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Avvocato Generale E. Sharpstone, 29/3/2007 n. C-260/04
Sebbene i contratti di concessione di servizi pubblici sono esclusi dall'ambito applicativo delle direttive in materia di appalti pubblici, le autorità che li concludono sono tuttavia tenute a rispettare gli obblighi di pubblicità e di trasparenza.

La Repubblica italiana, avendo il Ministero delle Finanze rinnovato senza una preventiva messa in concorrenza 329 concessioni per l'esecuzione delle scommesse ippiche, ha violato il principio generale di trasparenza e l'obbligo di pubblicità che deriva dalle disposizioni del Trattato CE in materia di libertà di stabilimento, di cui agli artt. 43 e seguenti, e di libera prestazione dei servizi, di cui agli artt. 49 e seguenti.

Materia: comunità europea / appalti

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

E. SHARPSTON

 

presentate il 29 marzo 2007 1(1)

 

Causa C-260/04

 

Commissione

 

contro

Repubblica italiana

 

«Inadempimento di uno Stato – Libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi – Concessioni di servizi pubblici – Rinnovo di 329 concessioni per l’esercizio delle scommesse ippiche senza previa gara d’appalto – Obblighi di pubblicità e di trasparenza»

 

1.        Nel 1999 le autorità italiane hanno rinnovato 329 concessioni per l’esercizio delle scommesse ippiche senza una preventiva gara d’appalto. La Commissione chiede di dichiarare che, ciò facendo, la Repubblica italiana ha violato i principi di trasparenza e di pubblicità che derivano dalle norme del Trattato in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. L’Italia nega l’inadempimento, con il sostegno della Danimarca e della Spagna; tuttavia, lo Stato convenuto e gli intervenienti adducono argomenti diversi per respingere il ricorso della Commissione.

 

 Diritto comunitario

 

2.        L’art. 43 CE vieta le restrizioni della libertà di stabilimento nei confronti dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.

 

3.        L’art. 49 CE vieta le restrizioni della libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità nei confronti dei cittadini degli altri Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione.

 

4.        In forza degli artt. 45 CE e 46 CE (letti, con riferimento all’art. 49 CE, in combinato disposto con l’art. 55 CE), tali divieti non si applicano alle attività che, nello Stato membro interessato, siano collegate, sia pure occasionalmente, all’esercizio di pubblici poteri. Essi lasciano altresì impregiudicata l’applicabilità delle disposizioni dell’ordinamento nazionale che prevedano un regime speciale per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.

 

5.        Inoltre, la Corte ha costantemente affermato che le restrizioni della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi possono essere giustificate da motivi imperativi di pubblico interesse che non eccedano quanto sia necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito e che si applichino senza discriminazioni basate sulla cittadinanza (2).

 

6.        All’epoca in cui si sono svolti i fatti di causa, la disciplina generale degli appalti pubblici di servizi era stabilita, sul piano comunitario, dalla direttiva 92/50 (3). I contratti con un valore superiore a determinate soglie sono assoggettati ad obblighi specifici che includono, in particolare, un obbligo di pubblicizzare il procedimento a livello comunitario, tranne in alcuni casi, rigorosamente definiti. Tuttavia, nell’ottavo ‘considerando’ della direttiva 92/50 si dichiara che la prestazione di servizi è disciplinata da quest’ultima soltanto quando si fondi su contratti d’appalto, mentre la prestazione di servizi su altra base esula dal suo campo d’applicazione. La Commissione aveva inizialmente proposto di includere le concessioni di pubblici servizi nella sfera di applicazione della direttiva, ma il Consiglio ha eliminato ogni riferimento in proposito, in particolare a causa delle differenze esistenti tra gli ordinamenti degli Stati membri (4).

 

7.        La Corte ha tuttavia statuito che, anche se i contratti di concessione di servizi pubblici sono esclusi dall’ambito applicativo delle direttive in materia di appalti pubblici, le autorità che li concludono sono tuttavia tenute a rispettare le regole fondamentali del Trattato CE e, in particolare, il divieto di discriminazione sulla base della cittadinanza (5). Gli artt. 43 CE e 49 CE sono specificamente applicabili alle concessioni di servizi pubblici (6), ed il principio della parità di trattamento tra offerenti si applica anche in assenza di discriminazione sulla base della cittadinanza (7). I detti principi comportano, in particolare, un obbligo di trasparenza posto a carico delle pubbliche autorità, che devono garantire un adeguato livello di pubblicità, tale da consentire l’apertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione (8).

