano oggetto di corresponsione di indennità ove non completamente ammortizzate.

Con riguardo al criterio E12 (modalità di finanziamento degli investimenti), la commissione avrebbe ampliato illegittimamente i parametri valutativi inserendo elementi non previsti dal bando. Inoltre avrebbe disatteso i criteri dalla stessa prefissati. Ciò avrebbe consentito l’attribuzione di sette punti in più al raggruppamento vincente.

In ogni caso la commissione avrebbe falsamente interpretato e rappresentato la realtà dell’offerta trascurando che la ricorrente ha proposto un tasso variabile non superiore a quella della Lyonnaise ed offerto condizioni migliori per il periodo di rimborso ed il capitale finanziato; che la linea di credito proposta dalla Lyonnaise sarebbe inammissibile in quanto condizionata ad un evento non certo (approvazione piano economico, statuto e patti parasociali presentati dal raggruppamento).

2) In ordine alla legittimità del potere di determinazione dei criteri.

Violazione e falsa applicazione del disciplinare- Violazione del giusto procedimento- Straripamento di potere- Sviamento di potere

La commissione, dopo avere conosciuto le offerte, avrebbe modificato i criteri determinando, in particolare, l’incidenza dei singoli parametri E1, E2, E3 ed E5 per il parametro H1; dei parametri E7 ed E8 per il parametro H2; fissato all’interno dei singoli criteri gli elementi di valutazione ed introdotto elementi non previsti dal disciplinare o in difformità dello stesso. Né la commissione né il collegio di vigilanza avrebbero potuto introdurre, all’interno dei singoli criteri, elementi di valutazione in violazione del disciplinare.

3)In ordine alla validità dei criteri fissati:

Difetto e/o carenza di motivazione; sviamento di potere; violazione e/o falsa applicazione del disciplinare di gara- Violazione del principio di imparzialità- Illogicità manifesta- Violazione della par condicio.

Non sarebbe supportata da alcuna motivazione, per il parametro E1, l’attribuzione alla Lyonnaise di un doppio punteggio sulla base della disponibilità a liberare “appena richiesto”, in luogo di “entro un anno”, le azioni.

Quanto al parametro E2, l’attribuzione di ben tre punti in più alla Lyonnaise rispetto alla ricorrente si fonderebbe su un’errata valutazione di un livello ottimale di integrazione fra le varie gestioni. Identiche anomalie sarebbero riscontrabili per gli altri criteri.

4)Violazione del principio di imparzialità, violazione del giusto procedimento, violazione del principio di par condicio.

La modifica della composizione della commissione, nel corso del procedimento, avrebbe inficiato l’intera procedura di gara sotto il profilo dell’imparzialità.

5)Illegittimità per violazione del giusto procedimento- Sviamento di potere.

L’intervento di consulenti esterni, in specie di quello che ha proceduto alla redazione delle tabelle di valutazione del livello di integrazione fra le varie fasi del servizio, comprenderebbe valutazioni di merito, di esclusiva spettanza della commissione, che avrebbero condizionato il giudizio della medesima.

6)Violazione e falsa applicazione del d.p.r. 16.9.1996 n.533; dell’art.87 del t.u.3.3.1934 n.383; del r.d. 23.5.1927 n.827- Violazione del giusto procedimento.

La procedura di gara sarebbe radicalmente viziata per la ragione che sarebbe al di fuori di un modello normativo di riferimento che ne disciplinasse il percorso più ottimale in relazione al risultato da conseguire. Tale modello sarebbe dato dalla procedura d’appalto concorso di cui al d.p.r. 533 del 1966 e quindi dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa prescelta sulla base di una licitazione con pubblicità a livello europeo. Ma nella specie non vi sarebbe stata alcuna pubblicazione a livello europeo e sarebbero stati violati tutti i principi afferenti all’offerta economicamente più vantaggiosa.

La necessità di un modello normativo coerente da seguire, deriverebbe dalla certezza dei comportamenti che devono essere previsti nell’ambito della procedura concorsuale di selezione.

7)Violazione del principio di riservatezza- Violazione del giusto procedimento- Violazione dell’art.22 della legge 109 del 1994 e successive modificazioni ed integrazioni.

La mancanza di un modello normativo di riferimento avrebbe comportato altre violazioni fra le quali quella della divulgazione dei nominativi dei soggetti partecipanti alla selezione in violazione dell’art.22 rubricato, che introdurrebbe un principio di carattere generale. Ciò avrebbe consentito ai concorrenti di conoscere in anticipo gli avversari ed alterato, pertanto, la regolarità della gara.

8)Violazione dei principi di trasparenza e pubblicità nelle procedure concorsuali.

Illegittimamente la commissione avrebbe proceduto in seduta segreta e non pubblica nella fase di preselezione, in cui si doveva procedere alla verifica della documentazione prodotta e non alla valutazione tecnica delle offerte.

9)Violazione e/o falsa applicazione del disciplinare di gara- Sviamento di potere.

La commissione avrebbe consentito illegittimamente, al raggruppamento risultato vincitore, di regolarizzare la documentazione relativa all’insussistenza di provvedimenti interdettivi di cui alla legge 575 del 1965, mentre avrebbe dovuto escluderlo non essendo consentito all’organo di gara di assumere, sul punto, decisioni autonome rispetto alle prescrizioni degli atti di gara.

10)Violazione e/o falsa applicazione degli artt.22,terzo comma, lett.e, e 23 della legge 142 del 1990- Violazione dei principi comunitari in materia di concorrenza.

La partecipazione nel raggruppamento Lyonnaise dell’AMGA, già azienda speciale del comune di Genova, sarebbe in violazione dei principi rubricati che non consentirebbero il conferimento diretto di un servizio pubblico extraterritoriale ad aziende speciali trasformatesi in società a capitale misto.

Quanto alla fase anteriore della procedura concorsuale.

11)Carenza di potere, violazione e/o falsa applicazione della legge 36 del 1994 e delle leggi regionali di recepimento (l.r. 81 del 1995);Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 27 della legge 142 del 1990; straripamento di potere.

Sarebbe spettato al Consorzio organizzare e promuovere la costituzione del soggetto gestore. Da ciò la conseguenza che l’intero procedimento sarebbe inficiato in quanto promosso da soggetti (gli Enti locali) privi di competenza.

12)Violazione e/o falsa applicazione della legge 36 del 1994; Violazione e/o falsa applicazione dell’art.12 della legge 498 del 1992.

Il procedimento di costituzione della società mista sarebbe inficiato dal concorso, nell’accordo di programma, di soggetti che non sono Enti locali. Infatti, il compito di riorganizzare su vasta area il servizio idrico integrato sarebbe attribuito dalla legge esclusivamente agli Enti territoriali interessati, quali soggetti pubblici a rilevanza costituzionale investiti della rappresentanza degli interessi delle rispettive collettività.

La presenza di soggetti diversi da quelli istituzionali avrebbe, tra l’altro, consentito una duplicazione di potere deliberativo in capo ad alcuni soggetti in quanto i comuni facenti parte del CIGAF come del COINGAS o delle Comunità montane avrebbero potuto votare due volte: direttamente e tramite le loro aziende speciali o le Comunità stesse.

Soggetti estranei finirebbero, inoltre, per condizionare la decisione finale, imponendo la loro partecipazione alla società che dovrà gestire un servizio idrico nella stessa area in cui opera l’azienda che partecipa alla società stessa.

Dovrebbe, inoltre, concludersi, ove non dovesse trovare consenso il vizio sull’assenza di modello normativo di riferimento, che sarebbe censurabile la scelta dell’accordo di programma ai sensi dell’art.12 della legge 498 che attiene alla società mista a prevalente capitale privato.

13)Violazione di legge e/o falsa applicazione dell’art.27 della legge 142 del 1990.

Il collegio di vigilanza avrebbe svolto funzioni piene in sostituzione degli Enti interessati e compiti esorbitanti rispetto a quelli allo stesso assegnati.

Si sono costituiti il raggruppamento controinteressato, individuato come socio di minoranza, e l’AATO, con il patrocinio degli avvocati in epigrafe indicati, eccependo la tardività del ricorso e sostenendo nel merito la sua infondatezza e concludendo per il suo rigetto, con salvezza di spese ed onorari.

Si sono altresì costituiti l’AMGA, il Monte dei Paschi di Siena e la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio con il patrocinio degli avv.ti Sciummè e Chiti, chiedendo il rigetto del ricorso. Uguali conclusioni sono state formulate dall’avv. Chiappetti costituitosi per la Società Acea.

E’ stata, altresì, depositata una memoria dal comune di Arezzo, costituitosi a mezzo dei difensori in epigrafe indicati, che hanno svolto eccezioni ed argomentazioni identiche a quelle contenute nelle memorie dell’AATO.

Ulteriori scritti difensivi sono stati depositati dalla difesa della ricorrente e dell’AATO.

All’udienza pubblica del 9 maggio 2000 le parti hanno ulteriormente illustrato le contrapposte tesi ed il ricorso è stato trattenuto in decisione.

 

DIRITTO

1) La controversia introdotta con il ricorso di cui in epigrafe investe diverse questioni che attengono, in parte, a talune delicate problematiche derivanti dall’applicazione in Toscana della normativa statale e regionale emanata in materia di risorse idriche (legge 5.1.1994 n.36 e l.r. di attuazione 21.7.1995 n.81, nonché l.r.4.4.1997 n.26); in parte, al procedimento di selezione del socio privato di minoranza promosso dai comuni facenti parte dell’AATO n.4- Alto Valdarno per la costituenda società mista di gestione del servizio idrico integrato nell’AATO medesima.

Ritiene il Collegio che una rapida ricostruzione del quadro normativo, che fa da sfondo giuridico alla complessa vicenda contenziosa, sia utile alla comprensione e soluzione delle delicate questioni su cui il Tribunale è chiamato a pronunciarsi.

La legge 36 del 1994 ha voluto ricondurre ad una disciplina globale ed unitaria la tutela e l’uso delle risorse idriche comprese nel territorio nella considerazione che “tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà” (art.1). Il concetto di solidarietà trova puntuale richiamo (insieme ad altri principi) nel capo primo, laddove al comma secondo dell’art.1 si afferma che “qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future”.

La legge introduce, in proposito, per la prima volta il concetto di servizio idrico integrato costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue, delineando una nuova metodologia di gestione strettamente collegata ad una nuova organizzazione territoriale denominata “ambito territoriale ottimale” da individuare e delimitare dalle Regioni con apposita legge sulla base dei criteri fissati dall’art.8 comma primo. L’art.9 della legge stabilisce, in proposito, che per ogni ambito territoriale ottimale delimitato, i Comuni e le Province ricadenti al suo interno organizzino il servizio idrico integrato provvedendo alla sua gestione mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 142 del 1990. E’ previsto che i rapporti fra gli Enti locali ed il gestore siano regolati da un’apposita convenzione e dal relativo disciplinare, secondo il modello tipo adottato da ogni Regione (art.11). Fino all’organizzazione del servizio idrico integrato le aziende speciali, gli enti ed i consorzi pubblici esercenti i servizi idrici, ove non sia deliberato lo scioglimento, confluiscono nel soggetto gestore secondo le modalità e le forme stabilite nella convenzione ed il nuovo gestore subentra agli enti preesistenti nei termini e con le modalità stabilite nella convenzione e nel relativo disciplinare; mentre le società e le imprese consortili, concessionarie dei servizi alla data di entrata in vigore della legge, mantengono la gestione fino alla scadenza della relativa concessione (art.10).

La regione Toscana, in attuazione della legge 36/1994, ha promulgato la legge 81/1995 che, all’art.2, ha delimitato gli ambiti territoriali ottimali, disponendo, all’art.4, che le Province ed i Comuni di ciascun ambito, con l’approvazione della maggioranza assoluta dei componenti dei rispettivi consigli di uno statuto predisposto secondo la disciplina indicata nella legge medesima, organizzino il servizio integrato mediante la costituzione di un consorzio obbligatorio denominato Autorità d’ambito. Il medesimo articolo 4 stabilisce che a curare gli adempimenti per la costituzione dell’AATO sia il Comune che, in ciascun ambito territoriale ottimale, ha il maggior numero di abitanti. Il successivo articolo 7 indica le funzioni che devono essere svolte dall’Autorità d’ambito (programmazione, organizzazione e controllo sull’attività di gestione del servizio idrico integrato), specificando che nelle funzioni è esclusa ogni attività attinente alla gestione del servizio, mentre sono comprese, tra l’altro, quelle relative alla scelta della forma di gestione del servizio ed all’affidamento del servizio stesso.

La successiva legge regionale 26 del 1997 completa il quadro normativo, dettando le norme di indirizzo per l’organizzazione del servizio idrico integrato, nonché allegando la convenzione tipo ed il relativo disciplinare di cui all’art.11 della legge statale.

