REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. II ter, ha pronunziato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 9887/2004 proposto dalla società AMA s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Alfredo Palopoli ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso, sito in Roma, alla Via Oslavia n. 14;
contro
- il Comune di Bracciano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso in giudizio dall’Avv. Michele Damiani ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso, in Roma, alla Via Mordini n. 14;
la società BRACCIANO AMBIENTE s.p.a., in persona dell’Amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Clarizia, unitamente al quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Principessa Clotilde n. 2;
per l’annullamento previa sospensiva
della deliberazione del Consiglio comunale di Bracciano n. 39 del 9.6.2004, di costituzione della società “Bracciano Ambiente s.p.a.”;
della deliberazione di detto Consiglio comunale n. 56 del 9.8.2004, con cui è stato deciso di affidare alla “Bracciano Ambiente” s.p.a. i servizi di igiene urbana ed ambientale, con anticipata disdetta del contratto (Rep. n. 5731) in corso con l’A.M.A. s.p.a. ;
della lettera prot. n. 29032 del 30.9.2004 con cui il Comune di Bracciano ha comunicato alla A.M.A. s.p.a. di rinunciare a prestazioni di beni e servizi già richiesti alla società stessa;
degli atti preordinati, connessi e conseguenti;
nonché, a seguito di motivi aggiunti:
della delibera della Giunta comunale di Bracciano n. 499 del 29.9.2004, di rinuncia a prestazioni di beni e servizi richiesti alla A.M.A. s.p.a. e di affidamento di servizi alla “Bracciano Ambiente” s.p.a.;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bracciano e della “Bracciano Ambiente” s.p.a.;
Visti i motivi aggiunti al ricorso;
Vista la propria ordinanza 16 novembre 2004 n. 6066;
Vista la sentenza n. 3025/2005 con cui il giudizio è stato definito con la declatoria di inammissibilità per difetto di giurisdizione;
Vista la sentenza del C.d.S. n. 4762/2006 con la quale è stata riformata in appello la sentenza di questo Tribunale n. 3025/2005;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 19.3.2007, relatore il Consigliere Maria Cristina Quiligotti, i procuratori delle parti comparsi come da verbale d'udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato l’8.10.2004, depositato il 16.10.2004 la A.M.A. s.p.a., con sede in Roma, ha evidenziato che, a seguito di delibera del Consiglio comunale di Bracciano n. 54 del 20.12.2001, la Giunta comunale, con delibera n. 182 del 28.4.2002 (rettificata con delibera n. 151 del 12.12.2002), ha definito il testo del contratto di servizio per la gestione di servizi di igiene urbana da stipularsi con la società stessa, per l’importo annuo di € 903.800,00 (IVA compresa), per il periodo dall’1.5.2002 al 30.4.2005. Secondo la ricorrente il contratto è stato in effetti stipulato in data 20.6.2003 a rogito del Segretario generale del Comune suddetto ed, in particolare, articolo 3, lettera h), dello stesso riservava al Comune la facoltà di disdetta anticipata nell’ipotesi di costituzione da parte del Comune di una società pubblica, o di sua adesione a soggetto già costituito, per la gestione dei servizi locali.
Con l’atto introduttivo del giudizio detta società ha impugnato la deliberazione del Consiglio comunale di Bracciano n. 39 del 9.6.2004, di costituzione della società “Bracciano Ambiente s.p.a.”, la deliberazione di detto Consiglio comunale n. 56 del 9.8.2004, con cui è stato deciso di affidare a detta Bracciano Ambiente s.p.a. i servizi di igiene urbana ed ambientale (con anticipata disdetta del contratto in corso con l’A.M.A. s.p.a. Rep. n. 5731) e la lettera prot. n. 29032 del 30.9.2004, con cui il Comune di Bracciano ha comunicato alla A.M.A. s.p.a. di rinunciare a prestazioni di beni e servizi già richiesti alla società stessa.
A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:
1.- Quanto alla delibera n. 39 del 9.6.2004: Eccesso di potere in tutti i suoi elementi sintomatici, in particolare per difetto di motivazione e di istruttoria. Violazione dell'art. 113 del D. Leg.vo n. 267 del 2000, dell’art. 29 della L. n. 448 del 2001 e degli artt. 1 e 3 della L. n. 241 del 1990.