 

8.        Nel 2000 la Commissione ha pubblicato una Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario (9), in cui espone il proprio punto di vista circa il modo in cui il diritto comunitario condiziona l’aggiudicazione delle concessioni (10).

 

 Fatti

 

9.        Fino al 1996, la legislazione italiana affidava la responsabilità dell’organizzazione delle scommesse collegate con le manifestazioni ippiche all’Unione Nazionale Incremento Razze Equine (UNIRE) che, a tal fine, ha attribuito numerose concessioni. A partire dal 1996 (11), le scommesse sono state poste sotto l’egida dei Ministeri delle Finanze e delle Risorse agricole e forestali. Con un decreto del Presidente della Repubblica emanato nel 1998 (12), è stato stabilito che i detti ministeri dovessero attribuire le concessioni tramite gara, da espletarsi secondo la normativa comunitaria. In via transitoria, le concessioni attribuite in base al precedente regime (che non prevedeva il ricorso all’appalto pubblico) venivano prorogate sino alla fine del 1998 o – nell’impossibilità di espletare le gare entro tale data – sino alla fine del 1999.

 

10.      Nel 1999 è stato deciso, con decreto ministeriale (13), di aumentare il numero dei centri di raccolta delle scommesse da 329 a 1000. Sono state messe a concorso e assegnate 671 nuove concessioni. Le 329 concessioni in atto sono state semplicemente rinnovate per un periodo di sei anni a partire dal 1° gennaio 2000 (14). In seguito è stato stabilito, per legge, che le 329 concessioni dovessero essere riattribuite conformemente al decreto presidenziale 169/98 ma che, fino al momento della riattribuzione, esse sarebbero rimaste valide (15).

 

 Procedimento

 

11.      Il 24 luglio 2001 la Commissione inviava al governo italiano una lettera di diffida ai sensi dell’art. 226 CE, avente ad oggetto una serie di questioni relative alle scommesse, tra le quali quella concernente il rinnovo delle 329 concessioni in questione. La Commissione considerava la procedura di rinnovo incompatibile con gli obblighi di trasparenza e di pubblicità derivanti dagli artt. 43 CE e 49 CE.

 

12.      Le autorità italiane rispondevano a tali contestazioni annunciando l’adozione del decreto legge menzionato in precedenza (16).

 

13.      Ritenendo che le disposizioni di tale legge fossero rimaste lettera morta, la Commissione emetteva, in data 18 ottobre 2002, un parere motivato, invitando la Repubblica italiana a conformarsi ad esso entro due mesi.

 

14.      Il 10 dicembre 2002 le autorità italiane invocavano l’esigenza di procedere ad una ricognizione della situazione finanziaria dei titolari delle concessioni ancora in essere, prima di dar corso alle gare.

 

15.      Preso atto che, al 17 giugno 2004, non le era ancora pervenuta alcuna comunicazione quanto alla conclusione di tale operazione di ricognizione e all’apertura di nuove gare, la Commissione ha deciso di presentare il ricorso in esame, nel quale chiede alla Corte

 

        di dichiarare che la Repubblica italiana, avendo il Ministero delle Finanze rinnovato senza una preventiva messa in concorrenza 329 concessioni per l’esecuzione delle scommesse ippiche, ha violato il principio generale di trasparenza e l’obbligo di pubblicità che deriva dalle disposizioni del Trattato CE in materia di libertà di stabilimento, di cui agli artt. 43 e seguenti, e di libera prestazione dei servizi, di cui agli artt. 49 e seguenti, e

 

        di condannare la Repubblica italiana alle spese.

 

16.      La Repubblica italiana chiede alla Corte di respingere il ricorso e di condannare la Commissione alle spese.

 

17.      È stato autorizzato l’intervento della Danimarca e della Spagna a sostegno dell’Italia, detti Stati membri hanno depositato le proprie memorie d’intervento. È stato autorizzato l’intervento anche della Finlandia e dei Paesi Bassi, ma il primo Stato membro ha poi rinunciato agli atti e il secondo non ha presentato memorie.