Ricostruita sommariamente, nelle parti salienti per la decisione della causa, la normativa di presidio, va precisato- per quel che qui interessa- che  l’AATO n. 4 si è insediato il 14.3.1996 e l’assemblea dello stesso consorzio, con delibera n.14 del 17.7.1997, ha scelto quale forma di gestione del servizio idrico integrato la società per azioni a prevalente capitale pubblico locale di cui all’art.22, comma 3, lett.e) della legge 142 del 1990.

Con un accordo di programma sottoscritto il 10.11.1998 gli Enti ricompresi nell’ambito territoriale ottimale hanno, tra l’altro, nominato un collegio di vigilanza al quale è stato affidato il compito di elaborare le proposte necessarie e di coordinare le varie fasi del procedimento costitutivo della società ed anche di predisporre il bando e le procedure di gara (artt.7, 8 e 9). Nell’accordo è stato stabilito, inoltre, che dopo il provvedimento di aggiudicazione l’assemblea dei Comuni e degli Enti locali sottoscrittori dovrà essere convocata per l’approvazione del testo definitivo dell’atto costitutivo, dello statuto, nonché della scelta del socio privato (art.10) e che i consigli comunali dovranno approvare la partecipazione alla società per azioni, con l’atto costitutivo, lo statuto ed il socio privato già approvati dall’assemblea (art.11).

2) Sulla base di tali premesse il Collegio può ora affrontare, procedendo secondo un ordine logico, le diverse questioni sollevate, iniziando subito dalle eccezioni frapposte dalle resistenti Amministrazioni.

2.1. Una prima eccezione riguarda la tempestività dell’impugnazione della società Vivendi. Si sostiene che la conferenza dei Comuni e degli Enti sottoscrittori l’accordo di programma hanno approvato gli atti della gara e l’aggiudicazione al raggruppamento Lyonnaise nella riunione tenutasi il 26 gennaio 1999 e la determinazione relativa è stata assunta con decreto 9.9.1999 del sindaco di Arezzo, pubblicato sul B.U.R.T. del 10.3.1999 unitamente al testo dell’accordo di programma.

L’eccezione è priva di pregio. Secondo il consolidato orientamento seguito dalla giurisprudenza amministrativa, specialmente dopo l’entrata in vigore della legge 241 del 1990, le imprese che partecipano ad una procedura concorsuale sono destinatarie del provvedimento terminale della procedura stessa e pertanto ad esse deve essere notificato il provvedimento conclusivo non essendo sufficiente la pubblicazione nelle forme previste dalla legge o dai regolamenti vigenti. Ne consegue che, in difetto di notifica, può assumere rilievo ai fini della tempestività dell’impugnazione la data di piena conoscenza degli atti che l’impresa interessata abbia diversamente acquisito. L’onere di dimostrare che tale data sia anteriore ai sessanta giorni del termine di decadenza, è posto a carico di chi eccepisce la tardività del ricorso che nulla hanno provato sul punto.

2.2. Dalle resistenti viene dedotta altra eccezione di tardività in ordine all’impugnativa (ed ai vizi) del disciplinare. Anche tale censura è priva di pregio in quanto l’impugnativa non riguarda i requisiti di partecipazione alla selezione (la Vivendi ne era in possesso ed ha, infatti, partecipato alla selezione collocandosi al secondo posto), bensì taluni particolari criteri di valutazione contenuti nel disciplinare di gara che hanno richiesto necessariamente l’intervento della commissione di gara. La commissione, attraverso anche l’attività integrativa ad essa demandata, ha manifestato un proprio apprezzamento tecnico discrezionale ed un consequenziale giudizio finale il quale, seppure è sintesi dell’applicazione dei criteri del disciplinare, è momento determinativo dell’applicazione del criterio stesso e quindi della sua lesività. Donde, l’onere dell’impugnazione del disciplinare in uno con l’atto conclusivo del procedimento di gara.

Analoghe considerazioni e conclusioni vanno espresse nei confronti dell’eccezione opposta ai motivi di legittimità (undicesimo, dodicesimo e tredicesimo) collegati all’impugnazione degli atti precedenti alla gara.

2.3. Per quanto concerne l’inammissibilità relativa ai motivi che tendono a censurare il merito, la genericità dell’eccezione -non collegata ad alcuna specifica censura- ne richiede la valutazione in prosieguo laddove dovessero emergere profili di censura di tale natura.

 3) Superate le eccezioni delle resistenti, possono essere esaminate le questioni di merito della causa che il Collegio ritiene utile suddividere in due categorie in relazione ai provvedimenti che involgono.

La prima categoria che va esaminata con precedenza, per un evidente criterio di priorità logica, riguarda i vizi che si appuntano nei confronti degli atti “a monte” del procedimento di selezione; la seconda, i vizi riguardanti il procedimento suddetto.

4) Appartengono alla prima categoria i motivi sesto, settimo, decimo, undicesimo e dodicesimo.

4.1 Prioritario è, ad avviso del Collegio, il decimo (rectius undicesimo) motivo (collegato trasversalmente all’impugnativa dell’accordo di programma, degli atti del collegio di vigilanza e di approvazione e aggiudicazione della gara), nel quale viene dedotto- nell’enunciazione dei vari profili che vanno dalla violazione di legge alla carenza di potere- quello che sostanzialmente può definirsi un vizio di incompetenza con riguardo specialmente al procedimento di scelta del partner privato della società di gestione del servizio idrico integrato.

Muovendo da un’ampia ricostruzione ed analisi della legge 36 del 1994 e della l.r. 81 del 1995, parte ricorrente sostiene, innanzi tutto, che “tutti i processi inerenti il servizio idrico, siano essi decisionali oppure operativi, devono essere caratterizzati dal criterio dell’unitarietà”. Muovendo da tale enunciato, la stessa ricorrente rileva che nella legge Galli non sia chiaro se una volta costituita fra gli enti interessati la forma di cooperazione, questa sia poi legittimata a porre in essere tutti gli atti necessari per la costituzione del soggetto gestore. La stessa legge regionale che ha individuato come forma di cooperazione il Consorzio obbligatorio, presenterebbe alcune previsioni non chiare che darebbero luogo a diverse interpretazioni specie sulla questione della possibilità o meno che l’Ente consorzio, costituito come Autorità d’ambito, possa svolgere attività attinente alla gestione del servizio ed in particolare possa o meno promuovere la costituzione della società di gestione.

Secondo la ricorrente, che in proposito svolge un’articolata disamina sulla natura del Consorzio, nella nuova configurazione normativa seguita all’entrata in vigore della legge 142 del 1990, l’Autorità d’ambito, creata per ciascun ambito territoriale ottimale, avrebbe il compito di svolgere in modo coordinato tutte le funzioni degli Enti locali nel settore del servizio idrico integrato e, pertanto, non sarebbe coerente una soluzione di continuità nell’esercizio delle funzioni che attengono più specificamente alla costituzione del soggetto gestore. Diversamente, si avrebbe un sistema organizzativo irrazionale in cui parte rilevante delle funzioni (appunto quelle relative alla creazione del soggetto gestore) rimarrebbero agli Enti locali nonostante che questi, secondo la legge, siano privati di ogni competenza all’atto di costituzione del consorzio.

Le conclusioni della ricorrente sono nel senso che spetterebbe al Consorzio organizzare e promuovere la costituzione del soggetto gestore e che, pertanto, l’intero procedimento sarebbe inficiato perché promosso da soggetti che non avrebbero alcuna competenza.

Il Collegio, pur apprezzando la pregevolezza delle argomentazioni esposte, non ritiene di potere condividere tale conclusione.

 La legge 36 del 1994 ha voluto chiaramente imporre per i servizi idrici integrati (come definiti dalla lettera f) del comma uno dell’art.4) una nuova organizzazione territoriale definita “ambito territoriale ottimale” da costituire secondo i criteri indicati nel comma uno dell’art.8, prescindendo dalla delimitazione (ex ante) del territorio degli Enti locali coinvolti. La delimitazione di tale nuova organizzazione è stata affidata alle Regioni (secondo comma stesso articolo) senza altri vincoli se non quelli del rispetto dei criteri summenzionati, mentre ai Comuni ed alle Province di ciascun ambito (art.9) sono stati affidati due distinti compiti: quello di organizzare il servizio idrico integrato allo scopo di garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità (con chiaro richiamo ai principi già contenuti nella legge 241 del 1990) e quello di provvedere alla gestione del servizio stesso mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 142 del 1990, come integrata dall’art.12 della legge 498 del 1992.

La regione Toscana, in attuazione del disposto del secondo comma dell’art.8 della legge 36 del 1194, ma anche nell’esercizio delle attribuzioni che gli derivano dall’art.117 della Costituzione, ha inteso disciplinare- in relazione al primo dei compiti affidati agli Enti locali- il percorso procedimentale e la forma organizzativa del servizio idrico integrato, collegando quest’ultima  al modello dato dal nuovo ambito territoriale ottimale, in maniera da costituire una nuova entità giuridica denominata Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale (appunto A.A.T.O.) alla quale unitariamente affidare l’organizzazione del servizio stesso. L’art.7 della l.r. stabilisce che tale Ente, costituito come consorzio obbligatorio e dotato di personalità giuridica pubblica, svolge (ovviamente in luogo degli Enti consorziati) funzioni amministrative di programmazione, organizzazione e controllo sull’attività di gestione del servizio idrico integrato con esclusione di ogni attività di gestione diretta, restando questa propria degli Enti titolari del servizio seppure nelle varie forme di gestione esistenti alla data di costituzione dell’AATO. E la scelta della forma di gestione del servizio, come pure l’affidamento del servizio, sono decisioni da assumere nell’ambito di funzioni prettamente programmatorie ed organizzatorie.

 Il disposto della legge regionale è coerente, sul punto, con il comma due dell’art.9 della legge nazionale, il quale mantiene ai Comuni ed alle Province il compito di provvedere alla gestione del servizio idrico integrato mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 142 alle quali gli enti stessi devono provvedere. Ne consegue, che in base al combinato delle due norme devono essere gli Enti locali e non l’AATO a predisporre tutte le procedure per la costituzione della forma di gestione, successivamente alla scelta della forma di gestione stabilita dall’AATO medesima, non potendo essere scisso il momento costitutivo della forma di gestione scelta (nella specie la società per azioni) da quello prodromico alla stessa costituzione dato dalla procedura concorsuale da indire per l’individuazione del socio privato di minoranza.

L’assetto dato -sul piano organizzativo e gestionale- dalla legge 81 del 1995 appare al Collegio rispettoso della ratio della legge 36 del 1994. Ed invero, la scelta del consorzio obbligatorio quale forma associata per l’organizzazione del servizio idrico integrato nei nuovi ambiti territoriali ottimali, trova ispirazione ed avallo nell’art.9 della legge 36 che in parte qua richiama la legge 142 del 1990. Com’è noto l’art.25, comma sette, della legge prevede che “in caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l’esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali”. Del resto, l’ampiezza dell’ambito territoriale di riferimento, coinvolgente diverse decine di Enti territoriali, tutti titolari dei servizi pubblici in questione, imponeva necessariamente la scelta di un soggetto giuridico originato dal consenso degli enti interessati, che assumesse interamente ed unitariamente le funzioni amministrative concernenti l’organizzazione del servizio idrico integrato.

Trattandosi di esercizio di funzioni prettamente amministrative nell’ambito dell’organizzazione del servizio pubblico integrato di un determinato ambito territoriale, l’accostamento alla figura ed alle finalità dell’Autorità di regolazione dei servizi pubblici di cui alla legge 14.11.1995 n.481- su cui si sono soffermati gli scritti difensivi delle parti costituite- è del tutto fuori luogo.

Sulla base delle considerazioni che precedono, concludendo sulla questione data, il motivo è infondato.

4.2 Il secondo motivo che va esaminato seguendo l’anzidetto criterio di priorità è l’undicesimo (rectius dodicesimo) nella parte in cui si sostiene che illegittimamente avrebbero fatto parte degli Enti sottoscrittori dell’accordo di programma soggetti diversi dalle Province e dai Comuni, ai quali spetterebbe in via esclusiva la rappresentanza degli interessi delle rispettive collettività.

Anche tale motivo è infondato.

Innanzi tutto va rilevato che le Comunità Montane, secondo una consolidata dottrina e giurisprudenza, sono annoverate fra gli Enti locali.