E’ stato scelto un modulo gestorio in assenza di chiarezza circa il quadro normativo di riferimento (l’art. 113, V c., del D. Leg.vo 18 agosto 2000, n. 267, nel testo modificato con il D.L. n. 269 del 2003, neppure citato) ed in assenza di giustificazione circa la scelta effettuata, non basata su analisi tecnico economica e priva di rinvii, studi o elaborati idonei ad integrare l’apparato motivazionale.
La deliberazione in epigrafe istituisce anche un improprio raffronto tra gestione dei servizi mediante società pubblica locale e gestione in economia, pur non potendo essere effettuata in economia la gestione di servizi aventi rilevanza economica (art. 113 bis del T. U. sull’ordinamento degli Enti locali), ma solo nelle forme previste dall’art. 113, V c., di detto T.U..
Il Consiglio comunale non ha quindi potuto scegliere in modo consapevole per carenza di elementi valutatori, soprattutto in ordine ai modelli gestori tra i quali doveva effettuare una scelta.
L’art. 29 della L. n. 448 del 2001, presa a riferimento nella deliberazione de qua, consente alla P.A. di costituire soggetti di diritto privato solo per lo svolgimento di servizi precedentemente svolti in proprio e non di servizio, come nel caso di specie, in precedenza affidati a terzi.
2.- Quanto alle delibere n. 39 del 2004 e n. 56 del 9.8.2004: Violazione di normativa nazionale e comunitaria: art. 113, V c., lettera c) del D. Leg.vo n. 267 del 2000 e degli artt. 3 e 6 della direttiva C.E. 92/50, in tema di appalti c.d. “in house”, che, allo scopo di assicurare la libera circolazione delle merci, impone alle Amministrazioni di assicurare parità di trattamento tra prestatori di servizi.
L’ art. 113, V c., lettera c) del D. Leg.vo n. 267 del 2000 ha trasformato in legge l’insegnamento della Corte di giustizia C.E. stabilendo che l’affidamento di servizi pubblici a società per azioni è consentito solo se gli enti titolari del capitale sociale esercitino un controllo sulla società analogo a quello esercitato sui propri servizi e se la società realizzi la parte più importante della propria attività con gli enti pubblici che la controllano.
Nel caso che occupa deve ritenersi che il controllo societario che il Comune di Bracciano esercita sulla “Bracciano Ambiente” s.p.a., ai sensi dello statuto, e la circostanza che detto è Comune che nomina l’organo sociale di amministrazione non concretizzino un controllo gestionale e finanziario stringente analogo a quello previsto da detta disposizione.
Il rapporto tra Ente e società non può invero essere definito in termini di delegazione interorganica e la “Bracciano Ambiente” s.p.a. non costituisce un mero plesso organizzativo del Comune in questione.
3.- Quanto alla deliberazione n. 56 del 2004: illegittimità derivata ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, mancanza o travisamento dei presupposti, illogicità manifesta e difetto di motivazione.
Detta deliberazione è viziata in via derivata dalla illegittimità della delibera del C.C. di Bracciano n. 39 del 2004.
Difetta inoltre di motivazione in quanto non risulta giustificato il compenso per l’affidamento del servizio alla “Bracciano Ambiente” s.p.a., atteso che, anche se il corrispettivo ad essa assegnato è di € 800.000 all’anno, IVA compresa, e quello pattuito con la ricorrente era di € 903.800, IVA compresa, va rilevato che nello schema di contratto di servizio non viene indicato l’ammontare del corrispettivo e nell’affidamento effettuato alla “Bracciano Ambiente” s.p.a. sono compresi alcuni servizi aggiuntivi rispetto a quelli previsti nel contatto con la ricorrente, sicché non è chiaro come abbia potuto essere ritenuta congrua, a parità di prestazioni, una riduzione del costo del servizio del 10 %, nonostante gli aumenti dei prezzi dei carburanti ed il rinnovo del contratto collettivo di lavoro dei dipendenti.