 

18.      Non è stata richiesta, né si è tenuta udienza.

 

 Valutazione

 

19.      Gli argomenti della Commissione possono essere riassunti come segue. Ai fini dell’ordinamento comunitario, le concessioni per l’esercizio delle scommesse ippiche si configurano come concessioni di pubblico servizio. In quanto tali, esse non ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva 92/50, ma rimangono nondimeno assoggettate agli obblighi generali di non discriminazione, di trasparenza e di pubblicità, che derivano dagli artt. 43 CE e 49 CE. Secondo la Commissione, il rinnovo senza nessuna gara delle 329 concessioni esistenti è incompatibile con i suddetti obblighi. Inoltre, una deroga può essere giustificata solo per i motivi previsti negli artt. 45 CE e 46 CE, che non sussistono nel caso presente. Nel caso delle 329 concessioni litigiose, la Commissione constata che le autorità italiane non hanno provveduto ad adeguare la procedura di rinnovo al diritto comunitario entro il termine di due mesi stabilito nel parere motivato 18 ottobre 2002, né persino alla data di presentazione del ricorso per inadempimento, 18 mesi più tardi.

 

20.      Alla luce dei fatti esposti nei precedenti paragrafi 9 e 10, che non sembrano oggetto di contestazione, ed in base alla giurisprudenza richiamata al paragrafo 7, ritengo di poter affermare che la Commissione abbia dimostrato prima facie l’esistenza dell’inadempimento che chiede di far accertare.

 

21.      Nel controricorso, l’Italia invoca una serie di provvedimenti adottati nel 2003 e le esigenze di interesse pubblico che ne hanno determinato l’adozione.

22.      La Spagna svolge alcune considerazioni sulle caratteristiche peculiari relative all’autorizzazione ed organizzazione del gioco d’azzardo, di cui la Commissione, a suo dire, non avrebbe tenuto conto.

 

23.      La Danimarca mette in discussione l’interpretazione della sentenza Telaustria proposta dalla Commissione, riguardo alla portata dell’obbligo di trasparenza in circostanze come quelle del caso di specie.

 

24.      Poiché gli argomenti formulati dai tre suddetti Stati membri sono tra loro diversi, li tratterò disgiuntamente.

 

 Italia

 

25.      Il governo italiano sostiene la legittimità dei provvedimenti adottati, riferendosi, in particolare, ad un decreto legge del 2003 e ad una decisione emanata in esecuzione di esso (17). Tale decreto legge disponeva una verifica della situazione finanziaria di tutti i concessionari, in seguito alle difficoltà incontrate da questi ultimi nell’assolvimento dell’obbligo di versare tributi rivelatisi troppo onerosi. Ulteriori misure erano state adottate per ovviare a tali difficoltà con l’ausilio di varie procedure, e la decisione aveva prorogato le concessioni in atto fino al raggiungimento dell’obiettivo, ma non oltre il 31 dicembre 2011. Tale serie di provvedimenti era necessaria per assicurare la continuità del servizio, la stabilità finanziaria ed una congrua remunerazione del capitale investito dai concessionari, allo scopo di evitare lo sviluppo di un giro clandestino di scommesse, fino al momento in cui sarebbe stato possibile riattribuire le concessioni sulla base di una procedura di gara.

 

26.      La Commissione osserva che i provvedimenti adottati nel 2003 non hanno alcun rilievo nei riguardi dell’infrazione. La sussistenza di un inadempimento dev’essere valutata alla luce della situazione esistente nello Stato membro alla scadenza del termine fissato nel parere motivato (18).

 

27.      Sono d’accordo.

 

28.      La Commissione tuttavia prosegue, volgendo a considerare se i motivi invocati a giustificazione dei provvedimenti adottati nel 2003 potessero giustificare la situazione come si presentava nel 2002, per concludere in senso negativo.

 

29.      Non trovo argomenti che possano sostenere l’affermazione della Commissione, secondo cui solo le deroghe espressamente previste agli artt. 45 CE e 46 CE sarebbero ammissibili, escludendo altre giustificazioni che possano basarsi su motivi imperativi di interesse generale. La Corte ha ripetutamente ammesso che motivi di tal genere possono giustificare restrizioni della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (19).

 

30.      Tuttavia, come sottolinea giustamente la Commissione, per poter essere giustificate – tanto sulla base delle disposizioni del Trattato, quanto per motivi imperativi di interesse generale – le misure di cui trattasi devono risultare idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non devono eccedere quanto necessario per il raggiungimento di quest’ultimo (20).