Occorre, poi, evidenziare che nell’ambito del procedimento che deve portare alla costituzione del soggetto gestore del servizio pubblico integrato, l’accordo di programma è servito agli Enti per assumere- reciprocamente- l’impegno di costituire la società per azioni di gestione del servizio medesimo, stabilendone tra l’altro il capitale sociale e la sua ripartizione. Nella ripartizione della percentuale di azioni gli Enti locali hanno convenuto che una minima parte del capitale sociale (il 3%) fosse attribuito anche alle Aziende pubbliche locali esistenti ed alle Comunità Montane. Il perfezionamento di tale accordo richiedeva, pertanto, al fine di rendere effettivo l’impegno dell’acquisto delle relative azioni, l’assenso degli enti suddetti manifestato con la contestuale sottoscrizione dell’accordo medesimo. Diversamente, per la percentuale di capitale da attribuire ai sunnominati soggetti, l’accordo sarebbe rimasto una dichiarazione di intenti priva di alcun valore giuridico. E’ poi connaturale agli impegni (ed alle correlate facoltà) assunti nell’accordo la previsione che gli Enti sottoscrittori manifestassero il loro assenso in ordine alle determinazioni riguardanti strettamente le procedure attraverso le quali pervenire alla scelta del socio privato di minoranza (come quelle contenute nell’ultimo comma dell’art.7 e nel secondo comma dell’art.9).

4.3 Altro motivo, riguardante gli atti a monte del procedimento, da esaminare è quello dedotto nel sesto mezzo di gravame, nel quale la ricorrente si duole che la procedura concorsuale, cui la stessa ha partecipato, sia stata impostata prescindendo da modelli concorsuali di riferimento.

In sostanza, parte ricorrente sostiene che la procedura di selezione doveva essere disciplinata da un modello normativo di riferimento, quale il d.p.r.533 del 1996 previsto per la scelta del partner privato di maggioranza, che individua nella procedura concorsuale ristretta assimilata all’appalto concorso di cui al dec. leg.vo 17.3.1995 n. 157 il sistema di scelta da seguire, con le inevitabili conseguenza sul piano del rispetto delle norme sulla pubblicità per le gare di rilevanza comunitaria.

Anche tale motivo va disatteso.

 Innanzi tutto va rimarcato che una procedura di selezione ad evidenza pubblica è stata, comunque, garantita per la scelta del socio privato di minoranza. Che tale procedura dovesse essere di rilievo comunitario è da escludere per la ragione che la scelta del socio privato di una costituenda società a partecipazione pubblica non rientra in alcuna delle tipologie di procedimento ad evidenza pubblica soggette alla disciplina comunitaria. Vero è che la scelta è funzionale all’affidamento diretto di un servizio pubblico, ma i parametri economici della selezione promossa nel caso in specie escludono un qualche collegamento alla normativa comunitaria, trattandosi di impegnare un capitale iniziale ben al di sotto della soglia di rilievo CEE. L’aumento di capitale azionario programmato negli atti della selezione riguarda il raggiungimento dell’assetto patrimoniale ritenuto ottimale per l’avvio della gestione del servizio idrico integrato e, quindi, il relativo importo che i vari soci (pubblici e privati) sono chiamati ad accollarsi, non costituisce l’equivalente economico della gestione del servizio medesimo.

Tanto precisato- ed esaminando la questione attinente al c.d. modello normativo di riferimento della gara-, va osservato che il d.p.r. 533 del 1996 riguarda esclusivamente i procedimenti finalizzati alla scelta del socio di maggioranza e non può essere imposto come regola ai procedimenti ad evidenza pubblica concernenti l’individuazione del socio privato di minoranza. Il d.p.r.533 ha la sua ratio nell’esigenza di garantire la massima trasparenza ed imparzialità nell’individuazione del socio o dei soci privati i quali, nell’economia dei rapporti della costituenda società, sono chiamati ad assumere un ruolo gestionale di rilievo e quindi una posizione potiore all’interno dell’organo di amministrazione della società stessa. Lo stesso d.p.r. contiene, in proposito, norme volte ad assicurare all’Ente promotore una partecipazione azionaria minima di almeno un quinto (oltre la previsione di una quota riservata all’azionariato diffuso) e la presenza di almeno un componente negli organi societari, imponendo criteri di salvaguardia a garanzia del corretto svolgimento del servizio. Tali esigenze e garanzie si stemperano nel modello societario a maggioranza pubblica delineato dalla legge 142, la quale nulla stabilisce in proposito avendo gli Enti pubblici interessati dal vincolo societario il controllo della società stessa.

Da ciò si ha la conferma che se il procedimento ad evidenza pubblica delineato dal d.p.r. 533 del 1996 potrebbe anche fungere da modello per l’individuazione del socio di minoranza nelle società a partecipazione pubblica maggioritaria, la sua mancata utilizzazione non può concretare un vizio di legittimità del procedimento di selezione che non se ne fosse avvalso.

La questione, allora, va impostata e risolta nel senso di stabilire se, in assenza di una disposizione normativa specifica, regolatrice della procedura di che trattasi, residuino o meno ambiti di discrezionalità nell’Amministrazione procedente, nell’individuazione del modello di procedura concorsuale ritenuto più confacente alla situazione concreta, seguendo gli schemi dei modelli concorsuali che la legge disciplina in via generale.

Il Collegio ritiene di potere dare una risposta positiva in proposito, rilevando che in ogni caso il bando o disciplinare di gara, purché modellato sui principi base necessari a garantire lo svolgimento di un effettivo e corretto procedimento di selezione ad evidenza pubblica, costituisca esso stesso valida disciplina di gara alla quale l’Amministrazione è autovincolata. La decisione della quinta sezione del Consiglio di Stato (n.192 del 19.2.l998) richiama in proposito come modello la procedura per pubblico incanto che sostanzialmente è stata seguita nel caso di specie, nel quale è mancata una vera (autonoma) fase di preselezione dei partecipanti. Vero è che i criteri fissati nel disciplinare si avvicinano all’appalto concorso, laddove consente la presentazione di proposte migliorative e prevede la selezione basata su parametri di valutazione demandati all’apprezzamento di un’apposita commissione, ma tale commistione è più apparente che reale in quanto le procedure che si richiamano ai modelli comunitari prevedono anche all’interno delle cosiddette procedure aperte il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa che evoca fortemente le modalità di valutazione seguite nell’appalto concorso tradizionalmente inteso (si veda lo stesso dec. leg.vo 157 del 1995 richiamato dalla società ricorrente).

Anche in ordine, in particolare, ai termini ed ai parametri di valutazione, la procedura seguita dagli enti appartenenti all’AATO si dimostra sostanzialmente corretta. Ed infatti, quanto al primo, le imprese interessate hanno avuto a disposizione un termine di oltre quaranta giorni dalla pubblicazione dell’estratto del bando sulla G.U. (si tratta di un termine abbastanza vicino al termine più ampio fissato dall’art.9 del cit. dec. leg.vo157 cit. per i pubblici incanti e superiore al termine ridotto fissato al secondo comma dello stesso articolo); quanto ai secondi, occorre osservare che l’elemento prezzo (o la tariffa) non deve necessariamente essere per importanza il primo elemento. Tanto per citare le disposizioni normative ritenute di riferimento, l’art.23 del decr. 157 del 1995 stabilisce che “nel caso di aggiudicazione ai sensi del comma 1, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici devono menzionare, nel capitolato d’oneri o nel bando di gara, i criteri di aggiudicazione di cui si prevede l'applicazione, possibilmente nell'ordine decrescente d’importanza; il d.p.r. 533 del 1996, invece, evidenzia l’importanza del piano economico-finanziario esteso all’intero arco temporale indicato nel bando: ossia un elemento che nella selezione di che trattasi ha svolto un ruolo rilevante in relazione specialmente ai parametri di selezione E7, E8 ed E12 ed ai correlati parametri di valutazione H2 ed H3.

4.4 L’infondatezza del motivo impone al Collegio di esaminare la subordinata censura contenuta nel dodicesimo motivo, con la quale si sostiene che sarebbe impropria la scelta dell’accordo di programma ai sensi dell’art.12 della legge 498 del 1992 (lett.f. della premessa dell’accordo).

La censura è priva di pregio per la ragione che l’accordo di programma cui fa cenno l’art.12  è uno strumento convenzionale che può essere utilizzato dagli Enti per la costituzione di società a partecipazione pubblica (maggioritaria o minoritaria) indipendentemente dal modello normativo che disciplina il procedimento di selezione del socio privato. In tal senso, il disposto dell’art.12 è da considerare una particolare applicazione dello strumento convenzionale già previsto dall’art.24 della legge 142 del 1990.

4.5 Ulteriore censura appartenente alla prima categoria è quella contenuta nel settimo motivo, nel quale si lamenta la violazione dell’art.22 della legge 109 del 1994. Tale norma vieta di rendere pubblico l’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte nei pubblici incanti prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; come pure l’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta o che hanno segnalato il proprio interesse nei casi di licitazione, appalto concorso o di gara informale che precede la trattativa privata, prima della comunicazione ufficiale da parte del soggetto appaltante o concedente dei candidati da invitare o del soggetto individuato per l’affidamento a trattativa privata.

Le Amministrazioni resistenti sostengono che l’art.22 citato introduca una deroga al principio di informazione che caratterizza il procedimento amministrativo e che di conseguenza non può trovare applicazione al di fuori dei casi previsti dallo stesso.

Il motivo, dunque, impone al Collegio di farsi carico di asseverare se quella contenuto nell’art.22 sia una deroga al principio generale di informazione o costituisca, invece, esso stesso un principio di valenza generale nell’ambito dell’ampio settore degli appalti pubblici in modo che la deroga, se di deroga può parlarsi in riferimento alla legge 241 del 1990, possa ritenersi estesa all’intero settore di che trattasi.

Muovendo dal concetto di deroga, il Collegio osserva innanzi tutto che la stessa legge 241 del 1990 contiene una disposizione che pone un limite al “diritto” dell’informazione. Si tratta dell’art.24, che oltre ai casi di esclusione del diritto di accesso, al comma sei consente alle Amministrazioni di differire l’accesso ai documenti sino a quando la conoscenza di essi possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell’azione amministrativa. Il differimento comporta che l’atto possa essere conosciuto in un momento successivo, coincidente, il più delle volte, con quello in cui il procedimento od una sua autonoma fase si sia concluso.

L’istituto del differimento dell’accesso di cui all’art.24 cit. ha una ratio comune alla disposizione contenuta nell’art.22 della legge quadro n.109 del 1994, nella quale è rinvenibile la medesima cautela rivolta alla tutela, in particolare, del principio del buon andamento e dell’imparzialità dell’attività amministrativa. Si tratta di limitazioni al diritto di conoscenza e di informazione che si estendono alla partecipazione al procedimento tutte le volte in cui la partecipazione costituisca- in un dato momento del procedimento- fattore di interferenza sulla regolarità del procedimento medesimo. E’ quel che può accadere nei procedimenti di appalto, in cui la partecipazione alla fase prodromica alla presentazione delle offerte potrebbe interferire con il principio della par condicio e della trasparenza, nonché con il peculiare principio della segretezza che è funzionale ai due principi già richiamati.

Ora, è notorio che i principi della par condicio, della trasparenza e della segretezza sono comuni a tutti i procedimenti ad evidenza pubblica che presiedono all’attività contrattuale (attiva e passiva) della Pubblica Amministrazione e se ciò è incontestato non è possibile distinguere all’interno dei procedimenti stessi ipotesi di deroga che siano in contraddizione con i principi medesimi. L’art.22 della legge 109 del 1994 non può che essere interpretato, in proposito, come regola generale valevole per tutti i procedimenti di gara, indipendentemente dalla circostanza che tale legge quadro disciplini, in particolare, il settore dei lavori pubblici. Ne consegue, che il suo disposto andava osservato nel procedimento di selezione di che trattasi con il consequenziale divieto di rendere noti i soggetti che avevano fatto richiesta o che avevano segnalato il proprio interesse alla selezione. Ciò, però, non è avvenuto.

In occasione della risposta ai vari chiarimenti chiesti dalle imprese che avevano manifestato il proprio interesse alla selezione, l’AATO ha inviato il 13.11.1998 due note contenenti i nominativi e gli indirizzi delle imprese destinatarie, consentendo in tal modo alle stesse di conoscere i potenziali (reciproci) concorrenti. Non si censura il metodo (rispettoso della par condicio) del chiarimento esteso a tutti i soggetti potenzialmente interessati, indipendentemente dalla provenienza del quesito, bensì la forma (di circolare) seguita in difformità da quanto correttamente era avvenuto in precedenza (si veda le note dell’11.11.1998 in cui non compaiono i nomi e gli indirizzi delle imprese).

La divulgazione dei dati identificativi delle imprese interessate alla selezione, in violazione del divieto contenuto nell’art.22 della legge 109 del 1994, costituisce un vizio dell’intera procedura incidente sul buon andamento, sull’imparzialità e sulla segretezza del procedimento di selezione di che trattasi, il quale inficia insanabilmente la procedura medesima.