Con motivi aggiunti notificati il 30.10.2004, depositati il 5.11.2004, detta A.M.A. s.p.a. ha impugnato anche la delibera della Giunta comunale di Bracciano n. 499 del 29.9.2004, di rinuncia a prestazioni di beni e servizi richiesti alla A.M.A. s.p.a. e di affidamento di servizi alla Bracciano Ambiente s.p.a..
A sostegno degli stessi sono stati dedotti i seguenti motivi:
1.- Illegittimità derivata.
Sono sostanzialmente state ripetute le censure poste a base del ricorso principale.
Con atto depositato l’11.11.2004 si è costituita in giudizio la “Bracciano Ambiente” s.p.a., che ha eccepito la inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione (avendo operato il Comune di Bracciano su di un piano strettamente privatistico e paritetico) e per carenza di interesse sostanziale al mantenimento del contratto (sia perché definitivamente caducato con d.d. del 30.9.2004, sia perché esso è da considerarsi nullo essendo stato affidato senza il preventivo esperimento di una gara pubblica, sia perché, nell’ipotesi che il ricorso sia finalizzato all’indizione di una gara pubblica per l’affidamento del servizio, comunque la ricorrente non potrebbe parteciparvi, ex art. 113, VI c., del D. Leg.vo n. 267 del 2000, gestendo già per il Comune di Roma servizio pubblico locale di pulizia in virtù di affidamento diretto e comunque avvenuto senza gara pubblica). Nel merito ha dedotto la infondatezza del ricorso, concludendo per la reiezione.
Con memoria depositata il 12.11.2004 si è costituito in giudizio il Comune di Bracciano, che ha eccepito la inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione (essendo stata contestata la sussistenza dei presupposti dell’esercizio del diritto potestativo pattiziamente attribuito al Comune dal contratto d’appalto stipulato con la ricorrente, che chiede la rimozione della incisione di un bene della vita), nonché per carenza di interesse (sia per essere subordinato il diritto potestativo alla rinuncia alla sola operatività dell’attività del Consorzio o Multiservizi comunale cui il Comune avesse preventivamente aderito e non alla legittimità della costituzione della s.p.a. pubblica o dell’affidamento del servizio de quo, sicché nessuna utilità potenziale o strumentale potrebbe ricavare la ricorrente dall’annullamento di tali atti; sia perché la ricorrente non potrebbe comunque partecipare alla eventuale gara che dovesse essere indetta in caso di accoglimento del ricorso, a tanto ostando, ex art. 113, VI c., del T.U.E.L., la circostanza che gestisce altro servizio pubblico in virtù di affidamento diretto; sia perché il contratto di appalto con la ricorrente era comunque nullo per contrarietà a norme imperative, non potendo essa esercitare il servizio in questione al di fuori del territorio comunale in assenza di vincoli di tipo funzionale ed essendo superiore il fatturato per servizi espletati non “in house” rispetto a quelli effettuati “in house”). Nel merito ha dedotto la infondatezza del ricorso, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità, ovvero di infondatezza.
Con ordinanza 16 novembre 2004, n. 6066 il Tribunale ha respinto la istanza di emanazione di misure cautelari.
Con memoria depositata l’8.1.2005 il resistente Comune ha ribadito eccezioni, tesi e richieste.
Con memoria depositata il 14.1.2005 parte ricorrente ha contestato la fondatezza delle eccezioni di controparte -in particolare di quella per difetto di giurisdizione in quanto la situazione giuridica soggettiva di cui si chiede tutela ha la consistenza di interesse legittimo, sia perché è contestata la legittimità dei provvedimenti amministrativi comunali che sono atti autoritativi costituenti espressione di funzioni pubbliche, sia poiché la controversia ha ad oggetto la legittimità o meno della scelta del modello organizzativo effettuata dal Comune di Bracciano e della successiva decisione di affidare il servizio in questione alla “Bracciano Ambiente” s.p.a., sia perché l’incidenza degli atti deliberativi sul contratto è stata sottolineata solo per dimostrare la attualità dell’interesse al ricorso- nonché quella di carenza di interesse in quanto, ai sensi dell’art. 113, co. 15 quater del T.U. n. 267/2000 il comma 6 si applica soltanto a decorrere dall’1.1.2007- ed ha ribadito tesi e richieste.