 

31.      Inoltre, motivi di natura puramente economica o amministrativa non sono idonei a giustificare una limitazione di una libertà garantita dal Trattato (21).

 

32.      Degli obiettivi menzionati dal governo italiano, nessuno sembra rientrare nelle categorie indicate agli artt. 45 CE e 46 CE. Per quanto riguarda gli altri motivi imperativi (di carattere non economico), solo la preoccupazione di evitare le scommesse clandestine può essere considerata, almeno in via di principio, di interesse generale.

 

33.      Ciò nonostante, dall’esposizione dei fatti incontestati di causa, risulta che nel 1999 le autorità competenti hanno deciso di aumentare il numero delle concessioni, in Italia, da 329 a 1000. Tale obiettivo è stato raggiunto mediante l’attribuzione, a mezzo di gara, di 671 nuove concessioni e con il semplice rinnovo delle 329 vecchie concessioni. In tali circostanze è difficile immaginare – e la difesa del governo italiano non lo spiega – in che modo il rinnovo o la proroga delle 329 vecchie concessioni senza gara potesse scongiurare il pericolo delle scommesse clandestine, o perché mai la mancanza di trasparenza fosse necessaria a tal fine.

 

34.      Ritengo perciò che il governo italiano non abbia formulato alcun argomento atto ad inficiare la fondatezza del ricorso della Commissione.

 

 Spagna

 

35.      La Spagna sostiene che il ricorso della Commissione non è sufficientemente fondato in quanto omette di considerare una serie di aspetti fondamentali. Anzitutto, come ha ammesso la giurisprudenza della Corte (22), le considerazioni di ordine morale, religioso e culturale, nonché le conseguenze moralmente e finanziariamente dannose per l’individuo e la società che sono collegate ai giochi d’azzardo e alle scommesse possono giustificare l’esercizio di un certo potere discrezionale da parte delle autorità nazionali nel disciplinare tali attività nell’interesse della tutela del consumatore e dell’ordine pubblico. In secondo luogo, un periodo transitorio è necessario al fine di attuare il passaggio da un vecchio regime di concessioni ad uno nuovo e può giustificare una proroga parziale del regime precedente. Sotto entrambi gli aspetti, le autorità italiane dimostrano chiaramente la volontà di conformarsi integralmente ai dettami comunitari. In terzo luogo, tale questione investe interessi sociali complessi come, in particolare, l’uso dei proventi delle scommesse come unica fonte di finanziamento dei programmi per l’incremento delle razze equine. Infine, il settore delle scommesse collegate alle corse dei cavalli, in Italia, attraversa attualmente una seria crisi finanziaria, le cui origini sono precedenti all’adozione dei provvedimenti del 2003, citati dal governo italiano nel controricorso.

 

36.      Tuttavia, nessuna di tali considerazioni si rileva in grado di giustificare la situazione denunciata dalla Commissione, cioè il rinnovo e la successiva proroga di 329 vecchie concessioni, senza trasparenza e pubblicità, parallelamente all’attribuzione di 671 nuove concessioni mediante gara d’appalto.

 

37.      La Corte ha certamente riconosciuto la natura particolare dell’attività legata alle scommesse ed al gioco d’azzardo, senza tuttavia ammettere che tale peculiarità possa giustificare restrizioni delle libertà garantite dal Trattato, che non siano dettate da motivi imperativi di interesse generale e che non risultino atte ad assicurare il conseguimento dello scopo perseguito, o che eccedano quanto necessario per raggiungerlo (23). Considerazioni di natura sociale ed economica del tipo di quelle menzionate dalla Spagna in terzo e in quarto luogo, ovvero difficoltà di ordine pratico connesse al passaggio da un regime a un altro non rientrano tra i motivi imperativi di interesse generale. Infine, una volontà chiaramente espressa delle autorità italiane non è rilevante al fine di valutare una situazione di fatto esistente alla scadenza del termine fissato nel parere motivato della Commissione.