La fondatezza del motivo in esame è tale da comportare il travolgimento di tutti gli atti del procedimento di selezione e quindi renderebbe non utile, all’economia di giudizio, la trattazione delle altre doglianze, dovendosi procedere alla rinnovazione del procedimento medesimo. Tuttavia, ragioni di completezza del giudizio suggeriscono al Collegio di esaminare esaustivamente gli altri motivi dedotti che, insieme a quelli già analizzati, danno corpo al thema decidendum contenuto nell’atto introduttivo del giudizio

4.6 L’ultima censura riguardante la prima categoria attiene al dodicesimo (rectius tredicesimo) motivo in cui si sostiene che il collegio di vigilanza costituito in forza dell’accordo di programma avrebbe sostituito gli Enti interessati andando oltre i compiti allo stesso assegnati dai soggetti sottoscrittori l’accordo stesso.

Il motivo è inconsistente.

Nell’accordo di programma gli Enti hanno conferito al predetto collegio piena delega in ordine all’elaborazione di una proposta di atto costitutivo e di statuto della società per azioni da presentare all’assemblea dei rappresentanti dei Comuni e degli Enti sottoscrittori, nonché in ordine all’elaborazione del bando e delle procedure di gara oltre che all’espletamento della gara stessa, stabilendo di procedere successivamente all’approvazione delle determinazioni conclusive.

5) Esaurite le censure sollevate sugli atti a monte del procedimento di gara, vanno ora esaminate quelle della seconda categoria, riguardanti il procedimento di selezione vero e proprio.

Anche per esse verrà seguito un ordine logico di trattazione che non coincide con quello seguito nell’atto introduttivo.

5.1 Prioritario è, ad avviso del Collegio, l’ottavo motivo in cui si deduce che la commissione abbia proceduto in seduta riservata anche all’esame della regolarità dei documenti attinenti alla preselezione e quindi al possesso di tutti i requisiti di partecipazione e di ammissione alla gara, impedendo la partecipazione alle relative operazioni dei rappresentanti delle imprese concorrenti che avevano l’interesse a verificare la regolarità delle verifiche di competenza della commissione stessa.

La censura è meritevole di considerazione.

La procedura di selezione di che trattasi aveva richiesto- oltre ai normali requisiti di ammissione alle gare (come l’inesistenza di cause di esclusione)- il possesso di requisiti professionali particolarmente severi che, in assenza di una precedente ed autonoma fase di preselezione, dovevano essere valutati dalla commissione di gara. Il principio di pubblicità che regola, in generale, lo svolgimento delle gare di appalto, impone che per le relative operazioni (ad eccezione di quelle per le quali occorre procedere alla valutazione tecnica del progetto- offerta, come nell’appalto concorso) la commissione di gara proceda in seduta pubblica, essendo in facoltà delle imprese concorrenti non solo di verificare la regolarità della documentazione dei partecipanti alla gara, ma anche di formalizzare nel verbale le eventuali contestazioni sulle quali la commissione medesima o l’Amministrazione appaltante sono chiamate a pronunciarsi. Si tratta, in sostanza di una pretesa giuridica, giuridicamente tutelata, che solo la pubblicità della seduta può soddisfare.

La diversa e contraria decisione assunta dalla commissione di gara, impedendo la soddisfazione della posizione giuridica suddetta, ha viziato la procedura di gara.

5.2 Segue nella trattazione il nono motivo nel quale si afferma che in ordine all’insussistenza di provvedimenti interdittivi di cui alla legge 575 del 1965 (sulla lotta alla mafia) e successive modificazioni ed integrazioni, la commissione avrebbe illegittimamente consentito al raggruppamento Lyonnaise la regolarizzazione dell’apposita dichiarazione autocertificata ammessa in luogo della produzione documentale. In breve, era accaduto che ognuna delle imprese facenti parte del raggruppamento suddetto aveva presentato una dichiarazione che non conteneva un esplicito riferimento a ciascuno dei soggetti indicati dalla succitata legge.

Sul punto della doglianza va osservato che il disciplinare di gara, nel prevedere che non sarebbero state ammesse a partecipare le società e/o i consorzi nei cui confronti, tra l’altro, sussistesse un provvedimento interdittivo disposto ai sensi della legge 31.5.1965 n.575 (C.1), stabiliva che sarebbe stata causa di esclusione la mancata produzione di uno dei documenti richiesti al precedente punto B (C.3i) ed il mancato rispetto delle prescrizioni previste dal disciplinare medesimo (C.3ii). Il punto B, comma sette, lett.g), del disciplinare (che in proposito è applicativo della normativa vigente che impone la verifica dell’inesistenza di tali provvedimenti interdittivi) richiedeva alle imprese partecipanti alla gara un’adeguata documentazione (la commissione aveva ammesso anche l’autocertificazione), anche in materia antimafia.

In secondo luogo, ai sensi del punto F3 dello stesso disciplinare, le offerte sarebbero dovuto pervenire”pena la esclusione”  entro e non oltre le ore 12 del 16 novembre 1998.

La insufficienza della dichiarazione presentata era stata immediatamente avvertita dal Presidente della Commissione di esperti prof. Angelo Riccaboni il quale, con nota 1.12.1998 aveva scritto alla Arthur Andersen  MBA (v. all. n. 13 del 5 luglio 1999) chiedendo se, ai fini della verifica della insistenza delle clausole di esclusione, fossero sufficienti le dichiarazioni relative alla sola società. Ottenuti i chiarimenti richiesti e dopo una presa di posizione, con una nota 3 dicembre 1998 non acquisita agli atti, il successivo 4 dicembre 1998 lo stesso Presidente della Commissione rettificava la lettera del precedente giorno 3 dicembre e la sostituiva integralmente consentendo di integrare la dichiarazione con riferimento anche alle persone fisiche che rivestono cariche sociali e loro familiari (v. allegato n. 17).

L’art.10 sexies, comma quarto, della legge 575 del 1965 (nel testo sostituito dall’art.20 del d.l. 13.5.1991 n.152 e modificato dall’art.22 bis del d.l. 8.6.1992 n.306) stabilisce, in relazione ai provvedimenti interdittivi di che trattasi, che “quando gli atti o i contratti riguardano società, la certificazione è richiesta nei confronti della stessa società. Essa è altresì richiesta, se trattasi di società di capitali anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, o di società cooperative, di consorzi cooperativi, ovvero di consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II del codice civile, nei confronti del legale rappresentante e degli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione, nonché di ciascuno dei consorziati che nei consorzi e nelle società consortili detenga una partecipazione superiore al 10 per cento, e di quei soci o consorziati per conto dei quali le società consortili o i consorzi operino in modo esclusivo nei confronti della pubblica amministrazione; per i consorzi di cui all'articolo 2602 del codice civile, la certificazione è richiesta nei confronti di chi ne ha la rappresentanza, e degli imprenditori o società consorziate. Se trattasi di società in nome collettivo, la certificazione è richiesta nei confronti di tutti i soci; se trattasi di società in accomandita semplice, nei confronti dei soci accomandatari. Se trattasi delle società di cui all'articolo 2506 del codice civile, la certificazione è richiesta nei confronti di coloro che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato”.

Ora, nel caso di specie ognuna delle partecipanti al raggruppamento aveva presentato una dichiarazione, ai sensi dell’art.20 della legge 15 del 1968, del rappresentante della società nella quale si dichiara e certifica che nei confronti della società o della ditta non sussiste un provvedimento interdittivo disposto ai sensi della legge 575 del 1965. Nessuna dichiarazione era stata, invece, resa nei confronti delle persone fisiche indicate nell’articolo surriportato (amministratori, soci, ecc.), con palese ed inequivocabile violazione della norma stessa e della tassativa prescrizione contenuta nel disciplinare di gara. Tale dichiarazione è stata resa da tutte le società del raggruppamento in sede di gara, dopo la perentoria richiesta della commissione. Ma tale regolarizzazione (rectius integrazione documentale) ha violato le norme poste a presidio della regolarità della gara e della par condicio, attenendo ad un requisito di ammissione richiesto dal disciplinare a pena di esclusione. In altri termini, il Collegio ritiene che la mancanza delle dichiarazioni relative alle persone fisiche, contrariamente alla tesi della Amministrazione, non costituisca una mera irregolarità della dichiarazione antimafia, sanabile ed integrabile successivamente alla  scadenza dei termini per la presentazione dell’offerta , bensì rappresentanti del vizio insanabile della stessa che ne determina la giuridica inesistenza.

Invero la norma sopra richiamata, contrariamente alla tesi della Amministrazione, richiede contemporaneamente due distinte certificazioni ontologicamente diverse; una relativa alle società, ed un’altra, relativa a ciascuna delle persone fisiche che nella società rivestono cariche sociali, al direttore tecnico ed ai loro familiari. Trattasi di certificazioni del tutto distinte, quanto a soggetti ed a presupposti, e l’una non è riconducibile o  sussumibile nell’altra.

Inoltre, pur essendo ambedue contemporaneamente necessarie a ben vedere la maggiore rilevanza sembra da attribuire alle certificazioni relative alle persone fisiche.

Invero la normativa antimafia si riferisce (art. 1 L. 575/65) alle persone fisiche indiziate di appartenere ad associazioni criminali e le misure di prevenzione o le condanne penali si applicano ovviamente soltanto alle persone fisiche e solo di riflesso ciò si riverbera sulle società di cui la persona “ sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte o indirizzi” (art. 10 IV comma della L. 675/1965). 

In conclusione, da un lato va ribadito che, se un requisito  di ammissione va dimostrato con contemporanee distinte certificazioni di più soggetti appartenenti a categorie diverse, la mancanza dell’una non può essere supplita dall’altra ed il requisito di partecipazione deve ritenersi non dimostrato nei termini perentori stabiliti dal disciplinare. In secondo luogo va sottolineato che nella specie difetta la certificazione dell’intera categoria delle persone fisiche e non soltanto di talune di esse.

Ne consegue che il raggruppamento facente capo alla Lyonnaise doveva essere escluso dalla gara. La diversa determinazione della commissione rende, pertanto, illegittimo il provvedimento di aggiudicazione al raggruppamento medesimo.

5.3 Occorre esaminare, ora, la censura contenuta nel decimo motivo nel quale si contesta la partecipazione, nel raggruppamento vincitore, della società AMGA, ex azienda speciale del comune di Genova.

Anche tale censura è fondata.

Sulla questione dell’assunzione, da parte delle società derivate dalla trasformazione delle aziende speciali costituite per la gestione dei servizi pubblici locali, di servizi pubblici operanti in ambiti territoriali diversi da quelli propri degli enti titolari dei servizi stessi, si è formata una giurisprudenza oscillante che le parti costituite si sono fatte carico di richiamare con riferimento, in particolare, alla AMGA facente parte del raggruppamento vincitore.

Com’è noto la questione attiene al c.d. principio di strumentalità dell’attività di gestione, inteso come identificazione dello scopo sociale nella cura degli interessi delle comunità locali perseguibili attraverso l’attività di gestione funzionalmente svolta dalla società nei settori dei servizi pubblici per i quali la stessa è stata costituita.

Sulla questione è intervenuto, ad avviso del Collegio, in via risolutiva l’art. 17, comma 58, L. 15 maggio 1997, n. 127, che ha sostituito la lett.e) del terzo comma dell’art.22 della legge 142 del 1990.

Il nuovo testo dell’art.22 stabilisce, sul punto, che i Comuni e le Province possono gestire i servizi pubblici nelle seguenti forme:

(…)

e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio la partecipazione di più soggetti pubblici o privati.

Lo specifico riferimento alla relazione dell’attività gestionale della costituenda società alla natura o all’ambito territoriale del servizio, evidenzia l’intento perseguito dalla novella legislativa di imprimere un vincolo funzionale, potrebbe dirsi di scopo, alla nascita e all’operatività gestionale della società stessa, che rende incompatibile l’assunzione di (altre) attività gestionali extraterritoriali. E ciò per la ragione che la scelta della forma societaria risponde all’esigenza del migliore impiego delle potenzialità proprie dell’organizzazione imprenditoriale al fine del conseguimento dei migliori risultati sul piano dei costi e dei risultati della gestione del servizio. L’assunzione di altri impegni imprenditoriali (ovviamente coerenti agli scopi societari) al di fuori dell’ambito territoriale degli Enti locali di cui la società è espressione, si tradurrebbe nella sottrazione- quanto meno- di parte dell’organizzazione societaria (composta di uomini, beni e risorse) alle esigenze della comunità locale per la sua utilizzazione in scopi estranei a quelli per i quali la società stessa è stata costituita.