Con memoria depositata il 20.1.2005 (con l’assunto consenso dei difensori delle controparti) la “Bracciano Ambiente” s.p.a. ha ribadito eccezioni, tesi e richieste.
Con la sentenza di questo Tribunale il giudizio è stato definito nel merito in primo grado con la declatoria di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito.
Con la sentenza del C.d.S. n. 4762/2006 la sentenza di questo Tribunale n. 3025/2005 di cui sopra è stata riformata in appello, nel senso di riconoscere la giurisdizione del giudice amministrativo adito ed il ricorso è stato rimesso al Tribunale al fine di una nuova pronuncia sul merito dello stesso.
Con la memoria del 26.2.2007 l’AMA s.p.a. ha reiterato le proprie censure insistendo per l’accoglimento nel merito del ricorso.
Alla pubblica udienza del 19.3.2007 il ricorso è stato preso in decisione alla presenza dei procuratori delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio i quali hanno insistito nelle rispettive difese.
DIRITTO
In via preliminare devono essere affrontate le eccezioni di carenza di interesse al ricorso formulate negli scritti difensivi dalle controparti.
In particolare sono state, nella sostanza, formulate tre autonome eccezioni al riguardo:
Con una prima eccezione è stato rilevato come il diritto potestativo di recedere dal contratto anteriormente alla sua scadenza pattuita sia subordinato esclusivamente alla sola operatività dell’attività del Consorzio o Multiservizi comunale cui il Comune avesse preventivamente aderito e non alla legittimità della costituzione della s.p.a. pubblica o dell’affidamento del servizio de quo, sicché nessuna utilità potenziale o strumentale potrebbe ricavare la ricorrente dall’annullamento di tali atti di affidamento diretto.
Con una seconda eccezione è stato dedotto che la ricorrente non potrebbe comunque partecipare alla eventuale gara che dovesse essere indetta in caso di accoglimento del ricorso, a tanto ostando, ex art. 113, VI c., del T.U.E.L., la circostanza che gestisce altro servizio pubblico in virtù di affidamento diretto presso il Comune di Roma.
Infine con una terza eccezione è stato rilevato che il contratto di appalto con la ricorrente era comunque nullo per contrarietà a norme imperative, non potendo essa esercitare il servizio in questione al di fuori del territorio comunale di competenza in assenza di vincoli di tipo funzionale ed essendo superiore il fatturato per servizi espletati non “in house” rispetto a quelli effettuati “in house”.
Giova, in via ulteriormente preliminare alla trattazione nel merito delle dette eccezioni di rito, ricordare il consolidato orientamento nella materia dell’interesse a ricorrere, secondo cui “ L' interesse al ricorso deve sussistere al momento della proposizione del gravame e permanere sino alla decisione.” ( cfr. ex multis da ultimo Consiglio Stato , sez. IV, 02 maggio 2007 , n. 1921).
Pertanto “ Una volta accertato che la pronuncia giurisdizionale non avrebbe attribuito alcun concreto vantaggio al ricorrente, al g.a. non resta che dichiarare l'improcedibilità del ricorso, giacché l'interesse a ricorrere deve sussistere non solo all'atto della proposizione del gravame, ma in qualsiasi fase del giudizio, fino al momento della decisione, in base al principio per il quale le condizioni dell'azione debbono permanere fino al passaggio in decisione della controversia, con la conseguenza che, ove esse vengano meno, deve essere dichiarata l'improcedibilità del proposto gravame per sopravvenuta carenza di interesse ad una decisione di merito.” ( cfr. nei termini Consiglio Stato , sez. VI, 26 ottobre 2006 , n. 6417).
La precisazione si è resa necessaria atteso che, nella memoria di cui da ultimo, la difesa della società ricorrente, nella trattazione della parte relativa all’interesse al ricorso, si è premurata di rilevare come il momento di riferimento per la valutazione della sussistenza dell’interesse al ricorso sia quello della sua proposizione.