 

 Danimarca

 

38.      La Danimarca solleva una serie di questioni che riguardano sostanzialmente la portata degli obblighi derivanti dal Trattato in relazione ai contratti di diritto pubblico o alle concessioni che esulano dalla sfera di applicazione delle direttive sugli appalti. In particolare, tale Stato membro ritiene che il ricorso ad una procedura di gara non sia necessariamente obbligatorio e che l’uso del termine «advertising» nella versione in lingua inglese della sentenza Telaustria suggerisca erroneamente un obbligo più rigoroso rispetto al termine corrispondente «pubblicità», usato dalle altre versioni linguistiche. Tale governo chiede alla Corte di precisare se il detto obbligo comporti la necessità, per l’autorità aggiudicatrice, di procedere ad una pubblica ricerca dei futuri contraenti o concessionari, per i potenziali offerenti, di poter consultare la documentazione relativa alla gara, o per l’autorità aggiudicatrice, semplicemente di rendere nota l’intenzione di concludere un contratto o assegnare una concessione.

 

39.      Le osservazioni della Danimarca al riguardo sono molto simili agli argomenti sollevati da tale Stato membro nell’ambito di un altro procedimento, pendente dinanzi alla Corte, Commissione/Finlandia (24). Le questioni sollevate da tale Stato membro sono importanti e concordo sul fatto che un chiarimento in merito al diritto in materia sia auspicabile (25). Tuttavia, il chiarimento generale chiesto dalla Danimarca sembra prioritariamente funzionale ad una risposta ad alcune domande di interesse generale per gli Stati membri piuttosto che alla determinazione dell’esito del presente ricorso per inadempimento.

 

40.      Nel presente procedimento, non viene messo in discussione il fatto che le 329 concessioni di cui trattasi siano state semplicemente e automaticamente rinnovate. Anche se si potesse asserire che in qualche modo le autorità italiane abbiano pubblicizzato il fatto che il procedimento di rinnovo stava per avere luogo, è piuttosto evidente che il grado di pubblicità relativo a tali concessioni (a differenza delle 671 nuove concessioni, attribuite in esito ad una gara) non era affatto, a mio parere, tale da «consent[ire] l’apertura della concessione di servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione» (26).

 

41.      Non ritengo, perciò, che gli argomenti della Danimarca possano incidere sulla soluzione della presente causa.

 

 Osservazioni conclusive

42.      Sono pertanto dell’opinione che, alla luce della giurisprudenza della Corte ed in considerazione dei fatti incontestati di causa, la Commissione abbia sufficientemente dimostrato l’infrazione di cui chiede l’accertamento, e che nessuna delle considerazioni svolte dagli Stati membri sia idonea confutare gli argomenti dedotti in questo caso dalla ricorrente.

 

43.      Ci tengo a chiarire che, con la presente conclusione, non intendo esprimere un’opinione in merito ad altre circostanze in cui il rinnovo di concessioni per l’esercizio delle scommesse ippiche senza gara d’appalto possa essere giustificato da motivi di pubblico interesse. Né considero necessario precisare il tipo o il grado di pubblicità richiesto quando viene svolta una gara d’appalto. Basti in proposito ricordare che, nel caso presente, 671 concessioni sono state attribuite in esito ad una gara che, secondo la Commissione, era conforme al diritto comunitario mentre, contemporaneamente, 329 concessioni venivano rinnovate senza il benché minimo grado di trasparenza o pubblicità che avrebbe consentito agli interessati di accedere alla procedura di attribuzione.

 

Sulle spese

44.      A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda e, ai sensi dell’art. 69, n. 4, dello stesso regolamento, gli Stati membri intervenuti nella controversia sopportano le proprie spese. La Commissione ha chiesto che la Repubblica italiana sia condannata alle spese.

 

Conclusione

45.      Ritengo pertanto che la Corte debba

        dichiarare che la Repubblica italiana, avendo il Ministero delle Finanze rinnovato senza una preventiva messa in concorrenza 329 concessioni per l’esecuzione delle scommesse ippiche, ha violato il principio generale di trasparenza e l’obbligo di pubblicità che deriva dalle disposizioni del Trattato CE in materia di libertà di stabilimento, di cui agli artt. 43 e seguenti, e di libera prestazione dei servizi, di cui agli artt. 49 e seguenti, e

        condannare la Repubblica italiana alle spese processuali, ad eccezione delle spese sostenute dagli Stati membri intervenienti, che devono accollarsene l’onere.

 

1 – Lingua originale: l'inglese.

2 – V., per esempio, sentenze 25 luglio 1991, causa C-76/90, Säger (Racc. pag. I-4221, punto 15), e 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus (Racc. pag. I-1663, punto 32).

3 – Direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), abrogata e sostituita dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134, pag. 114). Le procedure di appalto relative all’erogazione di acqua e di energia, nonché ai servizi di trasporto e di telecomunicazione erano regolate dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 199, pag. 84), anch’essa abrogata e sostituita dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU L 134, pag. 1).