Non appare, del resto, coerente con la ratio dell’art.22 della legge 142 del 1990, che nel delineare le diverse forme (organizzative) di gestione dei servizi pubblici muove sempre da un’implicita (ma ben presente) valutazione degli interessi degli Enti pubblici titolari dei servizi medesimi, l’affermazione di un modello di società di capitali a partecipazione pubblica che si ponga sul mercato in posizione concorrenziale, insieme agli altri operatori privati del settore, al di fuori di ogni collegamento funzionale con il territorio su cui deve operare e prescindendo dal fondamentale presupposto che le società di capitali di cui all’art.22 della legge 142 del 1990 (come pure all’art.12 della legge 498 del 1992) sono costituite esclusivamente per assumere la gestione del servizio pubblico nella qualità di organo indiretto degli Enti pubblici titolari del servizio medesimo (C.S., Ad. Gen., n.90 del 1996; Sez.V, 19.2.1998 n.192).

Ritiene il Collegio che possa continuare ad applicarsi alla fattispecie quel principio giurisprudenziale, maturato in ordine alle modalità gestionali di un pubblico servizio da parte di un’azienda speciale di altro comune, secondo il quale l’estensione dell'attività delle aziende speciali, al di fuori del territorio dell'Ente locale che le ha costituite, presuppone comunque un collegamento funzionale tra il servizio eccedente l'ambito locale e la necessità della collettività del Comune proprietario dell’azienda che assume la gestione per conto del primo; collegamento che non può essere ridotto al puro dato dell’interesse imprenditoriale (C.S., V, 23.4.1998 n.475; TAR Liguria, sez.II, 8.5.1997 n.134). Le conclusioni del Collegio trovano conferma nel principio affermato dal Consiglio di Stato nella recentissima decisione 1885 dell’1.4.2000 nella quale si osserva che dopo un iniziale contrasto tra i fautori della tesi privatistica e quelli della tesi pubblicistica, la dottrina e la giurisprudenza “si sono orientate nel senso di escludere che la semplice veste formale di s.p.a. sia idonea a trasformare la natura pubblicistica di soggetti che, in mano al controllo maggioritario dell’azionista pubblico, continuano ad essere affidatari di rilevanti interessi pubblici”. La decisione richiamata evidenzia, tra l’altro, che “ai fini dell’identificazione della natura pubblica di un soggetto la forma societaria è neutra e la quasi integrale pertinenza a referenti pubblici del pacchetto azionario dimostra che si è al cospetto di uno strumento alternativo alle forme tradizionali di intervento e consente di ritenere che le s.p.a. si possano considerare come un’articolazione organizzativa dell’Ente o degli Enti di riferimento”.

Consegue da ciò che l’AMGA, a causa della limitazione derivante sul piano delle attività che può assumere e svolgere in ambito territoriale, in coerenza con le finalità pubblicistiche che ne hanno determinatola costituzione, era ed è priva della legittimazione in ordine all’assunzione del servizio idrico integrato di che trattasi e quindi è illegittima la selezione compiuta a favore del predetto raggruppamento che ne ha deciso la cooptazione.

La circostanza che nel raggruppamento esista un componente in possesso di tutti i requisiti richiesti dal disciplinare si dimostra del tutto irrilevante ai fini della legittimità dell’ammissione del raggruppamento medesimo. Indipendentemente dall’aspetto dell’ipotizzabilità di una causa di nullità totale ex art.1419 c.c. dell’accordo contrattuale che ha dato luogo al rapporto temporaneo finalizzato alla partecipazione alla selezione ed all’eventuale costituzione della società mista per l’assunzione del servizio idrico integrato (laddove dovesse emergere che i sottoscrittori dell’accordo per costituire il raggruppamento non avrebbero assunto l’impegno contrattuale in presenza del limite operativo incidente sulla capacità giuridica dell’AMGA, giusta l’art.22 della legge 142 del 1990), va osservato che la determinazione della Lyonnaise di costituire, ancorché in possesso di tutti i requisiti richiesti dal bando, un raggruppamento con altre imprese e di partecipare in tale veste alla selezione di che trattasi, evidenzia implicitamente l’essenzialità che la stessa società francese ha annesso- vuoi per la somma delle esperienze maturate da ogni componente da cui è scaturita in sede di gara una valutazione dell’intero raggruppamento che verrebbe rimessa in discussione, vuoi anche per la migliore organizzazione delle attività e degli impegni da assumere rispetto a quelli già presi in carico altrove- alla partecipazione della predetta società.

5.4 Il successivo motivo da esaminare è il quarto, nel quale si deduce l’illegittimità delle operazioni di selezione determinate dalla modifica della composizione della commissione nel corso del procedimento. Si denuncia, in sostanza, il vizio di procedura che inficerebbe la selezione per la situazione di incompatibilità in cui si trovava uno dei componenti la commissione, il dr. Venturini, nella sua posizione di componente del collegio dei probiviri del Monte dei Paschi di Siena, facente parte del raggruppamento vincitore. Il dr. Venturini aveva partecipato alle sedute nelle quali erano stati individuati e fissati i criteri di valutazione delle offerte (si veda in particolare il verbale n.5 del 16.11.1998) e quindi la sua presenza, secondo la tesi della ricorrente, vizierebbe irreparabilmente l’intero procedimento a nulla valendo la sostituzione intervenuta nel corso della procedura con altro componente che ha fatto proprie le decisioni in precedenza assunte dalla commissione in composizione irregolare.

Sulla posizione di tale componente si sono diffusamente soffermate tutte le parti nei propri scritti difensivi ed in particolare le resistenti, che annettono all’accettazione dei criteri espressa dal nuovo componente un effetto confermativo della validità dei lavori della commissione.

Su tale ultima argomentazione il Collegio osserva che la dichiarazione della piena ed incondizionata adesione espressa dal nuovo componente non sia idonea da sé sola ad eliminare ogni possibile ragione di dubbio sulla legittimità dei criteri di selezione sui quali è stata poi condotta la valutazione delle offerte dalla commissione nella nuova composizione. Ed invero, laddove dovesse ritenersi che la posizione del Venturini concretasse un’ipotesi di astensione obbligatoria, tutte le operazioni compiute dalla commissione risulterebbero inesorabilmente viziate e non sanabili per il vizio genetico che ne inficiava la composizione. L’obbligo di astensione per incompatibilità da parte di soggetti membri di organi collegiali è espressione del principio generale di imparzialità  e trasparenza (art. 97 Cost.) e ricorre per il solo fatto che essi siano portatori di interessi personali che possano trovarsi in posizione di conflittualità, ovvero anche solo di divergenza, rispetto a quello generale affidato alle cure dell’organo di cui fanno parte, risultando ininfluente che nel corso del procedimento il suddetto organo abbia proceduto in modo imparziale ovvero che non sussista prova che nelle sue determinazioni sia stato condizionato dalla partecipazione di soggetti portatori di interessi personali diversi (Cons. Stato. sez. IV, 25 settembre 1995, n. 755). Donde l’irrilevanza dell’eventuale accettazione del componente chiamato successivamente in sostituzione.

Tanto osservato, il Collegio ritiene che la doglianza sia priva di pregio.

Appare plausibile, innanzi tutto, che il dr. Venturini non fosse a conoscenza (prima dell’apertura dei plichi) della partecipazione del Monte dei Paschi di Siena al raggruppamento risultato poi vincitore. Il convincimento del Collegio trae spunto dal fatto che la nomina della commissione risale al 21 ottobre 1998 (decisione n.3 del collegio di vigilanza), circa un mese prima della scadenza del termine per presentare le offerte e che il Venturini ha subito correttamente rilevato la possibile situazione di incompatibilità una volta conosciuta- con l’apertura dei plichi- la composizione del raggruppamento facente capo alla Lyonnaise e prima, quindi, che la commissione procedesse alle operazioni di valutazione di ciascun partecipante alla selezione.

Va poi detto, che il collegio dei probiviri (si veda la nota di segnalazione inviata dal Venturini al presidente del collegio di vigilanza) non si era ancora insediato e non aveva svolto, quindi, alcuna riunione.

Dal regolamento delle attività del collegio suddetto (allegato alla nota precitata) si evince, inoltre, che i componenti il collegio dei probiviri non partecipano alle sedute del consiglio di amministrazione o della deputazione della Fondazione del Monte dei Paschi. Essi si occupano (si veda l’allegato 11) della decadenza e sospensione dei componenti della deputazione generale e non assumono, quindi, in nessuna circostanza atti di gestione della Fondazione o della Banca controllata, ovvero decisioni aventi comunque rilevanza diretta all’esterno dell’Istituto.

Da tutto ciò è dato affermare che la posizione rivestita dal Venturini all’interno della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena non ingenerasse una causa di astensione obbligatoria. E dal momento che la causa del vizio dedotto risiede nella rilevata posizione rivestita all’interno del predetto organo e non in un motivo ascrivibile esclusivamente e direttamente alla persona (Venturini) titolare della funzione, la doglianza sollevata dalla ricorrente è da ritenere infondata.

5.5 Con il quinto motivo, la ricorrente società dubita del ruolo meramente istruttorio e di consulenza svolto, in rappresentanza dell’Arthur Andersen, dalla dott.ssa Sala e si insinua il dubbio che in effetti parte dell’attività valutativa in ordine alle esperienze pregresse maturate dalle concorrenti, in particolare il giudizio afferente al livello di integrazione fra le varie fasi del servizio (ottimale, alto, medio, basso, come riportato nella tabella appositamente predisposta ed allegata ai verbali), non sia espressione dell’autonomo apprezzamento della commissione, bensì della dott.ssa Sala e che la commissione si sia limitata a recepirne il contenuto ed a farlo proprio.

La censura è priva di pregio.

Come ammette la stessa Vivendi, i verbali della commissione- ed in specie quello contenente il giudizio finale-, evidenziano che la commissione ha proceduto direttamente al completamento della tabella contestata. Nel verbale 18 del 14.1.1999 si legge in ordine al parametro E2- Esperienze di gestione di servizi idrici pregresse: “…la Commissione ha provveduto a riepilogare in una tabella i dati significativi che caratterizzano l’attività svolta, utilizzando, per mera ricognizione, la collaborazione di personale di Arthur Andersen, così come previsto nel verbale della Commissione n. 13 del 5.1.99. Gli esiti di tale ricognizione sono stati da Arthur Andersen consegnati in data 8.1.99, così come da verbale n.15 in pari data, alla Commissione che ha provveduto a completare la tabella stessa per gli elementi di propria competenza, allegando quindi al verbale redatto in pari data.”.

Tale è il contenuto delle dichiarazioni della commissione riportate nel verbale che, come atto pubblico, fa fede sino a querela di falso.

Se la ricorrente società non riteneva veritiere le dichiarazioni contenute nel verbale non doveva limitarsi ad insinuare il dubbio del mendacio, ma doveva chiedere- prima del passaggio in decisione della causa- i termini per la proposizione della querela di falso davanti al competente Tribunale. Ciò non è stato fatto e quindi la doglianza è da ritenere alla stregua di una mera illazione, priva di alcuna giuridica rilevanza.

5.6 Il Collegio deve ora occuparsi dei residui vizi (contenuti nei primi tre motivi), in cui si avversano le valutazioni espresse ed i punteggi assegnati dalla commissione nei confronti dell’offerta presentata dal raggruppamento vincente.

5.7 Il primo motivo, che impegna ben ventuno pagine dell’atto di ricorso, in realtà contiene otto profili di censura che sviluppano ciascuno un autonomo motivo.

Si tratta, in effetti, di un insieme di vizi che- come denuncia la stessa ampia trattazione- critica la parte più rilevante dell’operato della commissione di esperti, con particolare riguardo all’applicazione dei criteri dalla stessa determinati.

Per una chiara disamina dell’articolato motivo occorre brevemente richiamare gli elementi di valutazione che, in base al disciplinare di gara, la commissione aveva a disposizione.

Essi riguardano, da un lato, il contenuto dell’offerta, ed al suo interno i parametri in base ai quali ogni concorrente doveva formulare la propria proposta; dall’altro, i parametri di selezione veri e propri, ossia i criteri in base ai quali la commissione di esperti doveva effettuare la selezione e che, ovviamente, sono rapportati ai parametri dell’offerta.

Quanto ai primi, il disciplinare contiene sotto la lettera E quattordici punti dei quali solo sette (E1, E2, E3, E5, E7, E8 ed E12) sono i parametri di sviluppo dell’offerta da rapportare ai parametri di selezione.

Il parametro E1 riguarda l’offerta di sottoscrizione del 46% del capitale sociale. L’offerente doveva assumere l’obbligo di liberare immediatamente le azioni corrispondenti al 46% del capitale di costituzione, di sottoscrivere il 46% dell’aumento di capitale deliberato all’atto della delibera stessa e di liberare le relative azioni entro un anno dalla delibera, previo versamento dei 3/10 contestualmente alla sottoscrizione. A maggior chiarimento va detto che, secondo il punto A del disciplinare, il capitale iniziale minimo, all’atto della costituzione della società, deve essere di lire 333.333.000 e l’aumento del capitale è previsto fino a lire 67.000.000.000 da deliberare contestualmente alla costituzione della società o successivamente dal consiglio di amministrazione su delega.