Al riguardo deve, pertanto, ribadirsi che, se ciò è indubitabilmente vero, tuttavia, in forza del principio di cui in precedenza, il detto interesse deve, altresì, sussistere per tutta la durata del processo, fino alla sua definizione.
Tanto premesso, quanto alla prima eccezione è sufficiente rilevare, ai fini della sua infondatezza, che, indubbiamente, l’eventuale accoglimento nel merito delle censure di cui al ricorso introduttivo concernenti la scelta dell’affidamento diretto di cui alla deliberazione n. 39/2004 travolgerebbero il detto concreto affidamento, per cui non avrebbe alcuna rilevanza che il detto affidamento, nelle more del presente giudizio, sia stato effettivamente operativo.
Quanto alla seconda eccezione, deve, invece, ritenersene la fondatezza nel merito.
Ed infatti al riguardo l'art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte con il sopravvenuto d.l. n. 269/03) ha stabilito, al suo quinto comma, che l'erogazione dei servizi pubblici locali dovesse avvenire in regime di concorrenza e previo conferimento della titolarità delle gestioni esclusivamente a società di capitali individuate mediante l'espletamento di gare con procedura di evidenza pubblica.
Quindi l'art. 113, comma 6, ha disposto che "non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4."
Alle dette gare, pertanto, in forza del richiamato comma sesto del medesimo art. 113, non sono ammesse a partecipare le società che, in Italia e all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto o di procedure non ad evidenza pubblica, o per effetto dei relativi rinnovi. Il divieto è esteso anche alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime.
Tuttavia, con la disposizione contenuta nell'art. 113, comma 15 quater, aggiunto dall'art. 4, comma 234, della l. 24 dicembre 2003 n. 350, l'applicabilità del divieto di cui trattasi è stata differita al 1° gennaio 2007, facendo comunque salva, anche dopo la scadenza di tale termine, la possibilità per gli affidatari diretti di prendere parte alle prime gare indette dopo il periodo transitorio ed aventi ad oggetto gli stessi servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa.
Ciò sta a significare che, dopo la scadenza del periodo transitorio e nel regime di piena operatività della riforma, le società che ancora gestiscono servizi pubblici in affidamento diretto non possono essere ammesse alle gare indette per l'aggiudicazione di servizi diversi dal settore e dal territorio in cui le stesse operano, ma possono partecipare soltanto alla prima gara che venga indetta per il conferimento del medesimo servizio in precedenza esercito dalla stessa concessionaria.
La richiamata norma di cui al comma 15 dell’art. 113 è stata adottata allo scopo di consentire alle imprese affidatarie dirette che si erano date una struttura per porsi anche in concorrenza sul libero mercato di non dissipare i notevoli investimenti cui avevano dato luogo. È chiaro che, "a regime", tali imprese non potrebbero godere del doppio privilegio di ottenere sia affidamenti diretti sia di partecipare a gare in libero mercato, se non entrando in contrasto con i principi generali, ma è altrettanto chiaro che l'immediata esclusione delle stesse dalle gare in questione, secondo il disposto dell'art. 113, comma 6 , t.u. n. 267 del 2000 - come modificato dalla legge 448 del 2001 - avrebbe creato a sua volta una disparità di trattamento e una improvvisa posizione di favore per le altre imprese che si sarebbero viste cancellare immediatamente potenziali concorrenti in grado di competere sul libero mercato. È ragionevole, quindi, nell'ambito di discrezionalità che gli compete, che il legislatore, sia statale che regionale, abbia previsto il termine in questione, che consenta alle imprese interessate, sia quelle già affidatarie sia quelle operanti senza precedenti affidamenti diretti, di riorganizzarsi per competere nei rispettivi ambiti di interesse.
Alla luce dei principi di cui in precedenza deve, pertanto, ritenersi che, a decorrere dall’1.1.2007, la società ricorrente, in quanto affidataria diretta del servizio di igiene urbana da parte del Comune di Roma, ai sensi del combinato disposto dei richiamati commi 6 e 15 quater dell’art. 113 T.U.E.L. , non possa risultare aggiudicataria di eventuale gare indette dal Comune di Bracciano per l’affidamento dei detti servizi, in quanto, pur trattandosi dei medesimi servizi, tuttavia diverso è il contesto territoriale di riferimento.
