REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4084/1998 proposto da Valentino Gennatiempo, rappresentato e difeso dall'avv. Guglielmo Saporito ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. F.C. Bianca in Roma, al viale delle Milizie n. 9;
CONTRO
- il Comune di SCANDIANO, in persona del sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
e nei confronti
- della signora Elisabetta COTTAFAVI non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Sezione di Parma, 14 ottobre 1997 n. 428
Visto il ricorso con i relativi allegati
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 21 novembre 2006 il Consigliere Marco Lipari;
Udito, altresì, l’avv. Muscatello;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. La sentenza impugnata ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Sig. Valentino Gennatiempo contro la deliberazione della giunta municipale di Scandiano n. 1423 del 20 dicembre 1998, concernente l’assunzione della Signora Elisabetta Cottafavi quale operatore qualificato addetto ai servizi generali, inquadrato nella 3^ qualifica funzionale.
2. L’appellante ripropone le censure disattese dal tribunale.
3. Le parti appellate, pur ritualmente intimate, non si sono costituite in giudizio.
DIRITTO
L’appellante, ricorrente in primo grado, nel 1983 è stato assunto dal comune di Scandiano, in qualità di invalido civile al 50%, ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 482/1968, nel ruolo degli “operatori scolastici per l’infanzia”, seconda qualifica funzionale, presso l’Asilo di Arceto.
In seguito all’aggravamento dell’invalidità, passata al 67%, l’appellante, nel frattempo transitato alla terza qualifica funzionale, era giudicato idoneo a svolgere mansioni sedentarie, ma non le funzioni “medio-pesanti” (verbale della competente Unità sanitaria locale n. 4021/1988, in data 6 giugno 1988).
Il comune, assumendo la mancanza di adeguati posti con tali caratteristiche di “sedentarietà”, stabiliva di mantenere il dipendente nel posto già occupato.
A partire del 1998, si rendeva libero un posto di usciere presso la casa comunale. L’appellante presentava una formale istanza di mobilità, diretta ad ottenere il trasferimento a tale posto.
Con delibera n. 1423 del 20 dicembre 1998, l’amministrazione stabiliva, invece, di assumere nel posto vacante la Signora Elisabetta Cottafavi, risultata idonea nel concorso bandito nel 1985 per la copertura del posto, mediante lo scorrimento della graduatoria.
L’interessato impugnava tempestivamente tale atto, con ricorso al tribunale competente.
Successivamente, l’appellante era dispensato dal servizio, in ragione dell’accertata inabilità assoluta al servizio, in mancanza di posti adeguati all’espletamento delle mansioni (delibere n. 692/1989 e 879/1989).
Anche tali provvedimenti erano impugnati dall’interessato. Il relativo ricorso era poi respinto dal tribunale, con sentenza definitivamente confermata in appello (decisione della Sezione n. 280/1997).
La Sezione osserva preliminarmente che l’intervenuto accertamento dell’inabilità assoluta all’impiego dell’appellante non determina il sopravvenuto difetto di interesse alla definizione del presente giudizio. Infatti, residua l’interesse dell’appellante ad accertare l’illegittimità del provvedimento contestato in primo grado, fino alla data della delibera di dispensa dal servizio, in funzione di eventuali azioni risarcitorie o di responsabilità nei riguardi dell’amministrazione.
È vero, infatti, che, ora, in seguito al più recente indirizzo delle Sezioni Unite, la domanda di risarcimento del danno non deve reputarsi più subordinata alla pregiudiziale impugnazione dell’atto amministrativo ritenuto lesivo. Ma ciò non impedisce di riconoscere l’interesse del ricorrente ad ottenere una sentenza di annullamento del provvedimento impugnato, idonea a spiegare effetti anche nel giudizio civile, quanto meno con riferimento al presupposto oggettivo dell’azione di responsabilità.
Nel merito, l’appello è infondato.
La pronuncia del tribunale si basa sulla duplice affermazione di inammissibilità e di infondatezza del ricorso.