Sempre secondo il punto A del disciplinare, la suddivisione del capitale è la seguente: 51% Comuni, 2% Coingas- Cigaf e società gestione Valdichiana, 1% Comunità montane e province di Arezzo e di Siena, 46% socio privato.

Il parametro E2, attiene alle esperienze pregresse realizzate dall’offerente (o da ciascun componente del raggruppamento) nell’ultimo quinquennio relativamente alla gestione di tutti i servizi idrici (captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civici, di fognatura e depurazione delle acque reflue), con indicazione specifica delle esperienze nello stesso ambito territoriale dell’insieme dei servizi suindicati e del numero di abitanti serviti per ciascuna gestione.

Il parametro E3, concerne le esperienze maturate nella gestione di progetti di investimento attuati nella funzione di gestione di progetti di investimento attuati nella funzione di gestore dei servizi idrici.

Il parametro E5, le altre caratteristiche ed esperienze che qualificano l’attività dell’offerente o del raggruppamento, ivi incluse certificazioni di qualità, ambientali e di impianti.

Il parametro E7, le eventuali proposte di modifica del piano d’ambito per migliorare i livelli gestionali di servizio.

Il parametro E8, l’indicazione e quantificazione degli effetti economici e finanziari di eventuali miglioramenti apportabili al piano degli investimenti con riferimento in specie ad altri tre sub- parametri.

Il parametro E12, l’indicazione delle modalità cui l’offerente intende far ricorso per il finanziamento degli investimenti contenuti nel piano d’ambito, o come eventualmente modificati dallo stesso offerente, con specificazione dei tassi applicabili, degli importi erogabili e delle linee di credito disponibili e degli istituti creditizi concedenti.

Quanto ai parametri di selezione, il disciplinare- sotto la lettera H- ne individua tre:

H1, riguardante le esperienze nella gestione dei servizi e le qualifiche soggettive come desumibili dai parametri E1, E2, E3 ed E5, per il quale la commissione aveva a disposizione 50 punti;

H2, relativo alle modifiche migliorative al piano d’ambito secondo quanto previsto ai parametri E7 ed E8, per il quale la commissione aveva a disposizione 35 punti;

H3, riguardante le modalità di finanziamento di terzi cui l’offerente intendeva far ricorso per gli investimenti, secondo quanto previsto al parametro E12, per il quale la commissione aveva a disposizione 15 punti.

Secondo il disciplinare la commissione di esperti, prima di procedere all’apertura delle offerte, doveva formulare una metodologia di valutazione sulla base della quale effettuare l’esame delle offerte stesse e che tale metodologia fosse approvata dal collegio di vigilanza.

Questo, brevemente, il quadro di insieme dei parametri di valutazione e di selezione stabiliti nel disciplinare.

La commissione, in ossequio al disciplinare, si è preoccupata di predeterminare degli ulteriori criteri di selezione all’interno dei parametri suddetti stabilendo (si veda il verbale n.5 del 16.11.1998) un’ulteriore suddivisione all’interno dei punteggi fissati dallo stesso disciplinare. In particolare ha distribuito i 50 punti del parametro H1 stabilendo di assegnare da 0 a 5 punti al parametro E1, da 1 a 20 punti al parametro E2 come pure al parametro E3, da 1 a 5 punti al parametro E5; di distribuire i 35 punti del parametro H2 stabilendo di assegnare da 1 a 17 punti al parametro E7 e da 1 a 18 punti al parametro E8. Per ciascuna suddivisione del punteggio, la commissione ha specificato nello stesso verbale n.5 i criteri ai quali si sarebbe attenuta nella valutazione delle offerte e nell’attribuzione del punteggio definitivo.

5.7.1 La prima doglianza, riguarda il criterio seguito dalla commissione per l’attribuzione del punteggio relativo al parametro E1, che- come si è detto- riguarda la sottoscrizione del capitale sociale. La commissione ha ritenuto di individuare nel criterio della tempistica dell’assolvimento dell’obbligo di aumento del capitale un elemento qualificante di differenziazione delle offerte. Ha così attribuito 4 punti al raggruppamento Lyonnaise, contro i 2 della Vivendi e dell’Acea, sulla base del fato che la prima si impegnava ad effettuare il versamento delle somme corrispondenti all’aumento del capitale “non appena richiesto”, mentre le altre si limitavano a riferirsi al termine fissato dal disciplinare (un anno).

La ricorrente contesta tale apprezzamento sul piano della rispondenza al cogente criterio fissato dal disciplinare (tanto che lo giudica inconferente), nonché sul piano della coerenza rispetto alle valutazioni espresse dalla stessa commissione in occasione del punteggio assegnato alla stessa Lyonnaise per il parametro E8.

Il Collegio non ritiene di potere condividere i rilievi mossi, sul punto, all’operato della commissione.

Innanzi tutto la doglianza, nella parte relativa alla logicità del criterio, finisce per contestare sul piano della discrezionalità quella che è la sfera delle scelte di merito proprie di ogni organo giudicante. La circostanza che un determinato parametro di valutazione faccia riferimento ad un obiettivo vincolato, non esclude che all’interno del parametro stesso l’organo non possa trovare spazi di apprezzamento che, fermo restando il traguardo minimo dato dall’obiettivo da raggiungere, evidenzi le diverse modalità del suo perseguimento. Sotto tale profilo non pare illogico, al Collegio, l’individuazione di un criterio temporale che consenta di anticipare la sottoscrizione del 46% di aumento del capitale sociale e della liberazione delle relative azioni alla semplice richiesta della società (e quindi in un tempo anche di molto inferiore all’anno) a tutto vantaggio della realizzazione degli obiettivi dell’AATO. Sotto tale aspetto appare semmai illogica l’attribuzione di 2 punti alle proposte della Vivendi e dell’Acea che si sono limitate a riportarsi agli obblighi del disciplinare.

Quanto al profilo di incoerenza o contraddittorietà rilevato con riferimento alla proposta ed alla valutazione riguardanti il parametro E8, va osservato che la doglianza della Vivendi si riferisce alla previsione, contenuta nella proposta migliorativa presentata dalla Lyonnaise, di dilazionare in cinque anni il versamento delle somme costituenti il capitale sociale. Secondo la ricorrente, la proposta non solo sarebbe contraddittoria rispetto a quella formulata nel parametro E1, ma anche contraria allo stesso disciplinare; e ciò nonostante la commissione avrebbe premiato sia l’una che l’altra con punteggi superiori a quelli assegnati alle altre concorrenti.

La doglianza è priva di pregio. Infatti, la proposta formulata nell’ambito del parametro E8 riguarda le migliorie che la Lyonnaise ha ritenuto di predisporre e presentare secondo la facoltà data dallo stesso disciplinare. Essa andava valutata ed esaminata all’interno del progetto migliorativo preso nel suo insieme e non in rapporto al progetto base predisposto dall’AATO che comprendeva, appunto, l’obbligo di liberare entro un anno l’aumento del 46%. Tale obbligo il raggruppamento vincitore non solo l’ha assunto, ma addirittura  si è impegnato ad adempierlo ad una semplice richiesta del consiglio amministrazione della costituenda società. Rimaneva alla commissione e, quindi, alla Parte pubblica, di valutare la validità e la convenienza di una proposta migliorativa che al suo interno suggeriva di distribuire nell’arco dei primi cinque anni il versamento delle risorse a titolo di capitale da parte di tutti i soci pubblici e privati (e quindi non per la sola parte di spettanza del socio privato di minoranza) per favorire in concomitanza una politica degli investimenti più dilazionata rispetto a quella prevista dal piano d’ambito.

5.7.2 La seconda censura contesta le determinazioni assunte dalla commissione in ordine all’attribuzione del punteggio relativo al parametro E2 (esperienze di gestione pregresse).

Anche tale censura si dimostra priva di pregio.

In base al parametro E2, il cui contenuto è stato riportato sub 5.7 della motivazione che precede, la commissione doveva farsi carico di valutare il peso delle complessive esperienze maturate dalle concorrenti, nell’ultimo quinquennio, nella gestione di tutti i servizi idrici con particolare riguardo a quelle riguardanti l’insieme dei servizi idrici (captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civici, fognatura e depurazione delle acque reflue) gestiti nello stesso ambito territoriale ed al numero degli abitanti serviti per ciascuna gestione.

Nel verbale n.5 la commissione, nel predeterminare i criteri di valutazione specifici per tale punto ai quali si sarebbe autovincolata, aveva specificato che, per le esperienze pregresse di gestione di servizi idrici, sarebbero stati valutati, con ponderazione rispetto al ruolo gestionale ricoperto ed alla relativa quota di partecipazione, lo svolgimento dei diversi servizi gestiti, da parte del soggetto offerente, ovvero del raggruppamento, nel periodo indicato, privilegando: le eventuali esperienze di gestione di tutti i servizi o da parte del soggetto offerente, ovvero da uno o più dei soggetti partecipanti all’eventuale raggruppamento; il livello di integrazione dell’insieme dei servizi idrici gestiti, nel medesimo ambito territoriale, dal soggetto offerente ovvero anche da un sottoinsieme coordinato dell’eventuale raggruppamento; la dimensione per ciascuna gestione, valutata prevalentemente sia in relazione al numero di abitanti serviti sia in relazione all’attività svolta.

La ricorrente si duole che il raggruppamento Lyonnaise abbia ottenuto 19 punti contro i 16 a lei assegnati, sostenendo che la commissione non si sarebbe attenuta ai criteri dalla stessa stabiliti e che una corretta valutazione dei criteri stessi avrebbe dovuto condurre ad un risultato opposto, vantando la Vivendi maggiori titoli sia per numero di gestioni e ruolo gestionale, sia per abitanti serviti.

Il verbale n.18 del 14.1.1999, contiene le motivazioni sulla base delle quali la commissione ha ritenuto di maggior peso, seppure di soli tre punti, le esperienze maturate dalla Lyonnaise. La commissione ha espresso un giudizio di leggera prevalenza del raggruppamento Lyonnaise per ciò che attiene le dimensioni dei servizi svolti; ha ritenuto di sostanziale identico peso le esperienze gestionali; ha rilevato, nell’ambito dell’effettuazione dell’intero ciclo dei servizi idrici, che il medesimo raggruppamento poteva vantare esperienze in un numero di casi pari a circa tre volte quello maturato dalla Vivendi. La commissione ha formulato il suo giudizio sulla base delle tabelle predisposte da Arthur Andersen.

Le valutazioni e le conclusioni della commissione rispettano sostanzialmente i criteri prefissati.

La ricorrente lamenta la mancata considerazione delle gestioni simili a quelle dell’ambito territoriale di Arezzo (oltre 200.000 abitanti) richiamando sul punto il criterio di preselezione di cui al punto B3 (gestioni dirette od indirette per almeno 400.000 abitanti nell’ultimo biennio, di cui 200.000 serviti con unico contratto).

Il Collegio rileva sul punto, che il punto E.2 del disciplinare non stabiliva alcun raffronto diretto od indiretto con tali particolari gestioni che dovevano essere valutate, invece, come  prerequisito per l’ammissione alla selezione.

Quanto al numero complessivo di abitanti, si dimostra un dato di alcun rilievo pratico quello che fa leva solamente sulla somma degli abitanti serviti in tutte le pregresse gestioni, prescindendo dalla tipologia dell’ambito gestionale e del tipo di servizio all’interno dei quali gli abitanti sono stati serviti.

Relativamente alla valutazione ponderale del ruolo gestionale, le tabelle indicano per ciascuna esperienza, il livello di integrazione dei servizi con un giudizio sintetico che evidenzia il risultato in termini concreti (ottimale, alto, medio, basso: i dati elaborati confermano che il raggruppamento vincente assomma, rispetto alla Vivendi, un rilevante numero di gestioni ottimali), nonché il ruolo di gestione o di finanziatore che ha connotato l’apporto di ciascun componente (le tabelle stesse sostanzialmente confermano il giudizio di sostanziale equivalenza).

In definitiva, la censura è da respingere.

5.7.3 Occorre adesso esaminare, rispettando lo stesso ordine dato dalla ricorrente, la censura che denuncia l’erronea valutazione che la commissione avrebbe compiuto in ordine al parametro E3 riguardante le esperienze nella gestione dei progetti di investimento. 

La Vivendi denuncia l’illegittimità dell’operato della commissione la quale avrebbe stravolto, una volta conosciute le offerte, il criterio che la stessa aveva predeterminato decidendo di assegnare peso unitario e paritetico al coefficiente di ponderazione relativo alla quota di partecipazione.

Anche in ordine a tale elemento occorre procedere dal confronto fra quanto stabilito in sede di predeterminazione dei criteri (verbale n.5) e quanto deliberato in sede di valutazione delle offerte e di assegnazione dei punteggi (verbale 18).