Con la memoria di cui da ultimo la difesa della società ricorrente, al fine di contestare la detta eccezione, ha rilevato come, a seguito di una eventuale decisione di annullamento da parte di questo tribunale, rimarrebbe impregiudicata la possibilità di un affidamento diretto alla stessa da parte del Comune di Bracciano tramite il convenzionamento ai sensi dell’art. 30 T.U.E.L. con il Comune di Roma.
Deve, tuttavia, ritenersi che, sebbene la questione concernente la eventuale sopravvenuta carenza di interesse al ricorso nelle more del giudizio, debba essere trattata con la necessaria rigorosità, tuttavia, la prospettazione della ricorrente al riguardo non appare meritevole di condivisione.
Ed infatti la principale censura articolata in ricorso avverso la delibera n. 39/2004, concernente la scelta del modello gestorio del servizio pubblico di cui trattasi, attiene proprio al difetto di motivazione nonché al difetto di istruttoria; in sostanza la società ricorrente si duole della circostanza che la scelta del modello gestorio rappresentato dall’affidamento diretto sia avvenuta da parte del Comune in assenza della preventiva acquisizione dei ritenuti necessari elementi istruttori e soprattutto che le motivazioni sottostanti alla detta scelta non siano state specificatamente esposte nella stessa delibera.
D'altronde è questo lo specifico ambito nel quale la giurisprudenza ha ammesso la contestabilità in giudizio della scelta del modello gestorio da parte dell’amministrazione, in considerazione dell’ampia discrezionalità che alla stessa è riconosciuta nella materia di cui trattasi.
Lo stesso C.d.S., nella sentenza n. 4672/2006, adottata sul ricorso in appello avverso la sentenza di questo tribunale, conclusiva del presente giudizio, dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, nel riconoscere la giurisdizione del giudice amministrativo adito, ha testualmente riconosciuto che, attesa la natura programmatica della delibera n. 39, l’interesse legittimo da fare valere è quello al corretto esercizio del potere da parte dell’amministrazione.
La strenua difesa da parte del Comune di Bracciano anche nel presente giudizio con i propri scritti difensivi della scelta del modello gestorio dell’affidamento diretto del servizio di cui trattasi non lascia ragionevolmente alcuno spazio per poter ritenere che, anche in caso di annullamento delle impugnate delibere da parte di questo Tribunale, il Comune possa realisticamente indirizzarsi verso l’indicato modello gestorio di cui al richiamato art. 30 T.U.E.L. che appare, pertanto, come una possibilità soltanto astrattamente configurabile ma in concreto assolutamente non probabile.
Ne consegue che, sebbene non potesse negarsi la sussistenza di un interesse al ricorso in trattazione da parte della società ricorrente all’atto della sua presentazione, tuttavia, deve fondatamente ritenersi che il detto interesse sia venuto meno nelle more del presente giudizio, in considerazione della cessazione alla data del 31.12.2006 del periodo transitorio di cui al richiamato art. 113, co.15 quater del T.U.E.L..
Né a diverse conclusioni si ritiene che possa fondatamente pervenirsi alla luce della osservazione di cui da ultimo contenuta nelle memoria della società ricorrente del 26.2.2007, nella parte in cui rileva come la sussistenza ad un interesse attuale alla decisione nel merito del presente ricorso possa e debba agganciarsi alla possibilità per la stessa di richiedere, in caso di eventuale accoglimento nel merito del ricorso in trattazione, il risarcimento del danno conseguente.
Ed infatti il detto risarcimento non è stato richiesto nel presente giudizio né all’atto introduttivo né in corso di causa e soprattutto, nella richiamata memoria, viene prospettata come una mera eventualità.
Ne consegue che deve fondatamente ritenersi la insussistenza di un interesse attuale al relativo giudizio risarcitorio.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse allo stesso.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
PQM
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda ter, dichiara improcedibile il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma il 19.3.2007, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei signori magistrati:
Michele Perrelli, Presidente
Antonio Vinciguerra, Consigliere
Maria Cristina Quiligotti, Consigliere estensore
Depositata in segreteria
il 18 luglio 2007 |