4 – V., su questo punto, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Telaustria e Telefonadress (Racc. pag. I-10745, punti 46 e seg.).

5 – V. sentenze Telaustria, cit. alla nota 4 (punto 60); 21 luglio 2005, causa C-231/03, Coname (Racc. pag. I-7287, punto 16); 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Parking Brixen (Racc. pag. I-8612, punto 46), e 6 aprile 2006, causa C-410/04, ANAV (Racc. pag. I-3303, punto 18).

6 – V. sentenze Parking Brixen (punto 47) e ANAV (punto 19).

7 – Sentenze Parking Brixen (punto 48) e ANAV (punto 20).

8 – V. sentenze Telaustria (punti 61 e 62), Parking Brixen (punto 49) e ANAV (punto 21).

9 – GU 2000, C 121, pag. 2.

10 – La più recente comunicazione interpretativa, relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive appalti pubblici (GU 2006, C 179, pag. 2), esclude espressamente le concessioni, sebbene alcuni indirizzi in essa contenuti possano ritenersi tanto generali da potersi applicare anche alle concessioni.

11 – Legge n. 662/1996 (GURI del 28 dicembre 1996, n. 303).

12 – Decreto del Presidente della Repubblica n. 169/1998 (GURI del 1° giugno 1998, n. 125).

13 – Decreto ministeriale 7 aprile 1999 (GURI 14 aprile 1999, n. 86).

14 – Direttiva ministeriale 9 dicembre 1999 e decreto dirigenziale 21 dicembre 1999 (GURI 23 dicembre 1999, n. 300).

15 – Decreto legge n. 452/2001 (GURI del 29 dicembre 2001, n. 301), convertito con modificazioni in legge n. 16/2002 (GURI del 27 febbraio 2002, n. 49).

16 – V. supra, paragrafo 10 e nota 15.

17 – Decreto legge 24 giugno 2003, n. 147 (GURI del 25 giugno 2003, n. 145), convertito in legge n. 200/2003; decisione dell’UNIRE 14 ottobre 2003, n. 107/2003 (che ha attribuito inizialmente le 329 concessioni litigiose).

18 – La Commissione cita la sentenza 20 giugno 2002, causa C-299/01, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I-5899, punto 11). V., per la giurisprudenza più recente, sentenza 11 gennaio 2007, causa C-183/05, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I-0000, punto 17).

19 – V., per esempio, nel particolare settore delle scommesse, sentenze 6 novembre 2003, causa C-243/01, Gambelli e a. (Racc. pag. I-13031, punti 59 e 60); 6 marzo 2007, cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica e a. (Racc. pag. I-0000, punto 45).

20 – V. sentenza Gambelli (punto 65); v., inoltre, sentenza 30 gennaio 2007, causa C-150/04 (Racc. pag. I-0000, punto 46).

21 – V., per esempio, sentenze 16 gennaio 2003, causa C-388/01, Commissione/Italia (Racc. pag. I-721, punto 22), e 13 maggio 2003, causa C-463/00, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-4581, punto 35).

22 – V. sentenza Gambelli, cit. alla nota 19 (punto 63), e giurisprudenza ivi citata; v., inoltre, sentenze 24 marzo 1994, causa C-275/92, Schindler (Racc. pag. I-1039); 21 settembre 1997, causa C-124/97, Läärä e a. (Racc. pag. I-6067), e 21 ottobre 1999, causa C-67/98, Zenatti (Racc. pag. I-7289).

23 – V. sentenza Gambelli (punti 65 e 67).

24 – Causa C-195/04; v., in particolare, paragrafi 79 e segg. delle mie conclusioni, presentate il 18 gennaio 2007.

25 – V., per un ulteriore approfondimento, Adrian Brown, «Seeing through transparency: the requirement to advertise public contracts and concessions under the EC Treaty», in Public Procurement Law Review, 2007 (pag. 1). Si rammenta inoltre che la comunicazione interpretativa della Commissione 2006 (cit. alla nota 10) è attualmente oggetto di una domanda di annullamento presentata dalla Germania dinanzi al Tribunale di primo grado, nella causa T-258/06, in cui vari Stati membri ed il Parlamento europeo hanno chiesto di intervenire.

26 – V. supra, paragrafo 7 e nota 8.

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