Nella prima fase la commissione aveva stabilito (anche qui si riporta l’intero enunciato stante la sua brevità) che sarebbero stati valutati, con ponderazione rispetto al ruolo gestionale ricoperto ed alla relativa quota di partecipazione, il numero, la dimensione con riguardo agli ammontari gestiti, la specialità ed i risultati dei progetti di investimento attuati nella funzione di gestore di servizi idrici, privilegiando le esperienze pregresse di reperimento di fonti di provvista finanziaria sul mercato.

In sede di esame delle offerte delle partecipanti, la commissione, la quale si è avvalsa anche in questo caso di una tavola sinottica, dopo avere rilevato che il gruppo Lyonnaise vantava circa il doppio dei progetti della specie elencati dagli altri raggruppamenti, nonché un ammontare unitario e totale degli stessi progetti di un ordine di grandezza superiore agli altri concorrenti (si è sottolineato anche che il gruppo era titolare di un qualificante rating dalla Standard and Poor’s per operazioni assimilabili a quelle del piano d’ambito effettuate in project financing, nonché di riconoscimenti internazionali), ha stabilito di assegnare peso unitario e paritetico al coefficiente di ponderazione relativo alla quota di partecipazione.

Sulla base di quanto sopra e della considerazione che, a differenza dell’Acea, gli altri due raggruppamenti vantassero una notevole incidenza della copertura finanziaria reperita sul mercato rispetto alla copertura totale, la commissione ha attribuito 18 punti alla Lyonnaise e 12 punti alla ricorrente.

Da quanto riportato dai verbali appare evidente che il criterio della ponderazione relativo alla quota di partecipazione ed al ruolo gestionale ricoperto è stato immotivatamente (e quindi illegittimamente) pretermesso. Né vale rilevare, da parte delle resistenti, che la commissione abbia espresso un giudizio di sostanziale equivalenza sui parametri indicati. Ed infatti, di tale presunto od indiretto giudizio di equivalenza non è dato rinvenire traccia né nel verbale n.18, né nella tabella riepilogativa riguardante il parametro E3, donde l’impossibilità di ricostruirne- aliunde- l’iter logico. L’importanza del dato riguardante il coefficiente di ponderazione si dimostra intuitiva alla luce del fatto che esso dà la misura (più del mero dato numerico dei progetti) del grado di incidenza della partecipazione di ogni raggruppamento sui progetti di investimento.

Risulta confermata, in conclusione, l’omessa applicazione di un qualificante elemento di valutazione in difformità dai criteri ai quali la commissione si era autovincolata.

La censura si dimostra, pertanto, fondata.

5.7.4 Si duole, poi, la ricorrente che la commissione avrebbe illegittimamente valutato- a favore del raggruppamento vincente- anche i brevetti di cui il disciplinare non farebbe menzione e che il punteggio assegnato per il parametro E5 non rispecchi la migliore e più qualificata posizione esposta dalla Vivendi.

Il motivo è privo di pregio.

Il disciplinare, nella generica locuzione “elenco e descrizione di altre caratteristiche ed esperienze che qualifichino l’attività dell’offerente” comprende implicitamente ogni titolo di qualificazione tecnologica e/o professionale maturata nell’ambito dell’attività imprenditoriale svolta. L’espressione “ivi incluse certificazioni di qualità …” evidenzia la caratterizzazione di genericità della locuzione stessa comprendente un insieme innominato di titoli di cui le certificazioni di qualità, ambientali e di impianti sono all’evidenza (in base alla dizione del disciplinare) solo una parte (specificata). Non si comprende (né del resto è spiegata dalla ricorrente) la ragione per la quale i brevetti non debbano essere annoverati fra le caratteristiche ed esperienze qualificanti quando la disponibilità e l’uso degli stessi serve a valutare la qualificazione di un determinato imprenditore.

Quanto all’alterazione dei fatti ed alla falsa rappresentazione della realtà denunciate dalla Vivendi, va osservato che i motivi di doglianza riposano su affermazioni generiche e presupposizioni (quali “la società Anjou produce 30 brevetti l’anno: il che significa che in soli 15 anni di attività ha prodotto molti più brevetti di quelli dichiarati da Lyonnaise”) non avvalorate, peraltro, da dati concreti in ordine all’attinenza o meno di tali brevetti al tipo di servizio da gestire (dalla tabella del sottotitolo si evince che la produzione di brevetti è solo dichiarata, ma non concretamente dimostrata con l’esibizione della relativa documentazione).

Anche in ordine al possesso di laboratori la tabella del sottotitolo conferma che di tale qualificazione la commissione abbia tenuto conto.

In definitiva, avuto riguardo alle certificazioni riportate nella tabella allegata al verbale e depositata agli atti di causa, il giudizio di “lieve superiorità del raggruppamento Lyonnaise in termini di brevetti e certificazioni di qualità” si dimostra del tutto attendibile e giustificato.

5.7.5 Il successivo profilo di censura che occorre esaminare e quello, articolato in più aspetti, riguardante la valutazione delle proposte di modifica al piano d’ambito per migliorare i livelli gestionali di servizio (parametro E7) ed il piano degli investimenti (parametro E8).

Anche su tale doglianza occorre procedere muovendo da una sintesi dei rilievi mossi dalla ricorrente all’operato della commissione.

Innanzi tutto la Vivendi afferma che in una riunione svoltasi il 13.10.1998 sarebbe stato espresso dall’AATO l’invito a non modificare sensibilmente il piano in quanto ciò sarebbe stato valutato negativamente dalla commissione. Invece, la Lyonnaise, a differenza degli altri concorrenti che si sono attenuti sostanzialmente al piano d’ambito nel formulare la loro offerta, avrebbe presentato un piano radicalmente modificato.

Ciò premesso, secondo la Vivendi sarebbe illogico già il frazionamento valutativo dei due parametri in quanto dalla loro separazione la commissione non avrebbe potuto avere un quadro conoscitivo organico e completo delle proposte migliorative, necessario alla loro valutazione. Poi, nella valutazione del parametro E7 non vi sarebbe traccia della ponderazione con le ripercussioni tariffarie, in contrasto con i criteri che la stesa commissione si era dato. Infine, nella valutazione del parametro E8 la commissione avrebbe deciso di non attribuire valenza preminente al livello tariffario proposto dai singoli partecipanti, dopo averne conosciuto l’ammontare, eliminando nella valutazione stessa uno degli aspetti economici più rilevanti; avrebbe dato rilievo, nell’offerta della controinteressata, all’anomalia di una proposta che evidenzierebbe l’apertura di una linea di finanziamento ai Comuni da parte degli istituti di credito facenti parte del raggruppamento affinchè i primi possano provvedere all’aumento di capitale occorrente nella costituzione della nuova società; avrebbe apprezzato, nella stessa offerta, il criterio di ammortamento finanziario all’interno del periodo concessorio senza considerare che l’ammortamento proposto si porrebbe in contrasto con l’art.69 del TUIR e con l’art.28 dello schema di convenzione allegato alla l.r.26 del 1997.

Riepilogata, in sintesi, la tesi della ricorrente, occorre in primo luogo dichiarare inammissibile il profilo di censura attinente al frazionamento valutativo dei due criteri. Ciò per la ragione che la scelta del metodo di valutazione ritenuto più opportuno appartiene alle scelte insindacabili della commissione, potendosi sindacare solo la logicità, completezza e le motivazioni delle valutazioni e dei giudizi espressi.

Va poi dato atto della decisa replica dei difensori delle parti resistenti in ordine a taluni dei rilievi stessi. Essi sostengono che non corrisponderebbe a realtà l’affermazione che nella riunione del 13.10.1998 vi sia stato l’invito a non apportare modifiche sostanziali al piano predisposto dall’AATO; che il criterio di aggiudicazione non si baserebbe sul ribasso del livello di tariffa, ma solo sulle proposte di variante al piano d’ambito da valutare sotto molteplici aspetti, ivi compreso quello della ricaduta in termini di costi per gli utenti; che non sarebbe stata aperta alcuna linea di finanziamento da parte degli istituti di credito facenti parte del raggruppamento, ma era stata proposta in sede di offerta un soluzione di tipo finanziario per il recupero delle risorse necessarie ai Comuni per la sottoscrizione del capitale sociale (come la cessione dei canoni di concessione dei beni che la società doveva corrispondere ai Comuni per tutto il periodo dell’affidamento, nonché il rifinanziamento dei mutui pregressi accesi per il finanziamento di impianti e opere attinenti al servizio idrico); che quanto all’ammortamento, esso sarebbe solo un aspetto del complesso ed articolato progetto finanziario proposto, nonché sarebbe errata l’interpretazione della convenzione tipo allegata alla l.r. 26 del 1997 specie nella sua efficacia vincolante nei confronti degli Enti titolari del servizio.

Le puntualizzazioni delle resistenti, se meritano considerazione sulle modifiche apportate al piano d’ambito e sulla c.d. accensione di finanziamenti a favore dei Comuni, sono prive di pregio in ordine agli altri rilievi.

Infatti, le censure della Vivendi, da un lato, non sono supportate da alcun idoneo riscontro documentale relativamente all’invito a non apportare rilevanti modifiche al piano d’ambito; dall’altro, si basano su una distorta lettura e/o interpretazione dei verbali nei quali della conclamata accensione di finanziamenti a favore dei Comuni non vi è alcuna traccia.

Diversa è la valutazione per l’aspetto delle tariffe e degli ammortamenti.

Sulla valutazione dell’elemento tariffario, va detto che la questione involge, più in generale, la coerenza del comportamento della commissione in ordine ad un elemento che la commissione stessa aveva ritenuto, con i criteri ai quali si è autovincolata, di dovere tenere in particolare considerazione. Analogo discorso va fatto per l’aspetto riguardante la rilevanza data, nella proposta della Lyonnaise, agli ammortamenti finanziari con riguardo al disposto dello schema di convenzione predisposto dalla regione Toscana.

Procedendo con ordine su tali due questioni, va innanzi tutto riportato quanto stabilito nel verbale n.5 dalla commissione in sede di predeterminazione dei criteri.

Per il parametro E7, la commissione aveva stabilito che “l’attribuzione del punteggio terrà conto delle migliorie eventualmente apportate ai livelli gestionali di servizio contenuti nel piano elaborato dall’AATO ponderandole con le eventuali ripercussioni sulla tariffa applicabile, riferendo in ordine alla necessaria coerenza con la bozza di Regolamento d’utenza.”. Per il punto E8, la commissione aveva deciso, invece, che “l’attribuzione del punteggio sarà effettuata valutando tutte le migliorie apportate dagli offerenti nell’ambito del piano degli investimenti rielaborato dagli stessi, ponderate con gli effetti sugli equilibri generali del piano economico-finanziario riferito alla costituenda società mista.” .

In sede di valutazione del parametro E7 la commissione, dopo avere fatto riferimento al riepilogo delle proposte di variante riportate in un’apposita tavola e sommariamente richiamato i tratti più qualificanti delle varianti stesse per ogni concorrente, ha concluso direttamente attribuendo i punteggi senza farsi carico in alcun modo, in palese contraddizione con i criteri che aveva predeterminato, di ponderare le migliorie “con le eventuali ripercussioni sulla tariffa applicabile, riferendo in ordine alla necessaria coerenza con la bozza di regolamento d’utenza”. Né vale sostenere che la ponderazione con le ripercussioni tariffarie sarebbe dovuta intervenire in via eventuale ove effettivamente rilevabile dalle proposte migliorative. Infatti, dal verbale si evince che la commissione si è semplicemente dimenticata di farsi carico di verificare la stessa eventualità di tali ripercussioni.

Vero è che dell’aspetto tariffario si trova ampia discussione in sede di valutazione del parametro E8, ma a parte che la valutazione di tale aspetto è stata compiuta sotto altra prospettazione- ossia in relazione alle migliorie  al piano di investimenti e non con riguardo alle eventuali ripercussioni sulla tariffa delle migliorie  apportate sui livelli gestionali-, il Collegio osserva che la commissione, a conclusione delle sue considerazioni “ha ritenuto di non dovere attribuire valenza preminente in sede di valutazione selettiva al livello tariffario proposto dai singoli partecipanti”, assumendo, sostanzialmente, una decisione in controtendenza su un elemento di valutazione ritenuto invece sensibile in sede di predeterminazione dei criteri.

Ne consegue, in definitiva, che la replica dei contraddittori sulla questione della tariffa non coglie nel segno, ma si dilunga inutilmente nella dimostrazione della valenza (rispetto a quella della ricorrente) delle soluzioni migliorative contenute nella proposta della Lyonnaise eludendo concretamente il punto centrale della questione, ossia la palese omissione- se non vera modifica- di un criterio di giudizio che la commissione si era autovincolata a seguire nella sua valutazione.