A giudizio del collegio, non è condivisibile la statuizione riguardante l’asserita inammissibilità del ricorso, per omessa impugnazione dell’atto di indizione del concorso. È evidente, infatti, che la lesione deriva, in questo caso, non dal concorso, ma dalla decisione di effettuare lo scorrimento della graduatoria, anziché attivare la procedura di mobilità interna.
Tuttavia, la Sezione ritiene di confermare la pronuncia di infondatezza della domanda.
L’appellante deduce la violazione dell’articolo 11 del DPR n. 347/1983, in relazione all’articolo 97 della Costituzione e al verbale di intesa sottoscritto dal comune di Scandiano, in data 22 novembre 1985, riguardante le procedure di mobilità interna, oltre che il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
Il D.P.R. 25 giugno 1983 n. 347, recante “Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo del 29 aprile 1983 per il personale dipendente dagli enti locali.”, disciplina, all’articolo 11, il Mutamento di mansioni per inidoneità fisica, dettando la seguente regola: “Nei confronti del dipendente riconosciuto fisicamente inidoneo in via permanente allo svolgimento delle mansioni attribuitegli l'amministrazione non potrà procedere alla di lui dispensa dal servizio per motivi di salute prima di aver esperito ogni utile tentativo, compatibilmente con le strutture organizzative dei vari settori e con le disponibilità organiche dell'ente, per recuperarlo al servizio attivo, in mansioni diverse ma affini a quelle proprie del profilo rivestito, appartenenti alla stessa qualifica funzionale od a qualifica funzionale inferiore.”
Il riferimento a tale articolo, tuttavia, è palesemente inappropriato, perché esso riguarda la diversa ipotesi in cui l’amministrazione decida di dispensare il dipendente dal servizio, senza attribuirgli una diversa mansione.
Nella presente vicenda, al contrario, è in contestazione la decisione dell’amministrazione di mantenere il dipendente nel posto di operatore scolastico per l’infanzia (“bidello”), anziché in quello di usciere.
A sostegno della domanda di annullamento del provvedimento di nomina della Signora Cottafavi, l’interessato afferma pure che le mansioni di addetto ai servizi generali corrispondono, in sostanza, a quelle di “usciere” presso la Casa comunale e, quindi, risultano più sedentarie e più adeguate al suo stato di salute rispetto alle mansioni di “bidello” presso la scuola per l’infanzia di Aceto.
Nessun elemento probatorio induce a ritenere, nemmeno in via presuntiva o indiziaria, che il posto assegnato alla Signora Cottafavi sia effettivamente adeguato alle condizioni di salute dell’appellante.
In tal senso, non sembra decisiva l’attestazione della ULS in data 7 settembre 1988, all’esito dell’esame collegiale. Tale verbale afferma che l’interessato “è idoneo a svolgere solo mansioni lavorative sedentarie (usciere)”.
Infatti, il riferimento alle mansioni di “usciere” deve ritenersi, in tale contesto, meramente descrittivo e atecnico. L’amministrazione comunale ha diffusamente chiarito che le mansioni di addetto ai servizi di anticamera (operatore qualificato addetto ai servizi generali) sono più articolate e pesanti di quelle “sedentarie” di un “usciere”.
Pertanto, non sembra appropriato nemmeno il riferimento al protocollo di intesa sottoscritto dal comune, diretto a preferire le procedura di mobilità interna rispetto a quelle di concorso dall’esterno. Anche a prescindere dal valore programmatico, anziché immediatamente vincolante, del protocollo, va rilevato che esso riguarda le sole ipotesi in cui l’interessato sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità fisica.
Né, in questa sede possono assumere rilievo le determinazioni assunte dal Comune riguardanti la dispensa dal servizio dell’appellante, tenuto conto della inoppugnabilità del relativo provvedimento.
In definitiva, quindi, l’appello deve essere respinto.
Nulla va disposto in ordine alle spese di lite, non essendosi costituite in giudizio le parti appellate.
Per Questi Motivi
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello;
Nulla per le spese;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 novembre 2006 con l'intervento dei signori:
Emidio Frascione Presidente
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Marco Lipari Consigliere Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Marco Lipari f.to Emidio Frascione
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21-06-2007
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Antonio Natale
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