Resta da esaminare la doglianza che si incentra in particolare sul rilievo dato dalla commissione al criterio di ammortamento di natura finanziaria utilizzato nella proposta migliorativa della Lyonnaise, nonostante che questo sia contrario all’art.69 del TUIR (d.p.r.22.12.1986 n.917), nonchè all’art.28 dello schema di convenzione approvato dalla Regione.

La censura è fondata con riguardo in particolare al contrasto con l’art.28 della convenzione.

L’art.28 recita: “Alla scadenza della Convenzione per l’espletamento del servizio o in caso di risoluzione della stessa ai sensi del precedente art.26 o in caso di riscatto ai sensi dell’articolo seguente, tutte le opere e canalizzazioni affidate inizialmente al Gestore e quelle successivamente realizzate a spese dell’Autorità d’Ambito e parimenti affidate in concessione al Gestore devono essere restituite gratuitamente all’Autorità d’Ambito in normale stato di manutenzione, in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione, ai sensi dell’art.11, comma 2, lettera h, della legge n.36/94.

Le installazioni finanziate dal Gestore e facenti parte integrante del servizio, ove non completamente ammortizzate saranno oggetto di corresponsione di indennità calcolata, in caso di disaccordo tra le parti, da un collegio di esperti nominati uno da ciascuna delle parti e uno dal Presidente della Camera di Commercio, tenendo conto delle condizioni di ammortamento dei beni.

L’indennità dovrà essere pagata al Gestore entro 9 mesi dal momento della restituzione dei beni, risultante da apposito verbale e l’eventuale ritardo darà luogo ad interessi secondo il tasso di sconto applicato dalla Banca d’Italia”.

In concreto, la disposizione succitata non prevede e quindi non ammette l’ammortamento di natura finanziaria bensì quello c.d. tecnico, stabilendo espressamente per le installazioni finanziate dal gestore un regime indennitario ove non completamente ammortizzate.

L’utilizzo del criterio di ammortamento finanziario per le opere finanziate dal gestore al quale ha fatto ricorso nella sua proposta migliorativa la Lyonnaise avrebbe dovuto essere valutato dalla commissione nell’ottica della compatibilità con l’inderogabile art.28 della convenzione, escludendo ogni soluzione che si ponesse in contrasto con lo stesso e tenendo conto anche del principio fissato dall’art.69 del TUIR secondo il quale l’ammortamento finanziario è consentito, in luogo dell’ammortamento tecnico regolamentato dagli artt.67 e 68, solo per i beni gratuitamente devolvibili. laddove, come sopra notato - per quelli in questione è espressamente previsto l’indennizzo.

Da un punto di vista fiscale, quindi, la esistenza di una clausola di indennizzo non avrebbe comunque consentito la deduzione di quote di ammortamento finanziario quali componenti negativi del bilancio. Da un punto di vista economico l’ammortamento finanziario consente di azzerare totalmente il costo dei beni strumentali nel corso della durata della concessione, poiché la quota annuale di ammortamento viene calcolata dividendo appunto il costo fiscale del bene per gli anni di durata della concessione. Le quote di ammortamento ordinario sono invece deducibili in relazione a coefficienti fissi stabiliti per determinate categorie di beni, con riferimento al periodo di deperimento fisico dei beni stessi. E’  perciò evidente che, applicando l’ammortamento ordinario al termine della concessione, può residuare una parte di costo dei beni strumentali ancora non ammortizzata (specie se la utilizzazione di tali beni sia iniziata nell’ultimo periodo della concessione)  e il cui valore residuo dovrebbe essere indennizzato ai sensi del citato art. 28 della convenzione. E’ chiaro quindi che la soluzione proposta dalla Lyonnaise appare più conveniente per l’Amministrazione, in quanto la esonera dall’indennizzo delle opere strumentali alla gestione del servizio idrico integrato non completamente ammortizzate, ma tale considerazione non può giustificare di per sé l’ammissibilità, in parte qua, della soluzione proposta dal suddetto raggruppamento ed il conseguente giudizio positivo, non potendo la commissione modificare il criterio di ammortamento dettato nello schema di convenzione appositamente predisposto dal legislatore regionale, in attuazione dell’art.11 della legge 36 del 1994, per la regolamentazione dei rapporti fra gli enti locali ed i soggetti gestori dei servizi idrici integrati. Tale schema, in ragione proprio della vincolante norma fissata dall’art.11 della legge statale, non ammette deroghe o applicazioni divergenti dal contenuto delle prescrizioni contenute nello schema medesimo.

Nei sensi indicati, in conclusione, l’articolata complessa censura esaminata è fondata.

5.7.6 Il Collegio deve ora occuparsi del vizio del primo motivo che censura le valutazioni ed il punteggio espressi dalla commissione in relazione al parametro E12 attinente alle modalità di finanziamento per gli investimenti contenuti nel piano d’ambito o come modificati dalle concorrenti.

Anche qui la Vivendi lamenta che la commissione avrebbe disatteso gli stessi criteri che si era dati, dando rilievo ad alcuni ed ignorandone altri. In particolare lamenta che sia stato dato rilievo ad un parametro- la cogenza dell’impegno- non previsto dal disciplinare e che avrebbe dovuto essere valutato al pari degli altri criteri quali il tasso d’interesse, che invece sarebbe stato banalizzato. Inoltre, la commissione avrebbe dovuto giudicare inammissibile l’offerta della Lyonnaise in quanto condizionata ad un evento non certo (approvazione del piano economico, statuto e patti parasociali presentati dal raggruppamento).

Occorre anche qui muovere dall’analisi del disciplinare, per seguire poi con quella dei criteri fissati dalla commissione e finire con le valutazioni espresse dallo stesso organo.

Secondo il disciplinare, per il parametro E12, i concorrenti dovevano indicare le modalità cui fare ricorso per il finanziamento degli investimenti contenuti nel piano d’ambito, o come eventualmente modificati dall’offerente, specificando i tassi applicabili, gli importi erogabili, le linee di credito disponibili e gli istituti di credito concedenti, nonché documentando adeguatamente l’impegno degli istituti medesimi a concedere i finanziamenti stessi.

Nel verbale n.5 la commissione decideva di stabilire alcune linee guida nella valutazione alla stessa demandata. In particolare, individuava come obiettivo l’economicità e sostenibilità delle soluzioni finanziarie proposte, la loro reperibilità, l’adeguatezza e la coerenza temporale dei mezzi finanziari, con riferimento alla congruenza e alla cogenza degli impegni raccolti, in considerazione dell’entità e della tipologia delle condizioni cui l’impegno risultasse subordinato. Stabiliva, quindi, di dare maggior rilievo alle offerte che sulla base del rispetto della tempistica e della dimensione dei flussi di provvista richiesti dal piano di base o da quello rielaborato, risultassero più sostenibili in termini di oneri del servizio del debito nonché di più certa reperibilità, anche con riferimento allo strumento di provvista da utilizzare.

Il confronto fra le scarne, ma abbastanza chiare, indicazioni del disciplinare e i criteri fissati dalla commissione ad ulteriore specificazione delle linee di valutazione da seguire, evidenzia che la commissione non sia trascesa dai limiti del disciplinare stesso. Ed invero, nei criteri la commissione, nell’esercizio di quel potere integrativo che la giurisprudenza consolidata ha sempre riconosciuto a tale organo, ha dato corpo sostanzialmente a parametri di apprezzamento che sono coerente sviluppo dei tre elementi- tassi, importi e linee di credito- schematicamente indicati dal disciplinare. Tale schematicità richiedeva necessariamente lo sviluppo di criteri di valutazione che nell’assegnazione dei quindici punti disponibili tenessero conto dello stretto collegamento esistente, nelle soluzioni prospettate nell’offerta, fra gli elementi stessi e delle variabili all’insieme del piano dei finanziamenti derivanti dal mutamento di uno solo degli elementi stessi.

Per tale parte, pertanto, la censura è da disattendere.

Diversa è, invece, la conclusione che va espressa in ordine alle valutazioni ed al conseguente giudizio sintetizzato nel punteggio che la commissione ha assegnato alla Lyonnaise in applicazione dei criteri suindicati.

Ed invero, la differenza di ben sette punti non trova adeguata giustificazione nelle sintetiche motivazioni riportate nel verbale n.18, le quali, come correttamente sottolinea la ricorrente, disattendono i criteri che la commissione stessa si era dati. La commissione ha valutato positivamente il migliore tasso di interesse previsto nell’offerta della Lyonnaise, ma ha trascurato di dare contezza delle sue valutazioni in ordine agli importi erogabili ed al piano di rimborso degli stessi. Ha dato rilievo alla documentazione dell’impegno cogente da parte degli istituti finanziatori indicati dal raggruppamento vincitore, ma ha trascurato di farsi carico della validità di tale impegno rispetto alla riserva apposta in ordine all’approvazione del piano economico, dello statuto e dei patti parasociali predisposti dal raggruppamento, nonché della parzialità dell’impegno rispetto all’intera esigenza di copertura finanziaria.

In parte qua, pertanto, il motivo è fondato.

6) Esaurito l’esame del complesso ed articolato primo motivo, restano da esaminare il secondo e terzo motivo, nei quali la ricorrente, quasi a volere focalizzare la propria attenzione sulla metodologia usata dalla commissione nella predeterminazione dei criteri di valutazione delle offerte, già censurata ampiamente all’interno del medesimo primo motivo, finisce per reiterare -sostanzialmente in una logica di sintesi- i motivi già dedotti sull’illegittimo inserimento degli ulteriori criteri di valutazione rispetto a quelli già determinati dal disciplinare e sull’illegittima attribuzione di taluni punteggi, ritornando sui alcuni punti di contestazione già oggetto di esame nel primo motivo,  ritenuti tutti infondati ad eccezione di quello riguardante l’attribuzione del punteggio sull’elemento E12.

 Non resta, pertanto, al Collegio che richiamare le considerazioni svolte all’interno del punto 5) della sentenza, ribadendo in particolare- per quanto concerne l’aspetto dei criteri predeterminati dalla commissione- che il disciplinare conteneva un insieme di parametri e punteggi di valutazione che abbisognavano di ulteriori criteri di specificazione che delimitassero l’ampio margine di discrezionalità della commissione, la quale aveva a disposizione ben 100 punti distribuiti in tre sub-categorie contenenti al loro interno più elementi diversificati da valutare singolarmente. La commissione si è correttamente fatta carico di assegnare a ciascun parametro un suo peso, indicando le linea guida che avrebbero contraddistinto il suo giudizio. Della coerenza, logicità e congruenza dei criteri censurati nel particolare si è già argomentato in precedenza e non resta al Collegio che riportarsi a quanto contenuto nella motivazione relativa al punto indicato.

7) In conclusione, sulla base delle esposte argomentazioni, il ricorso è, nei limiti indicati, fondato e va accolto con il conseguente annullamento degli atti impugnati sub 2), 3), 4) e 7) dell’epigrafe del ricorso e, conseguentemente, -trattandosi di materia riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, giusta l’art.33 del dec. leg. 80 del 1998 dell’atto costitutivo e dello statuto delle società di gestione per il servizio idrico integrato dell’A.A.T.O. n. 4, depositati agli atti di causa.

In propostio va solo ricordato che l’art.7 legge 21.7.2000 n.205 (pubblicata sulla G.U.R.I.- serie generale- n.173 del 26.7.2000, successivamente al passaggio in decisione della causa, ma anteriormente alla sottoscrizione ed al deposito della presente sentenza), recante disposizioni in materia di giustizia amministrativa, ha sostituito l’originario disposto degli artt.33, 34 e 35 del decreto 80 del 1998 ed ha (ri)devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi dopo che con la sentenza 17.7.2000 n.292 (pubblicata sulla G.U.R.I.-1^ serie speciale- n.30 del 19.7.2000) la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.33, comma 1, del predetto decr. 80 del 1998, nella parte in cui istituiva una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi, nonché dei commi 2 e 3 del medesimo articolo.

Le spese seguono la soccombenza secondo l’imputazione e la liquidazione operate nel dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I^, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, così provvede:

Accoglie in parte, nei limiti indicati in motivazione, il ricorso in epigrafe indicato. Per l’effetto annulla gli atti nella medesima motivazione indicati e condanna l’AATO n.4 resistente al pagamento, in favore della ricorrente, degli onorari e delle spese processuali, liquidati in complessive £ 15.000.000= (quindicimilioni).

Spese compensate per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Firenze, il 9 maggio ed il 10 luglio 2000, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:

Avv. Riccardo VIRGILIO                   Presidente

Dott. Maurizio NICOLOSI                 Consigliere, est

Dott. Domenico LUNDINI                 Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 15 GENNAIO 2001

Firenze, 15 GENNAIO 2001

IL SEGRETARIO GENERALE

F.to Mara Vagnoli

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici